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Capitolo 3 – Cornice teorica

3.4. La terapia narrativa

La terapia narrativa si sviluppa grazie allo psicologo australiano Michael White che inizia ad utilizzare questo approccio durante le sedute con i propri pazienti soprattutto nel corso di terapie familiari.

Le basi teoriche di riferimento per lo sviluppo del suo approccio si possono ritrovare nel pensiero di Foucault e di Gregory Bateson. Bateson nelle sue teorizzazioni riprende la teoria cibernetica cercando di applicarla alle scienze sociali. White, analogamente a quanto sostenuto da Bateson, parte dall‟ idea che gli individui non costituiscono delle unità isolate ma sono in costante interazione con gli altri soggetti e con l‟ambiente circostante. Lo studioso nelle sue elaborazioni va oltre la classica teoria medica e psichiatrica, caratterizzata da un rapporto semplicistico di causa ed effetto, avanzando l‟ipotesi che si può cercare di risolvere i problemi essendo questi trasformabili. Per White i disturbi non costituiscono delle difformità da “ curare” ma elementi che devono essere compresi in relazione alla costruzione del sè del soggetto e ai suoi rapporti con il mondo circostante; una volta comprese le dinamiche relazionali è possibile una modifica dei comportamenti definiti “patologici” a patto che questi cambiamenti avvengano grazie all‟interazione con gli altri.

Strumento principale per apportare modifiche della propria situazione è la narrazione; ciascun individuo attribuisce senso al mondo e alla proprie esperienze attraverso il racconto che permette di trasmettere agli altri il proprio modo di attribuire significati agli accadimenti. Considerato che la narrazione non è un atto oggettivo ma un‟interpretazione soggettiva di attribuzione di significato dell‟esperienza, è possibile intervenire su tali attribuzioni di senso; la modifica delle narrazioni ristrutturerà di conseguenza anche la modalità con cui i soggetti entrano in relazione con il mondo.88 L‟ambiente ideale in cui si può procedere ad una riscrittura della propria storia è la terapia e lo psicologo può essere definito «un abile sceneggiatore che accoglie le storie

88 White M., Telfener U. (a cura di) La terapia come narrazione: proposte cliniche, Roma, Astrolabio, 1992, pag. 15

dei clienti come doni e offre in cambio nuove storie che consentano nuovi significati, risoluzioni alternative , speranza e autodeterminazione»89.

All‟interno del setting terapeutico il professionista non persegue l‟obiettivo di eliminare le narrazioni soggettive che gli individui fanno della propria esperienza ma pone attenzione ai modi in cui le narrazioni influenzano le azioni dei soggetti.

Un aspetto importante delle terapia narrativa è l‟esternalizzazione del problema90: secondo la prospettiva di White i problemi presentati dai soggetti assumono una rilevanza tale che questi «tendono a interpretare le altre esperienze , direttamente o indirettamente, attraverso le lenti stesse del problema»91. Lo scopo della terapia è, pertanto, definire il problema come esterno al sè e dare rilevanza alle azioni che possono intraprendere gli individui per non permettere alla situazione problematica di gestire ogni aspetto della loro vita.

L‟esternalizzazione è un approccio terapeutico che interviene su due livelli: a livello semantico produce una ridefinizione del problema mentre a livello comportamentale non prescrive determinati tipi di azione di fronteggiamento del problema ma cerca di stimolare i soggetti ad una riflessione sulle possibili azioni che potrebbero attuare valutando poi la soluzione ritenuta più idonea. L‟aspetto fondamentale è trasmettere ai soggetti in difficoltà la percezione di avere le capacità per intervenire sulla propria vita e per agire rispetto alle situazioni difficili.Investire i soggetti di capacità di agire significa investirli nello stesso tempo di responsabilità rispetto alla gestione della propria difficoltà.

L‟esternalizzazione presenta una serie di componenti efficaci: diminuisce l‟ostilità che si può creare tra i soggetti coinvolti nella terapia, aumenta la loro collaborazione al fine di affrontare i problemi che spesso diventano “storie dominanti della vita familiare”92, riduce la frustrazione che si genera nel momento in cui non si riesce ad agire

89 Ivi pag. 17 90 Ivi pag. 21 91 Ibidem 92 Ivi pag. 23

efficacemente nei confronti del problema, diminuisce la preponderanza del problema agli occhi dei soggetti. 93

Lo strumento principale da utilizzare in terapia al fine di favorire una riscrittura della propria storia è il dialogo e la strutturazione di un rapporto di cooperazione con il terapeuta il quale non assume una posizione gerarchica. Secondo White per affrontare le problematiche con questa prospettiva bisogna utilizzare un “approccio cibernetico” secondo cui i vissuti degli individui e le loro narrazioni si possono modificare.

White prevede anche l‟utilizzo della scrittura all‟interno della terapia: in particolare la consegna di attestati che fanno riferimento alla capacità di essere riusciti a riprendere le fila della propria vita che prima della terapia appariva totalmente soggiogata dal sintomo, oppure la consegna di lettere alla fine della seduta o indirizzate a casa dei pazienti nel periodo che intercorre tra una seduta e un‟altra. Durante l‟incontro con il giovane di ritorno dal lungo cammino e con altri soggetti significativi per la sua vita il terapeuta consegna una lettera al ragazzo che lo stesso potrà utilizzare nei momenti critici e , in aggiunta, consegna un dvd contenente il filmato dell‟incontro avvenuto. Uno degli aspetti rilevanti dell‟esternalizzazione è che questa permette di prendere le distanze dal problema, di definirne in maniera più lucida i suoi confini; dal momento che si comincia a considerare il problema come qualcosa di esterno al soggetto si può procedere anche ad una ristrutturazione della sua storia.

Per formulare tale teoria l‟autore parte dall‟analisi del “metodo interpretativo” ossia la teoria secondo la quale la nostra conoscenza del mondo viene mediata dall‟interpretazione personale che attribuiamo a questo e dal modo in cui gli conferiamo un senso. Lo strumento funzionale alla creazione del senso sul mondo è appunto la narrazione. A tal proposito Bruner sostiene che il soggetto opera una selezione di quegli aspetti cui attribuisce un senso perché «non è possibile che i racconti includano tutta la ricchezza della nostra esperienza vissuta.»94

93 Ibidem 94 Ivi pag. 35

L‟assunto di base di tale approccio è che la narrazione della nostra vita non può essere soltanto una ma possono essere diverse perché diverse sono le rappresentazioni che di questa facciamo. E‟ possibile pertanto insieme al terapeuta fare un lavoro che porti non tanto ad un cambiamento del proprio passato quanto ad una “aggiunta”. L‟idea si basa su un primo momento in cui si chiede al soggetto di narrare dettagliatamente il problema e di descrivere l‟influenza che esso ha sulla sua vita; un secondo passaggio prevede la focalizzazione su quegli aspetti della vita che non sono stati influenzati nonostante il problema; infine si interviene per potenziare le capacità di arginare il problema.

Questo aspetto introdotto nel progetto lunghi cammini appare fondamentale nel rafforzamento di tutta la pratica riflessiva sul proprio sè e sul proprio passato avviata durante il percorso a piedi. Il soggetto può incontrare un terapeuta che rafforzi il cambiamento di prospettiva circa la propria situazione problematica fornendogli uno stimolo fondamentale nell‟affrontare in maniera maggiormente positiva il proprio futuro.

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