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Intervento di sostituzione della valvola aortica e dell'aorta ascendente secondo Bentall: follow-up a 22 anni

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INDICE ANALITICO

CAPITOLO 1: LA RADICE AORTICA Introduzione………3 Anatomia………...3 Dinamica………..14 CAPITOLO 2: PATOLOGIE DELLA RADICE AORTICA Introduzione………20

Dissezione aortica………...23

Aneurismi aortici………..36

Aneurismi dell’aorta toracica………..39

La bicuspidia aortica………...55

CAPITOLO 3: LA TECNICA DI BENTALL-DE BONO Tecnica originale………..63

L’evoluzione della tecnica di Bentall-De Bono……….65

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CAPITOLO 4:

ESPERIENZA PISANA CON LA TECNICA DI BENTALL-DE BONO MODIFICATA

Introduzione……….76 Materiale e metodi………..77 Risultati………...80 Discussione……….85 Conclusioni……….87 Appendice………88 BIBLIOGRAFIA………97

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CAPITOLO 1

LA RADICE AORTICA INTRODUZIONE

La radice aortica ( aortic root ), è la porzione del tratto di efflusso del ventricolo sinistro che offre supporto alla valvola aortica. Si tratta di un’entità anatomo-funzionale , i cui singoli elementi interagiscono e si articolano tra loro e con le altre strutture cardiache in una complessa relazione, la cui profonda conoscenza è punto di partenza per il chirurgo che si approccia a un intervento su questa regione.

ANATOMIA Rapporti:

Estesa per circa 3 cm dalla porzione del ventricolo sinistro in cui si ancorano le tre cuspidi valvolari aortiche alla giunzione sino-tubulare dell’aorta ascendente, la radice aortica fa da ponte tra il ventricolo sinistro e il tratto ascendente dell’aorta toracica ( fig.1 ).

Fig.1 L’ immagine replica la

finestra ecocardiografica parasternale asse lungo. Si noti la posizione centrale dell'aortic root , esteso dalla base di attacco delle cuspidi (frecce gialle), fino alla giunzione

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Se osservata nella proiezione antero-posteriore del cuore ( fig.2 ), la radice aortica occupa una posizione centrale; è situata posteriormente e a destra rispetto alla valvola polmonare, incuneata tra i due orifizi delle valvole atrioventricolari.

All’interno della radice si osservano tre rigonfiamenti circondati da

pericardio: sono i seni aortici o di Valsalva. Dai due seni adiacenti alla valvola polmonare originano le arterie coronarie

e sono pertanto indicati con il nome di seno coronarico destro (anteriore ) e

coronarico sinistro ( posteriore sinistro ). Il restante è definito seno non

coronarico ( posteriore destro ). Fig.2 Immagine anatomica del cuore dopo la resezione degli atri. In evidenza il root

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La porzione di parete aortica interposta tra seno aortico coronarico destro e non coronarico e la parete anteriore dell’atrio destro, protrude all’interno della cavità atriale formando il cosiddetto torus aorticus , elemento questo

da ben considerare qualora ci si trovi a intervenire sul setto interatriale. Diversamente dalla valvola polmonare, interamente ancorata alla parete

muscolare, quella aortica prende rapporto anche con lo scheletro fibroso del cuore. Tra quest’ultimo e la regione a cavallo della commissura tra la cuspide coronarica sinistra e la non coronarica, si forma quella che viene detta

continuità mitro-aortica.

Un’altra importante relazione è quella tra la radice aortica e il sistema di conduzione elettrico cardiaco. Le fibre che si dipartono dal fascio di His, originato dal nodo atrio-ventricolare all’apice del triangolo di Koch nell’atrio destro, decorrono nel triangolo interleaflets tra il seno coronarico destro e il non coronarico ( fig.3 ) [1] Di qui le possibili e importanti conseguenze sul sistema di conduzione che possono far seguito a un danno di questa regione.

Fig.3 Fibre di conduzione atrio-ventricolari lungo l’aortic root.

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Infine, la radice aortica è in stretto rapporto con il setto interventricolare, sporgendo leggermente a destra sopra di esso, e con l’infundibolo subpolmonare, come testimoniato dagli episodi di propagazione di endocarditi infettive dalla valvola aortica a quella polmonare.

Componenti della radice aortica:

Esaminiamo ora nel dettaglio, le principali componenti dell’aortic root ( fig.4):

- giunzione ventricolo-arteriosa (anulus ) - cuspidi

- seni di Valsalva - triangoli interleaflets

- giunzione sinotubulare

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Anulus o giunzione ventricolo-arteriosa:

Nonostante il lungo dibattito a riguardo, la grande complessità di questa regione anatomica ha impedito di giungere ad una definizione unanime del

significato di anulus. L’idea di concepire l’intera radice aortica come un anello, attenendosi

strettamente all’etimologia del termine, è considerata troppo semplicistica, nonostante la reale possibilità di rimuovere tale struttura dalla base cardiaca e di infilarla al dito proprio come un anello. Per i chirurghi, l’anulus coincide con la linea di inserzione delle cuspidi della valvola aortica, laddove si suturano le protesi valvolari; una regione questa che, data la forma semilunare delle cuspidi, somiglia molto di più ad una corona a tre punte che non ad un anello.

Per gli ecocardiografisti, l’anulus è più propriamente l’anello virtuale ( “virtual basal ring” ) che unisce i punti più bassi ( nadirs ) delle cuspidi valvolari. Secondo gli anatomisti infine, l’anulus, o più opportunamente la “giunzione ventricolo-arteriosa “, coincide con il punto in cui la muscolatura miocardica del ventricolo sinistro si continua nella parete fibroelastica dei seni di Valsalva. Questo anello che si viene a formare si interseca con la linea di inserzione delle cuspidi valvolari in modo tale che i nadirs vengano a trovarsi sotto la giunzione ventricolo-arteriosa e in questo modo segmenti di miocardio sono inclusi nei seni aortici. Questo vale per il seno della coronaria destra e per la parte anteriore del seno coronarico sinistro poiché la parte posteriore di questo e il seno non coronarico non contengono miocardio, bensì risultano occupati dal tessuto fibroso che costituisce la

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destro. L'attacco semilunare dei lembi valvolari contiene dunque sia una porzione di parete aortica ( a livello dei triangoli interleaflets ) sia una porzione di parete ventricolare ( alla base di ogni singola cuspide ).

Ancora diverso è il concetto di giunzione ventricolo-arteriosa funzionale: l’ inserzione semilunare delle cuspidi, estesa dalla base della radice alla

giunzione sino-tubulare, va a delimitare delle regioni triangolari a base inferiore, detti triangoli interleaflets. Ne risulta che la porzione di miocardio ventricolare compresa nella base dei seni di Valsalva viene, da un punto di vista emodinamico, incorporata nell’aorta, così come i triangoli interleaflets, anatomicamente appartenenti all’aorta, risulteranno, a valvola chiusa, parte funzionale del ventricolo sinistro. [ 2 ]

Fig.5 Aortic root idealizzato: l'attacco delle cuspidi valvolari ( in rosso ) si

estende per l'intera lunghezza del root, dalla giunzione sino - tubulare ( in blu ) all'anello basale virtuale (in verde ), ottenuto dall'unione dei nadir delle tre cuspidi. In giallo, la giunzione ventricolo-arteriosa anatomica, incrociata dalla

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Cuspidi

Le tre cuspidi valvolari, come già detto, si inseriscono sulla radice aortica secondo un profilo semilunare. Esse presentano una faccia leggermente corrugata sul versante aortico, e una più liscia sul versante ventricolare. Le linee di inserzione di due cuspidi adiacenti si incontrano a livello della giunzione sino-tubulare formando le cosiddette commissure . Il margine libero di ciascuna cuspide ha una lunghezza maggiore della distanza intercommissurale e ciò consente sia la perfetta coaptazione durante la fase diastolica che la completa apertura durante la fase sistolica [3] . La zona del

Fig. 6a Cuspide valvolare

Fig.6b Immagine schematica di

una radice aortica aperta. Si evidenziano le tre cuspidi.

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Essa presenta, nella sua parte inferiore, un rigonfiamento detto nodulo di

Aranzio, a livello del quale la superficie si ispessisce. Sottili e flessibili nel

soggetto giovane, le cuspidi vanno fisiologicamente in contro, con il passare degli anni, ad un progressivo ispessimento ed irrigidimento. Istologicamente parlando, le cuspidi valvolari aortiche sono composte da fibre collagene, fibre elastiche e glicosaminoglicani. Si distinguono tre lamine:

lamina fibrosa o arteriosa, composta principalmente da collagene,

fibroblasti e glicosaminoglicani. Le fibre elastiche sono orientate in direzione circolare. Questo strato è responsabile della stabilità meccanica della valvola.

lamina spongiosa, costituita principalmente da collagene, fibroblasti e

glicosaminoglicani. Non ha funzione strutturale ma è deputata ad assorbire lo shock meccanico durante la chiusura valvolare.

lamina ventricularis, è la continuazione della superficie ventricolare. É

costituita principalmente da fibre elastiche e fibre collagene. Le fibre elastiche sono allineate in direzione radiale e orientate perpendicolarmente al margine libero del foglietto valvolare. Le fibre collagene sono parallele al margine libero, e orientate in direzione circonferenziale.

Fig.6 Schema dei diversi

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Il versante arterioso e quello ventricolare delle cuspidi si continuano con le rispettive pareti aortica e ventricolare e non c’e un punto di demarcazione preciso, ma la superficie endoteliale forma come un continuum tra i lembi valvolari e le rispettive pareti aortica e ventricolare. Le cellule endoteliali hanno una forma allungata e si dispongono normalmente con l’asse maggiore parallelo all’asse di maggior stress, cioè quello del flusso ematico. Sulle cuspidi si arrangiano secondo un pattern circolare e perpendicolare al flusso. Ciò dimostra che il maggior stress subito dalla valvola è in direzione circolare e perpendicolare al flusso [4]. Contrariamente a quanto creduto in passato è stato dimostrato da alcuni autori che le cuspidi valvolari sono irrorate da vasi presenti alla base della cuspide, oltre che attraverso diffusione, e che hanno innervazione sensitiva [5].

Seni di Valsalva:

Li possiamo definire come gli spazi compresi fra la superficie luminale dei tre

rigonfiamenti della radice aortica e le loro rispettive cuspidi valvolari. Sono delimitati prossimalmente dalla linea di inserzione delle cuspidi e

distalmente dalla giunzione sino-tubulare. Identici funzionalmente , si distinguono invece sul piano anatomico: abbiamo il seno coronarico destro e sinistro da cui originano le rispettive coronarie , e il seno non coronarico. I due seni coronarici sono per la maggior parte costituiti da parete aortica anche se, come è già stato descritto, visto l’andamento della giunzione ventricolo-arteriosa anatomica che si interseca con le linee di inserzione delle cuspidi valvolari, è presente basalmente una semiluna di tessuto miocardico. Il seno non coronarico ha invece una parete esclusivamente

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fibrosa che entra a far parte di quella struttura che va a rappresentare la continuità mitro-aortica. In sezione trasversale, i seni, conferiscono alla base aortica una forma trilobata [6] .

Triangoli interleaflets

Sotto ciascuna commissura si possono osservare delle aree denominate

triangoli interleaflets. Hanno la forma di un triangolo isoscele con apice

rivolto verso l’alto, che raggiunge la giunzione sino tubulare, e la base a livello della giunzione atrio-ventricolare. Essi hanno una struttura istologica diversa rispetto alle strutture circostanti, con un ridotto quantitativo di fibre collagene. Sono circondati da tessuto muscolare, tranne a livello del trigono posto tra il seno coronarico sinistro e il non coronarico. Questa porzione è principalmente composta da tessuto fibroso ed è importante per la funzione ventricolare. Essi sono parte del root aortico, ma per la loro posizione sono soggetti alle condizioni emodinamiche del ventricolo sinistro, e la loro

Fig.7 Aortic root aperto e lembi rimossi . Si notano i seni valvolari e la giunzione ventricolo-arteriosa anatomica (linea punteggiata rossa).

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alterazione è legata allo sviluppo di alcune forme di valvulopatie [7 ]. Infatti, sono le strutture che vanno incontro a dilatazione nel caso di ectasia anulare.

Giunzione sino-tubulare :

Rappresenta il confine distale dell’aortic root , punto di unione tra la porzione tubulare dell’aorta e quella sinusale. Sulla parete, internamente, si osserva una cresta leggermente rialzata. Non è una giunzione perfettamente circolare, ma ricalcando i contorni dei seni aortici assume una forma a trifoglio. L’area della giunzione aumenta con l’età e in conseguenza di quadri ipertensivi [8]. Normalmente le sue dimensioni sono del 10-15% inferiori rispetto all’anulus (soggetto giovane), e la sua struttura, ricca in fibre

Fig.8: Immagine schematica del root

aortico. In evidenza i triangoli intercuspidali.

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elastiche e collagene, le conferisce una particolare elasticità. Proprio la degenerazione strutturale di queste componenti è spesso alla base della sua dilatazione. Fisiologicamente, nell’adulto, le dimensioni della giunzione sinutubulare, tende ad eguagliare quella dell’anello, mentre nell’anziano diventa del 10-15% maggiore rispetto all’anulus.

DINAMICA

La conoscenza della dinamica del root aortico è fondamentale per qualsiasi approccio chirurgico.

Data la sua posizione anatomica, il root aortico è sottoposto, con la sua componente prossimale, alle condizioni emodinamiche del ventricolo sinistro

Fig.9 La radice aortica è stata aperta. Si notatno le cuspidi, i seni

coronarici, i triangoli interleaflets ( in giallo ), la giunzione sinutubulare ( linea blu punteggiata) e la giunzione ventricolo- arteriosa (linea blu tratteggiata).

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e, con la sua componente distale, alle condizioni emodinamiche dell’aorta. Il root subisce quindi delle variazioni dimensionali in rapporto alle diverse

fasi del ciclo cardiaco e la corretta dinamica di tutte le componenti è indispensabile per una normale funzionalità valvolare.

Fu Leonardo Da Vinci il primo a descrivere il ruolo fondamentale dei seni di Valsalva nella dinamica del root aortico [9]. Negli anni ’70 Brewer [10] descrisse l’espansione del root a livello commissurale come parte essenziale per garantire l’apertura valvolare e ridurre lo shear stress sui lembi valvolari. Tubrikar [11] poco dopo, dimostrò, su un modello animale, che questa espansione inizia prima dell’eiezione. Ulteriori caratteristiche sulla dinamica della radice aortica sono state descritte di recente da Dagum et al [12] .

Nonostante tutto, alcuni aspetti di questo meccanismo rimangono ancora poco chiari. Quello che possiamo affermare è che durante la fase

telediastolica il root aortico assume la forma di un tronco di cono con la

superficie basale maggiore di quella commissurale e della giunzione sinotubulare ( rispettivamente del 51,6 ± 2 % e del 48,8 ± 3,9 %). Questa differenza tra i diversi livelli tende a diminuire durante la fase eiettiva, fase in cui l’aortic root assume una forma più cilindrica. Esso infatti comincia ad espandersi prima dell’eiezione ( fase di contrazione isovolumetrica ), iniziando a livello della base e delle commissure e proseguendo a livello della giunzione sinotubulare e dell’aorta ascendente. Questa espansione della base della radice aortica è associata ad un movimento di immersione del root nel ventricolo sinistro ed insieme, questi due eventi, contribuiscono alla riduzione di circa il 20% dell’energia eiettiva, oltre che all’apertura dei lembi valvolari.

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L’eiezione può essere divisa in due fasi: una prima in cui si ha la massima espansione del root aortico e una seconda in cui il volume del root tende a diminuire. Durante l’eiezione i rapporti tra diametri e superfici ai diversi livelli cambia. Le variazioni percentuali di questi parametri sono riportati nella tab.1.

Tabella 1: variazioni percentuali delle superfici a diversi livelli e del volume del root aortico nelle diverse fasi del ciclo cardiaco.

IVC 1/3 eiez. 2/3 eiez. IVR MD TD Espans. totale Base % 50.7 49.2 -54.4 -44.1 -18.9 17.5 29.8 Sinus % 35.8 64.2 -74.9 -31.0 -6.3 12.2 38.4 Com. % 32.8 67.1 -66.6 -29.4 -8.6 4.7 63.7 STJ % 13.8 86.0 -68.0 -14.2 -17.5 -0.2 37.1 Ao asc. % 6.6 93.3 -64.3 -10.9 -18.2 -6.4 26.3 Vol % 36.7 63.3 -53.1 -39.1 -19.0 11.3 33.7

( IVC = contrazione isovolumetrica , IVR = Rilassamento isovolumetrico MD = mesodiastole, TD = telediastole )

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Come emerge dalla tabella, il volume della radice aortica aumenta del 33.7 % durante il ciclo cardiaco. Il root raggiunge la massima espansione durante la prima fase dell’eiezione e a questa espansione segue una progressiva riduzione del volume, inizialmente lenta, poi più rapida fino a metà diastole. In tele diastole le dimensioni variano nuovamente: la base e le commissure tendono a dilatarsi, la giunzione sinotubulare e l’aorta ascendente tendono a diminuire la loro area, così il root aortico assume la forma di un tronco di cono.

Data questa grande dinamicità del root, si capisce quanto sia riduttiva la vecchia concezione di valvola aortica quale struttura isolata e passiva regolata dal solo gradiente pressorio. Doveroso dunque considerarla piuttosto come parte integrata di una complessa unità anatomo-funzionale, dalla quale peraltro dipendono i suoi meccanismi di apertura-chiusura. Le caratteristiche di una buona valvola aortica dovrebbero essere tali da consentirne l’apertura con un minimo gradiente pressorio, permettere una completa chiusura con una minima inversione di flusso e ridurre al minimo le tensioni che si sviluppano sulle cuspidi. Quest’ultimo obiettivo viene raggiunto attraverso, da una parte, il reciproco supporto delle cuspidi durante la coaptazione che consente di distribuire lo stress lungo le commissure; dall’altra, grazie alla riduzione del raggio di curvatura dei seni di Valsalva passando dalla sistole alla diastole. Durante la tele-diastole, quando il sangue riempie il ventricolo, si determina un’espansione del root aortico di circa il 12%, 20-40 millisecondi prima dell’apertura valvolare. La dilatazione della radice aortica, da sola, è responsabile di circa il 20% dell’apertura valvolare [13]. Mentre la pressione aumenta nel tratto d’efflusso del ventricolo, la tensione attraverso le cuspidi diminuisce. Poiché

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la pressione continua ad aumentare, la differenza di pressione tra aorta e ventricolo diventa minima. A questo punto il root aortico si espande determinando la rapida apertura valvolare all’inizio della fase di eiezione. L’ eiezione determina lo stiramento delle cuspidi. Questi meccanismi permettono alla valvola di aprirsi rapidamente opponendo la minima resistenza all’eiezione [14]. La chiusura delle cuspidi avviene invece secondo la cosiddetta” vortex theory”. In base a questa, i seni di Valsalva, funzionano come reservoir di sangue e favoriscono la formazione di piccoli vortici, i quali, a loro volta , determinano la completa espansione delle cuspidi valvolari. Grazie alla presenza di questo spazio tra la superficie della cuspidi e la parete aortica, durante l’inversione di flusso, alla fine della sistole, si verifica la rapida coaptazione della cuspidi (fig. 10 ).

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CAPITOLO 2

PATOLOGIE DELLA RADICE AORTICA INTRODUZIONE

Chiarito il concetto di root aortico quale complessa unità anatomo-funzionale, appare evidente che parlare di patologia della radice relativamente alla sola valvola aortica, risulti riduttivo. Un danno di uno qualsiasi dei componenti e non esclusivamente delle cuspidi valvolari può portare a un quadro di insufficienza aortica. Come sottolineato da Padial et al, una dilatazione dell’anulus aortico funzionale ( FFA ), tratto compreso tra la giunzione ventricolo-arteriosa e quella sino tubulare, correla con l’entità del rigurgito aortico [15] . La dislocazione verso l’esterno delle cuspidi indotta dalla dilatazione, porterebbe infatti ad una riduzione della coaptazione centrale [16]. Sulla base di questo, con uno sguardo più ampio volto a sottolineare e a integrare le relazioni anatomiche fra i singoli elementi dell’apparato valvolare, El Khoury e collaboratori [17, 18 ] si sono cimentati nella realizzazione di una classificazione funzionale dell’insufficienza aortica che tiene conto delle diverse componenti che possono risultare deficitarie, con un accenno alle possibili opzioni terapeutiche che risultano così più standardizzati ( fig.11a e 11b ) .

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Un lavoro simile era già stato fatto da Carpentier [19] per la valvola mitrale. Come riportato in figura, distinguiamo tre tipi di insufficienza aortica:

Fig. 11a

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TIPO I: Normale movimento delle cuspidi associato a dilatazione dell’anulus aortico funzionale ( FAA ) o a perforazione dei lembi valvolari.

- TIPO Ia: dilatazione della giunzione sino-tubulare o dell’aorta ascendente

- TIPO Ib: dilatazione dei seni di Valsalva e della giunzione sino-tubulare.

- TIPO Ic: dilatazione della giunzione ventricolo-arteriosa

- TIPO Id: derivante da una perforazione delle cuspidi, senza una lesione primitiva del FFA.

TIPO II: Prolasso delle cuspidi dovuto ad un eccesso di tessuto valvolare o a una lesione a carico delle regioni commissurali

TIPO III: Movimento ridotto delle cuspidi. Può essere riscontrato nelle valvole bicuspidi o nelle forme degenerative e reumatiche, come risultato dei processi di calcifcazione, ispessimento e fibrosi dei leaflets.

I diversi quadri decritti possono presentarsi isolati o essere diversamente combinati per contribuire al fenotipo finale. Ogni singola lesione viene dunque concepita e reinserita in un più globale contesto anatomo-funzionale e ciò consente di effettuare scelte chirurgiche sempre più consapevoli e personalizzate volte alla correzione funzionale e non necessariamente sostitutiva della patologia. Nel caso di lesioni di tipo 1 ad esempio, l’intervento sarà basato su una sostituzione della radice aortica, associato

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DISSEZIONE AORTICA

Definizione e epidemiologia: La dissezione aortica è una rara ma catastrofica condizione patologica caratterizzata dallo slaminamento, da parte del flusso ematico, delle strutture lamellari della tonaca media dell’aorta, con formazione di un lume pieno di sangue nel contesto della parete del vaso. Contrariamente agli aneurismi aterosclerotici, essa non si associa necessariamente ad una dilatazione dell’aorta e per tale motivo il vecchio termine di “aneurisma dissecante” risulta improprio. La progressione del sangue lungo la parete del vaso può portare alla stenosi degli imbocchi di rami collaterali. Frequente evoluzione di una dissezione è la rottura all’esterno con conseguente emorragia massiva; talvolta invece, il sangue rientra nel lume aortico producendo una seconda breccia intimale, con costituzione di un “falso lume”. Nel corso del tempo, quest’ultimo può andare incontro ad endotelizzazione. Tra tutte le patologie dell’aorta, la dissezione è quella caratterizzata dal maggiore indice di mortalità; la rarità del quadro, unitamente alla forte variabilità clinica con cui si manifesta, rendono la diagnosi non sempre immediata e molti casi vengono diagnosticati postmortem.

Fig.12 Immagine

schematica di dissezione.

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L’incidenza è di circa 3 casi per 100000 persone all’anno [ 20 ], ma in virtù di quanto detto, si tratta molto probabilmente di una sottostima. Il rapporto M:F varia da 2:1 a 4:1 [ 21], con una disparità che è sempre meno evidente con l’avanzare dell’età. La distribuzione è bimodale, con un primo picco tra i 40 e i 60 anni (90% dei casi ) e un secondo picco, meno rappresentato, di soggetti più giovani con alterazioni ereditarie del connettivo , responsabili di alterazioni strutturali della parete vascolare

Eziologia: Al primo posto tra le cause di dissezione c’è l’aortopatia degenerativa, patologia della media aortica caratterizzata da distruzione di variabile entità delle componenti elastica e muscolare liscia, con accumulo di glicosaminoglicani della matrice. La ridotta resistenza della media favorirebbe infatti, oltre che la formazione di aneurismi , la predisposizione alla dissezione. Tutte le condizioni che inducono lo sviluppo dell’aortopatia degenerativa, quali l’ipertensione (aortopatia secondaria ) e malattie genetiche del collagene come la sindrome di Marfan o quella di Ehlers-Danlos , sono dunque inserite tra le situazioni predisponenti la dissezione. Altre possibili cause sono rappresentate dalla gravidanza, durante o dopo la quale per motivi sconosciuti si può assistere a dissezione dell’aorta o dei suoi rami; lacerazioni iatrogene dell’intima in corso di procedure interventistiche o in sede di anastomosi chirurgiche. Arteriti e aterosclerosi possono provocare un indebolimento della media e dilatazione della parete, ciò nonostante l’eventualità di dissezione è rara poiché la fibrosi della media che le caratterizza rende la tonaca media difficilmente scollabile. Altra causa sono i traumi chiusi del torace spesso conseguenza di incidenti stradali , in cui a seguito della brusca trazione esercitata dalla forza d’inerzia, l’aorta

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può andare incontro a lacerazione. L’aterosclerosi, infine, può condurre a dissecazione nei casi di ulcera penetrante. Quest’ultima è un’ulcera della placca ateromatosa che si estende e distrugge la lamina elastica interna, creando una profonda soluzione di continuo attraverso l’intima dentro la media. La placca può precipitare formando una dissezione localizzata associata a un variabile ematoma entro la parete aortica, o causare perfino una rottura nell’avventizia con conseguente formazione di uno pseudoaneurisma [22]. La sintomatologia in questo caso è pressoché sovrapponibile alla dissezione classica, ma le indagini strumentali rivelano un aspetto completamente diverso, con presenza di un cratere ulcerato nella parete [23].

Macroscopica: In una dissezione si osservano tre lesioni elementari:  Breccia di entrata: rappresenta la lacerazione dell’intima e degli strati

interni della media, attraverso cui il sangue penetra nella parete. Può assumere un aspetto lineare (a “taglio di lametta “) , ovvero trasversale rispetto all’asse del vaso, o a stella ( “ a scoppio” ), con bordi frastagliati.

 Dissecazione della media: Una volta creata la breccia di entrata, il

sangue attraversa l’intima e inizia a scollare gli strati della media, favorito dalle condizioni di cedevolezza di questa tonaca indotte dalle cause prima descritte. Caratteristicamente, la dissezione si estende fra i due terzi interni e il terzo esterno della tonaca muscolare ( fig.13 ), punto di passaggio dalla zona interna irrorata attraverso l’intima e quella esterna irrorata dai vasa vasorum.

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Talvolta, il sangue che provoca lo scollamento ha una forza tale da condurre alla formazione di un secondo lume, detto falso lume, che in alcuni casi può diventare talmente grande da determinare una dilatazione del diametro del vaso ( si parla di aneurisma dissecante). La dilatazione del falso lume può essere così massiva da portare alla compressione del vero lume fino alla sua occlusione con conseguenti fenomeni ischemici a valle, soprattutto nei collaterali.

 Breccia di uscita: La dissezione può poi proseguire, sia in direzione

anterograda che retrograda, con possibile formazione di:

- una nuova breccia intimale ( breccia di rientro ) e conseguente cronicizzazione della dissezione

- una breccia avventiziale ed exitus quasi inevitabile del paziente per emorragia massiva.

In caso di breccia di rientro si viene a formare una condizione di dissezione cronica, nella quale il falso lume va in contro a un processo di

Fig.13 Preparato istologico di una

dissezione che mostra l’ematoma aortico intramurale ( * ). La sezione, preparata con

colorazione di Movat, mostra in nero gli strati elastici dell’aorta e in rosso il sangue.

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endotelizzazione divenendo indistinguibile dal vero lume, configurando il quadro che in passato si definiva di “duplicità congenita dell’aorta” o aorta a

canne di fucile. In realtà è ancora possibile distinguere il vero lume dal falso

poiché quest’ultimo risulta attraversato dai rami collaterali originatisi a livello del vero lume. Talvolta la breccia di rientro non è spontanea, ma realizzata artificialmente attraverso un processo di fenestrazione, con lo scopo di cronicizzare la lesione acuta.

Microscopica: Laddove siamo in grado di identificare un’alterazione della parete aortica, di fatto non sempre individuabile, questa coincide nella maggioranza dei casi nella degenerazione mediale, o necrosi cistica della media (fig.14A e 14B ). Questa è caratterizzata dalla frammentazione del tessuto elastico e dalla separazione degli elementi fibromuscolari e di quelli elastici nel contesto della media, con formazione di piccoli spazi lacunari riempiti da matrice extracellulare amorfa. L’infiammazione è assente.

Fig 14A. Degenerazione cistica della media: distruzione e frammentazione delle lamine

elastiche della tonaca media aortica con formazione di aree prive di elastina, che somigliano a spazi cistici. B. Confronto con una tonaca media normale, costituita da

strati regolari di tessuto elastico. Sia in A che in B l’elastina appare nera con la colorazione per le fibre elastiche.

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Classificazione: La classificazione delle dissezioni aortiche si basa

essenzialmente su due criteri: localizzazione ed estensione della lesione. I singoli tipi sono poi successivamente sottoclassificati, sulla base dell’

evoluzione temporale, in acuti (quando ci troviamo entro due settimane dall’evento scatenante ), e cronici ( quando il processo supera i 14 giorni dall’evento scatenante o se è scoperto occasionalmente) [24]. Di recente è stato poi introdotto il termine subacuto, per definire il periodo che intercorre fra le due settimane ed i due mesi.

I sistemi classificativi più frequentemente utilizzati nella pratica clinica sono

quello di DeBakey e quello di Standford. La classificazione topografica introdotta per prima è quella di DeBakey [25],

che prevede la suddivisione delle dissezioni in tre gruppi:

- I: lesione che interessa l’aorta ascendente, l’arco e l’aorta discendente

- II: lesione limitata alla sola aorta ascendente - III: lesione limitata all’aorta discendente

Con Reul e Cooley [26] tale classificazione venne modificata e il tipo III venne diviso in due sottotipi:

- IIIa: interessamento dell’aorta discendente toracica

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Esiste poi un’altra classificazione, ad oggi la più utilizzata, che rappresenta

una semplificazione di quella di De Bakey. Si tratta della classificazione di Stanford .

Essa prevede due classi:

- A: corrisponde ai gruppi I e II di De Bakey, ovvero quelli con interessamento dell’aorta ascendente

- B: corrisponde al gruppo III, in cui l’aorta ascendente è intatta

Evoluzione: I tassi di sopravvivenza sono molto bassi in entrambe le classi, con una mortalità nelle prime 48 ore attorno a 1-2% all’ora per la classe A.

Fig.15 Classificazione della dissezione

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Si capisce dunque la necessità di un intervento in emergenza. Le complicanze in cui può incorrere una dissezione di tipo A sono numerose e tutte potenzialmente letali. Esse dipendono dal tratto di aorta che viene interessato. L’estensione retrograda provoca le complicanze più gravi, rappresentate da:

 rottura ( breccia avventiziale ) nel tratto intrapericardico dell’aorta, con conseguente emopericardio e tamponamento cardiaco

 rottura nel setto interatriale, con conseguente ematoma del setto e possibilità di fistola tra aorta e atrio destro o di blocco della conduzione seno atriale

 estensione della dissezione lungo le coronarie con conseguente stenosi del loro lume e ischemia acuta del miocardio

 disancoraggio delle cuspidi aortiche con conseguente insufficienza aortica acuta per prolasso dei lembi valvolari

Le complicanze che possono insorgere nelle dissezioni di tipo B dipendono anch’esse dal tratto di aorta interessato. La dissezione dell’arco aortico porta a una stenosi dei tronchi epiaortici. Particolarmente grave è l’ostruzione delle carotidi che può condurre a TIA o ictus. In caso di interessamento dell’aorta addominale invece la situazione è in genere meno grave, con le complicanze più gravi rappresentate dalla rottura del vaso con conseguente emoperitoneo o ematoma retroperitoneale e il coinvolgimento delle arterie renali con possibile infarto.

Uno studio del 2007 [27] ha evidenziato una mortalità nelle dissezioni di tipo A sottoposte a trattamento medico del 20% a 24h e del 40% a 48h, contro

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una mortalità nei casi trattati chirurgicamente che si attesta intorno al 15%. Per quanto riguarda i pazienti con dissezioni di tipo B, la sopravvivenza nei soggetti sottoposti a trattamento medico è intorno al 60% a 5 anni e al 40% a 10 anni; la sopravvivenza appare migliore nei pazienti con dissezione distale non comunicante. Contrariamente a quanto osservato per il tipo A, la mortalità nei pazienti sottoposti a intervento chirurgico risulta maggiore, probabilmente perché questo è riservato ai casi complicati.

Clinica : La presentazione clinica della dissezione è legata alla sede e all’estensione della lesione. I sintomi classici sono rappresentati dall’insorgenza improvvisa di dolore lancinante al petto o interscapolare, a seconda che la dissezione interessi l’aorta ascendente o la discendente ,con tendenza all’irradiazione verso il basso o verso l’alto a seconda della direzione di avanzamento della dissezione. Nonostante ciò, sono molti i pazienti che presentano sintomi ancora più aspecifici con conseguente ritardo diagnostico. Il dolore da dissecazione è improvviso, intenso, resistente alla terapia analgesica di primo livello. La sincope, se presente, è un segno prognostico sfavorevole in quanto spia di un tamponamento o di un ictus. L’esame fisico del paziente non mostra particolari segni : ci può essere ipertensione, un deficit di polso, alterazioni neurologiche focali. La progressione della dissezione può portare alle complicanze viste prima: ischemia miocardica, shock cardiogeno, tamponamento cardiaco, ischemia periferica, mesenterica o renale.

Diagnosi: Una diagnosi tempestiva richiede innanzitutto un forte sospetto, soprattutto nel paziente anziano in cui la sintomatologia è spesso aspecifica e sovrapposta a numerose comorbidità che complicano ulteriormente il

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quadro. La diagnosi di dissezione aortica dovrebbe essere sempre presa in considerazione di fronte a un paziente con dolore toracico acuto. Fondamentali un’accurata anamnesi volta a indagare le caratteristiche del dolore e un esame obiettivo che non si limiti alla sola regione cardiaca, ma che indaghi anche eventuali segni come deficit di polso, pressione differenziale, segni neurologici focali, rumore di rigurgito di nuova comparsa. La diagnosi differenziale include l'ischemia miocardica, l'aneurisma aortico, l'insufficienza aortica acuta, la pericardite, il dolore muscoloscheletrico e la tromboembolia polmonare. Utili a tal fine la ricerca di biomarkers quali il D-dimero, troponina,miosina, BNP. E' molto importante far rientrare la dissezione aortica acuta nel pattern di diagnosi differenziale per il dolore toracico, in quanto terapie specifiche per determinate condizioni (come la trombolisi nell'ischemia miocardica) possono essere fatali nei pazienti con dissezione.

I routinari esami di laboratorio, l’ECG e l’RX del torace spesso non sono sufficienti per un corretto inquadramento diagnostico. L’ECG presenta nel 69% dei casi delle anomalie, che tuttavia non sono specifiche per la dissezione, mentre in un 31% dei casi è del tutto normale; lo stesso si può dire per RX torace, che pur presentando anormalità nell’80% dei casi non permette di fare diagnosi [28]. È opportuno sottolineare però che la negatività di queste indagini non permette di escludere la diagnosi di dissezione aortica. Le due indagini gold standard sono rappresentate dunque dalla TC e dall’ecografia, mentre RM e angiografia vengono considerate di seconda scelta. In una situazione di emergenza l’ecocardiografia trans esofagea rappresenta la prima scelta: rapida, non

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invasiva, non espone a radiazioni e ci offre la visualizzazione dell’aorta e i dei suoi rami principali, nonché delle strutture cardiache . Unico punto debole è il fatto che si tratta di una metodica operatore – dipendente e che solo in mani esperte consente un corretto inquadramento. Quello che andiamo a ricercare per la diagnosi di dissezione è il flap intimale e il cosiddetto falso lume di cui sarà possibile valutare sede, dimensioni, eventuale presenza di trombosi o di flusso. In caso di paziente emodinamicamente stabile invece, l’esame gold standard è rappresentato dalla TC con mezzo di contrasto. Dotata di elevatissima specifcità e sensibilità , essa offre la possibilità di ottenere ricostruzioni tridimensionali che permettono una chiarissima visualizzazione del flap, del doppio lume, ma anche delle branche periferiche dell'aorta toracica ed addominale. Un’accuratezza diagnostica ancora superiore è offerta dalla RM, che presenta una sensibilità del 99% e una specificità del 95-100% [29]; nonostante questo, la risonanza è un’indagine utilizzabile nello studio delle forme croniche ma, dati i lunghi tempi di acquisizione, non può essere utilizzata in situazioni di emergenza. L’aortografia, un tempo indagine di prima scelta, oggi non viene quasi più utilizzata a scopo diagnostico.

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Fig.17 Immagine TC di una sezione trasversale del torace. Si noti, a livello dell'aorta, la presenza del flap intimale che divide il vaso in un vero e falso lume.

Fig.16 Eco transesofageo del

tratto di efflusso. Si noti la presenza, all'interno del root aortico, del flap intimale (frecce) che si estende fino quasi alla valvola aortica.

Fig.18 In a immagine T1 pesata in sezione sagittale che mostra il flap intimale

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Indicazioni :

Raccomandazioni per il management definitivo Classe I:

1. Una consulenza chirurgica urgente deve essere richiesta per tutti i pazienti con dissezione, indipendentemente dalla sua localizzazione, appena la diagnosi è confermata o altamente sospettata.

2. La dissezione aortica acuta coinvolgente l’aorta ascendente deve essere immediatamente valutata per l’intervento chirurgico, visto il suo alto rischio di rottura e di complicanze per la vita.

3. La dissezione aortica acuta coinvolgente la porzione discendente deve essere trattata con terapia medica a meno che non si sviluppino complicanze pericolose per la vita (malperfusione periferica, progressione della dissezione, aneurisma in espansione, impossibilità al controllo della pressione arteriosa o dei sintomi).

Raccomandazioni per l’intervento chirurgico nelle dissezioni aortiche acute Classe I:

1. Per i pazienti con dissezione dell’aorta toracica ascendente, tutta la parte aneurismatica dell’aorta e l’estensione prossimale della dissezione dovrebbe essere resecata. Un aortic root solo parzialmente coinvolto nella dissezione può essere sottoposto ad un tentativo di riparazione con risospensione della valvola aortica. Un’estesa dissezione dell’aortic root invece deve essere trattata con una completa sostituzione con un graft valvolato o con un

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intervento di valve-sparing. Se presente una dissezione di tipo II secondo DeBakey, l’intera porzione di aorta dissecata deve essere sostituita.

Raccomandazioni per l’ematoma intramurale senza intimal tear Classe IIa:

1. E’ ragionevole trattare l’ematoma intramurale allo stesso modo di una dissezione nel segmento di aorta interessato.

ANEURISMI AORTICI

Introduzione : Per aneurisma si intende una dilatazione permanente , progressiva e focale di un’arteria. Per poter essere definito tale, le sue dimensioni devono superare di almeno una volta e mezzo il normale diametro del vaso; in caso contrario si parla di ectasia.

Classificazione: Distinguiamo:

 Una classificazione morfogenetica, che separa gli aneurismi veri dagli

aneurismi falsi o pseudo aneurismi. I primi hanno una parete formata

da tutte e tre le tonache vascolari, i secondi invece altro non sono che ematomi periarteriosi comunicanti con il lume e avvolti da solo connettivo fibroso extravascolare (fig.19 ).

 Una classificazione anatomica che discrimina tra aneurisma sacciforme, nel caso in cui venga interessata solo parte della circonferenza del vaso, o fusiforme, quando invece è interessata tutta la circonferenza ( fig.19 ). Questa classificazione riveste importanza in quanto la tensione che viene ad esercitarsi sulla parete, e quindi di

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conseguenza il rischio di rottura, è maggiore per i sacciformi piuttosto che per i fusiformi .

 Una classificazione eziologica che distingue aneurismi aterosclerotici,

arteritici, da aortopatia degenerativa, traumatici, infettivi.

 Una classificazione topografica che suddivide gli aneurismi in:

1. Aneurismi dell’aorta ascendente: rappresentano il 45% dei casi,

possono interessare qualunque tratto compreso fra anulus valvolare aortico e origine del tronco anonimo e sono generalmente di tipo degenerativo.

2. Aneurismi dell’ arco aortico: 10% dei casi, interessano il tratto di

aorta compreso fra l’emergenza del tronco anonimo e la succlavia sinistra. Prevalentemente associati alla patologia aterosclerotica, sono spesso sacciformi e tendono ad estendersi sia all’aorta ascendente che discendente.

3. Aneurismi dell’aorta discendente: 35% dei casi, si estendono

dall’emergenza della succlavia sinistra allo iato diaframmatico. Possono essere conseguenza di patologia aterosclerotica o di dissezione. Questi sono ulteriormente divisi secondo la classificazione di Safi in tre tipi:

I. Esteso dall’arteria succlavia sinistra fino al VI spazio intercostale

II. Esteso dal VI spazio intercostale fino al XII (sovra diaframmatico)

III. Interessante tutta l’aorta discendente toracica, dall’arteria succlavia sinistra fino al XII spazio intercostale

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4. Aneurismi dell’aorta toracoaddominale

parte conseguenza di processi degenerativi aterosclerotici. Questi sono stati ulteriormente divisi da Crawford in quattro tipi [30] che si estendono :

I. da sotto la succlavia sinistra al tratto immediatamente superiore al tripode celiaco o di fronte all’emergenza della mesenterica superiore e sopra l’origine delle renali

II. da sotto la succlavia sinistra alla biforcazione aortica

III. dal VI spazio intercostale alla biforcazione aortica

IV. dal XII spazio intercostale alla biforcazione aortica

Fig.19 Rappresentazione schematica che illustra le differenze tra un aneurisma

vero ( sacculare o fusiforme ) e uno pseudoaneurisma. Aneurisma vero di tipo sacculare

falso.

Aneurismi dell’aorta toracoaddominale: 10% dei casi, sono in gran

parte conseguenza di processi degenerativi aterosclerotici. Questi ti ulteriormente divisi da Crawford in quattro tipi [30] che si estendono :

da sotto la succlavia sinistra al tratto immediatamente superiore al tripode celiaco o di fronte all’emergenza della mesenterica superiore e sopra l’origine delle renali

la succlavia sinistra alla biforcazione aortica dal VI spazio intercostale alla biforcazione aortica dal XII spazio intercostale alla biforcazione aortica

Rappresentazione schematica che illustra le differenze tra un aneurisma vero ( sacculare o fusiforme ) e uno pseudoaneurisma. A: Vaso normale Aneurisma vero di tipo sacculare C: Aneurisma vero di tipo fusiforme

: 10% dei casi, sono in gran parte conseguenza di processi degenerativi aterosclerotici. Questi ti ulteriormente divisi da Crawford in quattro tipi [30] che

da sotto la succlavia sinistra al tratto immediatamente superiore al tripode celiaco o di fronte all’emergenza della mesenterica superiore e sopra l’origine delle renali

la succlavia sinistra alla biforcazione aortica dal VI spazio intercostale alla biforcazione aortica dal XII spazio intercostale alla biforcazione aortica

Rappresentazione schematica che illustra le differenze tra un aneurisma : Vaso normale B: : Aneurisma vero di tipo fusiforme D: Aneurisma

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ANEURISMI DELL’AORTA TORACICA

Incidenza e fattori di rischio : Con un’ incidenza di 5,9 casi su 100.000 pazienti all’anno, gli aneurismi dell’aorta toracica rappresentano la 13esima causa di morte negli USA [31]. L’età media alla diagnosi è tra i 59 ed i 69 anni, con un rapporto M:F che va da 2:1 a 4:1. I fattori di rischio sono rappresentati dal fumo, l’ipertensione, l’aterosclerosi, disordini genetici come la Sindrome di Marfan e quella di Ehlers-Danlos. In passato, la sifilide rappresentava un’importante causa di aneurismi. Disordini come la bicuspidia aortica o la valvola aortica unicuspide, sono spesso associati ad aneurismi dell’aorta ascendente [32].

Eziopatogenesi Generalmente gli aneurismi sono dovuti all’azione combinata dell’indebolimento della parete arteriosa e dell’aumento della pressione laterale del sangue. Esistono nonostante ciò situazioni in cui uno solo dei due fattori risulta responsabile, come nel caso della distruzione della media aortica nella aortopatia degenerativa, o nel caso di aneurismi metastenotici, dove la forte pressione ematica a valle di un tratto stenotico può, da sola, portare ad una dilatazione del vaso. L’aortopatia degenerativa e la patologia aterosclerotica sono senza dubbio le cause più importanti di questo tipo di aneurisma. A queste si aggiungono, come già in parte visto, le cause traumatiche e quelle arteritiche, sia autoimmuni che infettive ( fig.20 ).

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Analizziamole nel dettaglio:

Aortopatia degenerativa: Il termine di aortopatia degenerativa, o aortopatia non infiammatoria, si è sostituito a una serie di termini più generici o troppo restrittivi, quali medio necrosi cistica, anuloesctasia

aortica, malattia di Erdheim. È una situazione caratterizzata dalla

distruzione, di variabile entità, delle componenti elastica e muscolare della media, con accumulo di gliocosaminoglicani della matrice. La ridotta resistenza della parete che ne segue favorisce la formazione di aneurismi veri, in genere cilindrici, dell’aorta ascendente, con possibile associazione di insufficienza aortica. Predispone anche allo sviluppo dell’ematoma

1. Degenerativi a. Aterosclerotici

b. Da medio necrosi cistica i. Genetica (es. Marfan) ii. Acquisita (es. ipertensione) iii. Idiopatica (es. anuloectasia aortica)

iv. Malformativa (es. coartazione aortica)

2. Infiammatori a. Infettivi

b. Non infettivi

3. Post-traumatici, anche se in realtà si tratta per lo più di falsi aneurismi 4. Congeniti, per lo più a livello dei seni di Valsalva o a livello del legamento arterioso

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dissecante, come visto precedentemente. Presenta una distribuzione per età bimodale, con un picco giovanile senza predilezione di sesso, associato a malattie genetiche, con particolare correlazione con la bicuspidia aortica e la coartazione istmica, e un secondo picco in età senile, con predominanza per il sesso maschile e associato a ipertensione. Si distinguono due gruppi di cause, uno su base genetica e uno su base acquisita. La forma genetica vede la sua causa in numerose malattie genetiche, dalla sindrome di Marfan a quella di Ehlers-Danlos e all’osteogenesis imperfetta, dallo pseudoxantoma elasticum alla omocistinuria. Le prime tre sindromi sono dovute a mutazione di geni codificanti per alcune componenti fibrillari del connettivo; le altre due sono malattie nelle quali sono presenti alterazioni nella sintesi del collagene. Diversamente da queste, lo pseudoxantoma elasticum e l’omocistinuria sono malattie ereditarie metaboliche associate, la prima, a una mutazione di una proteina di trasporto cellulare con conseguente accumulo di metaboliti intracellulari e danno connettivale; la seconda, ad un aumento dei livelli circolanti di omocisteina con conseguente danno del connettivo. A seconda della diversa eziologia si riscontrano dunque differenti quadri anatomoclinici, rappresentati dall’anuloectasia aortica, dagli aneurismi dei seni di Valsalva e dall’aneurisma cilindrico dell’aorta toracica:

- L’anuloesctasia aortica predilige il sesso maschile, fra la quarta e la sesta decade, e i soggetti presentano spesso familiarità. Macroscopicamente si osserva la dilatazione della porzione sino tubulare dell’aorta, che porta da un punto di vista funzionale ad una insufficienza della valvola aortica: i leaflets vengono stirati, si assottigliano e non riescono più a coaptarsi. Con la

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progressiva scomparsa dell’endocardite reumatica, questa forma di insufficienza aortica attualmente è la più frequente nel mondo occidentale. - Aneurisma dei seni di Valsalva: qui la dilatazione è limitata alla sola porzione sinusale dell’aorta, e in particolare a uno dei seni di Valsalva; quello ad essere maggiormente interessato è il seno anteriore destro (80%), mentre il meno coinvolto è l’anteriore sinistro (2%). Assai frequente è l’associazione con anomalie congenite quali un difetto interventricolare sottoaortico ( nesso causale dal momento che manca parte dell’ancoraggio della valvola ), l’ostio aortico bicuspide e la coartazione ( nesso genetico ) . Quando si trova associata l’anomalia del setto, la cuspide corrispondente tende a prolassare nel ventricolo con conseguente rigurgito aortico; nei casi invece in cui il setto non ha anomalie, l’aneurisma del seno anteriore destro tende a protrudere nell’infundibolo polmonare, potendolo ostruire. Il seno aneurismatico tende a dilatarsi progressivamente, potendo alla fine rompersi; quando è interessato il seno anteriore destro la rottura si ha nell’infundibolo polmonare, mentre quando si ha la rottura del non coronarico viene ad essere interessato l’atrio destro; in entrambi i casi si crea uno shunt sinistro-destro. Talvolta il non coronarico può aprirsi anche nello spessore del setto interatriale, mentre l’aneurisma del seno coronarico sinistro si apre direttamente nel cavo pericardico con conseguente emopericardio e tamponamento cardiaco.

- Aneurisma cilindrico dell’aorta toracica: L’anuloectasia aortica è la più comune variante di aneurisma aortico da aortopatia degenerativa, ma non è l’unica. Nel caso in cui l’aneurisma interessi l’intera aorta ascendente e l’arco, si parla di aneurisma cilindrico.

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Aneurisma aterosclerotico : E’ un aneurisma vero che insorge in corrispondenza di placche ateromatose come conseguenza dell’indebolimento della parete per l’assottigliamento della media. Rappresenta oggi la causa più frequente di aneurisma, predilige il sesso maschile ed è rara prima dei 60 anni. La localizzazione più frequente di questo tipo di aneurisma è l’aorta addominale, ma la sede toracica non è rara. La placca aterosclerotica induce atrofia ed indebolimento della tonaca media, sia con un meccanismo di compressione, che in modo più diretto con una proteolisi indotta dalla componente infiammatoria; la concomitante presenza di ipertensione favorisce il cedimento della parete. Dato che la pressione esercitata sulla parete è funzione del diametro del vaso, una volta che il meccanismo di dilatazione aneurismatica è stato innescato, esso si autoalimenta. Oltre a tale interpretazione “meccanica”, c’è poi una predisposizione genetica che va oltre la familiarità per ipertensione o aterosclerosi. Si potrebbe trattare ad esempio di una diminuita capacità di inattivare le metalloproteinasi prodotte dai macrofagi, presenti in gran numero nella placca fibroateromasica [33].

Aneurisma infiammatorio : Comprende aneurismi infettivi e non infettivi. I primi, in progressivo decremento grazie al miglioramento della terapia antibiotica [34]; erano rappresentati dagli aneurismi sifilitici, caratterizzanti la sifilide terziaria. In questa fase si forma tipicamente un’endoarterite obliterante dei vasa vasorum aortici, che conduce a ischemia della tonaca media con perdita localizzata di fibre elastiche e cellule muscolari e successiva reazione infiammatoria e di cicatrizzazione. L’aorta perde la sua elasticità e si dilata. La retrazione cicatriziale porta a un raggrinzimento

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dell’intima. Il coinvolgimento luetico favorisce lo sviluppo di lesioni aterosclerotiche nella radice aortica, che possono interessare anche gli osti coronarici. L’aortite luetica può anche determinare dilatazione dell’anulus con conseguente insufficienza aortica, dovuta alla retrazione delle cuspidi, all’ampliamento delle commissure e all’ispessimento e ripiegamento dei margini liberi dei foglietti valvolari dovuta alla turbolenza del reflusso. Il secondo tipo, non infettivo, di aneurismi, racchiude rare lesioni che insorgono nel contesto di soggetti affetti da vasculiti quali arterite di Takayasu e arterite a cellule giganti di Horton. La prima colpisce più tipicamente l’arco e si configura come periarterite con addensamenti linfocitari attorno ai vasa vasorum che si estendono alla media, colpita da un processo di fibrosi dopo la guarigione; la seconda invece è caratterizzata da una alterazione a livello della lamina limitante interna, che va incontro a frammentazione e porta dapprima a una reazione granulomatosa e poi a un infiltrato linfocitario a livello dell’intima e della media.

Macroscopica e microscopica : le forme degenerative, non presentano alterazioni macroscopicamente evidenti fintanto che non vanno incontro a dilatazione; per questo motivo la diagnosi si basa sull’istologia, che può evidenziare alterazioni della tonaca media quali:

o distruzione di grado variabile delle fibre elastiche fino alla loro possibile scomparsa.

o Rarefazione o totale scomparsa delle fibrocellule muscolari lisce, in genere nel tratto di media che separa i due terzi interni dal terzo esterno. Tale processo, detto medio necrosi laminare, può essere il

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presupposto per la formazione di una dissezione, ma è stato descritto anche in aorte aneurismatiche e non dissecate.

o Aumento della componete di glicosaminoglicani nella matrice extracellulare .

L’entità del danno è variabile nei diversi segmenti del vaso, e non correla con la gravità della dilatazione. L’aneurisma aterosclerotico si presenta macroscopicamente come una sacca a parete sottile, con l’intima cosparsa di placche fibroateromasiche e ulcerate, spesso con sovrapposizione

trombotica. L’aspetto microscopico conferma la presenza delle placche intimali nonchè l’atrofia della media.

Storia naturale Il problema principale di un aneurisma è rappresentato dalla dimensione e il punto focale nell’approccio a tale patologia consiste nel riuscire a trovare un giusto compromesso fra rischio di rottura e rischio operatorio, dal momento che l’intervento è gravato sia da alto rischio di mortalità che di complicanze post-operatorie. E’ chiaro che maggiore è il diametro e maggiore è il rischio di rottura; molto importante poi è anche il tasso di crescita. Secondo la legge di Laplace la tensione che si viene a esercitare sulla parete di un vaso è direttamente proporzionale al raggio e alla pressione interna (Tensione = Pressione x Raggio) ( fig.21 ), per cui aumentando il raggio aumenta anche la tensione a cui è sottoposta la parete. Questo è anche il motivo per cui gli aneurismi sacciformi hanno un rischio di rottura superiore rispetto ai fusiformi: nel fusiforme la tensione si distribuisce in maniera più uniforme su tutta la parete, mentre nei sacciformi si concentra tutta su una zona di dimensioni ristrette.

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Uno studio condotto da Coady et al ci mostra come la dimensione media di un aneurisma alla rottura è di circa 6,0 cm per l’aorta ascendente e di 7,2 cm negli aneurismi dell’aorta toracica discendente o nei toracoaddominali [35] . Quando il diametro raggiunge i 6 cm la distensibilità della parete rapidamente diminuisce e l’aorta si trasforma in un tubo rigido con pareti che non sono più in grado di ammortizzare incrementi pressori. Oltre che sul rischio di rottura, il diametro dell’aneurisma influisce anche sul suo tasso di crescita: Coady et al hanno evidenziato come questo passi da 0,08 cm/anno per aneurismi di 4 cm a 0,16 cm/anno per aneurismi di 8 cm [36] . Dapunt et al [37] hanno osservato anche come la crescita sia maggiore nei fumatori. Altri fattori che contribuiscono alla crescita sono rappresentati da ipertensione ed età.

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Recentemente più che la dimensione in senso assoluto dell’aneurisma Davies [38] ha introdotto l’ASI (aortic size index) , un nuovo parametro che correla in maniera stretta con il rischio di rottura. Esso si ottiene facendo il rapporto fra il diametro dell’aneurisma e il BSA. La sopravvivenza dei pazienti con aneurisma dell’aorta toracica dipende quindi dalle dimensioni dell’aorta, dalla presenza di complicanze e dal trattamento a cui vengono sottoposti, attestandosi su valori abbastanza bassi; Coady et al [39] hanno evidenziato una sopravvivenza a uno e a cinque anni rispettivamente di 85% e 64%, con una prognosi peggiore nel caso di aneurisma dell’aorta discendente piuttosto che ascendente. Risulta quindi come l’aneurisma sia una patologia spesso letale, soprattutto se non trattata. Un trattamento chirurgico in elezione oltre a migliorare la sopravvivenza rispetto alla sola terapia medica, riporta la curva di sopravvivenza in stretta vicinanza con quella della popolazione

Fig.22 Correlazione fra tasso di crescita dell’aneurisma e diametro iniziale.

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sana [40]. La sopravvivenza a 5 anni nella chirurgia elettiva ad oggi risulta essere attorno all’85%, mentre in caso di intervento in emergenza si scende al 37% [41]. La mortalità per un intervento eseguito in elezione è del 3,0% per l’aorta ascendente e l’arco, e del 2,9% per l’aorta discendente; il rischio di complicanze maggiori – come ictus o paraplegia – è similmente basso (intorno al 3,0% il primo e al 7,0% il secondo) [42] .

Clinica In più del 90% dei casi, gli aneurismi sono asintomatici e diagnosticati incidentalmente nel corso di esami di imaging effettuati per altri motivi. Nel caso in cui l’aneurisma interessi l’aorta ascendente, quando raggiunge una dimensione sufficiente può essere apprezzato un soffio da rigurgito aortico, e nel tempo questa insufficienza può dar luogo a un quadro di sovraccarico ventricolare sinistro fino a uno scompenso cardiaco. In caso contrario l’aneurisma può crescere senza dare segno di sé fino all’evento acuto, rappresentato dalla rottura o dalla dissezione. Un aneurisma può rompersi nella cavità pleurica con conseguente shock ipovolemico e morte nella maggior parte dei casi, o nel pericardio con conseguente tamponamento cardiaco; raramente la rottura viene tamponata dalla pleura parietale o dai tessuti periaortici. Più raramente può rompersi nella trachea o nell’esofago con conseguenti emottisi o ematemesi . Aneurismi di grossa dimensione possono infine dare sintomi da compressione quali disfonia, disfagia, tosse, dispnea, sindrome di Claude Bernard-Horner. In caso di dolore in sede toracica anteriore, va sempre sospettata la rottura imminente.

Diagnosi La prima indagine che deve essere eseguita in un paziente che si rivolge al pronto soccorso per dolore toracico è la radiografia del torace in

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doppia proiezione, anteroposteriore e latero-laterale, che dimostra uno slargamento del mediastino con evidenza della dilatazione aortica, spesso calcificata ( fig.23 ).

Anche l’ecocardiografia rappresenta un’ottima metodica per lo studio dell’aorta soprattutto se in condizioni di urgenza. Si esegue una trans toracica fatto salvo il caso di un interessamento dell’arco o dell’aorta discendente, in cui viene preferita la trans esofagea .

Fig.23 Rx torace di un paziente con aneurisma molto voluminoso dell’aorta toracica ascendente. Si evidenziano il marcato slargamento del mediastino e l’alterato profilo aortico.

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Il gold standard per lo studio degli aneurismi è però rappresentato dalla TC. Altamente sensibile e specifica, essa consente uno studio accurato dell’anatomia dell’aneurisma permettendo di valutarne sede, dimensioni, rapporti. La TC inoltre identifica in maniera precisa eventuali calcificazioni vascolari, la presenza di dissezione ed eventuali trombi parietali. Attraverso apparecchiature e software sempre più performanti inoltre, si riesce ad avere ricostruzioni tridimensionali sempre più precise che agevolano il chirurgo nella scelta della strategia operatoria [43] .

Fig.24 Proiezione parasternale di un paziente con aneurisma dell’aorta ascendente

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Fig. 25 Immagine TC di un

aneurisma dell’aorta ascendente.

Fig.26 Ricostruzione in 3D di

un’immagine TC di un aneurisma dell’aorta ascendente.

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La RMN consente di avere immagini che forniscono informazioni grossomodo sovrapponibili ad una TC, con il vantaggio di non utilizzare mezzo di contrasto nefrotossico né radiazioni ionizzanti. Il problema di questa metodica consiste nel fatto che non è universalmente disponibile come la TC, ed inoltre i tempi di esecuzione sono più elevati, rendendola non idonea nel paziente acuto emodinamicamente instabile.

Fig.27 Risonanza magnetica di

un aneurisma dell’aorta

ascendente e dell’arco aortico. In alto immagine sagittale spin-echo. In basso immagine con Gadolinio.

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Infine l’aortografia, nonostante sia un esame invasivo che espone il paziente a dosi consistenti di mezzo di contrasto e radiazioni ionizzanti, trova ancora impiego in quanto, oltre a fornire immagini che consentono una corretta quantificazione dell’aneurisma, consente anche di estendere lo studio alle coronarie e ad altri tratti di aorta, oltre al fatto che essendo un’indagine dinamica permette anche di valutare lo stato della valvola aortica e di quantificare un’eventuale insufficienza.

Indicazioni

Raccomandazioni nel paziente con aneurisma dell’aorta ascendente asintomatico

Classe I:

1. Pazienti asintomatici che presentano forme degenerative di aneurisma dell'aorta ascendente, dissezione aortica cronica, ematoma intramurale,

Fig. 28 Aortografia:

aneurisma dell’aorta ascendente ed insufficienza aortica.

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e tutti quelli in cui il diametro dell'aorta ascendente o dei seni di Valsalva risulta > 5.5 cm, devono essere valutati per un trattamento chirurgico.

2. Pazienti con Sindrome di Marfan od altri disordini genetici (Sindrome di EhlersDanlos, Sindrome di Turner, biscuspidia aortica o familiarità per aneurisma o dissezione) devono essere sottoposti ad intervento chirurgico a diametro inferiore (da 4,0 cm a 5,0 cm) per evitare rottura spontanea o dissezione.

3. Pazienti con un tasso di crescita > 0.5 cm/anno in un’ aorta con un diametro inferiore a 5,5 cm dovrebbero essere sottoposti a trattamento chirurgico.

4. Pazienti che vengono sottoposti a chirurgia riparativa o sostitutiva della valvola aortica ed hanno un diametro dell'aorta ascendente o della radice ≥ 4,5 cm dovrebbero essere valutati per una concomitante riparazione dell'aortic root o per la sostituzione dell'aorta ascendente.

Classe IIa:

1. La sostituzione dell'aorta ascendente in elezione in pazienti con Sindrome di Marfan, altri disturbi genetici, o bicuspidia aortica, è ragionevole quando il rapporto fra l'area massima dell'aorta ascendente o del root aortico in cm2 e l'altezza del paziente in m è maggiore di 10.

2. E' ragionevole per i pazienti con Sindrome di Loeys – Dietz, o con mutazione di TGFBR1 o TGFBR2 essere sottoposti a riparazione aortica quando il diametro aortico raggiunge o supera i 4,2 cm all'ecocardiogramma

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