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Le clausole d’intero accordo e l’art 2722 c.c.

CLAUSOLE D ’ INTERO ACCORDO

10. Le clausole d’intero accordo e l’art 2722 c.c.

La possibilità di ricollegare le clausole d’intero accordo alle norme in tema di prova permette in verità di coglierne un profilo di rilevanza ancora più circoscritto.

Nella misura in cui, per mezzo delle clausole in esame, le parti circoscrivono l’intero regolamento contrattuale a quello che emerge dal documento in cui la clausola è inserita, le stesse, come visto, escludono la possibilità di avvalersi di eventuali patti ulteriori, aggiunti o contrari al regolamento documentato, di cui si assume la stipulazione in fase antecedente alla formazione del documento, o che siano stati perfezionati in concomitanza alla conclusione del contratto, ma che tuttavia non siano poi confluiti nel testo in cui è racchiusa la clausola in esame.

La funzione svolta in tal modo dalla clausola d’intero accordo, a ben vedere, riprende il dettato di una norma giuridica che è già presente nel nostro ordinamento.

L’art. 2722 c.c., infatti, già esclude la possibilità di provare, in via testimoniale, patti aggiunti o contrari al contenuto di un documento, di cui si assuma la stipulazione antecedente o contestuale alla formazione del documento stesso.

La giurisprudenza ha avuto modo di specificare ulteriormente la portata della norma in esame, affermando che la prova testimoniale di patti aggiunti o contrari al contenuto di un documento è inammissibile tutte le

(161) PEZZANI, Il regime convenzionale, cit., p. 156.

(162) Riconduce gli accordi in esame all’art. 2725 c.c., PEZZANI, Il regime convenzionale, cit., p. 217. Si è espresso a favore degli accordi in esame anche PATTI, La disponibilità delle prove, cit., p. 94, sempre che tali accordi vertano in tema di diritti disponibili.

volte in cui il documento stesso, nelle intenzioni dei contraenti, sia idoneo per il suo contenuto a rivelare (163) ed a racchiudere (164) la convenzione dedotta in giudizio.

Ciò vale sia nel caso in cui il documento sia sottoscritto da entrambe le parti, sia nel caso in cui sia stato sottoscritto da una sola di esse, ma sia stato poi confermato anche dall’altra parte – la quale, ad esempio, attraverso il proprio comportamento processuale, non abbia rinnegato l’attribuibilità anche a se stessa del documento (165) – e sia ancora nel caso in cui il documento sia un atto unilaterale proveniente da una delle parti (166).

Da quanto precede consegue l’irrilevanza delle clausole d’intero accordo per l’ordinamento italiano, nella misura in cui l’esclusione della possibilità di utilizzare la prova testimoniale al fine di ricostruire il regolamento contrattuale è già stabilita per legge. L’unica funzione che le clausole d’intero accordo sono idonee pertanto a svolgere è quella di escludere la possibilità di utilizzare, sempre a questi fini, prove documentali antecedenti o contestuali, il cui contenuto sia in contrasto con quello del documento che possiamo definire finale, o che abbiano l’effetto di ampliare il regolamento contrattuale da quest’ultimo ricavabile.

Pare opportuna una precisazione: le sentenze che hanno fatto applicazione della norma di cui all’art. 2722 c.c. sembrano ricavare la completezza del regolamento dal semplice ricorso delle parti alla forma documentale: sembra, cioè, che la sola presenza di un documento sia idonea a rivelare la completezza dell’accordo, purché tale documento sia ovviamente riferibile a tutte le parti interessate dal rapporto contrattuale.

Il valore così attribuito al documento non è altro, in fondo, che la presa d’atto di ciò che avviene nella pratica degli affari, per cui per prassi costante è preoccupazione delle parti ribadire nel documento scritto gli

(163) Cass. civ., 2 febbraio 1996, n. 897, in Foro it., Rep., 1996, voce Prova testimoniale, n. 8, in massima, e nella banca dati De Jure, edita da Giuffrè, per esteso.

(164) Cass. civ., 4 febbraio 1966, n. 376, in Foro it., 1966, p. 1558.

(165) Nel caso in cui si tratti invece di una scrittura privata unicamente sottoscritta da una delle parti, ed il cui contenuto sia in conflito con quello del documento, la giurisprudenza è solita negare l’operatività del limite stabilito dall’articolo in esame. Cfr. Cass. civ., 19 dicembre 1999, n. 12826, in Foro it., Rep., 1999, voce Prova testimoniale, n. 8; Cass. civ., 9 marzo 1995, n. 2747, in Giur. it., 1995, p. 235 ss., con nota di RONCO, Testimonianza e documento unilaterale tra regole ed eccezioni; Cass. civ., 26 agosto 1993, n. 9021, in Foro it., Rep., 1993, voce Prova testimoniale, n. 8; Cass. civ., 1 giugno 1968, n. 1663, in Giur. it., 1969, p. 1803, con nota di SCARDACCIONE, Sul limite di ammissibilità della prova testimoniale stabilito dall’art. 2722 cod. civ.

accordi precedenti, eventualmente stipulati in forma verbale, ed inserire anche quelli raggiunti in sede di redazione del documento. La prova testimoniale è pertanto considerata con minor favore, così dal legislatore come dalla giurisprudenza, in quanto avente ad oggetto circostanze contrarie al normale comportamento delle parti contraenti, e pertanto idonea a configurare un mezzo di prova che offre minori garanzie di quelle che è idonea a fornire la prova documentale (167).

Le considerazioni che precedono finirebbero con l’attribuire alle clausole d’intero accordo, se possibile, ancora minore rilevanza.

E tuttavia, non sono mancati casi in cui la giurisprudenza ha subordinato il giudizio di prevalenza della prova documentale (e la conseguente esclusione della prova testimoniale), alla verifica in concreto della idoneità del documento a racchiudere l’intero regolamento contrattuale, verifica condotta analizzando quale fosse stata la comune intenzione dei contraenti a tal riguardo (168).

L’applicazione concreta della norma codicistica sembra pertanto far salvo un profilo di rilievo delle clausole d’intero accordo: le stesse si rivelano, infatti, idonee a svelare al completezza dell’accordo risultante dal documento, e quindi a consentire la piena operatività del canone di cui all’art. 2722 c.c. (al pari di come le stesse, come visto in precedenza, si rivelano idonee ad individuare il “contratto” da sottoporre ad interpretazione, di cui all’art. 1362 c.c.).

11. Forma ad substantiam e forma ad probationem ovvero forma dell’atto