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La laicità nell’elaborazione del Patto internazionale sui diritti civili e politic

C APITOLO II: L A LAICITÀ NEL SISTEMA INTERNAZIONALE DI DIRITTI UMAN

2. La laicità nell’elaborazione del Patto internazionale sui diritti civili e politic

Considerando che il PIDCP è un trattato e come tale comporta compromessi per gli Stati, le discussioni in riferimento all’impatto dello stesso sulla legislazione nazionale risultano più acute. Così appare l’argomento sullo status personale e il diritto delle comunità religiose in riferimento soprattutto agli stati del Medio Oriente ed a ciò che è contemplato nella legislazione. Nella discussione questo non pare un argomento soddisfacente perché si tratta alla fine di due ordini uno spirituale e l’altro giuridico, per l’uguaglianza davanti alla legge di tutte le persone indipendentemente dalla religione, e che questo diritto è assolutamente fondamentale ; tuttavia ciò per la Yugoslavia, il Regno Unito, la Danimarca e il Libano è 134

uno principi più importanti che lo Stato deve riconoscere,

L’Egitto nella preparazione del PIDCP ebbe una partecipazione molto attiva, e continuando con il tema del “cambiamento di religione” prese in considerazione il regime dello statuto personale previsto dai paesi musulmani che come la sua Costituzione garantiscono sia la libertà di coscienza che è assoluta che la libertà di esercizio di tutte le religioni dentro il limite della legge; In aggiunta, prende in considerazione le diverse disposizioni sul divorzio all’interno delle religioni: il diritto canonico non ammette tale istituto, al contrario invece il diritto musulmano . 135

Nell’elaborazione del PIDCP, il sistema di rapporto tra lo Stato e le religione fu messo in discussione, si deve considerare, tuttavia, che questi argomenti furono trattati nell’elaborazione della Dichiarazione a causa della sua portata universale come lo stesso scopo del delle Nazioni Unite e perché comportavano dei compromessi futuri per gli Stati.u Così gli argomenti presentati non furono molto diversi, anzi rimasero fermi in ponti sostanziali come nel caso relativo al cambiamento di religione e anche al diritto

E/CN.4/SR.161

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E/CN.4/ SR. 161.

all’insegnamento religioso, nonché l’inclusione dei diritti delle comunità religiose, questione che accolta per la Commissione . 136

Tutti gli Stati Americani, votarono a favore, il 29 dicembre, per l’adozione dei Patti 137. Rispetto alla valenza tra i Patti universali e le Convenzioni Regionali, si prese in considerazione prima la Convenzione EDU; tuttavia un comitato di esperti decise che a parte le piccole differenze di forma tra i Patti e la Convenzione non vi avevano ostacoli fondamentali che impedivano la loro ratifica.

Nel caso della Convenzione Americana vi fu l’inverso, nonostante i Patti si trovassero in via di ratificazione, la precauzione fu quella si prevedere l’incompatibilità considerando che un obbligo più serio e favorevole ai diritti umani non comporterebbe realmente una incompatibilità, semmai tutto il contrario( OEA, 1969, 154).

Sul cambiamento di religione, fu l’Egitto a prendere posizione a questo scopo: lo stesso fu appoggiato innanzitutto dagli Stati che avevano l’islam come religione di Stato nelle sue costituzioni come l’Afganistan, l’Arabia Saudita che sostenne questo sin dall’elaborazione della Dichiarazione e lo Yemen.

Ma in questa occasione nonostante si ribadisse l’opposizione all’affermazione del “cambiamento di religione”, l’Arabia saudita segnalò che la sua posizione era motivata dal timore delle ripercussioni che una tale disposizione potesse avere sull’Islam. Lo Yemen seguendo questa linea, stimò che l’adozione di questo articolo avrebbe presentato grosse difficoltà per i paesi arabi laddove la legislazione in gran parte derivava dalla fonte religiosa . 138

I Paesi Basi sul timore manifestato dagli stati musulmani, segnalò che sul piano oggettivo tutte le religioni si oppongono al diritto di cambiamento della religione perché non

A/2929.

136

OEA, 1969, 153, Intervento del Professore René Cassin nella prima sessione della Commissione

137

I, celebrata il 10 novembre 1969. E/CN.4/528

considerano alle altre religioni come valide. E che sia la Dichiarazione che il Patto si trattavano dei diritti soggettivi degli individui . 139

In effetti, tutte le religioni almeno le monoteiste, vietano il cambiamento di religione; tuttavia i diritti umani tutelati a livello internazionale hanno come titolari le persone, il singolo, l’individuo, non le comunità religiose o le religioni.

Su questo argomento, il rappresentante della Francia affermò che le Nazioni Unite rappresentano una organizzazione imparziale, per cui la clausola sul cambiamento di religione o di convinzione anche se presa come una minaccia per qualsiasi religione, non significava altro che non si può che proclamare il diritto di abbracciare e di lasciare liberamente qualunque religione . 140

Alla fine si arrivò ad un compromesso motivato sempre dalle difficoltà che manifestavano gli Stati con una religione di stato, quindi i musulmani, per cui si elimina “il cambiamento di religione” dell’enunciato dell’articolo e in cambio appare si aggiunge tale espressione nel secondo paragrafo dove si afferma che nessuno può subire coazioni che violano la libertà di mantenere o cambiare la religione o convinzione”. Rispetto alla “coazione” questa non poteva essere interpretata come una persuasione morale o spirituale, né come una restrizione legalmente imposta alla libertà di manifestare la propria religione o convinzione. L’assunto sollevato sulle conseguenze del cambiamento negli stati che avevano un regime di statuto personale , non fu accolta in quanto la conversione è una questione ha un carattere spirituale e la seconda, cioè la coazione, ha un carattere giuridico . 141

Questo non è tanto lontano di quelli paesi che hanno un regime fiscale a seconda la religione dichiarata come la Germania. Nel Libano il regime di statuto personale, attualmente non ostacola il cambiamento si religioni e al fatto di non appartenere a nessuna.

E/CN.4/528 139 E/CN.4/528/Add.1 140 A/2929 141

Una questione diversa riguardò i limiti alla portata dei diritti enunciati nella Dichiarazione che dovevano essere espliciti considerando la natura giuridica del documento, e fu qui che entrò di nuovo in scena il rapporto tra lo stato e le religioni, e anche tra gli Stati e le religioni attraverso le organizzazioni religiose innanzitutto per quanto riguarda la manifestazione pubblica e il diritto dei genitori all’educazione religiosa dei suoi figli, sostenendo sostanzialmente la proposta del Libano . 142

Infatti, dentro le proposte sull’articolo della libertà di pensiero, coscienza e religione, si presero le posizioni degli Stati confrontando i suoi sistemi di religione, innanzitutto sulle manifestazioni della religione che secondo la delegazione dell’URSS doveva essere d’accordo con la legislazione degli Stati, sull’insegnamento della religione e i diritti dei genitori sui minorenni al decidere che insegnamento religioso ricevere, proposta questa che avenne da parte della delegazione del Libano . Questioni concomitanti furono le 143

limitazioni che non solo si prevedevano per la libertà di religione ma anche per le altre libertà previste già allora nelle bozze degli attuali articoli 18-22 del PIDCP.

Il problema in questo senso fu avvertito da René Cassin che segnalò che in virtù della natura legale del Patto si deve considerare la complicazione dell’applicazione di un singolo testo negli stati con caratteristiche diverse, dove alcuni sono caratterizzati da una completa unità religiosa, altri dal predominio di una religione ed altri da una profonda divisione religiosa. Da quando la Dichiarazione è stata proclamata e riconosciuta unanimemente il principio della libertà di religione, gli Stati possono applicare questo principio in accordo con i loro costumi e per i mezzi che loro dispongono.

E/CN.4/SR.116: Agudas Israel World Organization ( questa organizzazione partecipò anche

142

nell’elaborazione del testo dell’art. 18 della Dichiarazione richiamando la parola “religione” tra le libertà enunciate e proposta negli emendamenti degli stati (E/CN.4/SR.60]. Catholic International Union for Social Services;Commission of the Churches on International Affairs; Consultative Council of Jewish Organizations;Co-ordinating Board of Jewish Organizations ;International Union of Catholic Women's Leagues; Pax Romana (International Catholic Movement for Intellectual and Cultural Affairs)

E/CN.4/272

Sulla proposta del Libano, lo stesso Cassin affermò che la stessa impone considerevoli compromessi per gli Stati a causa dell’obbligazione di separare le scuole elementali secondo la denominazione della religione. In questo senso anche gli Stati Uniti furono d’accordo per la difficoltà.

L’Uruguay, a questo riguardo, fece la differenza tra l’insegnamento della religione e il diritto che hanno i genitori di dare ai figli l’educazione religiosa e culturale, ciò già previsto nella Costituzione. Sulla proposta del Libano, la Francia non fu d’accordo a questo riguardo perché a suo avviso questo comportava misure d’implementazione dei Governi . 144

L’URSS affermando la differenza tra la libertà di pensiero e di convinzione e libertà di coscienza e religione, ricordò che la religione, in particolare la Chiesa Cattolica Romana per un lungo tempo aveva praticato l’intolleranza, e con forza e violenza era stato un nemico del pensiero umano e un ostacolo al progresso del genere umano originando lotte implacabili. Quindi, la proposta del Libano era incompatibile con la libertà di pensiero e coscienza, nel suo Stato sono garantite la libertà di coscienza e e di pensiero a tutti i cittadini per la separazione tra la Chiesa e lo Stato, l’educazione secolare e l’adesione a tutte le forme di pratiche come la pratica antireligiosa . 145

L’URSS affermò che il diritto dei genitori era garantito, così come il rispetto all’educazione dei figli, nonostante avesse preferito la proposta che i genitori hanno il diritto dell’educazione religiosa e non religiosa dei figli. Insomma l’URSS si oppose perché quella proposta del Libano (appoggiata dall’Australia, dal Regno Unito e dal Belgio) avrebbe prodotto un pericolo, sarebbe stata un’indiretta imposizione della religione sui diritti dei minori riconosciuti precedentemente anche nell’articolo 26 della Dichiarazione, e anche una indiretta imposizione della stessa sulla libertà di coscienza . 146

E/CN.4/SR.119 144 E/CN.4/SR 116 145 E/CN. 4/SR.117 146

L’opzione di avere un’enunciato semplice, che solo ripetesse l’art. 18 della Dichiarazione, o solo la prima parte di questo articolo in relazione all’elenco delle tre libertà fu oggetto di proposta non solo degli stati musulmani, ma anche dell’URSS appoggiata dall’Ucraina. Le ragioni di tale posizione furono esposte dall’Egitto: un articolo così dettagliato con i paragrafi proposto dalla Commissione e dopo aggiornato dalle proposte degli Stati crea 147

difficoltà di ratifica per molti stati . Tali ragioni non sono lontane da quella esposte dalla 148

Cina che affermando la piena libertà di religione che hanno le persone in riferimento al cambiamento dichiarava che quel consenso avuto con l’art. 18 della Dichiarazione a questo riguardo è più accettabile che la dettagliata e anche controversa bozza della Commissione. Rispetto alle limitazioni alla libertà di pensiero, coscienza e religione, le discussioni partirono con un consenso, ma sulla portata di ciascuna limitazione come la diversa traduzione che si evidenziava tra l’inglese da un lato e il francese dall’altro (in questo lo spagnolo), in particolare con le parole di “sicurezza” che nel francese riguarda la sicurezza delle persone e che inglese corrisponde alla public safety, che non è lo stesso che “sicurezza pubblica”, invece più vicina all’ordine pubblico . 149

Nonostante non si trascurò il fatto dell’opzione degli stati che volevano un articolo più coinciso.

E/800, E/CN.4/272: Texte original (document E/800)


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1. Nul ne peut se voi refuser lal inerte de pensée,de croyance,de conscience ou de religion, y compris la liberté de professer toute religion et autre croyance ou d'en changer.

2. Nul ne peut se voir refuser, soit seul, soit en communauté, la liberté de manifester ses croyances par des pratiques, un culte ou un rite et nul ne peut être contraint à accomplir un acte contraire à ce culte ou à ce rite.

3. Nulnepeutsevoirrefuser,soitseul,soitencommunauté,le droit de donner ou de recevoir un enseignement religieux sous une forme quelconque et de s'efforcer de convaincre autrui de la vérité de ses croyances.

4. Les droits et libertés ci-dessus ne peuvent être soumis à d'autres restrictions que celles prescrites par les lois pour la protection de l’ordre et de la santé publique, de la morale et des droits et libertés fondamentaux d’autrui.

E/ CN. 4/ SR.117

148

L’URSS, a questo riguardo, segnalò che anche con il russo ci sono differenze. E/CN.4/ SR.119

Le posizioni sulle limitazioni espressamente contemplate negli articoli sulle libertà di pensiero, coscienza e religione, espressione, riunione e associazione furono oggetto di critica da parte dell’Australia e del Salvador perché numerose. Invece l’URSS, Polonia, Ucraina e Yugoslavia affermarono che erano insufficienti perché con le stesse non si assicura che non si possa andare contro l’interessi dei popoli e della democrazia, nonostante gli Stati Uniti nella loro proposta avessero incluso “ l’interesse della democrazia” non l’interesse del popolo. L’Egitto propose di includere tra le limitazioni la clausola “del mantenimento della pace e del rapporto amichevole tra gli Stati”, la Nueva Zelanda “misure necessarie per la prevenzione dell’agitazione o del crimine”; la Turchia “la creazione di condizione di progresso dentro l’ordine sociale”.

Nonostante tali posizioni, bisogna ricordare che all’inizio della bozza del PIDCP sulle limitazioni della libertà di pensiero, coscienza e religione, la qualifica di “pubblica” fu data alla sicurezza, morale, salute e all’ordine, ma questo non fu così con gli altri articoli che in alcun modo avevano le stesse limitazioni, perché le altre libertà, libertà d’opinione, riunione, associazione trovavano il loro limite nella “sicurezza nazionale e ordine pubblico”

, tutto questo prima di unificarli sotto uno stesso tenore .

150 151

Sulla portata dei diritti, il rappresentante della Svezia dichiarò che il Patto aveva come obiettivo quello di proteggere i diritti dell’uomo non solo contro i governi, ma anche contro gli altri individui o contro le organizzazioni, ma questo fu oggetto di approfondimenti e si preferì che gli Stati fossero firmatari di tali obblighi in un contesto anche paritario 152

Ma la formula che suscitò più commenti fu “ordine pubblico” già prevista nell’art. 29 della Dichiarazione, essa fu oggetto di molte obiezioni da parte dei rappresentanti, perché la trovavano vaga e poteva essere applicata per numerose forme d’interventi degli Stati; in questo senso si allinearono il Belgio, l’Etiopia, la Yugoslavia, il Regno Unito che dichiarò

E/1681

150 151

A/C.3/SR.300, in questo senso furono E. Roosevelt e R. Cassin che ribadirono questo approccio.

che tale limitazione potesse includere anche la c.d. “ragione di Stato” . La Francia ribadì 153

quindi la sua proposta della clausola sulla società democratica per delimitare l’ordine pubblico, evitando così che si potessero commettere abusi in nome dell’ordine pubblico; in tal modo con quella clausola si consacrava la concezione democratica di quella nazione, con l’appoggio anche del el Salvador.

Chi fu contrario a quell’interpretazione invece fu il Pakistan, segnalando che l’espressione “ordine pubblico” si trovava in molte costituzioni del mondo e che mai si era provato con questa limitazione si giustificare tutte le misure adottare dai Governi in conformità con la loro politica. Quindi, la nozione d’ordine pubblico può essere definita in riferimento alle Costituzioni . In effetti, la Costituzione presa come riferimento dalle bozze della 154

Dichiarazione e del Patto contenevano il concetto di ordine pubblico come limitazione al diritto della libertà di culto e alla libertà di espressione . 155

Ma ciò non trascura che nella preparazione dei Patti si presero in considerazione non solo le costituzioni, ma anche i sistemi giuridici nel complesso, quindi anche gli Stati che non avevano costituzioni, in particolare in relazione alle osservazione sull’ordine pubblico 156

Il tema delle limitazioni e delle famiglie giuridiche fu un argomento che si sollevò innanzitutto in materia di ordine pubblico, in primo luogo per le traduzioni e, in secondo luogo, per la portata della limitazione. Così il concetto di ordine pubblico risulta lo stesso in lingua francese e spagnolo, mentre l’espressione inglese di “public order” non è equivalente. Così negli stati di diritto civile “l’ordine pubblico” è una nozione giuridica di base, fondamento per l’interdizione o limitazione di accordi tra particolari, l’esercizio del

E/CN.4/200

153

E/CN.4/528

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Afganistan, Brasile, Colombia, Cile, Cuba, Danimarca, Panama, Paraguay, Polonia, Siam,

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Honduras, Filippine, Egitto, El Salvador, Ecuador, Francia, Grecia, Guatemala, Haiti, Repubblica Dominicana, Islanda, Irak (e sicurezza pubblica), Libano, Nicaragua, Siria, Cecoslovacchia; la Cina invece ordine sociale e interesse pubblico; Argentina ordine e morale pubblico, Perù aveva il riferimento all’autorità e il mantenimento dell’ordine pubblico.

E/AC.7/SR.148

potere di polizia, o l’applicazione del diritto straniero. Nel common law, l’equivalente all’ordine pubblico di “public policy” si usa per l’annullamento o limitazione degli accordi tra particolari, contrariamente a questa nozione, nel diritto anglosassone il “public order” non è un concetto giuridico riconosciuto, solo significa “assenza di disordine pubblico”. In tutti caso, l’ordine pubblico come la “public policy” sono concetti vaghi e indefiniti, che certamente vanno usati in senso tecnico nelle situazioni concrete. Nonostante ciò, nelle bozze si è dato un senso ampio ad entrambe le espressioni . 157

La “società democratica” come limite dei limiti fu messa in discussione nell’elaborazione del Patto da quando, nel giugno del 1949, la Francia la propose. In effetti, l’enunciazione delle limitazioni furono oggetto di emendamenti sulla loroportata, opportunità e sulla loro traduzione; in aggiunta si propose di aggiungere all’ordine pubblicola limitazione “in una società democratica” . Questa proposta si estendeva agli articoli sulla libertà di riunione, 158

associazione ed espressione, per i quali la Francia propose che quella clausola doveva inserirsi, in conformità a quanto previsto nell’art. 29 della Dichiarazione, considerando che l’ordine pubblico ha una portata molto estesa rispetto a tale clausola . 159

Nonostante ciò, la proposta della Francia non fu accolta dalla Commissione di diritti umani e come conseguenza non fu incorporata nella redazione degli articoli 18-21 del PIDCP , 160

nonché fosse proposta per il Regno Unito dopo per gli stessi articoli e si considerò nelle bozze finali degli articoli sulla libertà di riunione e di associazione . 161

La Segretaria Generale delle Nazioni Unite, in riferimento all’esclusione della limitazione

157

dell’ordine pubblico non incise sulla discussione E/CN.4/528.

E/1371, inizialmente questa proposta fu indirizzata all’ordine pubblico, che era previsto anche

158

negli articoli sulle libertà di riunione e di associazione nel paragrafo sulle limitazioni. Dopo si estende anche alle limitazioni considerate negli articoli sulle libertà di pensiero, coscienza e religione e la libertà di espressione.

E/1681; E/1992 159 E/AC.7/SR.148 160 E/CN.4/528/Add.1 161

Le limitazioni espresse e la separazione tra lo Stato e le religione fu un argomento sollevato dalla Cina che evidenziava che nella bozza del Patto solamente c’era un paragrafo sulle limitazioni espressamente previste per la libertà di religione o convinzione e propose che le limitazione fossero comprese in una clausola generale del Patto; a suo avviso era inconsistente affermare, da un lato, la libertà di religione e, dall’altro, limitazioni solo per legge e per quei fini. A questo riguardo si ricordò ciò che accadeva in Cina, dove la presenza dei gesuiti era stata dall’inizio un’esperienza di collaborazione; al contrario, dal diciannovesimo secolo si erano sviluppati e finanziati altri interessi connessi alle attività religiose. Così la delegazione della Cina si esprimeva per la separazione tra la religione e la civilizzazione [lo Stato o la società] . 162

La ragionevolezza delle legge di un Stato fu un argomento che si sollevò nella discussione sui limiti. Infatti, tra le proposte sulla libertà di pensiero, coscienza e religione sia della delegazione degli Stati Uniti che della Francia, si proposero in relazione alle restrizioni le espressioni “ ragionevoli e necessarie previste per legge”. Tuttavia, la delegazione dell’URSS temeva che la proposta della Francia potesse essere interpretata come una distinzione sul diritto di ciascuno Stato firmatario che in leggi ragionevoli e irragionevoli. Questione che fu prontamente chiarita dalla Francia: il ragionevole o l’irragionevole sarebbe stato riferito alle limitazioni e non alle leggi. Nonostante questa spiegazione, il Libano affermò che non era d’accordo con l’URSS perché non si può assumere che ipso facto tutte le leggi siano necessarie e ragionevoli, e che quella proposta, in realtà, fa una distinzione tra leggi che sono arbitrarie e leggi che sono ragionevoli e necessarie per i fini enunciati . 163

IL tema delle religioni o delle comunità religiose come titolari di diritti civili, comprese nell’enunciato delle bozze dell’art. 18 del PIDCP, fu oggetto di discussione attraverso due proposte confrontate all’interno della Commissione: da un lato, una proposta sosteneva che

E/CN.4/SR.119

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E/CN.4/SR.119; Dopo fu il Regno Unito che chiese invece di togliere la parola “ragionevole” E/