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Capitolo 2 – La svalutazione delle attività nella normativa nazionale

3.3 La determinazione del valore recuperabile: due diverse configurazioni di valore

3.3.1 La stima del fair value

Il fair value al netto dei costi di vendita viene definito come l’ammontare ottenibile dalla vendita dell’attività o di un gruppo di attività in una libera transazione fra parti consapevoli e disponibili, al netto dei costi legati alla dismissione. Tali costi sono diversi da quelli già rilevati in bilancio come passività. Degli esempi sono le spese legali e notarili, le

143 GUATRI L., BINI M., “L’impairment test nell’attuale crisi finanziaria e dei mercati reali”, Egea, Milano, 2009, p.

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imposte e tasse connesse alla transazione, i costi diretti funzionali a rendere l’attività pronta ad essere ceduta e i costi di rimozione. Non devono invece essere ricompresi tra i costi di dismissione i benefici dovuti ai dipendenti per la cessazione del rapporto di lavoro e i costi di ristrutturazione dell’azienda a seguito della vendita dell’attività145.

Il fair value esprime un prezzo fatto o fattibile che può essere determinato secondo tre distinte modalità tra le quali esiste una gerarchia146 in quanto passando dalla prima alla

terza cresce il margine di discrezionalità associato alla stima:

 innanzitutto, la migliore evidenza del prezzo netto di vendita è costituita dal prezzo pattuito in un accordo vincolante di vendita dell’attività oggetto del test, stipulato tra parti indipendenti. In tal caso, le aspettative sui flussi di risultato attesi dall’attività sono riflesse nel prezzo accordato;

 se non esiste un contratto vincolante di vendita per l’attività, è possibile fare riferimento al mercato attivo147 nel quale l’attività è scambiata: in tal caso, il fair

value corrisponde, se disponibile, al prezzo corrente di offerta al netto dei costi

direttamente attribuibili alla vendita del bene mentre, in sua mancanza, si dovrà utilizzare il prezzo cui si è conclusa la più recente operazione di cessione, purché non siano intercorsi significativi cambiamenti nel contesto economico tra la data dell’operazione e la data in cui si effettua la valutazione;

 in assenza sia di un accordo vincolante di vendita sia di un mercato attivo per l’attività, il fair value può essere determinato sulla base delle migliori informazioni disponibili che consentano di stimare l’importo che l’impresa potrebbe ottenere dalla cessione del bene, alla data di valutazione, tra parti consapevoli e disponibili. La presenza di un accordo vincolante di vendita è quindi la circostanza considerata ideale per la stima del fair value ma è anche molto rara. Anche la seconda situazione, ovvero l’esistenza di un mercato attivo per l’attività o CGU da valutare, è infrequente: solitamente tale circostanza si manifesta quando l’oggetto di stima è una partecipazione quotata oppure una CGU o gruppo di CGU corrispondenti ad un’unità dotata di autonomia giuridica le cui azioni sono quotate in un mercato regolamentato.

Riguardo alla terza modalità di stima del fair value, lo IAS 36 prevede che nella determinazione del prezzo netto di vendita sia possibile considerare i prezzi di recenti transazioni avvenute per attività similari nel settore in cui opera l’impresa. Ciò conduce

145 IAS 36 paragrafo 28 146 IAS 36 paragrafi 25, 26 e 27

147 Lo IAS 36 al paragrafo 6 individua una serie di condizioni che devono essere soddisfatte affinché si possa

parlare di mercato attivo:

a. gli elementi commercializzati sul mercato risultano omogenei;

b. compratori e venditori disponibili possono essere normalmente trovati in qualsiasi momento; c. i prezzi sono disponibili al pubblico.

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all’utilizzo di tecniche valutative che rientrano tra i cosiddetti “criteri di mercato”, come il metodo dei multipli di borsa e il metodo delle transazioni comparabili. Tali metodi sono considerati maggiormente capaci di apprezzare il valore che un generico investitore riconoscerebbe ai flussi finanziari futuri estraibili dall’attività oggetto del test di

impairment e quindi maggiormente coerenti con il significato attribuito al concetto di fair value. Tuttavia, spesso i valori che risultano dalla loro applicazione necessitano di

rettifiche per questioni di compatibilità con il valore contabile con il quale devono essere confrontati, ad esempio attraverso l’aggiunta del premio per il controllo, e per essere resi coerenti con gli obiettivi di stima (ad esempio i valori risultanti da transazioni comparabili che esprimono le attese degli specifici investitori coinvolti nella transazione devono essere rettificati al fine di esprimere le aspettative di un generico investitore)148.

Possono essere utilizzati anche altri criteri oltre a quelli di mercato per la stima del fair

value149, costituiti dai metodi più tradizionali come il metodo reddituale, il metodo

finanziario o l’EVA (Economic Value Added). Tale scelta può essere giustificata dalla necessità di considerare nella stima del fair value elementi di specificità propri dell’attività o CGU oggetto di valutazione, come la consistenza patrimoniale, la rischiosità operativa o le prospettive di crescita. Bisognerà comunque tenere sempre presente la finalità ultima della valutazione: ad esempio, considerando che il metodo finanziario può essere adottato anche per la stima del valore d’uso, i parametri utilizzati dovranno essere rettificati al fine di considerare i riscontri e le evidenze del mercato, come il tasso di sviluppo del settore e i margini di contribuzione medi dei concorrenti150.

È evidente che l’ampio spazio lasciato ai giudizi soggettivi nel processo di determinazione del fair value può avere un forte impatto sul valore stimato e di conseguenza anche sul test di impairment. Tale discrezionalità può essere sfruttata dai manager ai fini della manipolazione dei risultati contabili, correndo tra l’altro minimi rischi di essere scoperti data l’aleatorietà del contesto valutativo151.

Si precisa che tale disciplina per la determinazione del fair value è quella prevista dallo IAS 36 nella versione precedente rispetto a quella adattata a fronte dell’emanazione dello IFRS 13 “Fair value measurment” nel maggio 2011. Tale principio è entrato in vigore obbligatoriamente dal 1° gennaio 2013 e deve essere applicato tutte le volte in cui è prevista una valutazione articolata sul fair value, fatta eccezione per alcune specifiche esenzioni esplicitamente previste. Tuttavia, considerando che l’analisi empirica condotta al termine del presente elaborato prende a riferimento un periodo antecedente a tale data

148 LIONZO A., cit., pp. 93-98 149 IAS 36 paragrafo BC58 150 LIONZO A., cit., pp. 96-97 151 FLORIO C., 2011, cit., p. 151

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(2008-2012) si è ritenuto di esporre quanto previsto per la valutazione del fair value nella versione precedente dello IAS 36 e di analizzare i margini di discrezionalità a quest’ultima associati.

In ogni caso, si considera opportuno un breve richiamo alla nuova normativa. Nella versione aggiornata dello IAS 36, il fair value è definito come il prezzo che dovrebbe essere ricevuto per vendere un’attività o che dovrebbe essere corrisposto per estinguere una passività in una transazione normale tra partecipanti al mercato alla data della valutazione. Sono stati eliminati i paragrafi 25-27 nei quali erano contenute le tre distinte modalità per la determinazione del fair value. Ai fini della sua valutazione, è ora necessario fare riferimento alle prescrizioni dello IFRS 13, il quale definisce una gerarchia del fair

value organizzata su tre livelli, in base al grado di osservabilità degli input utilizzati per la

stima, che determinano diversi livelli di attendibilità. La migliore evidenza del fair value è rappresentata da prezzi quotati su mercati attivi di un’attività o passività identica a quella oggetto di stima, alla data di misurazione. In sua mancanza, è necessario riferirsi a input informativi diversi dalle quotazioni di mercato, come i prezzi di attività o passività similari scambiate su mercati attivi oppure i prezzi di attività o passività identiche scambiate su mercati non attivi. Infine, le valutazioni meno attendibili sono basate su input non osservabili, come i dati tratti da fonti interne all’azienda non conoscibili a terzi. Il fair value così determinato deve però riflettere le assunzioni che i partecipanti al mercato effettuerebbero per determinare tale valore.