1 INDICE
INTRODUZIONE
CAPITOLO I
L’ABUSO DI POSIZIONE DOMINANTE
I) CARATTERI GENERALI DELLA FATTISPECIE_________pag. 5 II) LA NOZIONE DI MERCATO RILEVANTE__________ pag. 7 - 16 III) LA POSIZIONE DOMINANTE___________________pag. 17 - 21 IV) LE TIPOLOGIE DI COMPORTAMENTI ABUSIVI___pag. 22 - 25 V) IL MARGIN SQUEEZE: PRIMI CENNI___________pag. 26 - 27
CAPITOLO II
L’APPLICAZIONE DELL’ART. 102TFUE I) IL DIVIETO DI SFRUTTAMENTO ABUSIVO DI POSIZIONE DOMINANTE____________________________________pag. 28 - 32
II) IL REGOLAMENTO N.1/2003___________________pag. 33 - 45
III) L’EVOLUZIONE DELL’ART. 102 TFUE___________pag. 46 - 48
IV) IL NUOVO APPROCCIO ECONOMICO ENUNCIATO NEL
GUIDANCE PAPER (SULLE PRIORITA’ DI APPLICAZIONE
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CAPITOLO III
IL MARGIN SQUEEZE NELL’ORDINAMENTO STATUNITENSE
I) PREMESSA__________________________________pag- 71 - 72 II) LA GIURISPRUDENZA DELLA CORTE SUPREMA E DELLE CORTI FEDERALI____________________________pag. 73 - 87
CAPITOLO IV
LA GIURISPRUDENZA DELLA CORTE DI GIUSTIZIA SUL
MARGIN SQUEEZE
I) SENTENZA DEUTSCHE TELEKOM__________pag. 88 - 96 II) SENTENZA TELIASONERA________________pag. 97 - 107 III) SENTENZA TELEFONICA_________________pag. 108 - 116
CONSIDERAZIONE CONCLUISIVE
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INTRODUZIONE
Obiettivo della trattazione è individuare la giusta collocazione del
margin squeeze nell’ambito delle fattispecie sanzionate dall’art. 102 TFUE. Il margin squeeze è una pratica abusiva di stretta attualità,
essendo al centro di un intenso dibattito dottrinale e giurisprudenziale.
La Corte di Giustizia dell’Unione ha riconosciuto al margin squeeze l’autonomia nel novero degli abusi escludenti dell’art. 102 TFUE. I Giudici dell’Unione hanno assunto posizioni in netto contrasto con
quanto affermato dalla dottrina antitrust maggioritaria. Quest’ultima,
ispirandosi ai principi propri del sistema e della giurisprudenza
antitrust americana, aveva messo in discussione la necessità e l’utilità
di inquadrare il margin squeeze come un’infrazione autonoma ai sensi dell’art. 102 TFUE. Secondo tale impostazione, il margin squeeze costituirebbe una fattispecie ultronea, essendo assorbita da altre forme di abuso escludente già riconosciute nel diritto antitrust dell’unione quali, il rifiuto a contrarre ed il divieto di imporre prezzi predatori. La
questione di fondo di questa trattazione riguarderà dunque la sostenibilità del riconoscimento dell’autonomia del margin squeeze nel catalogo degli abusi escludenti di cui all’art. 102 TFUE. Analizzeremo
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quindi le decisioni della Corte di giustizia nel caso Deutsche Telekom,
la quale costituisce la prima pronuncia della Corte in materia di
Margin Squeeze e successivamente i casi TeliaSonera e Telefonica per poter trarre le giuste conclusioni sull’inquadramento del margin squeeze.
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CAPITOLO I
L’ABUSO DI POSIZIONE DOMINANTE I) CARATTERI GENERALI DELLA FATTISPECIE
Art.82 TCE è incompatibile con il mercato comune e vietato, nella
misura in cui possa essere pregiudizievole al commercio tra stati
membri, lo sfruttamento abusivo da parte di una o più imprese di una
posizione dominante sul mercato comune o su una parte sostanziale di
questo. Quindi vi è abuso quando un’impresa dominante utilizza
indebitamente il proprio potere di mercato al fine di ostacolare la
concorrenza ovvero sfruttare il proprio potere economico ai danni di
fornitori e/o consumatori.
Com’è giusto che sia, le imprese operanti nel mercato cercano sempre di massimizzare i profitti delle proprie attività, provando ad
accumulare un potere di mercato sempre maggiore, questa forte
concorrenza crea competizione e tensione che reca benefici alla
collettività in termini di innovazione, abbassamento dei prezzi e
miglior qualità dei prodotti. Alcune imprese però cercano di
monopolizzare il mercato per avere maggiori profitti ed estromettere i
concorrenti, oppure imprese che già detengono un potere di mercato
significativo potrebbero abusarne mediante l’imposizione di prezzi
eccessivamente elevati. Queste due situazioni porterebbero ad un’alterazione dei mercati dal punto di vista concorrenziale e un
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pregiudizio per i consumatori. Proprio per questo abbiamo l’art._102 TFUE, contenente la disciplina di abuso di posizione dominante.
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II) LA NOZIONE DI MERCATO RILEVANTE
La definizione di mercato rilevante costituisce lo strumento per individuare l’ambito nel quale le imprese sono in concorrenza tra loro. Questa definizione svolge una funzione fondamentale anche in ambito
regolatorio, cioè mira ad individuare gli operatori dotati di
significativo potere di mercato e verificare quindi se il mercato di
riferimento è concorrenziale o necessità di alcune misure e rimedi volti
ad assicurare un regime di effettiva concorrenza. Per stabilire se un’impresa detiene una posizione dominante è necessario definire preliminarmente i contorni del mercato di riferimento.
Nel caso di una sospetta violazione delle regole sulla concorrenza, il
primo elemento da considerare è il mercato rilevante. Definire il
mercato rilevante significa stabilire la portata delle regole sulla
concorrenza rispetto alle pratiche restrittive e all’abuso di posizione
dominante. In conformità con il principio della trasparenza, il metodo
usato dalla Commissione per definire un mercato rilevante caso per
caso si basa su una analisi, che include sia il profilo del prodotto che il
profilo geografico del mercato rilevante, può essere utilizzata per
stabilire se ci sono concorrenti effettivi in grado di condizionare il
comportamento delle imprese interessate e di valutare il livello di
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Definizione di mercato rilevante
Il mercato rilevante combina il mercato del prodotto e il mercato
geografico definiti come segue:
a) il mercato del prodotto rilevante comprende tutti i prodotti e/o
servizi che sono considerati intercambiabili o sostituibili dal
consumatore, in ragione delle caratteristiche dei prodotti, dei
loro prezzi e dell'uso al quale sono destinati;
b) il mercato geografico rilevante comprende l'area in cui le
imprese interessate forniscono o acquistano prodotti o servizi,
nella quale le condizioni di concorrenza sono sufficientemente
omogenee.
a) Il mercato rilevante del prodotto comprende tutti i prodotti e/o
servizi che sono considerati intercambiabili o sostituibili dal
consumatore, in ragione:
- Delle loro caratteristiche tecniche e di utilizzo
- Dei loro prezzi
Le autorità di concorrenza seguono due criteri fondamentali:
- La sostituibilità del prodotto sul versante della domanda
- La sostituibilità del prodotto sul versante dell’offerta
La sostituibilità del prodotto sul versante della domanda comprende la
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i prodotti o servizi che siano fungibili o sostituibili dall’angolo visuale del consumatore: due beni appartengono a mercati diversi se non sono
sufficientemente intercambiabili, viceversa essi dovranno essere
inclusi nel medesimo mercato rilevante. Questo implica la selezione di
parametri in base ai quali esaminare il comportamento e le preferenze
del consumatore, la comunicazione sul mercato rilevante fa riferimento alle caratteristiche, al prezzo ed alla funzione d’uso dei prodotti oi servizi rilevanti. La funzione d’uso rappresenta un elemento fondamentale nella verifica della fungibilità di due prodotti sul
versante della domanda, il riscontro di impieghi diversi infatti dovrebbe implicare l’assenza di sostituibilità. Anche il prezzo rappresenta l’elemento chiave nella delimitazione del mercato rilevante, indica il grado di omogeneità di mercati sotto il profilo delle
condizioni concorrenziali, se per beni simili si registrano sostanziali
differenze di prezzo, ciò significa che per i consumatori non sono diretti sostituti, essendo disposti a pagare prezzi diversi per l’acquisto di tali prodotti. E anche perché ai fini pratici nella definizione del mercato rilevante dal lato del prodotto si deve porre l’accento sui mutamenti della domanda conseguenti alla variazione di prezzo.
La sostituibilità del prodotto sul versante dell’offerta consiste nella capacità dei produttori di soddisfare la domanda di prodotti o servizi
diversi da quelli che stanno attualmente producendo o di soddisfare la
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attualmente vendono i propri prodotti, altra caratteristica che deve avere la sostituibilità sul versante dell’offerta sono gli effetti equivalenti a quelli delle sostituibilità sul versante della domanda,
inoltre la sostituibilità avviene quando fabbricati di un certo prodotto
siano in grado di soddisfare in breve tempo e senza dover sostenere
costi significativi costi aggiuntivi o affrontare rischi eccessivi, la
domanda di prodotti diversi, in risposta ad un ipotetico incremento
piccolo ma significativo e non transitorio del prezzo di detti prodotti.
Vi è quindi sostituibilità dal lato dell’offerta, qualora alla presenza di
lievi ma costanti aumenti di prezzo di un determinato bene, le imprese
operanti nei settori contigui rispetto al mercato di riferimento siano in
grado di mutare processo di produzione e catena di distribuzione in
modo da immettere su tale mercato maggiori quantità del prodotto il
cui prezzo è aumentato.
La sostituibilità sul versante della domanda costituisce il criterio
principale nella metodologia proposta e seguita dalla commissione.
Essa è un fattore più immediato ed efficace, in grado di condizionare i
fornitori di un determinato prodotto, specie in ordine alle loro decisioni in materia di prezzo. Di contro la sostituibilità sul versante dell’offerta, di norma, è un parametro più difficile da applicare e produce un
impatto meno diretto sulla delimitazione del mercato rilevante. Per tale motivo, tale parametro è preso in considerazione solo se, l’impatto sia talmente immediato ed efficace da essere equiparabile a quello relativo
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alla sostituibilità sul versante della domanda. Inoltre ci sono altri fattori
considerati nel definire il mercato rilevante che sono l’esistenza di esempi nel recente passato di un’effettiva sostituzione di un determinato prodotto con un altro, un’analisi della variazione dei
prezzi e della domanda mediante tecniche economiche e statistiche,
parere di clienti e concorrenti, studi di mercato, esistenza di eventuali
ostacoli tecnici o normativi alla sostituibilità di un prodotto con un
altro ed infine la possibilità di individuare gruppi distinti di
consumatori su cui praticare una specifica politica dei prezzi.
b) Il mercato geografico rilevante è l’area nella quale le imprese
in causa forniscono o acquistano prodotti o servizi ove le
condizioni di concorrenza sono sufficientemente omogenee e
sensibilmente diverse dalle condizioni di concorrenza delle zone geografiche contigue. L’omogeneità dell’ambiente concorrenziale dipende evidentemente anche dall’esistenza di fenomeni di sostituzione. Si assume quindi come punto di
riferimento la zona geografica nei cui confronti opera l’impresa
autrice della condotta oggetto di valutazione ai fini antitrust. È
rispetto a tale zona che si dovrà verificare da un lato la volontà
dei consumatori di spostarsi su altri territori per acquistare tale
bene, e dall’altro la capacità tecnico – economica dei produttori di distribuire i rispettivi prodotti nell’area di riferimento.
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La sua definizione può fondarsi su tutti o alcuni dei seguenti
elementi:
- Costi di trasporto
- La natura deperibile dei beni in questione
- Le caratteristiche della domanda che possono influenzare in
modo diverso la scelta dei consumatori
- I flussi commerciali e l’esistenza di eventuali ostacoli tecnici o
normativi al trasporto dei prodotti in esame
- L’esigenza di adeguamento a specifiche
normative/regolamentazioni nazionali
Analisi per la definizione di mercato rilevante
Negli ultimi anni la Commissione ha individuato una serie di criteri che l’aiutano ad analizzare il comportamento delle imprese sul mercato e le condizioni specifiche del mercato rilevante. Tuttavia, tale metodo
può portare a risultati diversi a seconda del tipo di problema di concorrenza in questione. Pertanto, occorre un’analisi strutturata che sia anche sufficientemente flessibile per tenere conto di singole
circostanze. Nel corso di un’analisi preliminare, la Commissione tenta
di definire il mercato del prodotto verificando se il prodotto A e il
prodotto B appartengono allo stesso mercato e cerca di stabilire il
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quote di mercato detenute dalle parti in questione e dai loro
concorrenti, i prezzi applicati e le eventuali differenze di prezzo.
Dopo aver definito il mercato del prodotto e il mercato geografico, la Commissione esegue un’analisi più dettagliata basata sul concetto di sostituibilità. Le imprese soggette ad un regime concorrenziale devono
rispettare due vincoli principali: la sostituibilità sul versante della domanda e la sostituibilità sul versante dell’offerta. Un mercato è competitivo se i consumatori possono scegliere fra una gamma di
prodotti con caratteristiche simili e se il fornitore non incontra ostacoli
a fornire prodotti o servizi su un dato mercato. Il criterio della
sostituibilità permette di concentrare la ricerca su qualunque prodotto
sostitutivo, riuscendo quindi a definire il mercato rilevante del prodotto
e il mercato geografico con un maggior grado di certezza. Soltanto
nella fase finale si analizza il mercato rilevante per stabilire il livello di
integrazione dei mercati dell’Unione europea (UE). Quindi, la
Commissione compie una valutazione della sostituibilità sul versante
della domanda (cioè dei consumatori) e della sostituibilità sul versante dell’offerta (cioè dei fornitori). Nel primo caso, si deve vedere se i consumatori del prodotto in questione possono passare prontamente ad
un prodotto simile in risposta ad un piccolo, ma permanente, aumento
di prezzo (tra il 5 e il 10 %). Nel secondo caso, si deve vedere se altri
fornitori possono prontamente modificare il loro processo produttivo in
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rilevante. Tuttavia, il criterio della intercambiabilità non tiene conto
delle condizioni in cui operano le imprese in questione. Occorre
pertanto esaminare le condizioni di accesso al mercato così definito. A
tal fine, la Commissione compie una valutazione della dimensione del
prodotto e della dimensione geografica del mercato rilevante, che
considera:
il passato recente, in alcuni casi è possibile analizzare i dati relativi a
variazioni di prezzo recenti, ad esempio in termini di sostituzione tra
due prodotti o in termini di reazione dei consumatori;
i risultati di studi specifici: l’elasticità della domanda di un prodotto
può essere valutata con l’esecuzione di test econometrici e statistici. Inoltre, è utile valutare il mercato geografico alla luce di alcuni fattori,
come la cultura, la lingua, ecc. che influiscono sulle preferenze locali;
i punti di vista di clienti e concorrenti: la Commissione può contattare i
principali consumatori e concorrenti dell’impresa in questione per
raccogliere dati e valutare la loro reazione nel caso di variazioni di prezzo all’interno dell’area geografica;
le preferenze dei consumatori: la Commissione può chiedere alle
imprese interessate di commissionare studi di mercato prima di
immettere un prodotto sul mercato o di stabilirne il prezzo. Inoltre, può
confrontare le abitudini di acquisto dei consumatori sul mercato
rilevante con quelle di altri consumatori su un mercato geografico
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gli ostacoli (normativi e di altro tipo) e i costi attinenti al passaggio ad
altri prodotti o ad altre aree;
le diverse categorie di consumatori e discriminazione in termini di
prezzo: un gruppo distinto di consumatori può rappresentare un
mercato distinto e più limitato se tale gruppo può essere oggetto di
discriminazione in termini di prezzo. Con l’obiettivo di eliminare gli
ostacoli al commercio e creare un mercato europeo integrato, la
Commissione verifica se il mercato rilevante rispetta le norme dell’UE.
Prima di trarre le sue conclusioni, la Commissione può consultare le
principali imprese del settore sui limiti del mercato del prodotto e del
mercato geografico. Se lo ritiene opportuno, la Commissione può
effettuare sopralluoghi in loco.
Calcolo delle quote di mercato
La definizione del mercato rilevante, sotto il profilo del prodotto e
delle dimensioni geografiche, consente di individuare gli operatori
(fornitori, clienti, consumatori) attivi sul mercato stesso. Su questa
base si possono calcolare le dimensioni complessive del mercato e le
quote di mercato di ciascun fornitore, a partire dalle loro vendite dei
prodotti rilevanti nella zona rilevante. Le stime delle imprese, gli studi
commissionati a consulenti o associazioni di categoria o i dati relativi
al fatturato possono contribuire al calcolo della quota totale di mercato
e della quota di mercato di ogni fornitore. Benché le vendite
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esistono tuttavia altri elementi che, a seconda dei prodotti o
dell'industria di cui si tratta, possono offrire indicazioni utili, quali la
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III) LA POSIZIONE DOMINANTE
Un’impresa detiene una posizione dominante quando può comportarsi in modo significativamente indipendente dai concorrenti, dai fornitori
e dai consumatori. Ciò avviene, in genere, quando detiene quote elevate in un determinato mercato. Il fatto che un’impresa raggiunga grandi dimensioni non distorce di per sé il mercato: talvolta, per
operare in modo efficiente, è infatti necessario essere attivi su larga scala o in più mercati. Inoltre, un’impresa può crescere proprio grazie al suo comportamento “virtuoso”, offrendo prodotti che meglio di altri, per il prezzo e/o per la qualità, soddisfano le esigenze dei consumatori.
La legge non vieta quindi la posizione dominante in quanto tale, ma il
suo abuso che si concretizza quando l’impresa sfrutta il proprio potere
a danno dei consumatori ovvero impedisce ai concorrenti di operare
sul mercato, causando, conseguentemente, un danno ai consumatori. Analogamente a quanto avviene per le intese, quando l’abuso determina un pregiudizio per il commercio tra più Stati membri dell'UE, l’Autorità applica la normativa comunitaria (articolo 102 del Trattato sul funzionamento dell’Unione Europea). La capacità dell’impresa di imporre determinate condizioni in uno specifico rapporto contrattuale non determina, di per sé, una posizione
dominante. Tuttavia, lo sfruttamento di questo potere negoziale può
comportare, quando ne ricorrano le condizioni, un abuso di dipendenza
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L'Autorità può intervenire qualora ravvisi un abuso di dipendenza
economica che abbia rilevanza per la tutela della concorrenza e del
mercato. Si ha abuso di dipendenza economica quando un’impresa è
in grado di determinare, nei rapporti commerciali con un'altra impresa,
un eccessivo squilibrio di diritti e di obblighi. La dipendenza
economica è valutata tenendo conto anche della reale possibilità, per la
parte che abbia subìto l'abuso, di reperire sul mercato alternative
soddisfacenti La posizione dominante è una posizione di potenza economica grazie alla quale l’impresa che la detiene è in grado di ostacolare la persistenza di una concorrenza effettiva sul mercato in
questione, e ha la possibilità di tenere comportamenti alquanto
indipendenti nei confronti dei concorrenti, dei clienti e in ultima
analisi, dei consumatori. La posizione dominante non esclude l’esistenza di una certa concorrenza, ma consente di influire notevolmente sul modo in cui essa si svolge e comunque di
comportarsi sovente senza doverne tenere conto. Quando un’impresa si
venga a trovare in una posizione di dominanza sul mercato di
riferimento, potrebbe abusarne e quindi contravvenire al divieto di cui l’art._102 TFUE, tale art. non fornisce alcuna definizione della posizione di dominio di un’impresa, ne tantomeno gli indici e criteri qualitativi o quantitativi in virtù dei quali procedere al suo
accertamento. Quindi la nozione di dominanza e i suoi parametri
rilevatori vanno ricercati nella giurisprudenza e nella prassi della
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La posizione dominante deriva da una concomitanza di fattori non
necessariamente decisivi da soli, tra tali fattori rientrano:
a) Criteri strutturali, quali la quota di mercato dell’impresa e, più
in generale, la struttura del mercato di riferimento
b) La concorrenza potenziale ( barriere all’ingresso nel mercato da
parte di operatori terzi )
a) Analizzando i numeri:
<10 % = assenza quasi certa di dominanza
<25 % = assenza un po’ meno certa di dominanza
25 e 50 % = dominanza possibile ma occorrono altri elementi
>50 % = si presume dominanza
Bisogna anche valutare la struttura del mercato, ovvero:
- Il numero dei concorrenti
- Le quote di mercato dei concorrenti
- La loro integrazione verticale
- Il livello dei prezzi
- Dinamiche della concorrenza
b) La concorrenza potenziale, maggiore è l’esistenza di barriere all’entrata sul mercato rilevante, minore sarà la concorrenza potenziale e dunque il deterrente a partiche abusive dell’impresa delegata
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Le barriere all’entrata possono essere di diversa natura:
- Ostacoli di carattere tecnico ( controllo da parte di un’impresa di un’infrastruttura essenziale per lo svolgimento di un’attività su un mercato rilevante - necessità del know how - importanza
economie di scala - scarsezza materie prime - fedeltà del
marchio da parte dei consumatori)
- Ostacoli di carattere legislativo/regolamentare ( attribuzione di un monopolio legale a un’unica impresa o a un numero limitato di imprese, titolarità di brevetti, diritti d’autore e altri diritti di
proprietà – necessità di provvedimenti autorizzativi )
- Ostacoli derivanti dal comportamento delle imprese presenti sul
mercato ( elevate spese pubblicitarie e di promozione – pratiche
di fidelizzazione della clientela – minacce di scatenare una
guerra al ribasso dei prezzi in caso di ingresso sul mercato da
parte di potenziali concorrenti )
La posizione dominante non è vietata di per se, lo è solo il suo
abusivo sfruttamento. L’impresa dominante è soggetta alla speciale
responsabilità di non compromettere lo svolgimento di una ( già
limitata ) concorrenza effettiva sul mercato. Ciò non implica che l’impresa in posizione dominante sia priva del diritto di tutelare i propri interessi commerciali, qualora questi siano insediati, ma
piuttosto, che i comportamenti che essa pone in essere per la
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“ entro limiti ragionevoli ” e non avere “ lo scopo di rafforzare la
posizione dominante e di farne abuso ” , concettualmente si può
distinguere tra abuso orizzontale, cioè posto in essere a danno dei
concorrenti e abuso verticale, posto in essere a danno dei
clienti/fornitori.
La nozione di sfruttamento abusivo è una nozione oggettiva: non è
necessario accertare l’intento abusivo. Molto spesso le imprese
operano su diversi mercati, pur essendo in posizione dominante solo in alcuni di essi, l’abuso di posizione dominante può consistere nello sfruttamento della posizione dominante su un
mercato al fine di dominarne un altro. Si parla in tal caso di abuso di posizione dominante per estensione. L’abuso può consistere anche nel porre in essere comportamenti abusivi in un mercato non
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IV) LE TIPOLOGIE DI COMPORTAMENTI ABUSIVI a) Comportamenti abusivi per sfruttamento
b) Comportamenti abusivi escludenti derivanti da politiche di
prezzo
c) Comportamenti abusivi escludenti derivanti da politiche non di
prezzo
L’art._102 TFUE al comma 2 individua alcune tipologie di comportamenti che integrano gli estremi di tale illecito antitrust;
non contiene un numerus clausus di condotte illecite, ma ha
soltanto un valore esemplificativo
a) non esistono criteri esatti per determinare quando il prezzo imposto da un’impresa dominante sia ingiusto: quando è esagerato in rapporto al valore economico della prestazione
fornita – quando non solo il margine di profitto derivante dalla
prestazione è eccessivo ma anche il prezzo di detta prestazione non è equo ‘’ sia in assoluto sia rispetto ai prodotti concorrenti’’.
L’imposizione di prezzi diversi a seconda dello stato in cui l’impresa fornisce i propri prodotti può costituire abuso vietato, in particolare tale pratica ha effetto di isolare artificialmente i
mercati nazionali o è accompagnata da atti mirati a produrre
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profitti maggiori rispetto a quelli ottenibili in assenza di tale
comportamento.
Con discriminazione dei prezzi s’intende generalmente la
vendita di uno stesso bene ad acquirenti diversi a prezzi diversi,
in assenza di giustificazioni, tale pratica dovrebbe essere
considerata abusiva soltanto se: praticata nei confronti di clienti
che sono in concorrenza tra loro e i prodotti o servizi oggetto dell’abuso costituiscono una parte significativa dei costi, cosi che la discriminazione è effettivamente in grado di generare
uno svantaggio per il loro assetto competitivo.
Tuttavia, nella pratica, le discriminazioni di prezzi sono spesso considerate abusive, a prescindere dall’effettiva sussistenza di un conseguente svantaggio competitivo.
b) Comportamenti abusivi escludenti derivanti da politiche di
prezzo, i prezzi predatori:
per comportamento predatorio s’intende una strategia in due fasi posta in opera da un’impresa in posizione dominante: nella prima fase, l’impresa abbassa i prezzi fino a costringere i propri
concorrenti a uscire dal mercato, nella seconda fase, rimasta
sola essa innalza i prezzi al livello di monopolio, recuperando l’eventuale perdita sopportata nella prima fase e godendo. Da quel momento in poi, di profitti di monopolio.
Le autorità di concorrenza hanno individuato i seguenti criteri,
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predatorio, alla luce del fato che la vendita in questione non consente all’impresa di coprire né i costi fissi, né il costo marginale dell’unità venduta.
Le autorità di concorrenza hanno individuato i seguenti criteri:
un prezzo inferiore ai suoi costi marginali si presume
predatorio, alla luce del fatto che la vendita in questione non
consente all'impresa di coprire né i costi fissi, né il costo marginale dell’unità venduta. Un prezzo superiore invece ai suoi costi marginali, ma inferiore ai suoi costi medi totali, può
costituire comportamento predatorio, qualora esso sia
inquadrato in una più ampia azione di eliminazione dei
concorrenti, un prezzo superiore ai suoi costi medi totali potrà
considerarsi come predatorio solo in presenza di circostanze
eccezionali.
Anche sconti e pratiche di fidelizzazione possono avere effetti
escludenti nei confronti dei concorrenti, tra le tipologie di
sconti vietati ci sono quelli che obbligano il cliente a soddisfare tutto il proprio fabbisogno presso l’impresa dominante, quelli connessi all’acquisto di altri prodotti dell’impresa dominante, gli sconti al raggiungimento di determinate soglie, quelli concessi in relazione all’aumento della domanda del cliente e quelli concessi ai clienti su base discriminatoria.
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c) Si può distinguere tra :
- Tynig, ovvero la vendita del prodotto B soltanto a che acquisti
anche il prodotto A, il quale può essere acquistato anche
indipendentemente da B.
- Bundling, ossia la vendita sempre congiunta di A e B
- Mixed bundling, in cui l’acquirente può comprare soltanto A, soltanto B, oppure sia A che B, ma in quest’ultimo caso il prezzo di A+B è inferiore alla somma dei prezzi dei due
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V) IL MARGIN SQUEEZE: PRIMI CENNI
Il margin squeeze è una tipologia di abuso che si verifica quando un’impresa dominante sul mercato, di un input indispensabile per la realizzazione di un prodotto derivato ( mercato a monte ) e attiva essa
stessa nel mercato del prodotto derivato ( mercato a valle ) può
ostacolare i propri concorrenti. In questo modo viene reso meno
attraente il mercato per i concorrenti effettivi o potenziali, comportando l’esclusione di altre imprese in modo da consentire così all’impresa dominante di raccogliere successivamente profitti di monopolio. Il margin squeeze quindi può essere discriminatorio laddove l’impresa dominante fornisca il bene intermedio agli operatori a prezzi maggiori rispetto a quelli che detta impresa pratica alle proprie divisioni sul mercato a valle. Elemento essenziale ai fini dell’abusività della compressione dei margini è la non equità del differenziale tra le tariffe imposte dall’impresa dominante nei mercati a monte e a valle. Affinché la compressione dei margini abbia un impatto restrittivo della
concorrenza potenzialmente pregiudizievole per i consumatori occorre che l’input sia essenziale per operare nel mercato a valle. La Corte di Giustizia, nella sentenza Telia Sonera, ha sostenuto la necessità di dimostrare l’impatto restrittivo della concorrenza del margin squeeze, ma ha ritenuto che si tratti di un abuso autonomo rispetto a quello
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Il riconoscimento del margin squeeze da parte della corte di giustizia europea è avvenuto a seguito dell’adozione del guidance paper, comunicazione mediante la quale la commissione ha avviato il
procedimento di modernizzazione dell’art._102 TFUE. Infatti nel
guidance paper si rinvengono gli orientamenti della commissione in merito alla futura applicazione dell’art._102 TFUE.
Considerando che il margin squeeze è una pratica tariffaria e che il
guidance paper introduce dei criteri di valutazione che divergono, sotto alcuni aspetti dalla giurisprudenza precedente, il confronto degli
orientamenti presenti in tale atto di soft law con i principi recentemente
sviluppati dai giudici europei costituisce un esercizio imprescindibile.
Il raffronto tra guidance paper e le successive pronunce dei giudici europei si rivela necessario ai fini della comprensione dell’evoluzione della disciplina del margin squeeze e piu in generale dell’abuso
escludente, giacchè consente di individuare l’impostazione corretta ed
attuale da seguire negli accertamenti antitrust di tutte le forme che tale
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CAPITOLO II
APPLICAZIONE DELL’ART. 102 TFUE
I) IL DIVIETO DI SFRUTTAMENTO ABUSIVO DI
POSIZIONE DOMINANTE
Riportando l’art. 102 TFUE ( ex art. 82 TCE ) secondo il quale è incompatibile con il mercato interno e vietato, nella misura in cui
possa essere pregiudiziale al commercio tra stati membri, lo
sfruttamento abusivo da parte di una o più imprese di una posizione
dominante sul mercato interno o su una parte sostanziale di questo.
Tali pratiche abusive possono consistere in particolare:
- Nell’imporre direttamente od indirettamente prezzi d’acquisto,
di vendita od altre condizioni di transazione non eque
- Nel limitare la produzione, gli sbocchi o lo sviluppo tecnico, a
danno dei consumatori
- Nell’applicare nei rapporti commerciali con gli altri contraenti
condizioni dissimili per prestazioni equivalenti, determinando
cosi per questi ultimi uno svantaggio per la concorrenza
- Nel subordinare, la conclusione di contratti all’accettazione da
parte degli altri contraenti di prestazioni supplementari, che per
loro natura o secondo gli usi commerciali, non abbiamo alcun nesso con l’oggetto dei contratti stessi.
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L’art. 102 TFUE impone alcune restrizioni ai comportamenti che le imprese dominanti possono adottare. L’accertamento di condotte in violazione del presente articolo richiede di affrontare una serie di
questioni: la definizione di mercato rilevante, l’esistenza di una
posizione dominante, la natura escludente della partica interessata,
il probabile danno al benessere dei consumatori, le eventuali
efficienze che la stessa è in grado di produrre e di cui i consumatori
potrebbero beneficiare.
Un’analisi economica è essenziale quindi per rispondere a tutte queste domande. Pratiche commerciali, quali sconti, vendite
abbinate a bundling, contratti di esclusiva, discriminazione di
prezzo non sono più considerate abusive di per sé. Ogni violazione
dev’essere accertata sulla base di chiare evidenze economiche,
capaci di dimostrare che le condotte contestate portano all’esclusione di uno o più concorrenti, danneggiano i consumatori e porti a conservare o rafforzare quindi artificialmente siffatta
posizione, ovvero a realizzare politiche di mercato che si avvalgono dell’assenza o della ridotta concorrenza per conseguire delle rendite monopolistiche a danno dei consumatori. L’impresa dominante può quindi competere liberamente sul mercato per
migliorare ulteriormente la propria posizione, nella misura in cui
essa utilizzi strumenti e mezzi compatibili con l’art. 102 TFUE. Secondo la giurisprudenza UE grava sull’impresa dominante una
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speciale responsabilità che impone alla stessa di non
compromettere lo sviluppo di un sano ambiente concorrenziale con
le proprie politiche e strategie commerciali. In tale prospettiva,
comportamenti di per sé legittimi possono essere considerati
abusivi se realizzati da un’impresa dominante. In aggiunta al
regime di speciale responsabilità cui è sottoposta l’impresa
dominante, la giurisprudenza ha individuato ulteriori tratti comuni
dello sfruttamento abusivo della dominanza quali i comportamenti
atti ad influire sulla struttura di un mercato il cui livello di
competitività è già sminuito dall’impresa dominante e che ha come
effetto quello di ostacolare la conservazione o lo sviluppo del
grado di concorrenza ancora esistente sul mercato interessato,
ricorrendo a mezzi diversi da quelli su cui si impernia la
concorrenza normale.
Tale abuso è quindi di carattere oggettivo, alcune pratiche possono
alterare la struttura concorrenziale del mercato per il solo fatto che sono poste in essere da un’impresa dominante e pertanto assumere il carattere dell’illecita anche in assenza dell’elemento volitivo. La configurazione di una violazione dell’art. 102 TFUE non richiede la dimostrazione dell’esistenza di effetti anticoncorrenziali concreti, conseguiti dallo sfruttamento della posizione dominante,
essendo sufficiente accertare la potenzialità abusiva di tale condotta, vale a dire l’idoneità a produrre effetti di esclusione o di
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sfruttamento sul mercato. Perciò nel caso in cui un’impresa dominante ponga in essere comportamenti il cui fine sia l’estromissione di un concorrente, anche se il risultato non si realizza è comunque un abuso di posizione dominante ex art. 102
TFUE, tale articolo, inoltre, non impone un legame tra pratica abusiva e posizione dominante, cioè non impone che l’impiego della potenza economica conferita dalla posizione sia il mezzo con cui esercitare l’abuso, anche se nel caso in cui l’impresa ponga in essere condotte in un mercato diverso da quello in cui il soggetto
agente detiene una posizione di dominio, ma ad esso strettamente connesso, si applica l’art. 102 TFUE il quale presuppone quindi l’esistenza di un nesso tra posizione dominante e il comportamento che si asserisce abusivo.
La nozione e i concetti sembrano presentare un contenuto vago e
dai contorni difficilmente tratteggiabili in maniera definitiva. Ciò
potrebbe imputarsi al fatto che l’art. 102 TFUE non contiene un
elenco esaustivo delle condotte che possono ricadere nel suo
ambito applicativo, ne consegue che sono le caratteristiche delle
strategie abusive considerate di volta in volta e gli elementi fattuali
posti alla base degli accertamenti condotti ai sensi dell’art. 102
TFUE a riempire di contenuti il divieto sancito. La ratio dell’art.
102 TFUE quindi mira a salvaguardare il processo concorrenziale
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e dei concorrenti, ciò si spiega con la teoria economica secondo cui l’equilibrio raggiungibile in assetto di mercato concorrenziale sia quello maggiormente idoneo a conseguire tanto l’efficienza allocativa quanto quella produttiva e quindi a produrre l’effetto di
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II) IL REGOLAMENTO N.1/2003
Gli organi incaricati dell’applicazione delle regole di concorrenza contenute negli art.101 e 102 TFUE sono la Commissione europea , le
autorità degli Stati membri in materia di concorrenza – ANC, i giudici
nazionali. In base al Regolamento (CE) n. 1/2003 del Consiglio, del
16 dicembre 2002, concernente l'applicazione delle regole di
concorrenza di cui agli articoli 81 e 82 del trattato adottato dal
Consiglio il 16 dicembre 2002, per l'applicazione delle regole di
concorrenza previste agli articoli 101 e 102 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea (TFUE) (ex articoli 81 e 82 del trattato che istituisce la Comunità europea, trattato CE), ha sostituito
il regolamento (CEE) n. 17/62 dal 1° maggio 2004.
Il regolamento n. 17/62 attuava un sistema di controllo accentrato in
base al quale le intese che rischiavano di pregiudicare il commercio tra i paesi dell’UE imponendo restrizioni alla concorrenza dovevano essere notificate alla Commissione per poter beneficiare di
un'esenzione. La competenza esclusiva della Commissione ad
autorizzare accordi restrittivi della concorrenza che soddisfano le
condizioni di cui all'articolo 81, paragrafo 3 del trattato, ha spinto le
società a notificare una moltitudine di accordi, vanificando in parte gli
sforzi diretti a promuovere un'applicazione rigorosa e decentrata delle
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Nell'intento di semplificare le formalità amministrative a carico delle
imprese e permettere alla Commissione di svolgere un'azione più
efficace contro le infrazioni gravi delle regole di concorrenza, la
Commissione ha avviato, con il libro bianco del 1999 un lungo
processo di riforma che ha portato alla pubblicazione del regolamento
in questione.
Questa riforma compie la transizione da un sistema centralizzato di
notificazione preventiva da parte della Commissione a un sistema di
eccezione direttamente applicabile che, basandosi sull'applicazione
decentrata delle regole di concorrenza comunitarie e sul potenziamento
del controllo ex post, permette di alleggerire il lavoro della
Commissione e accrescere il ruolo delle autorità e giurisdizioni
nazionali garanti della concorrenza preposte all'applicazione del diritto
comunitario in materia di concorrenza, garantendone nel contempo un’applicazione effettiva ed uniforme.
Campo d'applicazione
Il presente regolamento disciplina le modalità di applicazione delle
disposizioni del TFUE in materia di accordi, decisioni di associazioni
di imprese e pratiche concordate che possano imporre restrizioni alla
concorrenza (articolo 101 TFUE) e gli abusi di posizione dominante
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Cooperazione fra la Commissione e le autorità e le giurisdizioni garanti della concorrenza dei paesi dell’UE
Il sistema di eccezione direttamente applicabile istituito dal presente
regolamento ha l'effetto diretto di responsabilizzare le imprese che,
non ricorrendo più l'obbligo di notificazione preventiva alla
Commissione, dovranno garantire in fede che tali accordi non
pregiudicano la libera concorrenza né violano le regole comunitarie al
riguardo. Per evitare ogni abuso saranno responsabilizzate anche le
autorità europee garanti della concorrenza, inclusa la Commissione e le
giurisdizioni nazionali, cui sarà affidato un controllo maggiore delle
regole di concorrenza comunitarie nonché il compito di garantire il
reciproco coordinamento della loro azione. A tal fine occorre favorire
lo scambio di informazioni fra le diverse istituzioni.
Per facilitare lo scambio di informazioni tra autorità garanti della concorrenza in Europa, il regolamento prevede l’istituzione di una rete europea per la concorrenza, composta dalle autorità nazionali garanti della concorrenza e dalla Commissione. Nell’ambito di questa rete, è previsto uno scambio di informazioni, comprese le informazioni
riservate, che potrà aiutare a perseguire eventuali violazioni delle
regole di concorrenza. La Commissione si incarica di trasmettere copia
dei principali documenti raccolti e si impegna a fornire, su richiesta
delle autorità garanti della concorrenza, i documenti necessari alla
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garanti della concorrenza sono tenute a notificare alla Commissione, al
più tardi trenta giorni prima della sua adozione, qualunque decisione volta a ordinare la cessazione di un’infrazione, ad accettare impegni relativamente all'applicazione degli articoli 101 e 102 del trattato
TFUE, nonché qualsiasi decisione volta a revocare l'applicazione di un
regolamento d'esenzione per categoria.
Per evitare doppioni e assicurare un'applicazione uniforme e coerente
del diritto europeo in materia di concorrenza, il regolamento mantiene
la regola in virtù della quale le autorità nazionali garanti della
concorrenza sono automaticamente private della loro competenza
qualora la Commissione avvii un procedimento. Questa si impegna per
altro a consultare l'autorità nazionale interessata prima di procedere.
Inoltre, qualora un'autorità garante della concorrenza di un paese dell’UE o la Commissione abbiano ricevuto una denuncia contro un accordo, una decisione di un'associazione o una pratica concordata che
è stata o è trattata da un'altra autorità garante della concorrenza, il
procedimento può essere sospeso o la denuncia respinta.
Dal canto suo la Commissione, prima di adottare decisioni dirette a far
cessare le infrazioni, a rendere vincolanti gli impegni proposti dalle imprese, a constatare l’inapplicabilità dell’articolo 101, paragrafo 1 del TFUE o a irrogare ammende o penalità di mora alle imprese, consulta
in riunione o mediante procedura scritta il comitato consultivo sulle
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rappresentanti delle autorità nazionali garanti della concorrenza e
funge da sede di discussione di casi che sono in corso di trattazione da
parte di dette autorità. Da ultimo, per quanto riguarda la cooperazione
che deve instaurarsi fra la Commissione e le giurisdizioni degli Stati
membri, il regolamento stabilisce che le giurisdizioni nazionali
possono chiedere alla Commissione di trasmettere loro le informazioni
in suo possesso o i suoi pareri in merito a questioni relative
all'applicazione delle regole di concorrenza comunitarie. I paesi dell’UE si impegnano d'altro canto a trasmettere alla Commissione copia delle sentenze scritte delle giurisdizioni nazionali competenti a
pronunciarsi sull'applicazione dell'articolo 101 o dell'articolo 102 del
trattato TFUE. Il regolamento contempla altresì la possibilità per la
Commissione e le autorità nazionali garanti della concorrenza di
formulare osservazioni per iscritto o oralmente dinanzi alle giurisdizioni nazionali sulle questioni relative all’applicazione degli articoli 101 o 102 del TFUE.
Poteri della Commissione europea
Per controllare l'applicazione delle regole di concorrenza in materia di
accordi, decisioni di associazioni di imprese e pratiche concordate
(articolo 101) e di abusi di posizione dominante (articolo 102) che
possano imporre restrizioni alla concorrenza, la Commissione è dotata
di diversi poteri, come quello di prendere decisioni, svolgere indagini e
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d'ufficio o in seguito a denuncia, accerta caso per caso la violazione
degli articoli 101 o 102 del TFUE. In virtù del regolamento, la
Commissione può prendere le seguenti decisioni, a seconda dei casi:
constatare e far cessare un'infrazione: se la Commissione constata, in seguito a denuncia o d'ufficio, un'infrazione all'articolo 101 o
all'articolo 102 del trattato TFUE, può obbligare, mediante decisione,
le imprese e associazioni di imprese interessate a porre fine
all'infrazione o constatare la cessazione dell'infrazione;
disporre misure cautelari: nei casi di urgenza giustificati, ove constati prima facie la sussistenza di un'infrazione, la Commissione
può d'ufficio adottare misure cautelari;
rendere gli impegni obbligatori: qualora intenda adottare una decisione volta a far cessare un'infrazione e le imprese interessate
propongano impegni tali da rispondere alle sue obiezioni, la
Commissione può rendere detti impegni obbligatori per un periodo
determinato. La Commissione può riaprire il procedimento se la
situazione di fatto cambia, se le imprese interessate contravvengono
agli impegni assunti oppure se la decisione si basa su informazioni
incomplete, inesatte o fuorvianti;
constatare l'inapplicabilità degli articoli 101 e 102 del TFUE: per ragioni di interesse pubblico comunitario, la Commissione può
constatare sulla base degli elementi di cui dispone che l'articolo
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un'associazione di imprese o a una pratica concordata, o perché le
condizioni di cui all'articolo 101, paragrafo 1, non sono soddisfatte, o
perché sono soddisfatte le condizioni di cui all'articolo 101, paragrafo
3. Lo stesso dicasi per i casi di posizione dominante di cui all'articolo
102 del trattato.
Nel rispetto dei diritti della difesa, prima di adottare una qualsiasi
decisione la Commissione dà modo alle imprese e associazioni di
imprese oggetto del procedimento di essere sentite relativamente agli
addebiti a loro carico. Le parti interessate hanno inoltre diritto
d'accesso al fascicolo della Commissione, fermo restando il legittimo
interesse delle imprese alla tutela dei propri segreti aziendali. Tuttavia,
per garantire il rispetto del segreto professionale, le informazioni così
acquisite possono essere utilizzate soltanto ai fini per i quali sono state
raccolte. La Commissione e le autorità nazionali garanti della
concorrenza sono per altro tenute a non divulgare le informazioni
acquisite o scambiate.
La Commissione detiene i seguenti poteri di indagine:
condurre indagini per settore: se l'evoluzione degli scambi fra paesi dell’UE, la rigidità dei prezzi o altre circostanze fanno presumere che la concorrenza può essere ristretta o falsata all'interno del mercato
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settore specifico dell'economia o nell'ambito di un tipo particolare di
accordi in vari settori;
chiedere informazioni: la Commissione può, mediante semplice domanda o con decisione, richiedere le informazioni necessarie alle
imprese e associazioni di imprese per assolvere i compiti affidatile dal
regolamento. Ogni persona fisica o giuridica che potrebbe disporre di
elementi utili è tenuta a fornire le informazioni richieste. La
Commissione può altresì chiedere che i governi e le autorità nazionali
garanti della concorrenza le forniscano tutte le informazioni necessarie
all'assolvimento di tali compiti;
raccogliere dichiarazioni: la Commissione può sentire ogni persona fisica o giuridica che vi acconsenta;
svolgere ispezioni: la Commissione può procedere a tutti gli accertamenti necessari presso le imprese e associazioni di imprese
senza che queste possano opporvisi. I suoi agenti dispongono dei
seguenti poteri:
o accedere ai locali, terreni e mezzi di trasporto di imprese e
associazioni di imprese;
o accedere a altri locali, terreni e mezzi di trasporto delle imprese
o associazioni di imprese interessate, compreso il domicilio di
amministratori, direttori e altri membri del personale, se vi sono
motivi ragionevoli di sospettare che libri o altri documenti
connessi all'azienda e all'oggetto degli accertamenti vi siano
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o controllare i libri e gli altri documenti connessi all'azienda;
o fare copie o ottenere estratti dei suddetti libri o documenti;
o apporre sigilli a tutti i locali e libri o documenti aziendali per la
durata degli accertamenti;
o chiedere informazioni a qualsiasi rappresentante o membro del
personale dell'impresa o dell'associazione di imprese e
verbalizzarne le risposte.
Gli agenti autorizzati dalla Commissione esercitano i loro poteri su
presentazione di un mandato scritto che precisa l'oggetto e lo scopo
degli accertamenti, nonché le sanzioni previste. La Commissione
informa con congruo anticipo l'autorità garante della concorrenza del paese dell’UE nel cui territorio devono essere effettuati gli accertamenti. Per stabilire l'esistenza di un'infrazione all'articolo 101 o
all'articolo 102 del trattato TFUE, l'autorità garante della concorrenza di un paese dell’UE può anche procedere, sul proprio territorio, a qualsiasi misura prevista dalla legislazione nazionale in nome e per
conto dell'autorità garante della concorrenza di un altro paese dell’UE o, su richiesta della Commissione, effettuare un’ispezione.
La Commissione può irrogare alle imprese e alle associazioni di
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ammende: la Commissione può irrogare alle imprese e alle associazioni di imprese ammende il cui importo può giungere fino
all'1 % del fatturato totale realizzato nell'esercizio sociale precedente,
quando esse, intenzionalmente o per negligenza:
o forniscono informazioni inesatte, incomplete o fuorvianti
oppure non forniscono le informazioni entro il termine
stabilito;
o presentano in maniera incompleta, nel corso degli accertamenti,
i libri o altri documenti richiesti connessi all'azienda, o
rifiutano di sottoporsi agli accertamenti ordinati;
o rifiutano di rispondere a una domanda posta durante un’ispezione o danno risposte inesatte, incomplete o fuorvianti; o sono stati infranti i sigilli apposti dagli agenti autorizzati dalla
Commissione.
Per ciascuna delle imprese e associazioni di imprese partecipanti
all'infrazione, la Commissione può inoltre irrogare ammende il cui
importo non deve superare il 10 % del fatturato totale realizzato
durante l'esercizio sociale precedente, se commettono un'infrazione
alle disposizioni dell'articolo 101 o dell'articolo 102 del trattato TFUE;
se contravvengono a una decisione che disponga misure cautelari; se
non rispettano un impegno reso obbligatorio mediante decisione della
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Per determinare l'importo dell'ammenda, la Commissione prende in
considerazione la gravità e la durata dell'infrazione. Quando
l'ammenda è irrogata a un'associazione di imprese e questa non è
solvibile, la Commissione può richiedere il pagamento ai membri
dell'associazione al momento dell'infrazione. La responsabilità
finanziaria di ciascuna impresa non deve superare il 10 % del suo
fatturato totale realizzato nell'esercizio sociale precedente. Le decisioni
di comminare un'ammenda non hanno carattere penale.
penalità di mora: la Commissione può anche irrogare alle imprese e associazioni di imprese penalità di mora il cui importo può giungere
fino al 5 % del fatturato medio giornaliero realizzato durante l'esercizio
sociale precedente per ogni giorno di ritardo a decorrere dalla data
fissata nella decisione, al fine di costringerle:
o a porre fine all'infrazione;
o a rispettare una decisione che disponga misure cautelari;
o a rispettare un impegno reso obbligatorio;
o a fornire in maniera completa ed esatta un'informazione
richiesta;
o a sottoporsi agli accertamenti che essa ha ordinato.
Quando le imprese hanno adempiuto all'obbligo per la cui osservanza è
stata inflitta la penalità di mora, la Commissione può ridurre l'importo
definitivo. Il potere della Commissione di irrogare ammende o penalità
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dell'infrazione commessa. La prescrizione, che decorre dal giorno in
cui è stata commessa l'infrazione, si interrompe con qualsiasi atto della
Commissione o dell'autorità nazionale garante della concorrenza
destinato alla repressione dell'infrazione. La prescrizione rimane
sospesa per il tempo in cui pende dinanzi alla Corte di giustizia un
ricorso contro la decisione della Commissione. In materia di
esecuzione delle sanzioni, il potere si prescrive invece dopo cinque
anni. La Corte di giustizia controlla le decisioni della Commissione e
può decidere sui ricorsi presentati avverso le decisioni con le quali la
Commissione irroga un'ammenda o una penalità di mora.
Regolamenti d'esenzione
Diversi regolamenti autorizzano la Commissione nelle aree definite da
questi a concedere regolamenti che dichiarino l’inapplicabilità dell’articolo 101, paragrafo 1 del TFUE, per taluni tipi di accordi, decisioni di associazioni di imprese e pratiche concordate (regolamento d’esenzione per categoria). Seguono alcuni regolamenti d'esenzione:
regolamento (CEE) n. 19/65 relativo all'applicazione dell'articolo 81,
paragrafo 3, del trattato a categorie di accordi e pratiche concordate;
regolamento (CEE) n. 2821/71 relativo all'applicazione dell'articolo
81, paragrafo 3, del trattato a categorie di accordi e pratiche
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regolamento (CE) n. 487/2009, del 25 maggio 2009, relativo
all'applicazione dell'articolo 81, paragrafo 3 del trattato a talune
categorie di accordi e pratiche concordate nel settore dei trasporti
aerei;
regolamento (CEE) n. 1534/91 relativo all'applicazione dell'articolo
85, paragrafo 3 del trattato a talune categorie di accordi, decisioni e
pratiche concordate nel settore delle assicurazioni;
regolamento (CE) n. 246/2009, del 26 febbraio 2009, relativo
all'applicazione dell'articolo 81, paragrafo 3, del trattato a talune
categorie di accordi, di decisioni e di pratiche concordate tra
compagnie di trasporto marittimo di linea (consorzi).
Qualora tali accordi, decisioni o pratiche concordate di esenzione per
categoria abbiano comunque effetti negativi incompatibili con l’articolo 101, paragrafo 3, del trattato TFUE, la Commissione e le autorità nazionali garanti della concorrenza possono, agendo d’ufficio o in seguito a denuncia, revocare il beneficio di tale regolamento d’esenzione in casi specifici.
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III) L’EVOLUZIONE NELL’INTERPRETAZIONE DELL’ ART. 102 TFUE
La modernizzazione del diritto antitrust europeo, intesa come l’applicazione in maniera più aderente all’insegnamento della teoria economica neoclassica delle norme del trattato sul funzionamento dell’Unione Europea poste a presidio della concorrenza, è iniziata verso la metà degli anni ’90: la comunicazione della Commissione
sulla definizione del mercato rilevante 1997, il regolamento sulle
concentrazioni del 1998, il regolamento di esenzione di taluni accordi
verticali del 1999, le linee guida sugli accordi verticali del 2000, il
regolamento sulle concentrazioni del 2004, tutte misure che
riflettevano la volontà della Commissione di mutare un approccio
maggiormente economico basato prevalentemente sulla valutazione
degli effetti anticoncorrenziali sul mercato rilevante. In un contesto
evolutivo per certi versi radicale come quello sopra descritto, spicca la quasi totale estraneità dell’art. 102 TFUE. La decisione di avviare un processo di revisione anche rispetto all’art 102 TFUE è stata influenzata non solo da ragioni di ordine sistematico, ma
probabilmente anche dalle forti critiche dottrinali che hanno giudicato i
criteri adottati dai giudici dell’Unione europea e dalla Commissione
eccessivamente formalistici e troppo ancorati a categorie di abusività
individuate a priori. Tali critiche evidenziavano che l’impostazione classica dell’art. 102 TFUE, consolidatasi nella giurisprudenza UE, rischiava di confondere la concorrenza aggressiva di un’impresa
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dominante con una prativa abusiva e, conseguentemente, di proteggere
gli altri concorrenti e di marginalizzare il consumer welfare che, invece avrebbe dovuto costituire il parametro guida dell’applicazione dell’art. 102 TFUE e quindi ha portato la commissione europea a rivedere i criteri tradizionali di applicazione dell’art. 102 TFUE, in
seguito alla pubblicazione di un discussion paper nel 2005 e alla
consultazione dei maggiori esperti nel settore ad emanare nel 2006
delle linee guida in cui viene delineata una nuova politica in materia di
abuso di posizione dominante basata sugli effetti delle condotte sul
mercato e sul benessere della collettività. Il tratto principale che
distingue le linee guida è la nozione di anticompetitive foreclosure, che
impone alla Commissione di dimostrare la violazione dell’art. 102
TFUE attraverso la prova della concreta o potenziale esclusione dei
concorrenti nel mercato rilevante e il conseguente danno per i
consumatori. Nelle linee guida, la Commissione afferma per la prima volta in maniera esplicita la possibilità per l’impresa convenuta di provare l’esistenza di effetti pro competitivi. L’impresa dovrà dimostrare che :
- Tali effetti pro-competitivi derivano dalla condotta
- La condotta è indispensabili per ottenerli
- I guadagni in efficienza così ottenuti compensano gli effetti
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- La condotta non elimina completamente la concorrenza sul
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IV) IL NUOVO APPROCCIO ECONOMICO ENUNCIATO NEL
GUIDANCE PAPER (SULLE PRIORITA’ DI APPLICAZIONE DELL’ART. 102) TFUE
Il riconoscimento dell’autonomia del margin squeeze da parte della Corte di giustizia è avvenuto a seguito dell’adozione del guidance
paper, comunicazione mediante la quale la Commissione ha avviato il procedimento di modernizzazione dell’art. 102 TFUE. Nel guidance paper infatti si rinvengono gli orientamenti della Commissione in merito alla futura applicazione dell’art. 102 TFUE: sono riportate indicazione di carattere generale che riguardano tutte le forme di abuso
escludente, nonché le metodologie di analisi concernenti le principali
pratiche abusive. In sede di dibattito sull’applicazione dell’articolo 102
TFUE, la Commissione europea è stata spesso accusata di aver attuato
un approccio formalistico, a discapito di più accurate valutazioni
economiche e di mercato che avrebbero, forse, consentito una
disciplina più adeguata degli abusi di posizione dominante. Nel 2005, a tal proposito, l’Organo comunitario ha avviato un’interessante riflessione sulla politica alla base dell’articolo 102 TFUE pubblicando un documento di discussione Discussion Paper al fine di promuovere
un dibattito su come proteggere al meglio i mercati europei dai
comportamenti escludenti che rischiano di indebolire la concorrenza. Il
documento delinea una possibile metodologia per la valutazione di
alcune delle più diffuse pratiche di esclusione abusive. Quasi tre anni
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documento formale sulle priorità d’applicazione dell’articolo 102 TFUE, pubblicato nel 2009 (Guidance Paper). Destinato a non avere
valenza giuridica né a pregiudicare l’interpretazione dell’articolo 102
TFUE da parte delle corti comunitarie, evidenzia i parametri che indirizzeranno l’azione della Commissione nell’applicazione del diritto comunitario, sui comportamenti unilaterali escludenti. Mira altresì a
fornire chiarezza e prevedibilità nell’approccio della Commissione sui
casi meritevoli di attenzione, nonché a orientare il comportamento
delle imprese nel valutare la liceità o meno dello stesso.
La Commissione sancisce l’efficacia di una concorrenza vivace. Onde impedire un’eventuale preclusione anticoncorrenziale, l’intervento comunitario sarà effettuato esclusivamente qualora il comportamento
in questione abbia già ostacolato, o sia atto a ostacolare, la concorrenza
da parte dei concorrenti che sono considerati efficienti quanto
l’impresa dominante quindi si può dedurre che l’Organo comunitario interverrà generalmente quando l’impresa dominante: «sostiene deliberatamente perdite o rinuncia a profitti a breve termine (un comportamento definito in seguito “sacrificio”), in modo da precludere o avere la probabilità di precludere il mercato a uno o più dei suoi
concorrenti reali o potenziali allo scopo di rafforzare o di mantenere il
suo potere di mercato, causando quindi un danno ai consumatori». All’interno di tale nuovo contesto, la Commissione propone essenzialmente un “sacrifice” test , considerando per l’appunto un
51
sacrificio il comportamento secondo il quale l’impresa dominante: «applicando un prezzo più basso per tutta la sua produzione o per una
sua parte particolare durante il periodo rilevante, o ampliando la sua
produzione durante il periodo rilevante, sostiene o ha sostenuto perdite
che avrebbero potuto essere evitate, sostenendo in tal modo un
sacrifico economico».
A tal proposito, sarà utilizzato il CEM (costo evitabile medio) come criterio valutativo per determinare se l’impresa dominante sostiene, o ha sostenuto, perdite evitabili. I prezzi inferiori al CEM costituiscono
generalmente un chiaro indice di sacrificio.
Il concetto di profit sacrifice non comprende, dunque, soltanto la
fissazione di prezzi al di sotto di tale valore. Per dimostrare l’esistenza di una strategia predatoria, l’Organo comunitario può anche valutare se il comportamento d’impresa «ha determinato a breve termine entrate
nette più basse rispetto a quanto ci si sarebbe potuti attendere da un
comportamento ragionevole alternativo, ossia se l’impresa dominante
ha sostenuto una perdita che avrebbe potuto essere evitata ». Da quanto
detto, dunque, si evince che la predazione non si riscontri
esclusivamente in presenza di vendite al di sotto dei costi di
produzione, ma che la stessa possa anche manifestarsi allorquando l’impresa stia realizzando profitti inferiori rispetto a una condotta di prezzo alternativa.
La Commissione, a tal fine, confronterà il comportamento effettivo
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che può prevedere tenendo conto delle condizioni di mercato e delle realtà commerciali che affronta l’impresa dominante siano realisticamente più proficue. Nonostante il tentativo di formulazione di
un test chiaro e agevole, una tale enunciazione rimane piuttosto ampia,
lasciando grande incertezza applicativa. La Comunicazione non
menziona, infatti, in conformità a quali valutazioni considererà “deliberato” il sacrificio di profitti; sembra piuttosto che la deliberatività della scelta sia presunta. Ciò è supportato dall’affermazione secondo la quale l’impresa non incorrerà in sanzioni qualora dimostri che la sua decisione ex ante, ossia prima di porre in
essere una determinata condotta, sia stata presa in buona fede. In altre parole, l’impresa deve dimostrare che la propria politica di prezzo, ex ante, aveva una precisa giustificazione economica, nonostante la stessa
abbia determinato ex post una perdita di profitto. Il criterio del
deliberato sacrificio è, però, solo il primo elemento del test sul
predatory pricing, ed ha essenzialmente funzione di filtrare i casi al
fine di concentrarsi su quelli che possano causare reali effetti
anticompetitivi.
Il successivo elemento del test, ovvero la preclusione
anticoncorrenziale, richiede l’applicazione dell’as efficient competitor
test così come descritto più volte dalla Commissione. Dall’analisi della Comunicazione si desume che i prezzi inferiori al CEM comportino