Il pluralismo (Levinet, 2010) e il multiculturalismo (Morrone, 2005) sono due concetti legati allo Stato multinazionale e che riguardano la posizione dello Stato nei confronti delle religioni o ideologie. Nonostante questo vi sono forme di Stato che si determinano in base alle comunità religiose, che rappresentano modelli che vanno oltre il concetto di pluralismo e multiculturalismo, che caratterizza innanzitutto la società, non necessariamente lo Stato, ma che in alcuni casi come il Libano e Cipro determinano il funzionamento della struttura dello Stato.
Il fatto che ci siano, da una parte, Stati che riconoscono minoranze, e altri che si riconoscono come Stati plurinazionali, come il caso dell’Ecuador e della Bolivia, e dall’altra ci siano società, innanzitutto europee, che riconoscono il multiculturalismo, non deve confondersi con il fatto che lo Stato si riconosca come laico; inoltre anche dalla portata della laicità si comprende il pluralismo religioso che in molti casi coincide con il pluralismo culturale.
In tal modo si comprende che nei primi testi costituzionali che proclamano la laicità o separazione dello Stato (come nel caso dell’Uruguay C.1917, il Messico precisamente in quello che corrisponde alla separazione art.130 C. 1917 e dopo espressamente laico nel art. 40 nel 2013, e nella Costituzione di 1936 art. 124) si realizza una presa di posizione dello Stato nei confronti della religione, del fenomeno del multiculturalismo né del pluralismo religioso, nonostante sia presente, ma tuttavia non sia il fattore per il quale lo Stato è laico. In aggiunta vi è il caso dell’India che davanti a un pluralismo religioso prende questa tale posizione e , e il caso della Costituzione del Cile del 1925 che afferma l’uguaglianza delle confessioni.
Nel caso dell’Italia, il principio di laicità ha come uno dei suoi fondamenti il pluralismo culturale e religioso. Nella Costituzione della Bolivia, invece, è concomitante la qualificazione dello Stato plurinazionale e indipendente della religione.
«L’idea di nazione è associata a un territorio delimitato da una frontiera, un confine, entro il quale si esercita la sovranità dello Stato. Il confine è un elemento di organizzazione dello spazio, configura il mondo, opera come un dispositivo di inclusione e di esclusione» (Cassese, 2016, p. 332). «La nazione è composta di cittadini, membri di una collettività relativamente stabile, definita popolo, che si riconosce in una propria storia , assume alcuni caratteri identitari (e quindi distintivi rispetto ad altre collettività nazionali), è relativamente aperta» (Cassese, 2016, 335)
Oggi dal consolidamento dei diritti umani, che pur essendo diritti dell’individuo, «Ne deriva una separazione tra diritti e appartenenza alla comunità originaria, la nazione; una svalutazione della cittadinanza; la necessità di guardare i diritti dello straniero attraverso un prisma diverso da quello della cittadinanza, riconducendoli non alla legge nazionale, bene ai diritti umani riconosciuti a livello sovra-statale , ma anche un potenziale distruttivo della Costituzione, che è la Carta dei cittadini e rappresenta una comunità nazionale» (Cassese, 2016, 339).
Ma in questa sede è necessario tener conto che una cosa sono i collettivi immigranti che per ragioni varie si ci sono inserite nel territorio e quindi nella collettività è un altro sono le minoranze religiose, o le comunità religiose che si caratterizzano perché vogliono essere identificate come tali, quindi differenti nonostante siano cittadini o immigranti, quindi sempre non solo titolari di diritti umani ma veramente cittadini cioè con diritti e obblighi che comporta questo status.
Stato Nazione e la laicità
Il recente rapporto del Relatore del Comitato dei diritti umani sulla libertà di religione presentato ad agosto 2016 all’Assemblea delle Nazioni Unite ha evidenziato come la religione può essere strumentalizzata per affermare l’identità nazionale o culturale, ciò costituisce anche una manifestazione della perdita della fiducia nelle istituzioni pubbliche e della corrispondente legittimità del governo e de politici .Un strumento che è usato molte volte anche dagli stati che si proclamano “secolari” facendo distinzioni molto precise tra religioni degni di appoggio e religioni straniere considerate pericolose . 23
Infatti, la strumentalizzazione della religione per promuovere l’identità nazionale e l’omogeneizzazione della società invocando un patrimonio culturale o/e religioso predominante attraverso il quale (si presume) tutti i cittadini si relazionano di modo
A/71/269 Consejo de Derechos Humanos. 2.8.2016. Utilización de la religión para demarcar la
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identidad nacional
28. Además de los gobiernos que pretenden proteger determinadas afirmaciones religiosas de la verdad, muchos gobiernos promueven determinadas religiones con el fin de definir y demarcar su identidad nacional o cultural. El uso de la religión en la retórica sobre la identidad nacional se produce con mayor frecuencia que las aspiraciones gubernamentales de proteger la “pureza” de determinadas afirmaciones de la verdad. Singularizar a determinadas religiones o creencias para que reciban una protección especial como parte de un patrimonio nacional a veces conduce a incluirlas oficialmente en la constitución o en otros instrumentos legislativos. También existen religiones privilegiadas bajo los auspicios de Estados “seculares”. A pesar de que alegan que son neutrales, bastantes Estados que oficialmente son seculares demarcan su identidad nacional estableciendo distinciones muy precisas entre religiones “nacionales” dignas de apoyo y religiones “extranjeras” consideradas peligrosas o destructivas para la cohesión nacional.
positivo non solo negli stati che hanno una religione ufficiale, incluso in quelli che sono ufficialmente laici . 24
Negli Stati musulmani “l’affermarsi dello Stato nazione moderno come forma di organizzazione politica prevalente porta all’emersione del concetto di cittadinanza. L’appartenenza allo Stato si sovrappone e si intreccia, senza cancellarle, con altre forme tradizionali di appartenenza: quella religiosa alla comunità dei credenti e quella al gruppo di discendenza , familiare, tribale o etnico. Le diverse forme di appartenenza si combinano secondo varie formule attraverso le regioni del mondo musulmano, dando spesso vita a soluzioni di cittadinanza ineguali.Vi sono Stati in cui l’appartenenza politica e quella religiosa coincidono (Aluffi 2015,745).
Nel caso delle recenti costituzioni che proclamano lo Stato come plurinazionale cioè non definito in base ad una nazione, come il caso della Bolivia dove la Costituzione del 2009 stabilisce: “Art.1. Bolivia se constituye en un Estado Unitario Social de Derecho
A/HRC/25/58 Consejo de Derechos Humanos. 26.12.2013:27. Los gobiernos también pueden
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instrumentalizar la religión como medio para definir y reforzar conceptos restringidos de identidad nacional apelando a sentimientos de pertenencia a una religión con el fin de reforzar la lealtad política. Ninguna religión o creencia es inmune per se a ser utilizada de ese modo. Además, esa instrumentalización de la religión puede ocurrir en muchos contextos políticos o constitucionales distintos. La religión se ha utilizado para promover la unidad nacional y la homogeneidad de la sociedad invocando un patrimonio cultural y/o religioso predominante con el que todos los ciudadanos se supone están relacionados de manera positiva no solo en los países que tienen una religión oficial del Estado, sino también en muchos Estados oficialmente laicos. Ahora bien, la utilización de la religión para promover una política de identidad nacional conlleva el grave riesgo de que se intensifique la discriminación contra los miembros de las minorías religiosas y la hostilidad hacia las personas que se considera no comparten la identidad religiosa nacional general. Además de ser considerados diferentes desde el punto de vista de la religión, puede llegar a sospecharse que los miembros de las minorías o las personas con opiniones religiosas disidentes socavan la unidad nacional y ponen en peligro el desarrollo futuro de la nación. Ello podría aumentar la probabilidad de que se produzcan manifestaciones de odio religioso colectivo en que se entremezclen el odio nacional y el odio religioso. Por lo general, los grupos afectados son los miembros de comunidades religiosas inmigrantes o de nuevos movimientos religiosos, que con frecuencia son estigmatizados como personas que no encajan en la composición nacional y religiosa prevaleciente en el país o son incluso considerados traidores potenciales. No obstante, los miembros de minorías religiosas arraigadas en un país, que muchas veces constituyen también minorías étnicas, pueden ser igualmente objeto de estigmatización y acusados de amenazar la unidad nacional.
Plurinacional Comunitario, libre, independiente, soberano, democrático, intercultural, descentralizado y con autonomías. Bolivia se funda en la pluralidad y el pluralismo político, económico, jurídico, cultural y lingüístico, dentro del proceso integrador del país”. (…) Art. 4. El Estado respeta y garantiza la libertad de religión y de creencias espirituales, de acuerdo con sus cosmovisiones. El Estado es independiente de la religión”. [ Ilsottolineato è nostro] Nella Costituzione del 2008 dell’Ecuador : Art. 1.- El Ecuador es un Estado constitucional de derechos y justicia, social, democrático, soberano, independiente, unitario, intercultural, plurinacional y laico. Se organiza en forma de república y se gobierna de manera descentralizada. La soberanía radica en el pueblo, cuya voluntad es el fundamento de la autoridad, y se ejerce a través de los órganos del poder público y de las formas de participación directa previstas en la Constitución. Los recursos naturales no renovables del territorio del Estado pertenecen a su patrimonio inalienable, irrenunciable e imprescriptible. [il sottolineato è nostro]
Ma si evidenza che quello che potrebbe essere uno sviluppo dello stato liberale e anche laico, non coincide con diritti che hanno una maggiore portata in società non condizionate politicamente dalla religione, non è un caso che sia l’Ecuador che la Bolivia, mantengano una definizione del matrimonio esclusivamente tra persone dello stesso sesso, e l’interruzione volontaria della gravidanza sia vietata (Cfr. Comitato di Diritti Umani, informe sull’Ecuador)
“Quando noi parliamo di pluralismo religioso potremmo riferirci sia al pluralismo all’interno di una confessione religiosa, sia al pluralismo fra diverse confessioni. Il primo profilo si riferisce al modo di concepire uno degli aspetti più delicati del rapporto fra coscienza individuale e fenomeno associativo caratterizzato dalla comunanza di fede religiosa. Il secondo profilo riguarda il concorso fra diverse fedi religiose di cui si fanno portatrici diverse comunità politica, dotata di sue specifiche regole di organizzazione e di comportamento, è evidente che il fenomeno religioso finisce per intersecarsi con lo Stato e la sua costituzione” ( De Vergottini, G., 2001, 47).
“Libertà di scelta e soprattutto la libertà di manifestare liberamente la propria religione, anche in forma associativa, denotano un significativo salto in avanti rispetto alla libertà del primo Stato liberale della fine del diciottesimo secolo” ( De Vergottini, G., 2001, 49).
Identità o religione della maggioranza
Si è affermato che vi è un riferimento alla religione cattolica nelleCostituzioni peruviana e spagnola, nonostante entrambe dichiarano, nello stesso articolo, il regime di separazione ; esse riconoscono non solo l’importanza della religione cattolica ma della religione della maggioranza che nonostante il passare del tempo continua attraverso i suoi simboli, come nel caso peruviano, ad essere oggetto di manifestazione culturale e parte della pratica del popolo (sentenza del Tribunale costituzionale peruviano, 03372-2011-PA/TC che prende in considerazione la giurisprudenza della Corte Suprema degli Stati Uniti e del Tribunale costituzionale spagnolo (rispettivamente fondamenti 21 e 28 ).
A questo riguardo nella giurisprudenza della Corte Costituzionale italiana, la religione della maggioranza non è più argomento per una simile considerazione, instaurando un percorso di rilevanza della religione maggioritaria alla religione (Sentenza n. 508/2000; Sentenza n. 440/1995).
Lo Stato e il pluralismo
In questa lavoro ci riferiamo al rapporto tra lo Stato e il pluralismo ideologico-religioso, quindi aduna concezione non stretta del concetto di religione che comprende sia le credenze che le convinzioni dal momento che nei documenti in materia di diritti umani «Les normes internationales n’évoquent jamais la religion considérée isolément mais la «religion ou la conviction». (Commissione di Venezia, 2004, n.3), in questo senso si comprende il pluralismo quando si tratta in rapporto alla libertà di pensiero, coscienza e religione ( Bach, 2010, 837). Non nel senso di pluralismo giuridico e pertanto normativo.
Infatti il pluralismo presuppone il riconoscimento della diversità degli idee e dei costumi, che costituisce la più grande sfida delle società attuali, e che trova il suo fondamento nel principio di non discriminazione, il rispetto della dignità umana e lo Stato di diritto,
configurando in questo modo un fondamento anche della società democratica (Levinet, 2010, 1-5).
A livello internazionale, nell’ambito dei diritti umani possiamo prendere in considerazione che “quando noi parliamo di pluralismo religioso potremmo riferirci sia al pluralismo all’interno di una confessione religiosa, sia al pluralismo fra diverse confessioni. Il primo profilo si riferisce al modo di concepire uno degli aspetti più delicati del rapporto fra coscienza individuale e fenomeno associativo caratterizzato dalla comunanza di fede religiosa. Il secondo profilo riguarda il concorso fra diverse fedi religiose di cui si fanno portatrici diverse comunità politica, dotata di sue specifiche regole di organizzazione e di comportamento, è evidente che il fenomeno religioso finisce per intersecarsi con lo Stato e la sua costituzione” (De Vergottini, 2001,47).
“Libertà di scelta e soprattutto la libertà di manifestare liberamente la propria religione, anche in forma associativa, denotano un significativo salto in avanti rispetto alla libertà del primo Stato liberale della fine del diciottesimo secolo” (De Vergottini, 2001,49)
La laicità e le minoranze
Le religione dello Stato influenza le minoranze, il diritto e la libertà di ciascuno. Nel caso della storia occidentale europea con le guerre di religione, quella americana con l’ intolleranza e il divieto rispetto alle minoranze religiose, ciò ha un effetto diretto sulla libertà e sull’uguaglianza degli individui.
Attualmente, nonostante la pratica negli Stati costituzionali e musulmani, si mantiene un regime comunitario, quindi le minoranze religiose siano le monoteisti tollerati in base alle prescrizioni del Corano e attualmente in tanto siano registrati, non risolve il problema dello status personale e di chi cambia religione, quindi della religione maggioritaria alla minoritaria (salvo il caso del Libano). Ma anche nel caso dove non c’è il divieto o pena prevista por il cambio come nel caso del Libano, lo statuto personale di chi non vuole avere uno statuto religioso non è veramente garantito nella sua scelta perché si trova in una situazione di diseguaglianza nel ambito dei diritti che hanno di vedere con il diritto di
famiglia o di successioni, e certamente non può accedere alle cariche pubbliche perché queste si trovano soggette alle comunità cristiane e musulmane.
Il caso emblematico negli Stati confessionali musulmani, è le minoranze atei che pubblicamente non possono manifestare le sue convinzioni, quindi con questo si manifesta anche la limitazione che significa una clausola sulla religione ufficiale.
Gli atei sembrano essere le minoranze che adesso si trovano in difficoltà come lo evidenziano .
Nel caso degli Stati di maggioranza religiose, effettivamente sono gli atei che crescono come nella Francia, o quelli che sollevano i ricorsi alla Corte EDU come in Italia, o a livello nazionale con rispetto alla Corte Costituzionale.
Nel caso degli Stati di maggioranza cristiana, come negli Stati Uniti, James Madison “il principale autore del Bill of Rights” degli Stati Uniti era contrario alla istallazione di una religione ufficiale perché con questa si affetta il diritto delle minoranze (LEE et al. v. WEISMAN, personally and as next friend of WEISMAN, 505 U. S. 577 (1992) ).
Effettivamente il diritto delle minoranze, prendendo in considerazione che con il riconoscimento di queste si garantisce la libertà dell’individuo, evidenzia che la religione
come fattore “d’identità nazionale” genera una situazione propizia di discriminazione verso loro (Sentenza CEDU) 25
Identità ( Lillo, 2015); Ladeur, 2009 fondamentalismo, ritorno della religione attraverso forme individuali estreme
# Consiglio d’Europa, 2012, Les droits culturels dans la jurisprudence de la Cour européenne des 25
droits de l’homme, 9-10: 16. Il a également été demandé à la Cour de se prononcer dans des affaires relatives au droit à l’identité religieuse. Ainsi, dans la récente affaire Sinan Işık c. Turquie (no 21924/05, 2 février 2010), le requérant se plaignait du rejet de la demande qu’il avait faite de voir la mention « islam » remplacée sur sa carte d’identité par le nom de sa confession religieuse « alévie ». La Cour a conclu à la violation de l’article 9 (liberté de religion), non pas parce que les autorités refusaient de faire figurer la mention « confession alévie » sur la carte d’identité du requérant, mais au seul motif que cette carte d’identité comportait l’indication de la confession religieuse de son titulaire – indépendamment du fait que cette mention ait été obligatoire ou facultative – et donc qu’elle obligeait un individu à dévoiler, contre sa volonté, une information relative à tel aspect de sa religion ou à des convictions encore plus intimes. Bien loin de reconnaître le droit de voir reportée sur une carte d’identité la mention de la confession « alévie » de son titulaire, la Cour a considéré que la suppression de la case consacrée à la religion sur les cartes d’identité pourrait constituer une forme appropriée de réparation qui permettrait de mettre un terme à la violation constatée (§ 60). 17. La liberté de pensée, de conscience et de religion, garantie par l’article 9 de la Convention est, en effet, un droit important pour que les minorités puissent préserver leur identité, dans la mesure où il protège les manifestations de la religion ou des convictions, individuellement ou collectivement, en public ou en privé, par le culte, l’enseignement, les pratiques et l’accomplissement des rites. La pratique collective d’un culte est sans doute la forme la plus évidente de la manifestation collective de cette liberté. L’accès aux lieux de culte et les restrictions imposées à la possibilité pour celles et ceux qui se reconnaissent dans ce culte de prendre part aux services religieux soulèvent les questions liées aux droits garantis par l’article 9 (voir Chypre c. Turquie [GC], no 25781/94, §§ 241-247, CEDH 2001-IV: restrictions imposées à la liberté de circulation des Chypriotes grecs vivant dans le nord de Chypre). Le refus d’accorder à une communauté religieuse l’accès à des aliments provenant d’animaux abattus conformément à des prescriptions religieuses peut importer violation du droit de manifester ses convictions au sens de l’article 9 (Cha’are Shalom Ve Tsedek c.France [GC], no 27417/95, CEDH 2000-VII: abattage rituel destiné à fournir aux communautés juives des aliments provenant d’animaux abattus conformément aux prescriptions de leur religion). Le port de symboles religieux est également protégé par la liberté de manifester sa religion, bien que la Cour ait souvent reconnu que les ingérences de l’Etat sous la forme d’interdictions ou de restrictions étaient justifiées pour défendre les principes de la laïcité et de la parité entre les sexes (à propos de l’interdiction du port du voile islamique dans les universités et les établissements scolaires, voir Leyla Şahin c. Turquie [GC], no 44774/98, § 116, CEDH 2005-XI, et Dogru c. France, no 27058/05, § 72, 4 décembre 2008 : dans ces deux affaires, la Cour avait conclu à l’absence de violation de l’article 9 ; voir, a contrario, l’affaire Ahmet Arslan et autres c. Turquie, no 41135/98, CEDH 23 février 2010, dans laquelle la Cour a estimé que la condamnation pénale des membres d’un groupe religieux pour avoir porté un turban, une tunique noire et un bâton dans des lieux publics et à l’extérieur d’une mosquée, emportait violation de l’article 9).
L’azioni positive rispetto alle «minoranze religiose» o alle confessioni religiose minoritarie secondo ci siamo davanti a caratteristiche, evidenziano per parte della dottrina nel caso spagnola un rischio che consiste in compromettere la laicità o neutralità dello Stato di fronte al fattore religioso (Lopez-Isidro e Palomino, 2011, 19).
Ma questo rischi invece non è tale nella giurisprudenza della Corte costituzionale italiana quando si afferma che il principio di laicità implica “garanzia dello Stato per la salvaguardia della libertà di religione, in regime di pluralismo confessionale e culturale” (sentenza 203/1989) e l’uguaglianza tra le confessioni art. 3, 8 e 19 della Costituzione (sentenza 52/2016). Considerando che l’intese anche possono essere indirizzate a riconoscere le esigenze specifiche di ciascuna delle confessioni religiose (sentenza n. 235 del 1997).
Questo nel Libano è simile in relazione al regime comunitario, nonostante quello sia un regime parlamentare, e non si riconosca costituzionalmente la libertà di cambiare di religione costituzionalmente né anche si viete questa possibilità, che per legge se ammette al facilitare la scelta di uscire d’una comunità religiosa e non scegliere un altra.