Capitolo 2 – La svalutazione delle attività nella normativa nazionale
2.1.2 La svalutazione delle immobilizzazioni materiali: il principio contabile
La versione originaria del 1996 del principio contabile n. 16 emesso dal Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti e Ragionieri, il quale disciplina le regole di valutazione e rilevazione in bilancio delle immobilizzazioni materiali, è stato revisionato
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nel 2005 dall’Organismo Italiano di Contabilità (OIC)74. Con questa modifica sono stati
apportati significativi cambiamenti al principio contabile, specialmente in riferimento al concetto di valore recuperabile, al fine di uniformare i criteri di valutazione a quelli previsti dalla prassi internazionale.
Il principio contabile n. 16 contiene indicazioni riguardo la determinazione e la rilevazione delle perdite durevoli di valore delle immobilizzazioni materiali. Esso fornisce delle precisazioni in merito alla natura del valore di riferimento da confrontare con il valore contabile netto al fine di effettuare un’eventuale svalutazione, alle modalità di determinazione del valore recuperabile, ai fenomeni che possono costituire motivo di svalutazione e che quindi inducono a verificare la recuperabilità del valore iscritto in bilancio e al ripristino di una precedente svalutazione75.
Per quanto riguarda il primo punto, il termine di confronto con il valore contabile viene individuato nel valore recuperabile.
Nella versione originaria dal 1996, il valore recuperabile viene definito in modo diverso a seconda della funzione che l’immobilizzazione materiale riveste nell’economia dell’impresa. Se l’immobilizzazione è destinata ad essere mantenuta nell’organizzazione permanente dell’impresa, il valore di iscrizione in bilancio non deve superare il valore recuperabile tramite l’uso, definito nel principio come il valore che si può ragionevolmente prevedere potrà essere recuperato tramite flussi di ricavi dell’impresa sufficienti a coprire tutti i costi e le spese, incluso l’ammortamento. Quindi, il valore massimo al quale l’immobilizzazione può essere iscritta in bilancio è pari alla capacità di ammortamento attesa nei futuri esercizi. Per essa si intende la sommatoria dei margini lordi di gestione attesi durante la vita economica residua dell’immobilizzazione, calcolati come differenza tra ricavi e costi di competenza relativi alla produzione e alla vendita dei beni/servizi cui partecipa l’immobilizzazione76.
Invece, se l’immobilizzazione è destinata alla vendita, il suo valore contabile netto non deve superare il valore netto di realizzo, inteso come il valore che potrà essere realizzato dall’alienazione del cespite al netto di tutti i costi ad esso afferenti; tale valore viene quindi quantificato sulla base di informazioni di mercato. Per questa tipologia di immobilizzazioni non più destinate all’impiego non avrebbe senso verificare il valore
74 L’OIC costituisce lo standard setter italiano e ha l’obiettivo di esprimere le istanze nazionali in tema di
principi contabili. I principi contabili nazionali sono stati pubblicati dall’OIC in due serie: la serie OIC con nuova numerazione e la precedente serie a cura dei Consigli Nazionali dei Dottori Commercialisti e Ragionieri (attualmente in vigore dal n. 11 al n. 30), che ha mantenuto la precedente numerazione anche nella versione modificata dall’OIC in relazione alla riforma del diritto societario approvata con il D. Lgs. 17 gennaio 2003, n. 6.
75 SANTESSO E., SOSTERO U., “I principi contabili per il bilancio d’esercizio: analisi e interpretazione delle norme
civilistiche”, Il Sole 24 Ore, Milano, 2011, p. 255
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POLI S., cit., p. 23. Si sottolinea che tale accezione di valore recuperabile come funzione della capacità di ammortamento attesa non è espressa in modo analitico nel principio, ma si desume dal suo contenuto.
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recuperabile tramite l’uso, essendo la vendita del cespite la modalità attraverso la quale si realizzerà la copertura dell’importo iscritto in Stato Patrimoniale.
L’attuale versione del principio contabile n. 16 revisionato dall’OIC nel 2005 fornisce, invece, una diversa definizione di valore recuperabile. Come nella precedente versione, esso stabilisce innanzitutto che, in base ai postulati del bilancio di esercizio, i costi possono essere sospesi e registrati tra le attività se si prevede ragionevolmente che essi genereranno utilità o benefici (quindi saranno recuperati) tramite l’uso o la vendita dei beni o servizi cui essi si riferiscono e che tale previsione deve essere continuamente riesaminata. Le immobilizzazioni materiali vanno quindi valutate al costo rettificato del relativo ammortamento; tuttavia, quando si manifestano sintomi che fanno prevedere una difficoltà nel recupero del valore netto contabile è necessario accertare se si sia verificata una perdita durevole di valore. Con la revisione del principio, è stato modificato il concetto di valore-limite di iscrizione in bilancio delle immobilizzazioni: è previsto che il valore contabile non possa eccedere il valore recuperabile, definito come il maggiore tra il presumibile valore realizzabile tramite alienazione e il suo valore in uso77.
In riferimento alle modalità di determinazione del valore recuperabile, il principio contabile offre delle precisazioni circa cosa si intenda per valore realizzabile dall’alienazione e valore in uso. Il primo è definito come il ricavato della cessione dell’immobilizzazione in una vendita contrattata a prezzi normali di mercato tra parti bene informate e interessate, al netto degli oneri diretti da sostenere per la cessione stessa e quindi direttamente imputabili. Il valore in uso è dato invece dal valore attuale dei flussi di cassa attesi nel futuro derivanti o attribuibili alla continuazione dell’utilizzo dell’immobilizzazione, compresi quelli derivanti dallo smobilizzo della stessa al termine della sua vita utile. La determinazione del valore d’uso comporta normalmente la stima dei flussi di cassa positivi e negativi originati dall’utilizzo dell’immobilizzazione e dalla sua eventuale cessione e la definizione e applicazione di appropriati tassi di attualizzazione ai flussi di cassa stimati. In tale processo di stima, degli elementi importanti da considerare sono il tasso di interesse per investimenti privi di rischio, il premio per il rischio sulla base dell’attività svolta dall’impresa e altri aspetti come, ad esempio, il grado di liquidità del mercato di riferimento78.
Il principio contabile definisce anche il concetto di vita utile, intesa come il periodo di tempo durante il quale si prevede di poter utilizzare l’immobilizzazione ovvero le quantità di prodotto (o misura similare) che l’impresa si attende di poter ottenere tramite l’uso dell’immobilizzazione; nel caso in cui la vita utile dell’immobilizzazione sia indeterminata,
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nonostante il bene abbia pur sempre una durata limitata nel tempo, è possibile che essa venga fissata convenzionalmente in via prudenziale tenuto conto degli elementi pertinenti a disposizione79.
Le principali differenze tra l’attuale versione del principio e la versione precedente consistono, quindi, nella possibilità di configurare il valore recuperabile in termini di valore realizzabile tramite l’alienazione, se maggiore del valore d’uso, anche quando l’immobilizzazione è destinata all’uso e nell’attualizzazione dei flussi di cassa attesi derivanti dall’utilizzo del bene per la determinazione del valore d’uso; infatti, nel documento originario il valore d’uso veniva calcolato attraverso la somma dei flussi di reddito attesi non attualizzati, per semplicità di applicazione. Si passa quindi da un approccio valutativo di tipo reddituale ad un’impostazione di natura finanziaria80.
Si sottolinea, tuttavia, che in un’altra parte dello stesso principio contabile si fa riferimento al valore recuperabile tramite l’uso in termini di capacità di ammortamento attesa dell’azienda. Ciò è dovuto al fatto che il processo di revisione del principio si è svolto integrando il contenuto con le nuove previsioni, lasciando immutate le precedenti. La semplice aggiunta delle nuove previsioni ha generato un’incongruenza in merito al corretto significato da attribuire al valore d’uso dell’immobilizzazione, in quanto le due definizioni rappresentano modalità alternative di stima dello stesso. Tale problema verrà affrontato in modo più approfondito in seguito.
In merito ai fenomeni che possono costituire motivo di svalutazione, il principio n. 16 stabilisce che la necessità di effettuare una svalutazione può derivare da errori di progettazione o di costruzione, oppure da cambiamenti tecnologici, da cambiamenti dei prodotti ecc. Le situazioni problematiche vengono di solito messe in evidenza da alcuni sintomi quali, ad esempio, l’eccesso di capacità produttiva, il mancato sfruttamento degli impianti e le perdite ricorrenti. In generale, anche se non espressamente elencate nel principio, le cause potenzialmente idonee a determinare la necessità di svalutare possono essere molte, sia endogene che esogene, e spaziano da variazioni significative nell’operatività dell’azienda a cambiamenti nelle condizioni di utilizzo dell’immobilizzazione, da danni derivanti dall’utilizzo improprio del bene all’obsolescenza anticipata dello stesso; alcuni di questi fattori, come ad esempio l’obsolescenza, sono già presi in considerazione nella revisione periodica dei piano di ammortamento ma, a fronte di circostanze inattese come, ad esempio, importanti innovazioni tecnologiche, possono
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generare difficoltà nel recupero del valore netto contabile dell’immobilizzazione e far sorgere la necessità di ricorrere ad una svalutazione81.
Sulla base del contenuto del principio, la necessità di svalutare può quindi nascere in tutte quelle circostanze in cui, in relazione alla destinazione delle immobilizzazioni, cioè l’uso o l’alienazione, l’utilità o la funzionalità delle stesse risulti menomata per l’impresa. Più specificatamente, il principio contabile stabilisce che per le immobilizzazioni materiali destinate all’uso la svalutazione deve essere effettuata se i flussi di ricavi dell’impresa non saranno sufficienti, durante la vita utile residua dell’immobilizzazione, a coprire tutti i costi e le spese sostenute nell’esercizio dell’impresa, inclusi gli ammortamenti. Quindi, se sulla base di uno studio documentato fondato su elementi oggettivi, come perizie di esperti o piani futuri di impiego delle immobilizzazioni, emerge che il valore recuperabile tramite l’uso è inferiore al valore netto contabile dovrà essere effettuata una corrispondente svalutazione82. Invece, con riferimento alle immobilizzazioni materiali
destinate alla vendita, ivi inclusi i cespiti obsoleti e in genere i cespiti non più utilizzati o utilizzabili nel processo produttivo, occorre verificare se il valore netto contabile potrà essere realizzato attraverso la vendita. La svalutazione deve quindi essere rilevata se il prezzo di realizzo, al netto di tutti i costi relativi come, ad esempio, il costo di smantellamento, risulta inferiore al valore netto di iscrizione in bilancio.
Si precisa inoltre che, in base al principio generale di prudenza, le perdite connesse agli eventi sopra descritti devono essere rilevate in bilancio al momento in cui si possono ragionevolmente prevedere. La decisione della svalutazione deve essere oculata e documentata e va effettuata solo quando esistono obiettive condizioni di irrecuperabilità del cespite, cioè quando è ragionevole concludere che si tratti di una diminuzione durevole di valore. Quindi, la perdita di valore che richiede la svalutazione di un bene immobilizzato deve essere duratura, circostanza che deve essere accertata attraverso un adeguata valutazione delle relative cause. Il fatto che un’impresa sia stata per pochi esercizi in perdita non significa necessariamente che il valore dei cespiti non possa essere recuperato: non si rende necessario apportare la svalutazione quando da studi oggettivi emerge che si tratta di una situazione transitoria83.
Dal punto di vista contabile, ai sensi del Documento interpretativo n. 1 del principio contabile n. 12 denominato “Classificazione nel conto economico dei costi e dei ricavi”, le svalutazioni per perdite durevoli di valore devono essere iscritte in Conto Economico nelle voce B.10 “Ammortamenti e svalutazioni” alla lettera c. “Altre svalutazioni delle
81 CHIRIELEISON C., “Gli intangible assets tra principi contabili nazionali e internazionali”, FrancoAngeli, Milano,
2008, p. 121
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immobilizzazioni”, salvo quelle ritenute di carattere straordinario che vanno imputate alla voce E.21 “Oneri straordinari”. Contemporaneamente, deve essere ridotto il valore contabile dell’immobilizzazione iscritto nell’attivo dello Stato Patrimoniale.
Infine, il principio contabile n. 16 disciplina il ripristino di una precedente perdita durevole di valore. Infatti, qualora in un periodo successivo a quello in cui si è operata una svalutazione si evidenzi che i motivi della svalutazione sono venuti meno, il valore svalutato non può essere mantenuto in bilancio, ma deve essere ripristinato totalmente o parzialmente il valore di costo, eliminando gli effetti conseguenti la svalutazione tenendo conto degli ammortamenti che sarebbero stati imputati a Conto Economico nel caso in cui la svalutazione non fosse stata effettuata84. Si tratta di situazioni che si verificano
raramente, dato che per operare una svalutazione quest’ultima deve ritenersi ragionevolmente durevole. Inoltre, tali operazioni non possono essere considerate delle vere e proprie rivalutazioni in quanto in nessun caso è possibile superare, attraverso il ripristino, il valore contabile netto esistente prima della svalutazione. Si evidenzia poi che, anche nel caso di totale eliminazione della svalutazione per il venir meno delle cause che l’avevano determinata, l’importo del ripristino non sarà in genere uguale a quello della svalutazione per effetto del processo di ammortamento. Infatti, la rilevazione della perdita di valore comporta anche una riduzione della quota di ammortamento annua, poiché si ripartisce il valore minore dell’immobilizzazione nello stesso numero di anni di vita residua. Dovendo riportare il valore netto contabile pari a quello che ci sarebbe stato in assenza di svalutazione, non sarà necessario ripristinare l’intero importo, a causa del “risparmio” ottenuto come effetto dei minori ammortamenti rilevati85.
Il Documento interpretativo n. 1 del principio contabile n. 12 prevede che il ripristino debba esse rilevato in Conto Economico alla voce A.5 “Altri ricavi e proventi” se la precedente svalutazione era riconducibile alla gestione ordinaria dell’impresa, mentre va imputato alla voce E.20 “Proventi straordinari” se la svalutazione aveva carattere straordinario.
2.1.3 La svalutazione delle immobilizzazioni immateriali: il principio contabile