• Non ci sono risultati.

Il delitto di violenza sessuale di gruppo è previsto dal legislatore all’art. 609 octies c.p. La tecnica di formulazione adottata consiste in un rinvio, per relationem, alla fattispecie monosoggettiva di cui all’art. 609 bis c.p.

Tale rinvio ha posto non pochi problemi in giurisprudenza soprattutto con riferimento alla qualificazione da dare all’ipotesi descritta nell’art. 609 octies c.p.: ci si è chiesti infatti se essa integrasse una circostanza aggravante o una fattispecie autonoma di reato.

Il dubbio sorgeva dal fatto che i giudici di legittimità a Sezioni Unite, nella celebre sentenza Fedi del 2002120, avevano sancito la prevalenza del criterio c.d. strutturale, per individuare il discrimen tra circostanze ed elementi costitutivi del reato. Secondo la Corte, in particolare, la fattispecie andrebbe qualificata come circostanza quando la sua descrizione avviene per relationem rispetto al reato base; viceversa, se è autonomamente descritta ex novo, allora integrerebbe un autonomo reato.

Tale criterio è stato in realtà rinnegato dalla stessa giurisprudenza appena un anno dopo, proprio quando i giudici di legittimità sono stati chiamati a pronunciarsi sulla natura giuridica della fattispecie del delitto di violenza sessuale di gruppo121. In quella occasione la Corte è pervenuta alla conclusione secondo cui “il delitto di cui all’art. 609 octies c.p. costituisce una fattispecie autonoma di reato”, utilizzando come criterio discretivo, anziché quello della “modalità di descrizione della fattispecie” che avrebbe condotto a risultati opposti (essendo, come già sottolineato, tale figura delittuosa redatta per relationem con la figura base di violenza sessuale di cui all’art. 609 bis c.p.), quello teleologico dell’offesa al bene giuridico.

A tal proposito va, in senso critico, evidenziato che tale criterio sembra esser stato adottato in maniera impropria: la natura autonoma di questa fattispecie è stata dedotta, infatti, non motivando in relazione alla diversità dell’interesse giuridico tutelato, bensì con riferimento alla diversa entità dell’offesa.

In un passo di tale pronuncia si legge testualmente che “la previsione di un trattamento sanzionatorio più grave si connette al riconoscimento di un peculiare disvalore alla partecipazione simultanea di più persone, in quanto una tale condotta partecipativa

120 Cass. pen., sez. III, sent. 26 giugno 2002, n. 26351. 121 Cass. pen. sez. III, sent. 13 novembre 2003, n. 3348.

76

imprime al fatto un grado di lesività più intenso sia rispetto alla maggiore capacità di intimidazione del soggetto passivo ed al pericolo della reiterazione di atti sessuali violenti (anche attraverso lo sviluppo e l’incremento di capacità criminali singole) sia rispetto ad una più odiosa violazione della libertà sessuale della vittima nella sua ineliminabile essenza di autodeterminazione. La contemporanea presenza di più di un aggressore è idonea a produrre, infatti, effetti fisici e psicologici particolari nella parte lesa, eliminandone o riducendone la forza di reazione”.

Si ritiene, dunque, che a dettare questo revirement giurisprudenziale siano state contingenti valutazioni di opportunità politico criminale svolte dai giudici di legittimità in merito alla necessità di sottrarre una figura criminosa così “delicata” al duplice rischio, da un lato, di esser attratta nel giudizio di bilanciamento con eventuali circostanze attenuanti e, dall’altro lato, di esser sottoposta a criteri di imputazione soggettiva meno rigorosi, quali quelli dettati dall’art. 59 c.p.

Diversamente, si vanificherebbe la ratio sottesa all’introduzione stessa della previsione di cui all’art 609 octies c.p.

Anche in dottrina si è valorizzato il fatto che le motivazioni politico criminali sottese all’introduzione della fattispecie risiedono nella maggior lesività che caratterizza la circostanza in cui l’offesa sia perpetrata da più soggetti contestualmente. In tal caso, infatti, oltre alla lesione alla libertà sessuale, si verifica anche “la degradazione personale della vittima, provocando […] una sua maggiore esposizione a pericolo anche a causa della possibilità di subire atti di violenza in forma reiterata”122.

Tale constatazione unanimemente condivisa determina, peraltro, risvolti significativi anche con riferimento all’accertamento del superamento del dissenso della persona offesa, al fine dell’integrazione della fattispecie. Proprio in considerazione del particolare biasimo connesso a tale fattispecie, si avverte in giurisprudenza la tendenza a rintracciare in maniera meno rigorosa la prova del dissenso della persona offesa. Da un lato l’esperienza insegna che il reato di violenza sessuale di gruppo è nella quasi totalità delle ipotesi posto in essere con modalità violente o costrittive, che di per sé bastano ad integrare la soglia del penalmente rilevante (desumendosi da esse il dissenso della persona offesa). Dall’altro la giurisprudenza ha evidenziato che, in ogni caso, “la violenza sessuale di gruppo esula da qualsivoglia profilo di analogia con gli

77

schemi ordinari di una relazione intersoggettiva, sia pure viziata dal dissenso del partner, in quanto opera una sorta di annullamento della personalità del soggetto passivo, il quale viene privato anche della individualità ed identità specifica come soggetto prescelto per soddisfare il desiderio sessuale e ridotto a mero strumento occasionalmente e fungibilmente utilizzato per dare collettivamente sfogo ad un atteggiamento aggressivo, in quanto tale, qualitativamente diverso da quello corrispondente all'esplicazione della condotta individuale di violenza sessuale”123. Ciò posto, essendo ormai pacifico che la fattispecie di cui all’art. 609 octies c.p. integra un’autonoma figura di reato, residuano problemi connessi alla struttura della sua formulazione.

A tal proposito ci si è chiesti in dottrina se la violenza sessuale di gruppo non sia altro che una forma di concorso di persone nel reato, eccezionalmente tipizzata e sanzionata come fattispecie autonoma124, oppure corrisponda ad un modello di un reato necessariamente plurisoggettivo125.

Deporrebbe a favore della prima soluzione la sussistenza dell’aggravante contenuta nel comma 4 dell’art. 609 octies c.p., che prevede una diminuzione di pena in favore del partecipante “la cui opera abbia avuto una minima importanza nella preparazione o nella esecuzione del reato”. Essa, infatti, ricalcando il modello dell’attenuante generale prevista dall’art. 114 comma 1 c.p., parrebbe ritenere la violenza di gruppo come una forma di concorso nel reato di cui all’art. 609 bis c.p.

I giudici di legittimità, tuttavia, esprimendosi già nei primi anni successivi all’introduzione della novella legislativa, hanno ritenuto che l’art. 609 octies c.p. non sia una mera tipizzazione della possibilità di commissione del reato in forma concorsuale.

A tal proposito non pare ad oggi smentita l’affermazione per cui “il reato di cui all'art. 609 octies c.p. si configura come fattispecie autonoma di reato, a carattere necessariamente plurisoggettivo proprio, e richiede per la sua integrazione, oltre all'accordo delle volontà dei compartecipi al delitto, anche la simultanea effettiva

123 Cass. pen. sez. III, sent. n. 11541 del 03.06.1999.

124 G.DE FRANCESCO in L. 15.2.1996 n. 66, sub art. 9, 472 ss.

125 T.PADOVANI in Art. 1, in Commentario delle norme contro la violenza sessuale (Legge 15 febbraio n. 66): con un’appendice sull’iter della riforma, AA. VV. (coordinati da A.CADOPPI), Cedam, Padova, 1996, pag. 14.

78

presenza di costoro nel luogo e nel momento di consumazione dell'illecito, in un rapporto causale inequivocabile, senza che, peraltro, ciò comporti anche la necessità che ciascun compartecipe ponga in essere un'attività tipica di violenza sessuale. Queste connotazioni distinguono la violenza sessuale di gruppo dall'ordinario concorso di persone nel reato di cui all'art. 609 bis c.p. e cioè nel reato di violenza sessuale”126.

Dunque, requisiti indefettibili per l’integrazione del delitto di cui all’art. 609 octies c.p. sono l’accordo delle volontà dei compartecipi al delitto (il c.d. dolo di partecipazione), nonché la loro simultanea effettiva presenza nel luogo e nel momento di consumazione dell’illecito, in un rapporto causale inequivocabile. In ciò risiede il discrimen rispetto al caso di concorso di persone nel reato di cui all’art. 609 bis c.p. Per integrare l’ipotesi di cui all’art. 609 octies c.p. non è sufficiente l’accordo delle volontà dei compartecipi al delitto, ma è necessaria la simultanea ed effettiva presenza dei correi nel luogo e nel momento della consumazione de reato. Questo, peraltro, non comporta la necessità che ciascun compartecipe ponga in essere un’attività tipica di violenza sessuale, né che realizzi l’intera fattispecie in concorso con l’altro o gli altri correi, potendo il singolo realizzare solo una frazione del fatto tipico ed essendo sufficiente che la violenza o la minaccia provenga anche da uno solo degli agenti. La dottrina si è, inoltre, interrogata, sulla qualificazione da dare al caso in cui gli atti di violenza sessuale siano più di uno, compiuti ognuno da ciascuno dei complici. A tal proposito vi è chi ritiene che siano tutte fattispecie singolarmente tipiche, con la conseguenza che sarebbe integrato il reato di violenza sessuale di gruppo per ogni autore che compie individualmente l’atto sessuale. Nello specifico è stato in tal senso distinto tra “i casi di progressione (quasi) necessaria tra atti di minore significato e atti a cui i primi sono diretti, oppure tra inevitabile – e perciò tipica – pluralità degli atti che compongono una stessa, unica, attività conclusiva di congiunzione carnale” e “gli atti di pari grado, i quali mantengono una loro autonomia con riferimento alle modalità offensive del bene protetto, in quanto costituiscono una distinta aggressione alla libertà sessuale”127.Nel primo caso il reato configurabile sarebbe unico, nel secondo, invece,

126 Cass. pen. sez. III, sent. 3.6.1999, n. 11541.

127 M.DONINI, Commento all’art. 9 l. 15 febbraio 1996, n. 66 [art. 609-octies c.p. (violenza sessuale di gruppo)], in AA.VV., Commentario delle norme sulla violenza sessuale, a cura di A. CADOPPI, Cedam, Padova, 1996, pagg. 311 ss.

79

si integrerebbe una pluralità di reati. Diversamente opinando, peraltro, si finirebbe per determinare il paradosso per cui, dopo il compimento del primo atto, tutti gli altri non sarebbero puniti.

L’attività del compartecipe potrebbe peraltro esaurirsi in un mero rafforzamento della volontà criminosa dell’autore materiale dei comportamenti tipici di cui all’art. 609 bis c.p.

In tal senso anche la semplice presenza sul luogo dell’esecuzione del reato può essere sufficiente ad integrare gli estremi della partecipazione criminosa quando, palesando chiara adesione alla condotta dell’autore del fatto, sia servita a fornirgli stimolo all’azione e un maggior senso di sicurezza.

Ciò posto, nulla osta a che si possa configurare un concorso eventuale nel reato di violenza sessuale (ex artt. 110 e 609 bis c.p.) nel caso in cui alcuni concorrenti, pur non presenti al momento del compimento della costrizione a compiere o subire l’atto sessuale, abbiano comunque dato, sotto il profilo morale o materiale, un contributo causalmente rilevante all’ideazione o all’esecuzione del reato.

Resta da chiarire l’ambito di operatività dell’attenuante prescritta nella prima parte dell’ultimo comma dell’art. 609 octies c.p., nonché l’assenza di una previsione analoga a quella di cui all’art. 609 bis comma 3 c.p.

La scelta di considerare unitariamente questi due aspetti è connessa al fatto che l’individuazione della ratio sottesa alla prima permette di escludere la configurabilità della seconda. Quest’ultima constatazione pone, peraltro, secondo alcuni, dubbi di costituzionalità128.

In relazione alla prima si evidenzia che essa, per quanto appaia ricalcare, come anzi detto, l’ipotesi descritta dall’art 114 comma 1 c.p., in realtà se ne discosta sotto il profilo applicativo. In quest’ultimo caso, infatti, la diminuzione di pena è facoltativa, ossia a discrezione del giudice, e non obbligatoria come nell’ipotesi prevista in materia di violenza sessuale di gruppo.

Ciò espone la previsione de qua ad ovvie critiche: in particolare si è opposto come non si spieghi “perché mai un concorrente esterno in una violenza sessuale di gruppo

128 M.DONINI, Commento all’art. 9 l. 15 febbraio 1996, n. 66 [art. 609-octies c.p. (violenza sessuale di gruppo)], in AA.VV., Commentario delle norme sulla violenza sessuale, a cura di A. CADOPPI, Cedam, Padova, 1996, pagg. 235 - 254.

80

dovrebbe beneficiare di un trattamento sanzionatorio più favorevole rispetto al corrispondente concorrente esterno nella realizzazione collettiva di qualsiasi altro tipo di reato”129.

Dalla lettura dei lavori preparatori emerge che la scelta dell’introduzione dell’attenuante di cui al comma 4 dell’art. 609 octies c.p. sia stata mossa dall’esigenza di prendere in considerazione casi in cui vi sia un’evidente posizione di supremazia psicologica da parte di alcuni componenti del gruppo rispetto ad altri. In particolare si legge che “non è infrequente, nel caso di violenza sessuale di gruppo, che essa sia il frutto della ideazione ed esecuzione materiale di un leader negativo, che trascini con sé nella scellerata bravata ragazzi molto più giovani, da lui influenzati e domani, che null’altro ruolo talora svolgono se non quello di ammirati passivi spettatori”130. Ed ancora che l’attenuante in questione “tende a salvaguardare la possibilità di applicare delle attenuanti alle persone che per le loro condizioni di debolezza possa dirsi siano state in qualche modo trascinate a commettere il reato”131.

Ciò che, quindi, il legislatore ha inteso valorizzare con la circostanza in esame non è la graduabilità del contributo oggettivamente prestato, ma quella del livello di partecipazione psichica.

A sostegno di una tale soluzione può inoltre argomentarsi che il legislatore non ha esteso alla violenza sessuale di gruppo l’attenuante dei casi di minore gravità prevista con riferimento alla violenza sessuale commessa in forma monosoggettiva. Ciò che è graduabile, quindi, mediante il ricorso all’attenuante di cui all’ultimo comma dell’art. 609 octies c.p. non è l’obiettiva gravità della violenza in sé considerata, ma il contributo psicologico del singolo agente.

129 G.FIANDACA, voce “Violenza sessuale”, in Enciclopedia del diritto, agg. IV, Giuffrè, Milano, 2000, pag. 12.

130 Intervento del relatore Belloni, seduta del 22 novembre 1995, in Documentazione e ricerche (Servizio Studi della Camera dei deputati), n. 112, pt. II, Roma, 1995, 427.

131 Intervento della senatrice D’Alessandro Prisco, seduta del 13 dicembre 1995, in Documentazione e ricerche (Servizio Studi della Camera dei deputati), n. 112, pt. II, Roma, 1995, 499.

81 CAPITOLO II

IL REATO DI VIOLENZA SESSUALE NELLA GIURISPRUDENZA DI MERITO DEL TRIBUNALE DI MILANO

SOMMARIO:1. Considerazioni introduttive. - 2. L’esito dei procedimenti. - 3. L’identikit dell’autore e