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a cura di Marco Stillo

Fiscalità

SULL’INDICAZIONE DEL NUMERO DELLA FATTURA E SULLA RICHIESTA DI RIMBORSO

Corte di Giustizia Ue 17 dicembre 2020, Causa C-346/19, Bundeszentralamt für Steuern contro Y-GmbH

In data 17 dicembre 2020 la Corte di Giustizia dell’Unione europea si è pronunciata nella Causa C-346/19, Bundeszen- tralamt für Steuern contro Y-GmbH, sull’interpretazione dell’art. 8, par. 2, lett. d), e dell’art. 15, Dir. 2008/9/CE del Consiglio, del 12 febbraio 2008, che stabilisce norme dettagliate per il rimborso dell’imposta sul valore aggiunto, previsto dalla Dir. 2006/112/CE, ai soggetti passivi non stabiliti nello Stato membro di rimborso, ma in un altro Stato membro (1). Tale domanda era stata presentata nell’ambito di una controversia tra il Bundeszentralamt für Steuern (Ufficio federale centrale delle imposte tedesco) e la Y-GmbH (di seguito: la“Y”), una società con sede in Austria, in merito al diniego del rimborso dell’imposta sul valore aggiunto (IVA) che era stato opposto a tale società. In data 25 gennaio 2013, l’Ufficio federale centrale delle imposte aveva respinto le richieste di rimborso presentate dalla Y relativamente al credito IVA di cui disponeva per il periodo da luglio a settembre 2012 menzionando, nell’apposito formulario di ricerca (2), dei numeri di fattura che consistevano, per ciascuno dei servizi o dei beni interessati, non in un numero sequenziale della fattura, e bensì in un altro numero che rinviava alla stessa. La Y, pertanto, aveva impugnato tale decisione, che era stata respinta dall’Ufficio federale centrale delle imposte in quanto la ricorrente, in realtà, non aveva presentato alcuna richiesta di rimborso conformemente ai requisiti di legge ed entro il termine impartito. Il Finanzgericht Köln (Tribunale tributario di Colonia), tuttavia, aveva accolto il ricorso della Y affermando, da un lato, che l’indicazione, nella richiesta, del numero di riferimento presente sulle fatture, oltre al numero sequenziale di queste ultime, soddisfaceva i requisiti formali previsti per una richiesta di rimborso e, dall’altro, che l’assenza di un numero di fattura non comportava l’invalidità di una richiesta di rimborso dell’IVA, in quanto essa non poteva essere considerata come“priva di contenuto”. Di conseguenza, l’Ufficio federale centrale delle imposte aveva adito il Bundesfinanzhof (Corte tributaria federale tedesca; di seguito: il“giudice del rinvio”) che, alla luce della necessità di interpretare la normativa europea rilevante in materia, aveva deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte di Giustizia tre questioni pregiudiziali. Con la prima e la seconda questione, il giudice del rinvio chiedeva se l’art. 8, par. 2, lett. d) (3), e l’art. 15, par. 1 (4), Dir. 2008/9 debbano essere interpretati nel senso che, qualora una richiesta di rimborso dell’IVA non contenga un numero sequenziale della fattura, e bensì un altro numero che consenta di identificare tale fattura e, quindi, il bene o il servizio interessato, l’amministrazione fiscale dello Stato membro di rimborso sia tenuta a considerare tale richiesta come“presentata”, ai sensi dell’art. 15, par. 1, Dir. 2008/9, e a procedere alla sua valutazione. Nel rispondere, la Corte ha preliminarmente ricordato che il diritto, per un soggetto passivo stabilito in uno Stato membro, di ottenere il rimborso dell’IVA assolta in un altro Stato membro, quale disciplinato dalla Dir. 2008/9, trova riscontro nel diritto, istituito a suo favore dalla Dir. 2006/112 (5), di detrarre l’IVA versata a monte nel proprio Stato membro (6). Dal momento che esiste uno stretto legame tra la Dir. 2006/112 e la Dir. 2008/9, pertanto, non si può attribuire un significato diverso da una nozione importante del sistema dell’IVA a seconda del fatto che quest’ultima figuri nell’una o nell’altra di tali direttive. Di conseguenza, poiché tra le indicazioni che, ai fini dell’IVA, devono essere obbligatoriamente presenti sulle fatture

(1) GUUE L 44 del 20 febbraio 2008.

(2) L’art. 61 dell’Umsatzsteuer-Durchführungsverordnung (regolamento di esecuzione della legge relativa all’imposta sul fatturato) al par. 1 dispone:“... L’imprenditore stabilito nel resto del [l’Unione] trasmette all’Ufficio federale centrale delle imposte, tramite il portale elettronico istituito nello Stato membro in cui l’imprenditore è stabilito, una richiesta elettronica di rimborso, conformemente all’ordi- nanza sul trasferimento dei dati fiscali, nel rispetto di tutti i dati normativi...”.

(3) L’art. 8, Dir. 2008/9 al par. 2, lett. d) dispone: “... Oltre alle informazioni di cui al paragrafo 1, la richiesta contiene, per ciascuno Stato membro di rimborso e per ciascuna fattura o documento d’importazione, le seguenti indicazioni:

(...)

d) la data e il numero della fattura o del documento d’importazione...”.

(4) L’art. 15, Dir. 2008/9 al par. 1 dispone: “... La richiesta di rimborso è presentata allo Stato membro di stabilimento al più tardi il 30 settembre dell’anno civile successivo al periodo di riferimento. La richiesta di rimborso si considera presentata solo se il richiedente ha fornito tutte le informazioni previste dagli articoli 8, 9 e 11...”.

(5) Dir. 2006/112/CE del Consiglio del 28 novembre 2006 relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto, in GUUE, L 347 del 11 dicembre 2006. L’art. 171 della Direttiva al par. 1 dispone: “... Il rimborso dell’IVA a favore dei soggetti passivi che non sono stabiliti nello Stato membro in cui effettuano acquisti di beni e servizi o importazioni di beni gravati da imposta ma che sono stabiliti in un altro Stato membro è effettuato secondo le modalità d’applicazione previste dalla direttiva 79/1072/CEE.

I soggetti passivi di cui all’articolo 1 della direttiva 79/1072/CEE che hanno effettuato nello Stato membro in cui effettuano acquisti di beni e servizi o importazioni di beni gravati da imposta unicamente cessioni di beni o prestazioni di servizi per le quali il destinatario di tali operazioni è stato designato come debitore dell’imposta a norma degli articoli da 194 a 197 e dell’articolo 199, sono anch’essi considerati, ai fini dell’applicazione di detta direttiva, soggetti passivi non stabiliti in tale Stato membro...”.

“un numero sequenziale (...) che identifichi la fattura in modo unico” (7), tale è il numero della fattura cui all’art. 8, par. 2, lett. d), Dir. 2008/9 fa riferimento. La mancata menzione di un tale numero di fattura nella richiesta di rimborso, tuttavia, non può portare al suo rigetto nell’ipotesi in cui esso violi il principio di neutralità fiscale o quello di proporzionalità. Nonostante l’importanza dell’utilizzo di un numero sequenziale di fattura per il buon funzionamento del sistema dell’IVA, infatti,tale requisitocostituisce unacondizione formale che, indeterminate circostanze,deve cedere il passo all’applicazione delle condizioni sostanziali del diritto al rimborso, conformemente ai principi di neutralità e di proporzionalità (8). Più particolarmente, il principio di neutralità esige che la detrazione o il rimborso dell’IVA a monte sia concesso se i requisiti sostanziali sono soddisfatti, anche se taluni obblighi formali sono stati omessi dai soggetti passivi (9). La soluzione può essere diversa, tuttavia, se la violazione di tali requisiti formali abbia l’effetto di impedire che sia fornita la prova certa del rispetto dei requisiti sostanziali (10). Poiché la Dir. 2008/9 consente allo Stato membro di rimborso di chiedere informazioni aggiuntive al richiedente o alle autorità competenti dello Stato membro di stabili- mento qualora ritenga di non disporre di tutte quelle che gli consentano di decidere in merito alla richiesta di rimborso (11), tale possibilità sarebbe privata del suo effetto utile se lo Stato membro potesse immediatamente respingere la richiesta di rimborso, indipendentemente dal fatto che un numero che consente di identificare la fattura sia stato incluso nella richiesta. In tal caso, pertanto, i principi di neutralità e di proporzionalità impongono che l’ammini- strazione fiscale dello Stato membro di rimborso consideri la richiesta come“presentata”, ai sensi dell’art. 15, par. 1, Dir. 2008/9, e si avvalga della facoltà offerta dall’art. 20, par. 1, di tale direttiva per chiedere informazioni aggiuntive che possono includere la richiesta di comunicare il numero sequenziale della fattura (12). Per contro, nell’ipotesi in cui uno Stato membro si sia avvalso della facoltà di esigere che il richiedente presenti per via elettronica una copia della fattura o del documento d’importazione insieme alla richiesta di rimborso (13), di modo che tale copia è disponibile presso l’amministrazione fiscale, quest’ultima è tenuta a procedere alla valutazione di tale richiesta senza richiedere ulteriori informazioni sul numero sequenziale della fattura in questione. Di conseguenza, ad eccezione dei casi in cui l’originale o la copia della fattura è già disponibile presso l’amministrazione fiscale, quest’ultima può chiedere al richiedente di comunicare il numero sequenziale di tale fattura e, se tale richiesta non è soddisfatta entro il termine di un mese previsto dall’art. 20, par. 2, Dir. 2008/9, essa può legittimamente respingere la richiesta di rimborso dell’IVA. Alla luce della risposta fornita alla prima e alla seconda questione, la Corte ha ritenuto non necessario rispondere anche alla terza, con al quale il giudice del rinvio chiedeva se si dovesse tener conto del fatto che il soggetto passivo non stabilito nello Stato membro di rimborso possa ritenere, dal punto di vista di un richiedente attento, in ragione della struttura del portale elettronico nello Stato in cui è stabilito e del formulario dello Stato membro di rimborso, che per poter considerare la richiesta come presentata correttamente, comunque in modo formalmente completo e tempestivo, sia sufficiente la registrazione di un codice diverso dal numero della fattura per consentire l’identificazione della fattura oggetto della richiesta. Di conseguenza, la Corte ha stabilito che:

“L’articolo 8, paragrafo 2, lettera d), e l’articolo 15, paragrafo 1, della direttiva 2008/9/CE del Consiglio, del 12 febbraio 2008, che stabilisce norme dettagliate per il rimborso dell’imposta sul valore aggiunto, previsto dalla direttiva 2006/112/ CE, ai soggetti passivi non stabiliti nello Stato membro di rimborso, ma in un altro Stato membro, come modificata dalla direttiva 2010/66/UE del Consiglio, del 14 ottobre 2010, devono essere interpretati nel senso che, qualora una richiesta di rimborso dell’imposta sul valore aggiunto non contenga un numero sequenziale della fattura, ma contenga un altro numero che consenta di identificare tale fattura e, quindi, il bene o il servizio interessato, l’amministrazione fiscale dello Stato membro di rimborso è tenuta a considerare tale richiesta come‘presentata’, ai sensi dell’articolo 15, paragrafo 1, della direttiva 2008/9, come modificata dalla direttiva 2010/66, e a procedere alla sua valutazione. Nell’ambito di tale valutazione, e salvo il caso in cui detta amministrazione disponga già dell’originale della fattura o di una copia della

(7) L’art. 226, Dir. 2006/112 al punto 2 dispone: “... Salvo le disposizioni speciali previste dalla presente direttiva, nelle fatture emesse a norma degli articoli 220 e 221 sono obbligatorie ai fini dell’IVA soltanto le indicazioni seguenti:

(...)

2) un numero sequenziale, con una o più serie, che identifichi la fattura in modo unico...”. (8) CGUE 21 novembre 2018, Causa C-664/16, Vădan, punti 41-42.

(9) CGUE 18 novembre 2020, Causa C-371/19, Commissione/Germania, punto 80. (10) Ibidem, punto 81.

(11) L’art. 20, Dir. 2008/9 dispone: “... Nei casi in cui lo Stato membro di rimborso ritiene di non disporre di tutte le informazioni pertinenti su cui basare la decisione in merito a tutta la richiesta di rimborso o parte di essa, può chiedere per via elettronica informazioni aggiuntive, in particolare al richiedente o alle autorità competenti dello Stato membro di stabilimento, entro il termine di quattro mesi di cui all’articolo 19, paragrafo 2. Se le informazioni aggiuntive sono richieste a una persona diversa dal richiedente o dall’autorità competente di uno Stato membro, la richiesta è introdotta per via elettronica solo se il destinatario della richiesta dispone dei mezzi necessari a tal fine. Se necessario, lo Stato membro di rimborso può chiedere ulteriori informazioni aggiuntive.

Le informazioni richieste in conformità del presente paragrafo possono includere l’originale o una copia della fattura o del documento d’importazione pertinente se lo Stato membro di rimborso ha motivo di dubitare ragionevolmente della validità o dell’accuratezza di una particolare richiesta. In tal caso, le soglie di cui all’articolo 10 non si applicano.

Le informazioni richieste ai sensi del paragrafo 1 sono fornite allo Stato membro di rimborso entro un mese dal giorno in cui la richiesta è pervenuta alla persona a cui è indirizzata...”.

(12) CGUE 18 novembre 2020, Causa C-371/19, Commissione/Germania, punto 88.

(13) L’art. 10, Dir. 2008/9 dispone: “... Fatte salve le richieste di informazioni di cui all’articolo 20, lo Stato membro di rimborso può esigere che il richiedente presenti per via elettronica una copia della fattura o del documento d’importazione insieme alla richiesta di rimborso, qualora la base imponibile su una fattura o un documento d’importazione sia pari o superiore a 1 000 EUR o al controvalore in moneta nazionale. Tuttavia, qualora la fattura riguardi acquisto di carburante, tale soglia è pari a 250 EUR o al controvalore in moneta nazionale...”.

se tale richiesta non è soddisfatta entro il termine di un mese previsto all’articolo 20, paragrafo 2, di tale direttiva, come modificata dalla direttiva 2010/66, essa può legittimamente respingere la richiesta di rimborso”.

SULLE NOZIONI DI“CONCESSIONE DI CREDITI”E DI“ALTRI EFFETTI COMMERCIALI”

Corte di Giustizia Ue 17 dicembre 2020, Causa C-801/19, FrancK d.d., Zagreb contro Ministarstvo financija Republike Hrvatske, Samostalni sektor za drugostupanjski upravni postupak

In data 17 dicembre 2020 la Corte di Giustizia dell’Unione europea si è pronunciata nella Causa C-801/19, Franck d.d., Zagreb contro Ministarstvo financija Republike Hrvatske, Samostalni sektor za drugostupanjski upravni postupak, sull’interpretazione dell’art. 135, par. 1, lett. b) e d), Dir. 2006/112/CE del Consiglio, del 28 novembre 2006, relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto (di seguito: la “direttiva IVA”) (14). Tale domanda era stata presentata nell’ambito di una controversia tra la Franck d.d., Zagreb (di seguito: la “Franck”) e il Ministarstvo financija Republike Hrvatske, Samostalni sektor za drugostupanjski upravni postupak (Ministero delle Finanze della Repubblica di Croazia, servizio del contenzioso amministrativo; di seguito: il “Ministero delle Finanze”), in merito alla determinazione dell’imposta sul valore aggiunto (IVA) dovuta in ragione del corrispettivo percepito dalla Franck per la messa a disposizione della Konzum d.d. (di seguito: la“Konzum”) di fondi ottenuti da società di factoring detentrici di cambiali emesse da quest’ultima e il cui rimborso era garantito dalla Franck. In occasione di un controllo, l’amministrazione finanziaria competente aveva constatato che il corrispettivo messo a disposizione della Konzum da parte della Franck tramite un accordo di collaborazione commerciale stipulato nel periodo compreso tra il 1° gennaio 2013 e il 30 marzo 2017 (15) era stato fatturato senza IVA. Di conseguenza, non ritenendo tale corrispettivo esente dall’IVA ai sensi dello Zakon o porezu na dodanu vrijednost del 17 giugno 2013 (di seguito: la“legge sull’IVA”) (16), l’amministrazione aveva accertato un minor importo di IVA dichiarata pari a circa 2 milioni di euro, oltre agli interessi di mora. Poiché il suo reclamo era stato respinto dal Ministero delle Finanze, la Franck si era rivolta all’Upravni sud u Zagrebu (Tribunale amministrativo di Zagabria; di seguito: il“giudice del rinvio”) che, alla luce della necessità di interpretare la normativa europea rilevante in materia, aveva deciso di sospendere il procedimento e di chiedere alla Corte di Giustizia se l’art. 135, par. 1, lett. b) e d) (17), della direttiva IVA debba essere interpretato nel senso che l’esenzione dall’IVA, che tali disposizioni prevedono, rispettivamente, per la concessione di crediti e le operazioni relative ad altri effetti commerciali, si applica a un’ope- razione che consiste, per il soggetto passivo, nel mettere a disposizione di un altro soggetto passivo, dietro corri- spettivo, fondi ottenuti da una società di factoring a seguito del trasferimento a quest’ultima di una cambiale emessa dal secondo soggetto passivo, mentre il primo soggetto garantisce il pagamento a tale società di factoring della suddetta cambiale alla sua scadenza. Nel rispondere, la Corte ha preliminarmente ricordato che una persona già soggetta all’IVA per un’attività economica che esercita in modo permanente deve essere considerata come “soggetto passivo” per qualsiasi altra attività economica esercitata in modo occasionale, a condizione che essa costituisca un’“attività” ai sensi dell’art. 9, par. 1, comma 2 (18), della direttiva IVA (19), ciò che si verifica nel caso concreto. Il fatto che la messa a disposizione di fondi dietro corrispettivo non corrisponda all’attività principale della Franck, infatti, non esclude che tale

(14) GUUE L 347 dell’11 dicembre 2006.

(15) Nel suddetto periodo, la Franck e la Konzum avevano concluso simultaneamente tre tipi di contratti, ossia i) un contratto di mutuo finanziario, in base al quale la Konzum, designata come mutuante, emetteva una cambiale in favore della Franck, designata come mutuataria, che si impegnava a restituirle in contanti la somma indicata su tale cambiale, ii) un contratto di cessione di crediti garantiti da cambiali, i cui firmatari erano la Franck, la Konzum e una società di factoring, in base al quale la Franck trasmetteva detta cambiale a quest’ultima che, con un’operazione di “factoring inverso”, versava dal 95% al 100% dell’importo della stessa alla Franck, la quale a sua volta trasferiva tale importo sul conto della Konzum, agendo al contempo come garante del suo ricupero alla scadenza della medesima cambiale, e iii) un accordo di collaborazione commerciale in base al quale la Konzum si impegnava a rimborsare alla Franck gli interessi e le spese addebitati a quest’ultima dalla società di factoring nonché a versarle un corrispettivo pari all’1% dell’importo indicato nella cambiale.

(16) L’art. 40 della legge sull’IVA al par. 1 dispone: “... Sono esenti dall’IVA: (...)

b) la concessione di crediti e prestiti, compresa l’attività di intermediazione in tali operazioni, e la gestione di crediti e prestiti, se effettuate dal soggetto che li concede;

(...)

d) le operazioni, compresa l’attività di intermediazione, relative ai conti di risparmio, ai conti correnti o ai giroconti, ai pagamenti, ai bonifici, ai crediti, agli assegni e ad altri titoli trasferibili, ad eccezione del ricupero dei crediti...”.

(17) L’art. 135 della direttiva IVA al par. 1, lett. a) - d) dispone: “... Gli Stati membri esentano le operazioni seguenti:

a) le operazioni di assicurazione e di riassicurazione, comprese le prestazioni di servizi relative a dette operazioni, effettuate dai mediatori e dagli intermediari di assicurazione;

b) la concessione e la negoziazione di crediti nonché la gestione di crediti da parte di chi li ha concessi;

c) la negoziazione e la presa a carico di impegni, fideiussioni e altre garanzie nonché la gestione di garanzie di crediti da parte di chi ha concesso questi ultimi;

d) le operazioni, compresa la negoziazione, relative ai depositi di fondi, ai conti correnti, ai pagamenti, ai giroconti, ai crediti, agli assegni e ad altri effetti commerciali, ad eccezione del ricupero dei crediti...”.

(18) L’art. 9 della direttiva IVA al par. 1, comma 2, dispone: “... Si considera ‘attività economica’ ogni attività di produzione, di commercializzazione o di prestazione di servizi, comprese le attività estrattive, agricole, nonché quelle di professione libera o assimilate. Si considera, in particolare, attività economica lo sfruttamento di un bene materiale o immateriale per ricavarne introiti aventi carattere di stabilità...”.

’ambito della propria attività economica. La Corte, inoltre, ha ricordato che quando un’operazione è costituita da una serie di elementi e di atti, come nel caso concreto, si devono prendere in considerazione tutte le circostanze nelle quali essa si svolge per determinare se tale operazione comporti, ai fini IVA, due o più prestazioni distinte o un’unica prestazione (20). Più particolarmente, un’operazione deve essere considerata unica quando due o più elementi o atti forniti dal soggetto passivo sono così strettamente collegati da formare, oggettivamente, un’unica prestazione economica indissociabile, la cui scomposizione avrebbe carattere artificiale, ciò che si verifica anche quando una o più prestazioni costituiscono una prestazione principale e la o le altre prestazioni costituiscono una o più prestazioni accessorie cui si applica lo stesso trattamento fiscale di quella principale. Una prestazione dev’essere considerata accessoria a una prestazione principale, invece, quando per la clientela non costituisce un fine a sé stante, e bensì il mezzo per fruire al meglio del servizio principale offerto dal prestatore (21). Per determinare se un’operazione che comporta una pluralità di prestazioni costituisca un’unica operazione ai fini dell’IVA è necessario tenere conto tanto dell’obiettivo economico di tale operazione quanto dell’interesse dei destinatari delle prestazioni (22). Nel caso concreto, l’obiettivo economico dell’operazione in questione era quello di soddisfare il fabbisogno di capitale della Konzum, in quanto quest’ultima non poteva prendere in prestito fondi presso istituti finanziari in Croazia a causa del suo livello di indebitamento nonché di quello del gruppo di cui essa faceva parte. Di conseguenza, la prestazione principale deve essere considerata come la messa a disposizione della Konzum dei fondi che la Franck aveva ottenuto presso una società di factoring, mentre le altre prestazioni assicurate da quest’ultima in esecuzione dei tre tipi di contratti di cui era parte devono essere considerate accessorie. Le operazioni esentate a norma dell’art. 135, par. 1, lett.b), della direttiva IVA vengono definite in funzione della natura delle prestazioni di servizi fornite e