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a cura di Matteo Gabbiani

L’itinerario, ripercorrendo i più recenti arresti della giurisprudenza, ricostruisce lo stato dell’arte e i contrasti che si sono manifestati sugli aspetti maggiormente problematici in tema di diritto cautelare societario. Il lavoro muove dall’analisi dei provvedimenti di sospensione delle deliberazioni adottate dall’assemblea dei soci e dagli altri organi delle società di capitali, per poi affrontare il tema della tutela cautelare dei diritti particolari dei soci tanto nella fase pre-assembleare quanto nei rapporti con l’organo amministrativo, terminando con la ricostru- zione del controverso istituto della revoca cautelare dell’amministratore nelle società a responsabilità limitata. The study, going through the most recent jurisprudence, reconstructs the state of the art and the contrasts emerged on the most problematic aspects of corporate precautionary law. The work starts from the analysis of the measures of suspension of the resolutions adopted by the shareholders’ meeting and by the other organs of corporations, and then addresses the issue of the precautionary protection of the particular rights of the shareholders in the pre-assembly phase and in the relations with the administrative body, ending with the reconstruction of the controversial institution of the precautionary revocation of the director in limited liability companies.

La tutela cautelare assume nell’ambito del diritto societario una centralità tutta partico- lare. Le esigenze di celerità della risposta giurisdizionale si manifestano in questo settore in modo più forte che altrove e mal si conciliano con i tempi inevitabilmente lunghi del processo a cognizione piena. Emerge qui la necessità che la lite endo-societaria sia composta in tempi rapidi e la tutela cautelare è certamente lo strumento principe adoperato per far fronte a tali problematiche. Non a caso, è proprio nel diritto processuale societario che il legislatore ha sperimentato per la prima volta nel 2003 quell’allenta- mento del nesso di strumentalità fra tutela urgente e giudizio di merito che qualche anno dopo è stato esteso a tutte le misure cautelari idonee ad anticipare gli effetti della sentenza resa all’esito del procedimento ordinario, ammettendo che il provvedimento mantenga i propri effetti indipendentemente dall’avvio o dalla conclusione del processo a cognizione piena.

Il bisogno di risposte rapide da parte del giudice si confronta tuttavia con l’altrettanto forte esigenza di stabilità degli atti e dei rapporti societari, stabilità che i provvedimenti cautelari non sempre sono in grado di assicurare data la loro natura strutturalmente provvisoria.

Inoltre, come la miglior dottrina processualistica e giuscommercialistica insegna da tempo, il diritto societario non può essere spiegato applicando rigidamente le categorie tradizionali del diritto privato, quali la nozione di negozio giuridico e di diritto soggettivo, e attorno alle quali è tuttavia costruito e pensato il processo civile.

Da queste tensioni prende le mosse il presente lavoro, che intende ricostruire gli aspetti maggiormente problematici che interessano, alla luce della più recente giuri- sprudenza, i principali provvedimenti cautelari in materia societaria, dando conto dei frequenti contrasti interpretativi che caratterizzano un settore come questo, dove, posta la non ricorribilità per cassazione dei provvedimenti cautelari, raramente la Suprema Corte ha occasione di pronunciarsi e di esercitare la funzione nomofilattica che svolge altrove.

L’analisi muoverà dalla ricostruzione dell’istituto della sospensiva delle deliberazioni adot- tate dall’assemblea nelle società di capitali, tema che per complessità e importanza in termini di quantità di pronunce rinvenute sul tema, assume un ruolo centrale nell’ambito del sistema del diritto cautelare societario, anche in considerazione del fatto che esso costi- tuisce il modello sul quale vengono costruiti i provvedimenti di sospensione delle delibe- razioni degli altri organi societari; si passerà dunque al problema della tutela urgente dei diritti particolari dei soci, fra i quali spiccano i diritti informativi, funzionali al controllo della

della revoca dell’amministratore nelle S.r.l., che tuttora si caratterizza per essere al centro di un acceso dibattito in giurisprudenza.

La sospensione delle delibere assembleari

Il carattere incidentale dell’istanza di sospensiva

Come accennato, la sospensione delle deliberazioni assembleari assume un ruolo cardine nel sistema della tutela cautelare in ambito societario.

L’istituto trova la propria principale fonte di regolamentazione all’interno dell’art. 2378, secondo cui “con ricorso depositato contestualmente al deposito, anche in copia, della citazione, l’impugnante [la delibera assembleare] può chiedere la sospensione dell’esecu- zione della deliberazione”.

Il primo aspetto problematico da affrontare riguarda le modalità di proposizione dell’istanza di sospensiva. In particolare, si tratta di chiarire se sia possibile o meno concedere il provvedi- mento cautelare in questione prima che venga instaurato il giudizio di merito.

Sul punto, l’orientamento pressoché granitico in giurisprudenza ritiene che vada esclusa la possibilità di richiedere il provvedimento catulare ante causam. Si osserva infatti che il ricorso ex art. 2378, comma 3, c.c., costituendo rimedio cautelare tipico in campo di impugnazione della delibera assembleare, debba essere proposto con le forme rigorosamente disciplinate da tale norma e, dunque, depositato in una con l’atto introduttivo del giudizio a cognizione piena (Trib. Torino 13 maggio 2019, in www.giurisprudenzadelleimprese.it; Trib. Bologna 11 gennaio 2018, in DeJure; Trib. Milano 31 maggio 2018, in www.giurisprudenzadelleimprese.it). Tale conclusione viene giustificata per il fatto che, nel rapporto fra le disposizioni rispettivamente contenute nell’art. 669-ter c.p.c. (in tema di competenza cautelare anteriore alla causa di merito) e nell’art.2378c.c.,lesecondeprevalgonosulleprime,costituendo,quantoalprocedimento,diritto speciale derogativo del diritto generale (Trib. Roma 10 ottobre 2019, in questa Rivista, 2020, 15 ss.). Inoltre, dalla formulazione dell’art.2378,comma3,c.c.vienericavatalavolontàdellegislatore che della domanda cautelare conosca lo stesso giudice chiamato a pronunciarsi sul merito dell’impugnazione (Trib. Bologna 11 gennaio 2018, cit.; Trib. Milano 31 maggio 2018, cit.). Il carattere incidentale dell’istanza di sospensiva non esclude, peraltro, che la stessa venga promossa in un momento successivo all’introduzione del giudizio di merito, dal momento che il riferimento operato dall’art. 2378 c.c. alla contestualità del deposito del ricorso cautelare a quello della citazione va inteso nel senso che il legislatore abbia voluto semplicemente correlare la proposizione dell’istanza cautelare alla pendenza del giudizio di merito (Trib. Torino 13 maggio 2019, cit.; Trib. Firenze 23 febbraio 2017, in www.ilcaso.it; Trib. Napoli 24 marzo 2016, in www.giustiziacivile.com). Alla stessa stregua, la giurisprudenza ha avuto modo di specificare anche come non sia necessario, a dispetto della lettera dell’art. 2378 c.c., che l’istanza cautelare sia formalmente contenuta in autonomo ricorso, ben potendo la stessa esser formulata all’interno dello stesso atto di citazione introduttivo del giudizio a cognizione piena (Trib. Firenze 27 maggio 2020, n. 928, inedita).

La possibilità che la sospensiva venga chiesta ante causam viene negata anche qualora l’istanza cautelare sia richiesta ex art. 700 c.p.c.

Il ricorso al rimedio cautelare atipico viene infatti escluso per difetto del requisito di residualità cui risulta condizionato, essendo prevista dall’ordinamento la misura cautelare tipica di cui all’art. 2378, comma 3, c.c. per far fronte al periculum in mora derivante dalla mancata sospensione della delibera invalida (Trib. Milano 8 agosto 2019, in www.giurisprudenzadel- leimprese.it; Trib. Torino 13 maggio 2019, cit.; Trib. Bologna 11 gennaio 2018, cit.). Tuttavia, la stessa giurisprudenza che esclude in astratto la possibilità di far ricorso alla tutela cautelare atipica precisa come questa torni in concreto esperibile qualora il rimedio di cui all’art. 2378, comma 3, c.c. non sia effettivamente praticabile o per invocare provvedimenti cautelari diretti a neutralizzare pericula diversi da quello tipico (Trib. Bologna 11 gennaio 2018, cit.; Trib. Firenze 23 febbraio 2017, cit.). La giurisprudenza ha inteso piegare il rigore del carattere necessariamente incidentale dell’istanza di sospensiva riconoscendo la possi- bilità di agire in via cautelare ante causam nei casi in cui il giudizio di impugnazione sia devoluto alla cognizione arbitrale o qualora dalla prospettazione della parte istante sia possibile desumere la difficoltà di incardinare per tempo la domanda di merito (Trib. Milano 23 aprile 2012, in questa Rivista, 2012, 830 ss., secondo cui nella materia dell’impugnativa delle delibere assembleari può essere necessaria una tutela impellente, non potendosi negare il diritto ad una pronuncia urgente per diritti che possono subire pregiudizio imminente e irreparabile anche in un momento precedente all’instaurazione della causa di merito). La competenza a emettere il provvedimento di sospensiva qualora l’impugnazione della delibera sia devoluta in arbitrato

L’art. 35, comma 5, D.Lgs. n. 5/2003 prevede che, qualora in forza di una clausola compromissoria venga devoluta in arbitrato una controversia avente ad oggetto la validità

della delibera impugnata.

Tale previsione apre il problema di stabilire se la competenza cautelare dell’organo arbitrale concorra o meno con quella del giudice ordinario.

Sul punto si registrano diversi orientamenti interpretativi.

Secondo una prima impostazione, l’attribuzione ex art. 35, D.Lgs. n. 5/2003 del potere in capo agli arbitri di concedere la sospensiva non escluderebbe la competenza cautelare del giudice ordinario fintanto che l’organo arbitrale sia stato nominato e sia concretamente in grado di provvedere, in quanto fra il momento della proposizione della domanda d’arbitrato e la forma- zione dell’organo arbitrale trascorre un lasso di tempo non breve, nel corso del quale deve comunque essere garantita la possibilità per la parte che ha impugnato la delibera di ottenere la sospensione in via d’urgenza della stessa (Trib. Milano 12 marzo 2018, in www.giurispru- denzadelleimprese.it; Trib. Napoli 6 febbraio 2012, in questa Rivista, 2012, 563 ss.). Ad avviso di un’altra giurisprudenza, invece, la competenza cautelare del giudice ordinario non dovrebbe limitarsi alla fase in cui l’organo arbitrale non sia ancora costituito e non sia in grado di provvedere, mantenendosi invece intatta per tutta la durata del procedimento arbitrale (Trib. Roma 26 aprile 2018, in Foro it., 2018, I, 3221 ss.). Tale conclusione viene giustificata, in prima battuta, per il fatto che la finalità della disposizione di cui all’art. 35, comma 5, D.Lgs. n. 5/ 2003 non consisterebbe tanto nella ripartizione delle competenze cautelari arbitrali e giudiziali quanto nella volontà di ampliare il novero delle controversie societarie devolvibili in arbitrato, devoluzione che verrebbe appunto incentivata dal riconoscimento del potere di concedere la sospensiva direttamente in capo agli arbitri. Inoltre, viene prospettata una (discutibile) lettura costituzionalmente orientata della norma, dal momento che gli arbitri potrebbero subordinare ai sensi dell’art. 816-septies c.p.c. la prosecuzione del giudizio al versamento anticipato delle spese del procedimento, con conseguente possibilità che la parte che invoca la tutela di un proprio diritto se la veda preclusa in ragione dell’impossibilità di procedere al pagamento. Secondo una diversa prospettiva, l’art. 35 attribuirebbe il potere di sospendere la delibera impugnata in arbitrato soltanto al giudice privato e non al giudice ordinario (Trib. Torino 13 maggio 2019, in www.giurisprudenzadelleimprese.it). Secondo questa prospettiva, la norma lascerebbe infatti trasparire l’intenzione del legislatore di evitare ogni possibile intromissione dell’autorità giudiziaria ordinaria nella potestà decisoria devoluta agli arbitri per effetto della clausola compromissoria. Si rileva, così, che, diversamente opinando, si andrebbe a creare un’inaccettabile sovrapposizione tra poteri cautelari, con la conseguenza che, nel caso in cui il giudice ordinario rigetti la domanda di sospensiva, si aprirebbe il problema della possibilità di riproporre la medesima istanza dinanzi al collegio arbitrale ovvero, nel caso in cui la tutela cautelare venga dal Tribunale negata, quello di individuare la competenza a conoscere di un’eventuale domanda di revoca o modifica ai sensi dell’art. 669-decies c.p.c. Quanto alle potenziali lesioni del diritto di difesa del ricorrente dovute all’impossibilità di ottenere un provvedimento di sospensiva nelle more della costituzione dell’organo arbitrale, esse vengono fugate sottolineando come ciò non sia altro che il frutto della libera scelta delle parti che, con la previsione della clausola compromissoria, hanno di fatto rinunciato alla possibilità di adire il giudice ordinario in via cautelare. La natura conservativa o anticipatoria del provvedimento cautelare di sospensiva La questione certamente più complessa e controversa che interessa l’istituto della sospen- sione riguarda la natura anticipatoria o conservativa del provvedimento cautelare.

La soluzione a questo interrogativo è peraltro densa di importanti conseguenze applicative, in quanto da essa dipende (almeno per come viene impostato il problema dalla giurisprudenza e da larga parte della dottrina) la possibilità o meno di concedere la sospensione delle delibe- razioni già compiutamente eseguite, delle deliberazioni c.d. self-executing e delle delibere a contenuto negativo, nonché il regime ultrattività degli effetti del provvedimento cautelare. Qualora infatti alla sospensiva venga riconosciuto carattere anticipatorio, il provvedimento di sospensiva potrà porre nel nulla gli effetti giuridici realizzati e da realizzare della delibera impugnata, anticipando, pur provvisoriamente, l’effetto demolitorio e conformativo spiegato dalla sentenza di annullamento, e troverà applicazione il regime della strumentalità allentata di cui all’art. 669-octies, comma 6, c.p.c., al che la misura cautelare conserverà i propri effetti in caso di estinzione del giudizio di merito (come sopra illustrato il problema della mancata instaurazione del giudizio non si pone in quanto l’istanza di sospensiva non può essere promossa ante causam). Per contro, se alla sospensiva si attribuisce funzione meramente conservativa, il provvedimento cautelare potrà soltanto cristallizzare la situazione esistente al momento della sua emanazione, impedendo che la delibera impugnata produca ulteriori effetti o venga portata ulteriormente ad esecuzione, mentre resteranno fermi gli effetti già prodotti e gli atti esecutivi già posti in essere; inoltre, il provvedimento cautelare non sarà in grado di mantenere fermi i propri effetti qualora il giudizio di merito si estingua.

L’orientamento maggiormente diffuso nella giurisprudenza di merito ritiene che il provvedi- mento di sospensiva abbia natura anticipatoria, sul presupposto che, da un punto di vista

all’esito del giudizio di merito dalla sentenza che accolga l’azione di impugnativa, ossia l’inefficacia della delibera e il ripristino dello status quo ante (Trib. Roma 12 giugno 2019, in questa Rivista, 2020, 20 ss.; Trib. Roma 10 ottobre 2019, cit.; Trib. Napoli 18 gennaio 2019, in Foro it., 2019, I; Trib. Napoli 5 febbraio 2018, in Giur. comm., 2018, II, 1049 ss.; Trib. Bologna 24 gennaio 2018, in DeJure). Tale conclusione sarebbe imposta, ad avviso di questa giurisprudenza, dalla lettera dell’art. 35, D.Lgs. n.5/2003, il qualeattribuisce agli arbitri ilpotere di sospendere l’efficacia della deliberazione impugnata e non la sua mera esecuzione (come dispone invece l’art. 2378, comma 3, c.c.), al che sarebbe illogico ritenere che il giudice ordinario sia titolare di un potere decisorio inferiore a quello attribuito agli arbitri.

In forza del carattere anticipatorio del provvedimento cautelare viene quindi riconosciuta la possibilità di concedere la sospensiva anche qualora la delibera impugnata sia già stata compiutamente eseguita. Si osserva infatti che“la sospensione oper[a] sul piano degli effetti giuridici e non su quello della mera realtà fenomenica, risultando quindi svincolata dalle modificazioni della realtà nel frattempo intervenute, le quali dovranno essere confermate alla nuova situazione giuridica sotto il profilo degli aspetti restitutori e ripristinatori”, così che “l’unico limiti alla concedibilità della sospensione va individuato nella avvenuta compiuta produzione degli effetti giuridici dell’atto impugnato, che comporti esiti irreversibili” (Trib. Roma 12 giugno 2019, cit.).

In applicazione di tali principi, è stata riconosciuta la possibilità di disporre la sospensione di una delibera di aumento del capitale sociale anche se interamente attuata, in quanto idonea a conservare comunque una sua efficacia quale atto presupposto di fatti, atti e attività posti in essere dalla società (Trib. Napoli 18 gennaio 2019, cit.).

Allo stesso modo, si è riconosciuta la possibilità di concedere la sospensiva di una delibera di nomina dell’organo amministrativo ancorché già trascritta nel Registro delle imprese, in quanto ritenuta“suscettibile, ex se, di arrecare irreparabile pregiudizio alla parte ricorrente, interessata ad ottenere nel merito l’annullamento della delibera” (Trib. Bologna 24 gennaio 2018, cit.).

Pur restando nell’ambito dell’orientamento che vede nella sospensiva un provvedimento cautelare a carattere anticipatorio, è stata invece negata la possibilità di sospendere una delibera che abbia autorizzato la stipula di un “accordo-quadro” una volta intervenuta la sottoscrizione di detto accordo, in quanto gli effetti sul gruppo organizzato sarebbero deter- minati non più dalla delibera impugnata ma direttamente dall’accordo sottoscritto ovvero dagli atti posti in essere a valle di quest’ultimo (Trib. Roma 10 ottobre 2019, cit., che adito in sede di reclamo giunge a conclusioni opposte a quelle cui era pervenuto il giudice di prime cure Trib. Roma 12 giugno 2019, cit.).

Viene riconosciuta inoltre l’ammissibilità dell’istanza di sospensiva rivolta nei confronti di delibere c.d. self-executing e, in particolare, delle delibere di approvazione del bilancio (Trib. Palermo 12 marzo 2018, in www.giurisprudenzadelleimprese.it; Trib. Milano 26 giugno 2018, Ibidem; Trib. Milano 31 maggio 2017, Ibidem). A tal proposito, si è tuttavia precisato che la sospensione della delibera di approvazione di bilancio debba in concreto ritenersi ammissibile“soltanto qualora la stessa sia seguita da altre deliberazioni che si fondino su di essa ovvero costituisca il presupposto di altre deliberazioni, di regola contestuali”, difettando in caso contrario del requisito del periculum in mora (Trib. L’Aquila 13 marzo 2020, in questa Rivista, 2020, 816 ss.).

Sul presupposto che la sospensione operi sul piano dell’efficacia giuridica e non su quello dell’esecuzione materiale della delibera impugnata, la giurisprudenza si è spinta fino a riconoscere l’ammissibilità della sospensione di una delibera a contenuto negativo (Trib. Napoli 5 febbraio 2018, cit.). In realtà, la possibilità di sospendere (e ancor prima impugnare) una delibera di stampo negativo è fortemente dibattuta. In particolare, l’orientamento pre- valente ritiene che sia“strutturalmente impossibile l’impugnazione della deliberazione nega- tiva” e che pertanto “non appare razionalmente comprensibile l’istanza di sospensione dell’efficacia di una simile deliberazione della quale essa è priva” (Trib. Roma 13 aprile 2018, in www.giurisprudenzadelleimprese.it), rilevandosi inoltre come il provvedimento cautelare non potrebbe comunque essere concesso difettando in tali casi il requisito del periculum in mora (Trib. Roma 20 novembre 2018, in Foro it., 2019, I, 1815 ss.).

Secondo una diversa ricostruzione, peraltro fatta propria di recente dalla Corte di cassazione, al provvedimento di sospensiva deve essere riconosciuta natura conservativa (Cass. Civ. 7 ottobre 2019, n. 24939, in www.judicium.it; Trib. Firenze 27 maggio 2020, cit.; Trib. Bologna 28 marzo 2014, in Foro it., 2014, I, 2241 ss.). Ad avviso della Suprema Corte, se si attribuisse infatti alla sospensiva natura anticipatoria si finirebbero per anticipare in sede cautelare effetti inscindibilmente collegati alla pronuncia costitutiva di annullamento, effetti che, secondo l’orientamento prevalente (Cass. Civ., SS.UU., 22 febbraio 2010, n. 4059, in Riv. dir. proc., 2011, 171 ss.), si producono soltanto al passaggio in giudicato della sentenza di merito.

mantenere i propri effetti qualora il giudizio di merito si sia estinto (Cass. Civ. 7 ottobre 2019, n. 24939, cit.) e che la sospensiva possa operare con riferimento a delibere già compiuta- mente eseguite, rilevandosi come la sospensione “abbia senso solo se utile ad evitare pregiudizi futuri discendenti dalla delibera stessa”, visto che “quelli già verificatisi potranno essere eliminati solo in forza della sentenza finale che disponga l’annullamento dell’atto viziato” e “non con un provvedimento di sospensione, necessariamente efficace solo per l’avvenire” (Trib. Firenze 27 maggio 2020, cit.).

Il periculum in mora

Ai sensi dell’art. 2378, comma 4, c.c., il giudice investito dell’istanza di sospensiva decide “valutando comparativamente il pregiudizio che subirebbe il ricorrente dalla esecuzione e quello che subirebbe la società dalla sospensione dell’esecuzione della deliberazione”. La norma costituisce deroga al principio generale in base al quale il presupposto del pericolo debba essere parametrato sulla posizione del ricorrente e viene letta come espressione della scelta del legislatore di privilegiare la stabilità degli atti della società in quanto valore essenziale per il buon funzionamento dell’impresa collettiva sul mercato (Trib. Roma 10 ottobre 2019, cit.).

L’art. 2378, comma 4, c.c. richiede dunque la valutazione della sussistenza di un nesso causale fra l’esecuzione (o comunque la protrazione dell’efficacia) della deliberazione impu- gnata e il pregiudizio temuto e implica l’apprezzamento comparativo delle gravità delle conseguenze derivanti, sia al socio impugnante sia alla società, dalla esecuzione o dalla rimozione della deliberazione impugnata (Trib. Roma 26 aprile 2018, cit.). Il provvedimento cautelare potrà essere concesso soltanto ove si ritenga prevalente il pregiudizio lamentato dal socio rispetto al corrispondente pregiudizio che potrebbe derivare alla società per effetto della paralisi dell’attività sociale determinata dalla sospensiva.

In applicazione di questi principi, la giurisprudenza riconosce prevalente il pregiudizio subito dalla società tutte le volte in cui, per effetto della sospensiva, potrebbe concretizzarsi una