La responsabilità medica ha conosciuto negli ultimi cinquant’anni un rapido e continuo progresso346. Fenomeni come la specializzazione, la socializzazione, il lavoro in équipe hanno modificato, nella sostanza, il regime giuridico delle professioni intellettuali come quella medica347. L’attività sanitaria con il tempo si è trasformata in una complessa organizzazione di uomini e di mezzi finalizzata alla cura del paziente.
Il nuovo contesto ha accresciuto il bisogno di protezione del singolo e ha determinato l’esigenza di assicurare la tutela risarcitoria al paziente anche in presenza di nuove fattispecie di danno nelle quali è difficilmente identificabile un soggetto danneggiante. Il dibattito sulla responsabilità medica, ripercorrendo le medesime vicende che hanno riguardato più in generale la responsabilità civile, ha spostato progressivamente il suo fulcro dalla condanna del danneggiante alla tutela del danneggiato.
Per buona parte del XIX secolo l’attività professionale medica non riscosse molto credito: l’insufficiente preparazione scientifica ed il limitato riconoscimento giuridico facevano sì che la funzione del medico non fosse, in realtà, distinta da quella di un semplice guaritore o venditore di farmaci provvidenziali.
Solo nella seconda metà dell’800 la medicina diventa scienza. La capacità di indicare rimedi sicuri e di curare le grandi malattie determinano la nascita della figura del medico professionista che opera con nozioni precise in una prospettiva di ricerca scientifica348.
È stato affermato che l’introduzione del regime di responsabilità del medico ha determinato la nascita di un conflitto di interessi fra paziente e medico prima convergenti sul comune obiettivo rappresentato dalla salute del paziente.
345
Cassazione, sezioni unite, 27 giugno 2002, n.9346, in Resp. civ. e prev., 2002, 1012 ss. con nota di G. FACCI, Minore autolesionista, responsabilità del precettore e contatto sociale; cassazione, 31 marzo 2007, n. 8067, in Foro it., 2007, 12, 3468 ss.
346
Per un’analisi dei profili evolutivi e della caratteristiche della responsabilità medica vedi R. DE
MATTEIS,Responsabilità e servizi sanitari. Modelli e funzioni, in Trattato di diritto commerciale e di diritto pubblico dell’economia, vol. XLVI, Padova 2007; EAD.,La malpractice medica, in AA. VV. Il danno alla persona, diretto da Cendon e Baldassari, I, Bologna, 2006, 1303 ss.; EAD., La responsabilità medica. Un sottosistema della responsabilità civile, Padova, 1995; EAD., La responsabilità medica tra prospettive comunitarie e nuove tendenze giurisprudenziali, in Contr. impr., 1995, 2 ss.; EAD., La responsabilità sanitaria tra tendenze giurisprudenziali e prospettive de iure condendo, in Contr. impr., 2009, 3, 541 ss.; M. ZANA, Responsabilità medica e tutela del paziente, Milano, 1993; F. GALGANO, Contratto e responsabilità
contrattuale nell’attività sanitaria, in Riv. trim. dir. proc. civ., 1984, 710 ss.; A. M. PRINCIGALLI, La responsabilità del medico, Napoli 1983; in AAVV.La responsabilità medica, Milano, 1982.
347
A. M. PRINCIGALLI, La responsabilità del medico, cit. 2.
348
Il primo passo, in Italia, verso l’affermazione della responsabilità civile del medico “per un fatto intrinsecamente inerente alla sua professione”, lo compie il Tribunale di Roma nel 1885 il quale sostenne, con riferimento ai medici, che la loro inviolabilità non dovesse essere illimitata di fronte al codice civile, “il quale chiama responsabili alcuni fatti o atti che arrecano danno altrui”.
Le diverse fasi di sviluppo della responsabilità medica si caratterizzano per la continua ricerca di un punto di equilibrio fra gli interessi delle parti in causa attraverso opportuni criteri di contemperamento, così da garantire una giusta riparazione al paziente senza danneggiare eccessivamente il medico.
In un primo tempo la disciplina della professione medica non esprimeva un atteggiamento di favore per il paziente. Configurata in ambito aquiliano sotto il vigore del codice civile del 1865, è stata, successivamente, ricondotta nell’area contrattuale a vantaggio del professionista per il quale sarebbe stato più facile agire per il pagamento dell’onorario ed evitare di dover rispondere di culpa levissima349.
Tuttavia, la qualificazione della responsabilità in termini contrattuali avrebbe comportato per il medico debitore l’onere di provare di avere eseguito diligentemente la prestazione medica. Così, sempre nella prospettiva di una maggiore tutela del professionista rispetto al paziente, veniva introdotta la distinzione tra obbligazioni di mezzi e di risultato. È stato affermato, infatti, dalla Corte d’Appello di Milano nel 1939, sulla scorta di una soluzione già adottata in Francia, che il medico si limita “a prestare soltanto
peritiam artis suae, cioè, a scegliere ed eseguire le cure e gli interventi esploratori o chirurgici al fine di raggiungere il risultato futuro e incerto della guarigione o della parziale riparazione della salute» (obbligazioni di mezzi), ma «non può garantire il malato contro i rischi della cura e degli interventi, né il risultato finale”350 (obbligazione di risultato). Tale distinzione, accolta dalla giurisprudenza e fortemente criticata dalla dottrina, rispondeva all’intento di instaurare un regime probatorio favorevole al medico curante simile a quello richiesto in ambito extracontrattuale.
L’esigenza di garantire un giusto equilibrio fra tutela del medico e tutela del paziente ha influito in maniera determinante sulla definizione degli schemi fondamentali del sistema di responsabilità professionale che si è delineata nel tempo.
Il tenore letterale dell’art. 2236 c.c., ai sensi del quale “Se la prestazione implica la
soluzione di problemi tecnici di particolare difficoltà, il prestatore d’opera non risponde dei danni, se non in caso di dolo o colpa grave”, testimonia, infatti, la necessità di
contemperare due opposte esigenze: da un lato, quella di non mortificare l’iniziativa del professionista nella risoluzione dei casi di particolare difficoltà esponendolo a continue pretese risarcitorie e, dall’altro, quella di non indulgere verso atteggiamenti improntati a leggerezza e negligenza.
Tuttavia, l’evoluzione della responsabilità civile in campo medico ha determinato nel tempo un sensibile spostamento del punto di equilibrio a favore del paziente.
Meritano particolare considerazione, sotto il profilo storico evolutivo, due fattori: le nuove acquisizioni della scienza medica, che hanno determinato una rinnovata rilettura
349
Sulla distinzione tra responsabilità contrattuale ed extracontrattuale in riferimento alla colpa si veda G.P. CHIRONI, Colpa contrattuale, Torino, 1925.
350
giuridica dei fenomeni medici, e la nuova forza propulsiva che i principi costituzionali hanno ricevuto grazie sia alla giurisprudenza costituzionale e civile, sia alle norme della legislazione ordinaria che hanno provveduto all’attuazione dei principi medesimi.
Riguardo al primo profilo, un effetto immediato del progresso scientifico è stato rappresentato dalla c.d. specializzazione. La moltiplicazione dei settori di intervento, secondo criteri di competenza per aree tendenzialmente sempre più circoscritte, ha ribaltato il tradizionale rapporto tra medicina generale e medicina specialistica.
Le moderne competenze sanitarie hanno permesso nel tempo di far emergere un’ulteriore dimensione del complicato rapporto medico-paziente.
La tradizionale identificazione tra “paziente” e “malato”, infatti, in grado di cogliere solo una parte della complessa realtà medica, entra in crisi.351
Molte sono le persone sane che chiedono o vengono sottoposte ad un trattamento sanitario a prescindere dalla sussistenza attuale di una malattia da curare. Si pensi alle attività di prevenzione in senso lato (vaccinazioni ed esami diagnostici). Ma si pensi altresì a quei soggetti sani che vogliono potenziare le capacità del proprio organismo o modificare le proprie condizioni fisiche (interventi di chirurgia estetica, interruzione della gravidanza, sterilizzazione).352.
Alla scienza del malato si affianca, pertanto, la scienza del sano353. L’attività medica modifica la sua identità: da rimedio prevalentemente successivo, volto alla rimozione di un male, a tecnica di prevenzione delle malattie o anche di miglioramento della salute pur in assenza di una situazione patologica pregressa.
La medicina amplia, così, i suoi orizzonti e i suoi campi di applicazione pratica; in questo contesto si modifica il concetto di danno all’integrità psicofisica ed acquista rilievo la problematica del consenso informato concernente i rapporti tra la salute, l’autodeterminazione e la dignità della persona umana.
Si afferma l’idea per cui il bagaglio culturale del medico, frutto delle nuove scoperte, debba essere condiviso con il paziente in termini per lui comprensibili, al fine di ridurre l’asimmetria informativa fra le parti del rapporto contrattuale.
Si valorizza, di conseguenza, non più solamente la dimensione oggettiva della bene-salute ma la sua dimensione soggettiva, l’idea che il paziente ha di sé a prescindere dalle risultanze mediche apprezzabili sotto un profilo tecnico 354.
351
M. ZANA, Responsabilità medica e tutela del paziente, cit., 50.
352
Si consideri ancora un’ipotesi particolare definita al confine tra la salute e la malattia è quella che vede la gestante sottoporsi ad esami volti ad accertare la presenza di eventuali anomalie nel concepito.
353
M. ZANA,Responsabilità medica e tutela del paziente, cit., 52.
354
P.ZATTI, Il diritto a scegliere la propria salute (in margine al caso S. Raffaele), in Nuova giur. civ. comm.,2000, II, 1 ss., che nel commentare la sentenza del Tribunale di Milano 14.5.1998, evidenzia il mutamento di prospettiva consistente nel valorizzare la dimensione psicologica della salute e indica le conseguenze di tale nuova impostazione, prima fra tutte la distinzione tra l’obiettivo di cura di una patologia e l’obiettivo di perseguire una migliore salute del paziente. Si sottolinea che il concetto di salute si modella su personali e insindacabili aspettative di vita e coinvolge l’idea che un individuo ha di se stesso. In questo senso il bene salute diviene compatibile con la scelta di non essere curato.
Quanto al secondo profilo, è stata fondamentale l’attività della giurisprudenza civile e costituzionale che ha contribuito, negli anni settanta, a rinnovare e riscoprire il significato dell’art. 32 Cost. La norma, prima considerata una dichiarazione di buone intenzioni, una norma cioé di carattere programmatico, viene ora intesa come norma precettiva e la salute viene configurata oltre che come interesse della collettività anzitutto come diritto fondamentale del singolo.355.
Il rango costituzionale del diritto alla salute, quale diritto della personalità,356 impone uno spostamento del punto focale del sistema dal medico al paziente e ciò ha mutato la ratio stessa del giudizio di responsabilità, non più governato dal criterio di una tutela bilanciata fra interessi contrapposti ma incentrato su una prioritaria esigenza di tutela della salute del paziente357.
Negli anni ’80 la responsabilità medica ha cominciato ad essere oggetto di autonoma considerazione “come portato dell’interesse che in quegli anni rivestiva la tematica della
tutela della salute dell’individuo, costituendo un importante e significativo aspetto di tale tutela implicato dallo svolgimento dell’attività sanitaria”358.
Nel nuovo contesto, caratterizzato dall’affermazione dei principi costituzionali, dal progresso scientifico e dalla moderna organizzazione sanitaria a partire dalla riforma del servizio sanitario nazionale, viene abbandonata l’analisi dei profili tradizionali della “responsabilità del medico” e si studiano le nuove problematiche sanitarie nella prospettiva più ampia della “responsabilità medica”359. Una responsabilità che “estendendosi a tutte le
attività mediche e a tutti gli operatori in esse direttamente o indirettamente coinvolti, sia in grado di assicurare al cittadino che si sottopone a un trattamento sanitario una tutela preventiva e risarcitoria della propria salute”.360
L’evoluzione della responsabilità medica è stata accompagnata dallo sviluppo di molteplici regimi di reazione all’evento dannoso a seconda che il paziente si rivolgessedirettamente al singolo professionista, al medico dipendente della struttura sanitaria pubblica o privata o direttamente alla struttura stessa. Si sono distinte così differenti fattispecie ricondotte ora alla responsabilità contrattuale, ora a quella extracontrattuale.
355
Vedi la legge sul S.S.N. del 1978 che garantisce la realizzazione dell’individuo nel rispetto della dignità della persona umana.
356
P.PERLINGIERI, Il diritto alla salute quale diritto della personalità, in Rass. dir. civ., 1982, 1020 ss.
357
M. ZANA, Responsabilità medica e tutela del paziente, cit., 56.
358
R. DE MATTEIS,Responsabilità e servizi sanitari. Modelli e funzioni, cit. 3. Vedi anche F.D.
BUSNELLI, presentazione, in AA.VV., La responsabilità medica, cit. 1 ss.
359
Secondo F.D. BUSNELLI, Presentazione, in AA. VV., La responsabilità medica, cit. 1, con l’espressione “responsabilità medica” “si vuole significare che non si è più in presenza di un semplice “capitolo” di una trattazione generale dedicata alla responsabilità del professionista, ma che qui viene in considerazione piuttosto un aspetto della tutela della salute dell’individuo in relazione ai pericoli connessi con lo svolgimento di un’attività medica, o più in generale di un trattamento medico”.
360
Nel tempo la giurisprudenza ha elaborato, nell’ottica di una tutela uniforme del paziente- soggetto debole, un corpo unitario di norme che applicasse le medesime regole a fronte del medesimo evento dannoso, senza che ci si dovesse preoccupare di qualificare la responsabilità come aquiliana o contrattuale. Tant’è che da più parti oramai si definisce il regime della responsabilità medica come uniforme e transtipico, il quale se da una parte supera la tradizionale distinzione fra responsabilità contrattuale ed extracontrattuale, dall’altra, partecipa dei caratteri di entrambe.361
3. La responsabilità della struttura sanitaria e del medico dipendente: il contatto