TIPO II: Prolasso delle cuspidi dovuto ad un eccesso di tessuto valvolare o a una lesione a carico delle regioni commissural
LA TECNICA DI BENTALL DE BONO TECNICA ORIGINALE:
Il trattamento chirurgico delle patologie del root aortico è in continua evoluzione. Con il passare del tempo si è giunti a tecniche sempre più sofisticate volte a modificare e a migliorare quelle già esistenti, che tuttavia rimangono valide nella loro idea di base. Nel 1965, Wheat & coll. [51] introdussero una metodica applicabile in caso di aneurisma dell’aorta ascendente associato a valvulopatia aortica in assenza di dilatazione dei seni di Valsalva. Essa prevedeva l'escissione completa della sacca aneurismatica e la sua sostituzione con un tubo protesico in dacron, anastomizzato prossimalmente con il tratto di aorta ascendente subito al di sopra dei seni di Valsalva e distalmente con la prima porzione dell’arco aortico. Separatamente, la valvola patologica veniva sostituita con una protesica. In questo modo, gli osti coronarici con i rispettivi seni venivano mantenuti in sede senza necessità di anastomosi alla protesi.
Fig.29 Intervento di
La tecnica descritta rivelò presto i suoi limiti
emostatico e alla possibilità della formazione di un nuovo aneurisma nella regione dei seni coronarici lasciata in sede. Si arriva così al 1968, anno in cui Hugh Bentall ed Antony De Bono
pubblicarono su Thorax [52
il loro nome. L’idea nacque in occasione di un intervento chirurgico in un giovane paziente con un voluminoso aneurisma del root aortico associato ad un rigurgito valvolare di grado severo. La concomitante anuloectasia e la presenza di una parete aortica molto fragile , costrinse i due chirurghi ad ideare una nuova strategia, abbandonando quella classica basata sull’ apertura della sacca aneurismatica e anastomosi del gra
regione sopracoronarica. Bentall e De Bono suturarono direttamente una protesi valvolare meccanica Starr Edwards n°13 all'interno del tubo vascolare di Teflon e successivamente ancorarono quest'ultimo all'anulus aortico. Realizzarono poi dei fori all’interno del tubo protesico, all’altezza degli osti coronarici ed anastomizzarono le coronarie ai fori appena praticati. Suturarono dunque la sacca aneurismatica attorno alla protesi vascolare . Nasceva così il nuovo concetto di “ reimpianto
La tecnica descritta rivelò presto i suoi limiti relativi soprattutto al controllo emostatico e alla possibilità della formazione di un nuovo aneurisma nella regione dei seni coronarici lasciata in sede. Si arriva così al 1968, anno in cui
Antony De Bono dell'Hammersmith Hospital di Lo pubblicarono su Thorax [52] la loro prima esperienza con la tecnica che porta il loro nome. L’idea nacque in occasione di un intervento chirurgico in un giovane paziente con un voluminoso aneurisma del root aortico associato ad e di grado severo. La concomitante anuloectasia e la presenza di una parete aortica molto fragile , costrinse i due chirurghi ad ideare una nuova strategia, abbandonando quella classica basata sull’ apertura della sacca aneurismatica e anastomosi del graft vascolare alla regione sopracoronarica. Bentall e De Bono suturarono direttamente una protesi valvolare meccanica Starr Edwards n°13 all'interno del tubo vascolare on e successivamente ancorarono quest'ultimo all'anulus aortico. dei fori all’interno del tubo protesico, all’altezza degli osti coronarici ed anastomizzarono le coronarie ai fori appena praticati. Suturarono dunque la sacca aneurismatica attorno alla protesi vascolare . Nasceva così il nuovo concetto di “ reimpianto delle coronarie.”
.
Fig. 30
Bentall
relativi soprattutto al controllo emostatico e alla possibilità della formazione di un nuovo aneurisma nella regione dei seni coronarici lasciata in sede. Si arriva così al 1968, anno in cui
dell'Hammersmith Hospital di Londra, ] la loro prima esperienza con la tecnica che porta il loro nome. L’idea nacque in occasione di un intervento chirurgico in un giovane paziente con un voluminoso aneurisma del root aortico associato ad e di grado severo. La concomitante anuloectasia e la presenza di una parete aortica molto fragile , costrinse i due chirurghi ad ideare una nuova strategia, abbandonando quella classica basata sull’ ft vascolare alla regione sopracoronarica. Bentall e De Bono suturarono direttamente una protesi valvolare meccanica Starr Edwards n°13 all'interno del tubo vascolare on e successivamente ancorarono quest'ultimo all'anulus aortico. dei fori all’interno del tubo protesico, all’altezza degli osti coronarici ed anastomizzarono le coronarie ai fori appena praticati. Suturarono dunque la sacca aneurismatica attorno alla protesi vascolare .
delle coronarie.”
Fig. 30 Intervento di
L’EVOLUZIONE DELLA TECNICA DI BENTALL-DE BONO
A distanza di breve tempo dalla sua prima applicazione, la tecnica di Bentall- De Bono ha subito una grande diffusione a livello europeo e non solo. Il suo sempre più frequente utilizzo ha contribuito dunque a metterne in luce pregi e difetti. Tra quest’ultimi apparve rilevante il discreto numero di pseudoaneurismi a carico della sede di anastomosi delle coronarie. Importanti anche l’elevato numero di sanguinamenti post-operatori e di distorsione degli osti. Di per sé l’aneurisma favoriva infatti la dislocazione degli osti coronarici rispetto alla loro posizione d’origine e ciò rendeva complessa la loro anastomosi con il tubo protesico, rischiando di sottoporre le coronarie ad una eccessiva tensione. Alla luce di ciò, si sono susseguite nel tempo varie proposte, tradotte in nuove strategie, atte a limitare le problematiche appena esposte. Due tra tutte meritano di essere descritte, visti gli indubbi miglioramenti a cui hanno condotto, rispetto alla tecnica originale, e le basi che hanno gettato per la tecnica utilizzata attualmente. La prima strategia, la Carrell button technique , introdotta da Kouchukos nel 1980 [53], prevede la completa mobilizzazione degli osti coronarici con la creazione di due tasselli molto più facilmente gestibili. Essa permette il confezionamento di anastomosi molto più semplici e molto più libere da tensioni rispetto alla tecnica originale. Gli eccellenti risultati in termini di mortalià e morbidità furono da subito evidenti [54]. Anche il tasso di formazione di pseudoaneurismi risultava nettamente ridotto. La tecnica tuttavia non era ancora del tutto priva di problemi: la mobilizzazione degli osti spesso non era sufficiente per un corretto affrontamento con la protesi vascolare a causa di una massiva dislocazione degli osti stessi o per la
presenza di importanti calcificazioni e, nei casi di reintervento, l'abbondanza di tessuto fibroso complicava la mobilizzazione. Si arriva dunque nel 1981, con Cabrol, ad una ulteriore modifica [55]. La tecnica, nata con l’intento di risolvere tale problema, prevede l’impianto sul graft degli osti coronarici tramite l’interposizione di una protesi di Gore-tex 8 mm: gli osti coronarici vengono suturati all’estremità della protesi di Gore-tex che a sua volta viene anastomizzata in latero-laterale al graft aortico. Tale strategia riduce la mobilizzazione degli osti garantendo allo stesso tempo una minore trazione sulle coronarie e anche una migliore visione della sede di sutura. Questo ha permesso il confezionamento delle anastomosi coronariche anche nei casi più complessi, come le dissezioni o nei pazienti con Sindrome di Marfan.
IL VALSALVA GRAFT E LA TECNICA ATTUALE
Obiettivi comuni a tutte le varie modifiche apportate nel tempo alla tecnica originale, possono essere riassunti nei seguenti punti:
o migliorare e facilitare il reimpianto degli osti coronarici
o ridurre il rischio di sanguinamento
o evitare la formazione di pseudo aneurismi
o evitare la distorsione degli osti coronarici, con la conseguente ischemia
Alla luce di questi obiettivi De Paulis & coll. hanno proposto, all’inizio del 2000 [56], l'utilizzo di un nuovo condotto, da loro ideato e realizzato da Sulzer Vascutek. Il tubo in dacron fino ad allora classicamente utilizzato è un condotto ondulato orizzontalmente in modo tale da garantire un certo grado di compliance ed adattabilità in senso longitudinale . Il nuovo condotto in dacron di De Paulis invece viene realizzato andando a suturare con un orientamento di 90°, una porzione dello stesso tubo di dacron ad un piccolo pezzo di tubo, rinominato “skirt”, in modo da ottenere una pieghettatura verticale che conferisce capacità di espansione in senso orizzontale. Il tubo così composto presenterà una parte stirabile in senso longitudinale, ed una ( lo skirt ) in senso orizzontale, con aspetto morfologico e funzionale molto più simile all’aortic root.
Uno studio del 2001 [57] ha confermato come nei pazienti con protesi Valsalva la dinamica del root e dei foglietti valvolari sia molto più vicina a quella del gruppo di controllo di quanto non lo sia nei pazienti operati con il
graft tradizionale.
Fig.32 Confronto fra una protesi in Dacron
standard ed una protesi modificata.
Fig.33 Ecocardiografia transesofagea che mostra la radice aortica in un soggetto
con tubo protesico tradizionale ( a sinistra ) e con il nuovo tubo protesico ( a destra ). Notare la differenza nella forma e nelle dimensioni dei seni.
La sutura fra le due porzioni ricrea in maniera quasi naturale la giunzione sinotubulare. :
Fig. 35 Conformazione attuale
del nuovo tubo protesico.
La lunghezza e l'altezza dello skirt possono essere modellate a seconda delle caratteristiche del paziente. Il nuovo tubo inoltre, potrà essere utilizzato non solo per tutte le procedure conservative della valvola aortica, ma anche, nel momento in cui si posiziona una protesi valvolare alla sua base, per la procedura di Bentall stessa. Nel momento in cui la protesi si troverà sottoposta alla pressione del sangue, le fibre del neo-root si dilateranno sul piano orizzontale, ricreando il flusso vorticoso presente già in natura nei seni di Valsalva nativi. L'utilizzo del nuovo tubo di dacron non richiede alcuna modifica alla tecnica chirurgica standard. Una volta ancorato il tubo valvolato all'anulus aortico, l'anastomosi degli osti potrà essere effettuata o nel modo classico o secondo la button technique, a discrezione del chirurgo. Testimonianza dei miglioramenti apportati con l’utilizzo di questo nuovo tubo protesico , ci viene da uno studio di Maggio 2009 [58], che mette a confronto la tensione sviluppata a livello delle anastomosi coronariche nelle procedure con tubo tradizionale, con quella sviluppata con tubo di Valsalva. Nonostante le limitazioni di uno studio in vitro come questo, appare evidente che la tensione generata con il Valsalva graft è decisamente minore, come minore è di conseguenza, il numero di sanguinamenti e di pseudo aneurismi (fig. 36).
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Dopo aver praticato la sternotomia longitudinale mediana e l’incisione longitudinale del pericardio e sua sospensione, si procede alla cannulazione del paziente tramite posizionamento di una cannula arteriosa in arco aortico, o, se le condizioni non lo permettono, in arteria femorale o ascellare. Il drenaggio venoso può avvenire attraverso il posizionamento di una cannula venosa bicavale o di una cannula in atrio destro. Dopo aver eparinizzato il
Fig. 37 Gli steps della moderna tecnica di posizionamento di un condotto valvolato con reimpianto delle coronarie.
paziente viene iniziata la CEC. La temperatura corporea del paziente viene portata a 25°C (ipotermia moderata), si clampa l’aorta ascendente prossimalmente al piede del tronco arterioso anonimo e si effettua la cardioplegia, cristalloide o ematica per via anterograda attraverso il bulbo aortico o gli osti coronarici e/o retrograda attraverso il seno coronarico. In caso di aorta estremamente calcifica, detta “a porcellana”, la CEC può essere eseguita in ipotermia profonda (18°C) ed arresto di circolo, senza ricorrere necessariamente al clampaggio aortico. Si procede con l’asportazione della sacca aneurismatica, isolamento e distacco degli osti coronarici con intorno un sottile strato di parete, e escissione completa delle cuspidi valvolari e dei seni coronarici ( immagini 1-4 ). Punti di sutura con pledgets sono ancorati prima all'anulus aortico e successivamente all'anello di sutura della protesi valvolata (protesi meccanica o biologica come nell’immagine 7) con paracadutaggio del condotto protesico ed anastomosi prossimale ( immagini 5-12 ). Con l’elettrocauterio vengono creati due fori laterali sul graft sui quali vengono suturati i due tasselli di parete aortica contenenti gli osti coronarici, precedentemente isolati e preparati ( immagini 13-14 ), prima il sinistro e poi il destro. Quindi si procede alla realizzazione, mediante sopraggitto, dell’anastomosi distale termino-terminale tra la porzione distale del graft e l’origine dell’arco aortico (15-16 ). Dunque si declampa l’aorta, si effettua la purga dell’aria e si osserva la tenuta dell’innesto. Il paziente viene riscaldato progressivamente fino alla normotermia e, stabilizzata l’emodinamica, la CEC viene fermata.