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La riparazione “estintiva” nella legislazione italiana

Nel documento La Vittima nel Sistema Penale (pagine 169-175)

2. Il risarcimento del danno in una prospettiva “premiale” e “clemenziale”

3.2. La riparazione “estintiva” nella legislazione italiana

E‟ giunto il momento di vedere se il risarcimento del danno “alternativo” alla pena abbia trovato riconoscimento nell‟ambito della legislazione italiana.

E‟ opportuno in via preliminare precisare che tale accertamento si inserisce in un problema di dimensione più ampia, vale a dire il ruolo della giustizia riparativa nel nostro ordinamento, giacchè – come pocanzi ricordato – il risarcimento del danno estintivo della pena o del reato rappresenta – purché non imposto dal giudice – un modalità di espressione di quel paradigma di giustizia riparativo- conciliativa, alternativo al modello tradizionale di giustizia punitiva423. A

421 Cfr. A. MANNA, Corso di diritto penale, Parte generale, cit., p. 267.

422 A. CERETTI, G. MANNOZZI, Sfide: la giustizia ripartiva, in Omicron/29, novembre/dicembre 2000, p. 4.

423 Sulla giustizia ripartivo-concilitaiva si veda, tra i tanti, G. MANNOZZI, La giustizia senza spada,

Uno studio comparato su giustizia ripartiva e mediazione penale, Milano, 2003; A. CERETTI, G. MANNOZZI, Sfide: la giustizia ripartiva, cit.;

dimostrazione di ciò ne sia il fatto, come si vedrà, che le disposizioni del nostro ordinamento ove sembra essere accolta l‟idea di “risarcimento estintivo” parlano in generale di riparazione del danno, espressione, quest‟ultima, che evoca un concetto più lato rispetto al risarcimento, anche se spesso le due espressioni vengono utilizzate come sinonimi. Infatti, come si sa, la riparazione del danno non coincide, in senso stretto, con il mero risarcimento, con la monetizzazione del danno subìto dalla vittima, ma comprende pure azioni positive di altro genere, con cui l‟autore del fatto esprime il proprio impegno nell‟adoperarsi nei confronti della vittima e/o della comunità424.

La giustizia riparativa – a differenza del modello tradizionale di giustizia penale, volto a sanzionare l‟autore del fatto – è diretta a “curare” il male arrecato dal reo alla vittima e/o alla società; e tale obiettivo viene di regola perseguito attraverso un percorso segnato da alcuni passaggi intermedi: il riconoscimento, da parte del reo, della propria responsabilità; la comprensione, sempre da parte del reo dell‟esperienza di vittimizzazione subita dalla vittima; l‟elaborazione, da parte della vittima, dell‟esperienza di vittimizzazione; la presa di coscienza, da parte della comunità, dei livelli di rischio di vittimizzazione425.

Si intuisce pertanto come la tutela della vittima rappresenti l‟obiettivo principale di siffatto modello di giustizia alternativa, cui si giunge per mezzo dell‟acquisizione, da parte del reo, della lesività della propria condotta e delle sofferenze patite dalla vittima. Epperò, vengono realizzati anche altri obiettivi: infatti, si consente alla collettività – attraverso una sua partecipazione alla gestione del conflitto, anche in qualità di destinatria delle prestazioni riparative poste in essere del reo – di aver una più idonea percezione dei comportamenti a rischio di vittimizzazione426.

Tornando alla riparazione “estintiva” nell‟ordinamento italiano, si deve subito precisare come da parte del legislatore del nostro Paese vi sia stata una particolare cautela nell‟acoglimento di siffatto istituto. Difatti, non si è adottato – come si è visto per la Germania – un modello generale, ma si è preferito introdurre la riparazione quale alternativa alla pena solo in alcuni settori ben definiti.

424 Cfr. G. DE SIMONE, Le forme di tutela della vittima, cit. p. 67. 425

Cfr. G. MANNOZZI, La giustizia senza spada, cit., p.101. 426 Cfr. G. MANNOZZI, La giustizia senza spada, cit., p. 112.

a) Il decreto legislativo 28 agosto 2000, n. 274, isitutivo della competenza penale del giudice di pace – nel quadro di un epocale superamento del carattere monosanzionatorio del nostro sistema penale attraverso l‟introduzione di sanzioni non detentive e non stigmatizzanti427 – all‟art. 35, comma 1, prevede che “Il

giudice di pace, sentite le parti e l‟eventuale persona offesa, dichiara con sentenza estinto il reato, enunciandone la causa nel dispositivo, quando l‟imputato dimostra di aver proceduto, prima dell‟udienza di comparizione, alla riparazione del danno cagionato dal reato, mediante le restituzioni o il risarcimento, e di aver eliminato le conseguenze dannose o pericolose del reato”. Tuttavia, il 2 comma della disposizione in questione subordina la declaratoria di estinzione del reato al vaglio giudiziale dell‟idoneità delle condotte riaprative a soddisfare “quelle esigenze di riprovazione del reato” e di “prevenzione” che attengono tipicamente alla pena. In ultimo, la disposizione stabilsce che il giudice, nel caso in cui reo dimostri di non aver poututo provvedere alla riparazione prima dell‟udienza di comparizione, possa disporre, su istanza dell‟imputato, la sospensione del processo, per un periodo non superiore a tre mesi, unitamente ad eventuali prescrizioni volte a consentire al reo di relizzare l‟attività riparatoria.

Il fatto che la declaratoria di estinzione del reato sia subordinata all‟accertamento di idoneità, rimesso esclusivamente alla discrezionalità del giudice, potrebbe indurre, secondo parte della dottrina428, ad escludere di primo acchito l‟istituto in oggetto dall‟ambito della giustizia riparativa. Si deve però ritenere, anche alla luce dell‟intero spirito della riforma operata dal d. lgs. 274/2000, che il giudice debba valutare la succitata idoneità tenendo conto dell‟intersse concreto della persona offesa, nonché del soddisfacimento delle aspettativa di quest‟ultima429; perdipiù, la previsione come limite temporale dell‟udienza di comparizione davanti al giudice di pace lascia prevedere che la riparazione avvenga solo dopo

427

Cfr. C. MAZZUCATO, Mediazione e giustizia riparativa in ambito penale, in Verso una giustizia

penale “conciliativa”, Il volto delineato dalla legge sulla competenza penale del giudice di pace, a

cura di L. Picotti e G. Spangher, Milano, 2002, p. 127. 428

Cfr. L. PICOTTI, Giudice di «pace» e nuovi strumenti di diritto penale sostanziale per una

giustizia conciliativa. Considerazioni introduttive, in Verso una giustizia penale “conciliativa”, Il volto delineato dalla legge sulla competenza penale del giudice di pace, a cura di L. Picotti e G.

Spangher, Milano, 2002, p. 145.

429 Cfr. L. PICOTTI, Giudice di «pace» e nuovi strumenti di diritto penale sostanziale per una

l‟attivazione da parte dell‟autorità di percorsi volti a consentire al reo di porre in essere questa attività, anche perché pare davvero difficile pensare che il reo, specie se con sarsi mezzi economici e culturali, riesca autonomamente ad attivarsi per realizzare la riparazione430.

Il parametro delle esigenze di riprovazione e di prevenzione – la prima interpretabile semmai nella prospettiva tradizionale della retribuzione, la seconda invece con riferimento tanto alla prevenzione “integratrice” quanto alla prevenzione speciale431 – fanno indubbiamente acquisire alla riparazione del danno di cui all‟art. 35 del decreto legislativo 274 del 2000 un‟indubbia natura sanzionatoria, giacché ad essa vengono assegnate le funzioni proprie della sanzione penale432. Inoltre, il parametro della prevenzione consente al giudice di privilegiare nella valutazione gli interessi della vittima – come peraltro apparirebbe maggiormente in sintonia con l‟impianto della riforma –, mentre il parametro della riparazione consentirebbe di privilegiare aspetti diversi, quali, ad esempio, la particolare gravità del fatto o la capacità a delinquere del reo, al fine di negare l‟effetto estintivo della condotta riparativa433

.

Ad ogni modo, gli interessi della vittima acquistano in questa sede particolare rilevanza, sebbene essa, avendo solamente il diritto di essere sentita prima della dichiarazione di estinzione del reato, abbia qui un ruolo decisamente più marginale rispetto a quello che riveste, come tra poco si vedrà, nel procedimento di mediazione.

Bisogna però ricordare che la riparazione estintiva in oggetto si ritiene applicabile solo in relazione a quei reati che presentano una parte lesa ben individuata, con la quale il reo possa intraprendere un percorso di mediazione e a cui indirizzare le sue condotte riparatorie, dimenticando che in realtà, in presenza di illeciti posti a tutela di oggettività giuridiche sovraindividuali, il modello di giustizia riparativa

430 Cfr. C. MAZZUCATO, Mediazione e giustizia riparativa in ambito penale, cit., p. 129.

431 Cfr. G. MANNOZZI, Collocazione sistematica e potenzialità deflattive della mediazione penale, in Meritevolezza di pena e logiche deflattive, a cura di G. De Francesco e Emma Venafro, Torino, 2002, p. 135.

432 Cfr. R. BARTOLI, Intervento come contraddittore a D. FONDAROLI, Profili problematici del

risarcimento e della riparazione come strumenti penalistici alternativi, cit., p. 157.

433 Cfr. A. MANNA, La vittima del reato: «à la recherche» di un difficile modello dialogico nel

sarebbe comunque in grado di operare, attraverso lo svolgimento di attività a favore della collettività434.

b) La riparazione del danno con funzione estintiva del reato è stata altresì

configurata dalla riforma dei reati societari di cui al decreto legislativo 11 aprile 2002, n. 61, che ha previsto – agli artt. 2629 (operazioni in pregiudizio dei creditori), 2627 (illegale ripartizione degli utili e delle riserve) e 2633 (inebita ripartizione dei beni sociali da parte dei liquidatori) c.c. – la possibilità per il reo di estinguere il reato con condotte riparatorie (la restituzione degli utili, la ricostituzione delle riserve prima del termine stabilito per l‟approvazione del bilancio, ovvero il risarcimento del danno). Anche qui la riparazione appare in alternativa alla sanzione penale, venendo pertano a perseguire le stesse funzioni di quest‟ultima, ancorchè – alla luce dell‟intera struttura della riforma, incentrata sulla trasformazione di talune fattispecie dal modello del pericolo al danno, dal fatto di aver previsto numerose fattispecie perseguibili a querela, ecc.) – appare più volta a favorire il reo piuttosto che la vittima435.

c) In ultimo, nell‟ambito della responsabilità c.d. amministrativa delle persone

giuridiche, alcune delle condotte previste dall‟art. 17 (rubricato “riparazione delle conseguenze del reato”) del decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231 escludono l‟applicazione delle sanzioni interdittive (ma non di quelle pecuniarie) se, prima della dichiarazione di apertura del dibattimento, l‟ente provvede: al risarcimento integrale del danno e all‟eliminazione delle conseguenze dannose e pericolose del reato, oppure si impegna efficacemente in tal senso; all‟eliminazione delle carenze organizzative che hanno determinato il reato mediante l‟adozione l‟adozione e

434

Cfr. F. TUROLON, Restorative justice e oltraggio a pubblico ufficiale, in Dir. pen. proc., 2011, p. 99. In giurisprudenza si è limitata l‟operatività della riparazione estintiva di cui all‟art. 35 del d.lgsl. 274/2000 ai reati di pericolo, poiché si ritiene che rispetto a questa categoria di reati la riparazione sia oggettivamente incompatibile. Infatti, le condotte riparatorie non consistono qui in atti contrari alla condotta incriminata e nemmeno sono in grado di realizzare una compensazione nei confronti della vittima; in tal senso cfr., ad esempio, Cass., Sez. IV, 7 febbraio 2007, n. 39563, in Riv. pen., 2008, p. 817; Cass., Sez. IV, 7 luglio 2005-6 ottobre 2005, n. 36366, Ced. 232229.

Contra solo alcune pronunce della giurisprudenza di merito; ad esempio, la pronuncia del Giudice

di Pace di Mezzolombardo, 31 dicembre 2002, in Giur. merito, 2003, p. 958, che ha dchiarato estinto per condotte riparatorie il reato di cui all‟art. 186, commi 2, 4 e 5 c. strada, nell‟ipotesi in cui l‟indagato partecipi con impegno ad un programma riabilitativo; mentre, in relazione allo stesso reato, la giurisprudenza di legittimita, trattandosi come si è visto di reato di pericolo, esclude l‟applicabilità della riparazione estintiva.

435 Cfr. A. MANNA, La vittima del reato: «à la recherche» di un difficile modello dialogico nel

l‟attuazione di modelli organizzativi idonei a prevenire reati della specie di quello verificatosi; a mettere a disposizione il profitto conseguito ai fini della confisca.

3.2.1. La “riparazione estintiva” entra nel codice Rocco.

Come si è visto, nel nostro ordinamento la possibilità di estinguere il reato per mezzo di condotte riparative era stata limitata ad alcuni settori specifici, esterni al codice penale.

Di recente però si è avuta un svolta, poiché, sebbene limitatamente ad un solo reato, la riparazione estintiva ha trovato per la prima volta accoglimento all‟interno del nostro codice penale.

Infatti, l‟art. 1 n. 8, della legge 15 luglio 2009, n. 94 – con cui si è reintrodotto il delitto di oltraggio a pubblico ufficiale all‟art. 341 bis c.p.436

– ha previsto che “ove l‟imputato, prima del giudizio, abbia riparato interamente il danno, mediante il risarcimento di esso sia nei confronti della persona offesa sia nei confronti dell‟ente di appartenenza della medesima, il reato è estintito” (art. 341 bis, comma 3, c.p.).

Se da un lato la possibilità di estinguere un reato posto a tutela di beni giuridici sovraindividuali (nella specie, prestigio ed onore della Pubblica Amministrazione) rappresenta un novità rispetto all‟interpreatzione data alla causa estintiva di cui all‟art. 35 d. lgsl. 274/2000, dall‟altro lato sono state sollevati dubbi circa la possibilità di ricondurre l‟istituto in questione nell‟ambito della restorative justice. Invero, al fine dell‟estinzione del reato di oltraggio a pubblico ufficiale, è sufficiente il risarcimento monetario del danno, senza che rilevi l‟eventuale permanenza di conseguenze dannose o pericolose, e senza che il giudice abbia alcun potere di valutare – come invece accade ex art. 35 decreto legislativo 274 del 2000 – l‟idoneità di riprovazione e di prevenzione della condotta riparativa; il che induce la dottrina a considerare tale istituto non come causa estintiva del

436 In argomento si veda, ad esempio, G. FLORA, Oltraggio a pubblico ufficiale, danneggiamento e

armi nel “pacchetto sicurezza”, in Dir. pen. proc., 2009, p. 1449 ss.; G. GATTA, La ressurezione

dell’oltraggio a pubblico ufficiale, in Il pacchetto sicurezza 2009 (Commento al d. l. 23 febbraio 2009, n. 11, conv. In legge 23 aprile 2009, n. 38 e alla legge 15 luglio 2009, n. 94), a cura di O.

reato, bensì come causa sopravvenuta di non punibilità437. In tal modo viene a mancare uno dei tratti fondamentali della giustizia riparativa, rappresentato dalla partecipazione della vittima e della collettività, (nel caso della fattispecie in questione, il pubblico ufficiale offeso e l‟ente di appartenenza) al percorso che porta alla definizione del conflitto.

Nel documento La Vittima nel Sistema Penale (pagine 169-175)