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LE AUTORITA' AMMINISTRATIVE INDIPENDENTI NEL QUADRO POLITICO-ISTITUZIONALE

Premessa

Bisogna osservare come, ormai, le Autorità amministrative indipendenti siano parte integrante del nostro ordinamento, perciò appare doveroso trovare nella Costituzione un definitivo fondamento in termini di assetto organizzativo, attribuzioni di funzioni e poteri, a tutela di diritti costituzionali dei cittadini e di libertà fondamentali. In altre parole si vuol delimitare le loro competenze rispetto agli altri poteri e organi costituzionali.

Le Autorità, tuttavia, non sono previste esplicitamente in Costituzione, ma solo nelle leggi del Parlamento di cui si deve verificare la conformità al dettato costituzionale, sia per il tipo di poteri che gli vengono riconosciuti sia per l'incidenza che quei poteri hanno sul sistema in generale previsto dalla Costituzione.

D'altra parte, restano ancora aperti i dibattiti sulla legittimazione delle stesse all'interno dell'ordinamento data la lacuna costituzionale. Senza dimenticare, la tipica formula definitoria, la legittimazione delle Autorità va ricercata nella giustificazione del potere nonché nel consenso e nell'accettazione del potere medesimo, secondo le regole della democrazia.

Fatalmente, legittimazione democratica e legittimazione costituzionale vengono spesso a sovrapporsi all'interno dell'indagine, per questo occorre condurre alcune considerazioni sulla collocazione complessiva delle Autorità rispetto all'organizzazione dei pubblici poteri e al sistema dei diritti.

In questa cornice, non manca l'elemento politico dato dalla complessa rete di rapporti che le Autorità intrattengono con Parlamento e Governo. Nei confronti di quest'ultimo organo, si accendono alcune tesi provocatorie in dottrina che fanno riferimento alla nomina governativa dei vertici delle Autorità, creando un «idem sentire che lega in un rapporto fortemente fiduciario i vertici delle Autorità con l'orientamento della maggioranza»1.

Tuttavia, non è una teoria isolata in quanto si possono ritrovare molte altre posizioni in dottrina, tutte diverse e capaci di ricondurre la legittimazione delle Autorità a diversi titoli: chi al potere giurisdizionale facendo riferimento al controllo esercitato sugli atti, chi al diritto comunitario quasi fossero, le Autorità, enti autarchici dell'Unione Europea2, o ancora, chi riconduce il loro

fondamento nel cosiddetto potere di moral suasion di cui sono dotate.

Il tema è assai variegato e i campi investiti nel corso dell'indagine sono innumerevoli, visto che è stato studiato da più angolazioni da parte di giuristi, economisti e politologi.

1 L. ARCIDIACONO, Governo, autorità indipendenti e pubblica amministrazione, p. 104. 2 F. MERUSI, Le autorità indipendenti tra riformismo nazionale e autarchia comunitaria, p.

3.1 La questione di legittimità

La principale difficoltà a rinvenire un univoco fondamento è data dalla mancanza di una disciplina costituzionale, lacuna che rende arduo conciliare i caratteri dell'indipendenza riconosciuta a questi organismi con la tradizionale struttura amministrativa del nostro ordinamento. Non solo, ma una volta affermato il suo carattere principale e delineati i suoi contorni, resta aperta la questione su quale sia il titolo che legittima l'Autorità indipendente ad intervenire nei settori sensibili, al posto dell'apparato amministrativo diretto dal Governo.

L'orientamento prevalente è quello di respingere l'idea di fondare il potere sulla derivazione politico rappresentativa, sopratutto nel caso di specie. Non si tratta di organismi assimilabili al Parlamento o al Governo, le premesse e le stesse aspettative sono ben diverse, per cui risulta più plausibile percorrere la strada del modello del giudice costituzionale. Date le funzioni di garanzia, egli trae la sua legittimazione del suo potere da una razionalità orientata al valore.

Il superamento definitivo di una democrazia monolitica fondata sulla sovranità della volontà generale la quale escludeva la possibilità che un'attività pubblica potesse sottrarsi alla presa, diretta o indiretta, del governo responsabile3, ha favorito la diffusione di un modello

«madisoniano»4, cioè sulla scorta delle Corti costituzionali si erige

l'istituzione delle Autorità indipendenti.

Valorizzando le Autorità come potenziali organi di garanzia, si dà la

3 L. ELIA, Autorità: uno sguardo costituzionalista, p. 49.

4 H si riferisce in misura prevalente a variabili di natura istituzionale, legate con i processi ed i meccanismi di controllo, limitazione e separazione dei poteri. L’architettura di check and balances istituzionali, tipica dello stato di derivazione liberale, ha come fine ultimo la prevenzione della tirannia. In questo modo la responsabilità del corretto funzionamento dell'ordinamento viene devoluta alla collaborazione tra leaders soggetti al controllo reciproco. Tuttavia, secondo molti filosofi e giuristi di ogni tempo, questa è una visione elitaria del processo democratico che sopravvaluta eccessivamente l'efficienza dei meccanismi formati di limitazione del potere. [Cfr. M. CUCCHINI, Democrazia, elezioni,

possibilità di riconoscere ad esse una natura ultronea rispetto a quella degli organi amministrativi tradizionalmente intesi, visto che i confini della vigente struttura amministrativa sono troppo restrittivi e soffocanti per il fenomeno delle Autorità indipendenti.

Una facile obiezione, che si potrebbe muovere nei confronti di quest'ultima tesi, sta nel rilevare l'eccessivo numero di Autorità istituite per poter svolgere, con autorevolezza, quell'analoga funzione di vigilanza esercitata dal giudice costituzionale. Invero, questa critica crollerebbe di fronte alla polipartizione dei poteri ed alla sempre maggior complessità dei compiti che alle organizzazioni pubbliche sono imputati. Il vero rischio è semmai che la nozione di garanzia, disseminata tra più titolari della medesima, possa perdere la sua verve evanescendo i suoi effetti di bilanciamento rispetto al peso della politica.

Sullo sfondo di questa diatriba resta comunque il diritto comunitario che nella sua ascesa ha inciso notevolmente nel consolidamento delle Autorità indipendenti. In taluni casi si parla di «comunitarizzazione sotterranea», cioè Autorità costituite fuori dalla matrice comunitaria si sono viste attribuire poteri sempre più consistenti dal diritto comunitario derivato5.

Questo fenomeno è frutto dell'ennesimo accorciamento della coperta dell'art. 11 della Costituzione il quale, richiamando per inciso il nuovo testo del primo comma dell'art. 117 della Costituzione, individua l'adempimento degli obblighi comunitari come veicolo dell'esercizio della funzione legislativa statale e regionale. Tale rilievo acquista un immenso valore e spunto per indagare non solo sui rapporti tra Costituzione e diritto comunitario, ma anche sulla collocazione del fenomeno delle autorità indipendenti alla stregua dei principi della Costituzione per l'Europa.

A tal proposito si è parlato delle Autorità come enti autarchici comunitari, costruiti con una dissociazione fra la disciplina della funzione, demandata al diritto comunitario, e la disciplina dell'organizzazione, demandata ai singoli diritti nazionali.

Altra parte della dottrina6 ha avanzato di un sistema reticolare all'interno

del quale gravitano tutte le diverse Autorità nazionali, ed al centro di esso una grande Autorità comunitaria propulsiva e di coordinamento. In questo modo si giustificherebbe l'attribuzione di poteri alle Autorità nazionali direttamente dal diritto comunitario senza la necessità dell'intermediazione dell'organo politico nazionale. Si parlerebbe di una sorta di circolarità di legittimazione reciproca tra livello nazionale e livello sovranazionale, in quanto le Autorità si farebbero carico di tutelare diritti divenuti fondamentali anche per l'Unione Europea. Si avrebbe al vertice la Commissione, quale

server di rete, e in periferia le Autorità nazionali, quali terminal delle politiche

comunitarie7.

Dietro queste teorie si cela comunque una necessaria constatazione: il diritto comunitario ha fornito un forte impulso, se non il principale, alle Autorità indipendenti nel processo di legittimazione. Esse sono state trasformate quasi in una longa manus del diritto europeo nei diritti nazionali.

Tuttavia, alcune obiezioni sono del tutto opportune.

Innanzitutto, pur individuando una derivazione comunitaria al fenomeno delle autorità indipendenti, allo stesso tempo non posso essere evase dal diritto positivo.

Esse realizzerebbero la cosiddetta par condicio concorrenziale, ossia sarebbe la natura delle cose a imporre la presenza delle autorità nella tutela e regolazione dei diversi settori nevralgici, diventando così fonte di auto legittimazione8. Affermando così la supremazia del valore-principio, di natura

extragiuridica peraltro, significa sancire la subordinazione del diritto e della politica all'economia.

Anche alla luce dei nuovi fenomeni globalizzanti si rischia di sacrificare il diritto, la politica e l'etica all'economia e ai suoi valori destabilizzando il

6 P. BILANCIA, Autorità amministrative indipendenti nazionali e processo di integrazione

europea, p. 17 ss.

7 U. CERASOLI, Le autorità indipendenti nel processo decisionale europeo, Università La Sapienza di Roma, Roma.

concetto del diritto del più forte. Anche parlare di «natura delle cose» è, a parere di molti, mistificante per la nozione stessa la quale perderebbe tutto il

proprium positivistico che evoca9. Perciò, la Costituzione e il diritto dei

Trattati non posso assolutamente cedere dinnanzi all'economia, laddove questo accadrebbe si aprirebbero le porte di uno Stato economico e di una Costituzione economica.

In seconda battuta, rinviare il dato fondativo delle Autorità al diritto comunitario in modo esclusivo è del tutto fuorviante. Alcune di esse sono del tutto estranee a tale matrice, risultando immediatamente esecutive di valori costituzionali. Tutto ciò è rilevabile in qualsiasi Paese dell'Unione Europea, seppur è vero che il diritto comunitario è intervenuto con lo scopo principale di armonizzare il contenuto delle legislazioni nazionali, ogni singolo ordinamento ha creato le autorità indipendenti secondo itinerari, schemi e premesse totalmente diverse ed impermeabili all'idea di conformazione.

L'eclettica struttura dei Quangos, l'esperienza francese della Commission

nationale de l'informatique et des libertés e quella spagnola dell'Agencia de Protecciòn de Datos hanno dimostrato chiaramente come la medesima

direttiva comunitaria si sia concretizzata in modo diverso10.

In definitiva, si è dimostrato come un conto è sostenere che le Autorità si pongono come anello di giunzione tra il diritto comunitario e il diritto nazionale, in cui il primo rinvigorisce la legittimazione complessiva; altra cosa è sostenere che le Autorità si legittimano nel diritto comunitario in modo esclusivo, quest'affermazione oltre a essere insufficiente genera non poca confusione.

D'altro canto, non bisogna tralasciare anche la strada che porta ad esaminare la capacità delle stesse Autorità, a cercare e trovare in sé stesse la

9 L'espressione fa riferimento al fatto che data la natura delle cose si accetta un solo ordinamento, ossia quello dello Stato. E' un concetto spesso ignorato o tralasciato dai giuristi che qualora ne parlino lo mescolano con concetti affini e non affini.

Cfr. N. BOBBIO, Il positivismo giuridico, Giappichelli, Torino, 1996.

10 Altre volte, i diritti nazionali hanno usato figure soggettive analoghe ma diverse per dare attuazione alle direttive comunitarie. Gli ombudsman sono le autorità in materia di

privacy di derivazione scandinava, conseguita attraverso il ricorso ad organi

misura e le capienza della loro legittimazione. Questo percorso ha avuto, tuttavia, poca diffusione in Italia rispetto al resto d'Europa in cui le Autorità hanno conquistato il consenso degli altri soggetti pubblici dimostrando in concreto la loro missione. Tutto ciò ha svolto un ruolo ancor più rilevante per quelle Autorità che lasciavano intravedere, al momento della loro istituzione, una derivazione governativa oscurando così il loro carattere d'indipendenza.

In questo modo vengono, ancora una volta, esaltate: l'altezza morale dei membri, la disciplina garantista in materia di mandato e di revoca quali baluardi di assoluta indipendenza. E' la «saggezza» dell'Autorità ad essere fonte di legittimazione11.

Questo non deve rendere l'Autorità un organo di carattere oracolare, sarebbe del tutto inammissibile deporre speranze di totale genuinità nel loro operato, non a caso viene posto un controllo giurisdizionale. Le stesse, tuttavia, devono impegnarsi allo stesso tempo a non debordare dal loro campo d'azione. Imporre, ad esempio, una linea di politica economica significa oltrepassare il confine della propria legittimità, cadendo nella autoreferenzialità o addirittura nell'arbitrio. La «chiave di volta» resta affidata al senso di responsabilità e all'intelligenza di coloro che sono chiamati a gestire da garanti le nuove stagioni12.

11 Il commento è estrapolato dalla dottrina francese, pioniera di questo percorso logico di legittimazione. Essa infatti, esprimendosi in merito al Médiateur de la République nominato direttamente dal Governo anche dopo la legge del 13 Gennaio 1989 che espuntava l'aggettivo administrative dalla sua denominazione ufficiale, in modo molto pragmatico faceva leva su tutti questi elementi propri della sua disciplina, quali espressione di «sagesse». M. COLLET, Le contrôle juridictionel, p. 357 «la sage n'a pas à

être impartial […] car il ne peut être partial: il décide en fonction de ce qu'il sait, et pas de ce qu'il pense ou désire».

3.2 I rapporti con il Parlamento

Le Autorità amministrative indipendenti, data la loro natura trasversale e le loro singoli caratteristiche, che le pongono su di un piano differente rispetto alle ordinarie strutture di pubblica amministrazione, richiedono un'attenta analisi sui rapporti che instaurano con le altre istituzioni dello Stato.

Occorre richiamare, ora più che mai, quello speciale profilo d'indipendenza che sottrae le Autorità da un rapporto di subordinazione con il Governo, senza che ci sia neppure un legame di responsabilità. Non solo, esercitando funzioni di vigilanza, di normazione e di risoluzione delle controversie, le Autorità derogano al principio di separazione dei poteri su cui si fonda l'ordinamento costituzionale italiano, in base al quale ogni singola funzione viene esercitata da istituzioni preposte in modo separato e distinto.

Peraltro, le Autorità operano nei settori nevralgici della società intrecciandosi in una fitta rete, sia gli interessi pubblici sia gli interessi privati, in un contesto tendenzialmente scevro da orientamenti politici e ispirato meramente alla neutrale esperienza tecnica.

Appare quindi palese come il rischio paventato è quello di travalicare il tradizionale asse politico-istituzionale: corpo elettorale-Parlamento-Governo. A pagarne maggiormente le spese è stato l'organo legislativo, il quale negli ultimi decenni ha subito un'attrazione dei propri poteri verso l'alto in favore dell'Unione Europea, verso il basso in favore degli enti locali e, ora, di lato in favore delle Autorità indipendenti.

Questa, diciamo, «piccola usurpazione di potere» ha spinto il Parlamento a rivedere e a valorizzare tutte quelle funzioni che fino ad adesso sono state esercitate solo marginalmente, ridisegnando i confini del ruolo che potrà ancora esercitare sulle grandi scelte di natura economica.

In questo modo si riscoprono quelle potenzialità finora quasi sconosciute ma comunque di prim'ordine: ad esempio, tutte le questioni attinenti l'ambito e l'equilibrio tra i poteri di indirizzo politico e i poteri di alta amministrazione

o di esercizio della discrezionalità rispetto ad ambiti specifici sono pertanto rilevanti13.

Tuttavia, il Parlamento per evitare che le Autorità recidessero qualsiasi legame in forza della tanto decantata indipendenza, ha più volte richiesto che gli sia riconosciuto con organica disciplina un potere ispettivo e di conoscenza, il quale gli permetta di poter emettere giudizi. Pare però abbastanza lapalissiano, come l'Assemblea abbia meramente sfruttato un pretesto per denunciare questo «scippo» di potere e cercare di tenere, per quanto gli è più possibile, sotto controllo le Autorità indipendenti.

Invero, il Parlamento è già in possesso degli strumenti per sottoporre ad attento scrutinio l'attività complessiva, i risultati e le eventuali disfunzioni delle Autorità, nell'ambito di una fondamentale forma di controllo democratico che non lede l'autonomia delle istituzioni, anzi contribuisce a fortificare la legittimazione come organi dello Stato-ordinamento.

D'altra parte, le stesse Autorità lamentano un deficit d'incisività dei poteri che gli sono stati assegnati. Infatti, è stato segnalato dai presidenti come sia necessario dotare di maggior valore vincolante il contributo sotto forma di segnalazioni e pareri al Governo, al Parlamento e ai Consigli regionali, in quanto nella maggior parte dei casi restano un nulla di fatto, non trovando un seguito nel procedimento legislativo.

Più specificatamente, in materia di legge annuale per il mercato e la concorrenza, è stato auspicato che anche le proposte formulate dalle altre autorità nelle materie di competenza siano prese in considerazione al pari di quelle dell'Antitrust, ai fini della predisposizione della legge annuale14.

13 Ad esempio, in materia di Autorità per l'energia elettrica e il gas, la legge istitutiva prevede che il Parlamento delinei gli indirizzi generali di politica economica sulla base della quale l'Autorità possa esercitare il proprio potere in materia tariffaria.

14 La legge annuale per il mercato e la concorrenza è nata con l'obiettivo di rimuovere gli ostacoli regolatori, di carattere normativo e amministrativo all'apertura dei mercati promuovendo, così, lo sviluppo della concorrenza e la tutela dei consumatori. L'AGCM invia annualmente una segnalazione (ai sensi dell'artt. 21-22 della l. n. 287/1990) recanti proposte di riforma pro-concorrenziali del quadro normativo e regolatorio. L’AGCM evidenzia che sulla semplificazione della regolazione e sulla liberalizzazione dei mercati negli ultimi anni molto è già stato fatto ma molto resta ancora da fare; per promuovere il superamento degli ulteriori ostacoli che limitano la concorrenza e la competitività del Paese nonché le strozzature infrastrutturali ancora esistenti, l’Autorità

Il quadro istituzionale appena descritto evidenzia, ad ogni modo, una situazione caratterizzata già da ampie collaborazioni tra Parlamento e Autorità, le quali però, necessitano di essere rafforzate e sistematizzate viste le diverse necessità denunciate da ambo le parti.

Negli ultimi anni il legislatore si è mosso in questa direzione, rafforzando la partecipazione delle Autorità in specifici settori spesso anche delicati. Ad esempio, in materia di servizi pubblici essenziali la disciplina organica si basa in gran parte su segnalazione dell'Antitrust, oppure, non da ultimo, il d.l. n. 2/2012 in materia di disposizioni urgenti per la concorrenza, lo sviluppo delle infrastrutture e la competitività, è stato definito dal Governo dando attuazioni in molte parti alle segnalazioni che sono state formulate dalle Autorità indipendenti.

Bisogna pur sempre tener presente che il rafforzamento del profilo d'indipendenza di questi organismi, non determina il venir meno del rapporto interlocutorio con Governo e Parlamento. Questi ultimi sono pur sempre titolari indiscussi del potere legislativo ed esecutivo, a cui spettano le decisioni politiche sugli interessi generali, sugli standards di tutela e sul punto di equilibrio fra ragioni di efficienza dei mercati ed altri interessi generali.

Sicuramente, anche in questo caso, i canali di comunicazione vanno potenziati e rivisti alla luce delle nuove necessità. Il riferimento è alle audizioni periodiche presso le Commissioni parlamentari, le quali potrebbero essere previste in via sistematica per approfondire i contenuti delle relazioni annuali presentate dalle Autorità.

In passato, ambiziosa proposta fu quella che mirava a ricondurre ad unità tutte le relazioni presentate dalle singole autorità sulle attività svolte, rilevando gli elementi di raccordo e le eventuali distonie mediante un esame congiunto degli atti, dal quale sarebbe dovuto derivare un documento in cui si potrebbero profilare anche gli indirizzi di politica intersettoriale volti a dare

ritiene imprescindibile realizzare in maniera compiuta le riforme strutturali dei mercati, accelerando l’attuazione effettiva di quelle già avviate.

un indirizzo comune alle singole autorità e volti al bilanciamento dei diversi valori. Tali indirizzi avrebbero avuto come destinatarie più autorità e non una sola, evitando il rischio di ingerenze nell’attività di ciascuna di esse: nel tempo si è visto tuttavia come si trattasse di una configurazione interessante ma di difficile realizzazione pratica15.

Il punto cruciale del rapporto tra potere politico e autorità indipendente, su cui si erige la discussione principale, riguarda il potere di controllo che può esercitare il primo sull'operato del secondo, senza transcendere il connotato dell'indipendenza. In linea generale, possono essere individuate due forme di controllo peraltro complementari.

In primo luogo, si tratta di una controllo sui comportamenti effettivamente tenuti dalle Autorità, attraverso le audizioni presso il Parlamento e i flussi informativi periodici al Governo e al Parlamento.

La seconda forma, riguarda controlli ex-ante cioè alla stregua di quella norma istituiva dell'autorità che ha prefissato puntualmente la missione, i poteri, le ripartizioni di competenze, le modalità di assunzione delle decisioni e per finire gli effettivi criteri di selezione dei vertici.

Individuare preventivamente la missione con legge, permette alle stesse Autorità di svolgere il proprio ruolo con maggiore efficienza e di verificarne la corrispondenza dei risultati agli obiettivi individuati dal legislatore.

Infatti, se gli obiettivi ed il mandato è chiaro e dettagliato, l'Autorità è coscia fin da subito del percorso che deve intraprendere in concreto nonché le

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