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Capitolo 3 – Cornice teorica

3.5. La terapia contestuale

Un altro orientamento teorico che fa da cornice all‟esperienza belga dei lunghi cammini è la terapia contestuale; tale terapia è stata sviluppata dallo psicologo Ivan Boszormenyi-Nagy principalmente per sedute di terapia familiare ma anche per terapie individuali; il punto focale di tale terapia è quello di tenere in considerazione sempre tutte le parti coinvolte anche gli assenti alla seduta, coloro che non ci sono più e coloro che non fanno ancora parte di questo mondo secondo il «principio della parzialità multidimensionale»95.

95 Van den Eerenbeemt E. M., Van Heusden A., La terapia contestuale: la teoria individuale e familiare

La terapia contestuale parte dal presupposto che il rapporto con i propri genitori non si può cancellare; anche nei casi in cui i genitori hanno creato sofferenza ai figli sottoponendoli a deprivazioni di vario tipo, non si sono dimostrati adeguati a rispondere alle loro richieste oppure li hanno investiti di responsabilità troppo grandi, è difficile recidere il legame di filiazione; ci sono persone che riescono a tagliare completamente i ponti con i propri genitori ma tali azioni andranno ad incidere poi sulle modalità relazionali che struttureranno sia nei rapporti orizzontali (con amici o con il partner) sia nei rapporti verticali (nel momento in cui creeranno la propria famiglia).

Come sostiene Nagy « se non si può essere apertamente leali verso le origini, questi legami cercheranno una via invisibile così come il sangue, quando cerca una via verso il cuore e trova un impedimento, cercherà di arrivare al punto giusto attraverso percorsi alternativi».96

L‟autore ritiene fondamentale strutturare incontri terapeutici nei quali si analizzino i rapporti di tre generazioni e si mantenga il focus anche sulle generazioni future poiché talvolta le situazioni irrisolte tra genitori e figli finiscono col ricadere sul benessere dei nipoti. Secondo l‟autore il rapporto genitori figli si basa su uno scambio dare-ricevere fondato sulla lealtà che è fonte di benessere per entrambi; questo tipo di rapporto si basa sulla lealtà. Chiaramente tale relazione non potrà mai essere completamente equilibrata e, soprattutto in alcune fasi della vita, risulta essere sbilanciata; dopo la nascita, ad esempio, il bambino necessita di cure da parte del genitore pena la sua stessa sopravvivenza mentre in fasi successive sarà il genitore a ricevere assistenza e sostegno dal figlio; si struttura così un rapporto di equilibrio tra dare e ricevere, anche se è pacifico che tale rapporto non può essere esattamente paritario.

Non sempre il rapporto genitori figli è privo di dinamiche disfunzionali: può accadere, ad esempio, che i genitori facciano sentire i figli enormemente inadeguati continuando a sottolineare la gratitudine che dovrebbero dimostrare nei loro confronti.

Altro evento che può verificarsi è che si instauri una relazione in cui il rapporto dare- ricevere risulti invertito (parentificazione97) o, ancora, può accedere che i figli siano vittime di soprusi, abbandoni, violenze da parte dei genitori; occorre evidenziare che in questo caso da un lato i figli si sentiranno vittime di in ingiustizia e tenteranno di ripetere comportamenti analoghi nei confronti di altri soggetti (“conto circolante98”) e dall‟altro avranno la tendenza a giustificare i comportamenti dei genitori.

Nagy evidenzia lo sviluppo di tale meccanismo in situazioni di adozione e di affido; nonostante i ragazzi accolti in un‟altra famiglia percepiscano i genitori adottivi come soggetti in grado di amare e di rispondere alle loro esigenze, avranno sempre una tendenza ad idealizzare i genitori naturali. Un tipo di atteggiamento simile si può riscontrare nei giovani che si relazionano con professionisti dell‟aiuto che talvolta sviluppano ostilità e rabbia nei loro confronti e ostacolano la buona riuscita degli interventi cercando di mantenere integra l‟immagine idealizzata dei propri genitori. Appare di fondamentale importanza che nel corso della seduta il terapeuta dia il giusto riconoscimento alla sofferenza dei figli e che dia loro la possibilità di rielaborarla. Un ulteriore meccanismo che può verificarsi è quello in cui il genitore non consente al figlio di bilanciare il rapporto fornendogli l‟aiuto di cui ha bisogno; in questo caso il figlio si sentirà sempre in dovere nei confronti del genitore e tale sentimento si ripercuoterà nella relazione che imposterà in futuro con i propri figli.

In considerazione delle implicazioni che i problemi con il nucleo di origine possono avere sulla qualità delle altre relazioni, Nagy propone una terapia che parta proprio da tali rapporti indagandoli attraverso alcune domande che includano anche gli assenti. Il terapeuta spingerà i soggetti a considerare il peso che il mantenimento di una situazione di conflitto con i propri genitori può avere sui futuri figli.

Secondo l‟autore esistono quattro diverse dimensioni che costituiscono il contesto relazionale degli individui99: i fatti (ossia le nostre caratteristiche genetiche, ereditarie, il nostro benessere,gli accadimenti che hanno provocato uno smottamento dell‟esistenza),

97 Ivi pag. 38 98 Ivi pag. 72 99 Ivi pag. 16

la dimensione psicologica (in particolare i meccanismi di difesa, i sogni, la forza dell‟ego…), gli aspetti transazionali (i modi in cui gli individui interagiscono tra loro); infine vi è la dimensione di “ etica relazionale” che focalizza l‟attenzione sulle strutture relazionali valutando se queste si sono sviluppate in maniera equilibrata in riferimento ad un meccanismo di dare e ricevere o se, al contrario, risentono dei rapporti sbilanciati tra genitori e figli.

All‟interno della terapia contestuale è la dimensione di “etica relazionale” che assume un ruolo fondamentale sia nel momento della diagnosi che all‟interno delle sedute; tuttavia anche le altre dimensioni, seppur in misura minore, vanno tenute in considerazione. L‟autore parlando di etica relazionale non fa tanto riferimento a un sistema di valori ma ad un delicato bilanciamento che si deve creare tra dare e ricevere; aspetto centrale dell‟etica relazionale è l‟equità in senso esistenziale100: è una certa conciliazione tra il fare qualcosa per il gli altri e il ricevere aiuto che garantisce il benessere relazionale dei soggetti.

Un aspetto da evidenziare è legato alla teorizzazione di Nagy rispetto al fenomeno delinquenziale giovanile interpretandolo come una possibile manifestazione di lealtà verso il nucleo familiare che sposta esternamente le disfunzioni presenti a livello di sistema.

Altri concetti rilevanti all‟interno della terapia contestuale: sono “meritata fiducia” e “attendibilità”|101; gli individui non sono soggetti separati dagli altri ma necessitano di costruire relazioni significative bilanciate. Nagy fa poi riferimento al termine

entitlement che può essere inteso come un diritto di rivestire una posizione importante

per coloro con cui ci relazioniamo. All‟interno della terapia lo specialista non focalizza l‟attenzione sulla patologia, sul sintomo ma cerca di stimolare gli individui alla riflessione al fine di individuare possibili mosse che possano influenzare positivamente una situazione relazionale problematica.

100 Ivi pag. 25 101 Ivi pag. 55

Capitolo 4 – I modelli di lungo cammino : analisi comparata degli

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