MARGIN SQUEEZE
I) LA SENTENZA DEUTSCHE TELEKOM
La Sentenza 10 aprile 2008 nella causa T-271/03 è estremamente
rilevante perché costituisce la prima pronuncia della Corte in materia
di Margin Squeeze. Sebbene fosse stato oggetto di trattazione negli Orientamenti sulle priorità della Commissione nell’applicazione dell’articolo 82 del Trattato CE (oggi articolo 102 TFEU), la Corte non aveva ancora avuto modo di pronunciarsi su un caso che riguardasse
questa specifica tipologia di infrazione. Il giudizio della Corte assume
dunque particolare rilevanza per aver chiarito alcuni aspetti chiave che
costituiscono la fattispecie e soprattutto perché i giudici dell’unione
hanno affermato la natura stand alone di tale illecito antitrust: il
carattere abusivo ai sensi dell’art. 102 TFUE di tale pratica risultava dal carattere non equo dello scarto esistente tra le tariffe all’ingrosso e le tariffe al dettaglio fissate dall’impresa dominante, da cui deriva una compressione dei margini dei suoi concorrenti quantomeno altrettanto
efficienti. Sicché non è necessario accertare che le tariffe al dettaglio
praticate siano di per se abusive in considerazione del loro carattere, a
seconda dei casi, eccessivo, discriminatorio, predatorio. Del resto, l’accertamento di tali circostanze è volto a verificare se la condotta
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dell’impresa dominante integri gli estremi di altre forme di abuso, quali il rifiuto a contrarre e l’imposizione di prezzi predatori.
Occupandoci nello specifico della questione, possiamo constatare
come in Germania, prima della liberalizzazione completa delle
telecomunicazioni, intervenuta il 1 agosto 1996, la Deutsche Telekom
godeva di ampio monopolio legale sulla prestazione di servizi e di
telecomunicazioni agli abbonati su rete fissa. A seguito di denunce
presentate da imprese concorrenti della Deutsche Telekom, la
commissione ha constatato, in data 21 maggio 2003, che la Deutsche
Telekom aveva abusato sin dal 1998, della propria posizione dominante sui mercati per l’accesso diretto alla sua rete di telefonia fissa. Tale abuso sarebbe consistito nella fatturazione di tariffe all’ingrosso per i servizi di accesso dei concorrenti alla rete, superiori alle tariffe al dettaglio fatturate per i servizi di accesso agli abbonati
della Deutsche Telekom, caso di margin squeeze. Questo sistema
tariffario avrebbe obbligato i concorrenti a fatturare ai rispettivi
abbonati tariffe superiori a quelle fatturate dalla Deutsche Telekom ai
propri abbonati. Conseguentemente, la commissione ha inflitto alla
Telekom un’ammenda dell’importo di 12,6 milioni di euro per abuso di posizione dominante ai sensi dell’attuale art. 102 TFUE. Quest’ultima ha quindi proposto ricorso per annullamento della decisione della Commissione o, in subordine, alla riduzione dell’ammenda inflitta dinanzi al tribunale di primo grado. In quanto
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riteneva la non imputabilità dell’infrazione: secondo il ricorrente, essa non avrebbe disposto alcun margine di manovra per determinare i prezzi all’ingrosso per i servizi di accesso alla rete locale, atteso che i prezzi sarebbero stati fissati dall’autorità tedesca di regolamentazione delle poste e telecomunicazioni ( regTP ). Pertanto, qualora fosse stata
configurabile una pratica di margin squeeze, la Commisione avrebbe dovuto adottare non una decisione contro l’ex monopolista ai sensi dell’art.102 TFUE, bensì avrebbe dovuto avviare una procedura di infrazione contro la Germania, ai sensi dell’art. 258 TFUE, in considerazione dei provvedimenti assunti dal regTP. Ma come nelle
previsioni peggiori per il ricorrente, la Corte conferma che il rapporto
tra la responsabilità di Deutsche Telekom e quelle del regTP non è
alternativo.
Con sentenza 10 aprile 2008, il tribunale ha respinto il ricorso,
affermando che la Commissione le aveva correttamente inflitto tale ammenda in considerazione dell’attuazione di una pratica tariffaria non equa, produttiva di una compressione dei margini, risultante da uno scarto inadeguato tra i prezzi all’ingrosso per i servizi di accesso alla rete e i prezzi al dettaglio per i servizi di accesso agli abbonati. La
Deutsche Telekom ha proposto quindi impugnazione dinanzi la Corte
di giustizia che con la sentenza 14 ottobre 2010, esaminati i motivi dedotti dalla Deutsche Telekom a sostegno dell’impugnazione, ritiene che il tribunale non è incorso in alcun errore di diritto nel respingere il
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ricorso proposto avverso la decisione della commissione. Ecco in
sintesi i principali passaggi della motivazione sviluppata sul punto
dalla Corte. Ai sensi del diritto tedesco applicabile, le tariffe
controverse erano soggette ad autorizzazione del RegTP. In primo
grado, il Tribunale aveva in proposito ritenuto che il fatto che le tariffe
al dettaglio dovessero essere approvate dal RegTP non escludeva la responsabilità di Deutsche Telekom ai sensi dell’art. 102 TFUE: lo stesso ex monopolista aveva influito, infatti, sulla fissazione delle
proprie tariffe al dettaglio, per i servizi di accesso agli abbonati,
presentando le domande di autorizzazione al RegTP. Proprio la
possibilità di presentare domande di aumento delle tariffe al dettaglio
avrebbe attribuito a Deutsche Telekom il margine di manovra necessario per evitare di incorrere in una violazione dell’art. 102 TFUE. Nel confermare il ragionamento del Tribunale, la Corte conferma la consolidata giurisprudenza per la quale l’applicabilità dell’art. 102 TFUE è esclusa solo qualora “un comportamento anticoncorrenziale venga imposto alle imprese da una normativa nazionale o quest’ultima crei un contesto giuridico che di per sé elimini ogni possibilità di comportamento da parte loro”. La Corte ribadisce che questa massima deve essere applicata in modo
particolarmente rigoroso alle imprese in posizione dominante. Pertanto, “la sola circostanza che Deutsche Telekom sia stata sollecitata, per effetto degli interventi di RegTP, a mantenere l’applicazione delle proprie pratiche tariffarie non può, di per sé,
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eliminare affatto la sua responsabilità ex art. 102 TFUE”. Insomma, secondo la Corte, il margine di manovra che avrebbe consentito a
Deutsche Telekom di modificare le proprie tariffe al dettaglio è
elemento di per sé sufficiente al fine di imputare il margin
squeeze alla stessa impresa.
La Corte si sofferma anche sul rilievo che i provvedimenti del RegTP
possono assumere rispetto alla Commissione europea, da un lato, e rispetto alle imprese, dall’altro. Ricorda, innanzitutto, che “la Commissione non può essere vincolata da una decisione emessa da un’autorità nazionale in forza dell’art.102 TFUE”. Non esclude, quindi, che nella fattispecie sia ravvisabile una violazione dell’art. 102 TFUE in combinato disposto con l’attuale art. 4, par. 3 TUE da parte delle autorità nazionali. Ribadisce, inoltre, che le norme previste dall’Unione in materia di concorrenza “completano , per effetto di un esercizio di controllo ex post, il contesto normativo adottato dal legislatore dell’Unione ai fini della regolamentazione ex ante dei mercati delle telecomunicazioni”. La Corte fa così intendere che l’adozione di un provvedimento ex ante da parte del regolatore nazionale non preclude alla Commissione europea di avviare procedure ai sensi dell’art. 102 TFUE nei confronti delle stesse imprese destinatarie dei provvedimenti nazionali.
Nel caso di specie, infine, la Corte ha dichiarato irricevibili i motivi di
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Telekom per effetto dei provvedimento del RegTP, circa la compatibilità delle tariffe con il divieto di cui all’art. 102 TFUE. In proposito, si consolidano dunque le conclusioni raggiunte dal
Tribunale il quale, nella sentenza di primo grado, aveva rilevato come
nessun legittimo affidamento potesse essere fondato sulle decisioni del
RegT in quanto queste ultime “non contengono alcun riferimento all’art. 102 TFUE” e dalle stesse decisioni “risulta implicitamente, ma necessariamente che le pratiche tariffarie di Deutsche Telekom producono un effetto anticoncorrenziale, atteso che i concorrenti devono fare ricorso ad una sovvenzione incrociata per poter rimanere competitivi sul mercato dei servizi di accesso”.
La sentenza Deutsche Telekom conferma la necessità che le imprese,
in sede di impostazione della propria attività, svolgano autonome e
complete valutazioni di compliance dei profili regolatori e antitrust:
tali valutazioni non devono limitarsi a soddisfare i requisiti del
procedimento ad es. autorizzatorio nazionale, ma (in sede preventiva) devono includere i profili di compatibilità della decisione d’impresa con le regole di concorrenza. Prendendo ad esempio il caso in commento, l’azione di compliance si conferma, dunque, essenziale per ridurre i rischi connessi alla responsabilità che residua in capo all’impresa anche in seguito all’adozione di provvedimenti da parte dell’autorità di regolazione nazionale.
Lo sforzo in tal modo richiesto alle imprese potrebbe essere
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dalla più efficace attuazione dei meccanismi di “concerto regolamentare” espressamente previsti dalla normativa UE. Tali meccanismi normativi definiscono i termini di quel dialogo costruttivo,
fra Commissione europea e autorità nazionali, che (in ottica
preventiva) dovrebbe consentire di emettere provvedimenti che
contengano la corretta sintesi ex ante dei profili di concorrenza e
regolazione rilevanti per la impostazione della condotta delle imprese. Per ridurre i rischi ed i costi che “il difficile matrimonio” fra regolazione e concorrenza può determinare per le imprese è
importante, dunque, che il relativo dibattito si incentri sulla migliore implementazione degli strumenti che assicurano l’avvio del “concerto
regolamentare” in termini preventivi. Per quanto riguarda la natura abusiva della pratica di compressione dei
margini, la Corte conferma che tale pratica ricade, in quanto tale, nelle
fattispecie di abuso di posizione dominante vietate dal diritto dell’Unione, senza necessità di dimostrare che le tariffe all’ingrosso o le tariffe al dettaglio siano di per sé abusive. Infatti, comprimendo il
margine dei suoi concorrenti quantomeno altrettanto efficienti e
estromettendoli in tal modo dal mercato, la Deutsche Telekom
rafforzava la propria posizione dominante causando,
conseguentemente, un danno ai consumatori, limitando le loro
possibilità di scelta nonché le loro prospettive di beneficiare di una
riduzione, a più lungo termine, delle tariffe al dettaglio per i servizi di
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mercato. Per quanto attiene al metodo utilizzato per accertare se una
compressione dei margini sia abusiva, la Corte ritiene che il Tribunale
e la Commissione abbiano correttamente fatto ricorso al criterio del «concorrente altrettanto efficiente», consistente nell’esaminare se le pratiche tariffarie di un’impresa dominante rischino di estromettere dal
mercato un operatore economico altrettanto efficiente, basandosi unicamente sulle tariffe e sui costi dell’impresa dominante e non sulla situazione specifica dei suoi concorrenti. Infatti, tale criterio consente
di verificare se la Deutsche Telekom sarebbe stata in grado di offrire i
propri servizi al dettaglio agli abbonati senza operare in perdita,
qualora fosse stata previamente obbligata a pagare le proprie tariffe all’ingrosso per i servizi di accesso all’anello locale. Inoltre, tale criterio risulta conforme al principio della certezza del diritto,
consentendo alle imprese dominanti, che sono necessariamente a
conoscenza dei loro costi e delle loro tariffe, di valutare la legittimità
della propria condotta. Infine, per quanto attiene agli effetti della
condotta censurata, la Corte, al pari del Tribunale, ritiene che, per poter
essere considerata abusiva, una pratica di compressione dei margini deve aver reso più difficile l’accesso dei concorrenti della Deutsche Telekom al mercato interessato. La sussistenza di taluni effetti
concorrenziali deve quindi risultare provata. Nella specie, la Corte ha
ritenuto che la prova di tali effetti sia stata correttamente accertata dal
Tribunale. Infatti, atteso che i servizi di accesso alla rete forniti dalla
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penetrare in modo efficace sui mercati di fornitura al dettaglio di
servizi agli abbonati, una compressione dei margini ostacola, in linea
di principio, lo sviluppo della concorrenza sui mercati dei servizi al
dettaglio agli abbonati, in quanto, così stando le cose, un concorrente
altrettanto efficiente della ricorrente non può esercitare le sue attività
sul mercato al dettaglio dei servizi di accesso agli abbonati, se non
operando in perdita. Conseguentemente, la Corte respinge l’impugnazione e conferma l’ammenda di 12,6 milioni di euro inflitta dalla Commissione. Nelle conclusioni rese dall’Avvocato generale
Mazàk nelle cause Deutsche Telekom per configurare un ipotesi di
margin squeeze è pur sempre necessario che il prodotto intermedio, commercializzato dall’impresa verticalmente integrata, sia indispensabile per gli altri operatori al fine di accedere e competere ad
armi pari sul mercato a valle. Si potrebbe ritenere, dunque necessaria
una verifica volta ad accertare la sussistenza o meno di modalità
alternative per le imprese concorrenti, mutando i principi affermati
nella sentenza Oscar Bonner. Quindi il margin squeeze costituirebbe
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