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Le condizioni del trasporto stradale e su rotaia

2.3 Lo stato dei trasporti a seguito del cataclisma

2.3.1 Le condizioni del trasporto stradale e su rotaia

A seguito del sisma e dello tsunami la potenzialità dei sistemi di trasporto stradale e ferroviario nell’area del Tohoku era drammaticamente diminuita. 1233 strade riportarono seri danni nelle prefetture di Aomori, Miyagi, Yamagata, Akita; Ibaraki, Tochigi, Saitama, Gunma, Chiba e Iwate. A causa del collasso di ponti o cavalcavia, le profonde crepe createsi nel manto stradale o per l’immane mole di detriti trasportata dalla forza dello tsunami, 540 tratti di strade a pedaggio, autostrade nazionali e autostrade regionali vennero chiusi. 72 di questi risultavano ancora non accessibili al 31 Gennaio 2012 [69]. A causa dell’estrema carenza di carburante ed al fine di agevolare le operazioni di soccorso riducendo al minimo il traffico sui tratti stradali integri, la popolazione fu immediatamente invitata dalle autorità ad evitare l’utilizzo delle proprie vetture.

Diversi operatori di trasporto pubblico su gomma nelle prefetture di Iwate, Miyagi e Fukushima subirono seri danni alle proprie risorse operative: 219 mezzi vennero distrutti o gravemente danneggiati dallo tsunami e numerosi dipendenti si trovarono nell’impossibilità di svolgere il proprio lavoro, o perché direttamente colpiti dal cataclisma, o a causa di danni alle proprie proprietà o di decessi ed infortuni gravi tra i propri familiari. Nelle prefetture sopracitate circa il 25% delle tratte servite prima del disastro risultavano non operative per insufficienza di risorse [73]. L’operatività fu ulteriormente ridotta dall’estrema carenza di carburante nei giorni immediatamente successivi al terremoto, sia per la ridotta possibilità di raffinare le scorte di greggio dovuta ai danni riportati dalla maggior parte delle raffinerie della regione, sia per l’impossibilità di approvvigionarsi di petrolio causata dallo stato di pesante devastazione di tutti i porti della regione e delle pipeline di trasporto dipartenti da punti di attracco off- shore. In Figura 2.3 è possibile vedere quali fossero le arterie stradali regionali ancora fruibili nei primi 20 giorni successivi al disastro, ovvero i tratti autostradali Sakata-Yamagata, Niigata-Yamagata, Sendai-Yamagata, Shinjo- Sendai e Niigata-Fukushima-Sendai. Restava inoltre intatto il collegamento tra la città di Yamagata e il suo aeroporto.

Figura 2.3 - Mappa dei trasporti nel Tohoku dopo il sisma(YPG, [72])

Per quanto riguarda invece il trasporto su rotaia, 64 linee ferroviarie furono rese inutilizzabili per i danni riportati dalla rete a causa delle scosse sismiche e delle inondazioni. Le linee convenzionali JR e la linea ad alta velocità Tohoku Shinkansen rimasero completamente inattive per 20 giorni dopo il disastro [73]. La normale operatività del servizio ferroviario riprese solo 50 giorni dopo il disastro. Ancora in Figura 2.3 si può vedere come la funzionalità della rete ferroviaria, sia ordinaria sia ad alta velocità, fosse completamente azzerata. Stante questo stato di cose, per almeno 20 giorni dopo il terremoto, l’unica soluzione di trasporto fruibile per chi volesse uscire ed entrare dalla regione rimaneva il trasporto aereo.

2.3.2 Le condizioni del sistema di trasporto aereo e l’inondazione dell’aeroporto di Sendai

Per ragioni storiche e politiche [74], il Giappone possiede un elevatissimo numero di strutture aeroportuali, come mostrato da Figura 2.4, in grado di supportare un traffico aereo di dimensioni ben maggiori di quelle effettive. Per quanto riguarda il Tohoku abbiamo già avuto modo di accennare al fatto che, in condizioni normali, la maggior parte del traffico aereo è assorbita dall’aeroporto di Sendai. Gli altri aeroporti della regione sono caratterizzati invece da flussi di passeggeri modesti, come riportato dal diagramma di Figura 2.5, che mostra i volumi complessivi di traffico per tutti gli aeroporti della regione nel triennio 2010-2011-2012. Nel medesimo grafico si evidenzia la netta flessione di traffico

sperimentata dall’aeroporto di Sendai nel 2011 a causa del cataclisma.(dati MLIT [75]). . Ibaraki at te Sh

Figura 2.5 - Volumi di traffico aereo civile nel Tohoku per il triennio 2010-2011-2012 (MLIT, [75])

A seguito del sisma infatti, gli aeroporti di Sendai, Hanamaki, Fukushima ed Ibaraki subirono danni tali da comprometterne la continuità operativa. In particolare ad Hanamaki ed Ibaraki ampie porzioni dei pannelli di copertura del terminal collassarono a terra. A Fukushima le scosse causarono la frantumazione delle vetrate della torre di controllo, rendendola momentaneamente inservibile. In ogni caso nel giro di tre giorni dal disastro tali aeroporti avevano riacquisito piena operatività.

Molto diversa era la situazione dell’aeroporto di Sendai. Situato a poche centinaia di metri dal mare e privo di qualsiasi protezione frangiflutti, l’aeroporto fu investito in pieno dalla violenza dello tsunami. I danni riportati furono di entità impressionante. Le due piste di atterraggio, il piazzale e le taxiways vennero sommerse da diversi metri d’acqua mentre il terminal fu allagato fino alla quasi totalità del primo piano.

Ritiratesi le acque, l’aerostazione si trovava in condizioni di severissima devastazione. Ricoprivano l’area dell’aeroporto una quantità stimata intorno ai 300.000 metri cubi di detriti, tra cui 1000 automobili, alberi, piccoli velivoli e intere abitazioni prefabbricate. Fortunatamente nessun jet di linea si trovava sulla pista al momento dell’impatto dello tsunami. Oltre all’enorme cumulo di detriti, ricopriva l’asfalto dei 3000 metri di pista uno strato di fango e sabbia spesso oltre cinque centimetri. I generatori di emergenza dell’aeroporto e le apparecchiature ATC furono rese completamente inservibili dall’acqua. Subì inoltre gravi danni la principale via di accesso all’aeroporto: la Sendai Airport

0 500 1000 1500 2000 2500 3000 2010 2011 2012 Traffico civile [person e] Anno

Volumi di traffico aereo Tohoku

Sendai Akita Aomori Shonai Fukushima Misawa Hanamaki Yamagata Odate Noshiro

Access Railway, bretella ferroviaria tra la città di Sendai e il suo aeroporto, che rimase inutilizzabile per diversi mesi dopo il disastro. Per due giorni l’aeroporto risultò completamente isolato e con esso le circa 1400 persone tra passeggeri, personale dell’aeroporto e abitanti delle zone limitrofe che trovarono rifugio nel terminal, come previsto dai protocolli di gestione dell’emergenza della protezione civile locale. Fu questo uno degli aspetti più immediati dell’emergenza. In condizioni di completo isolamento e all’interno di uno scenario di devastazione generalizzata, privi di sufficienti generi alimentari, di risorse e spazi adeguati, le autorità dell’aeroporto di Sendai dovettero provvedere per due giorni all’alimentazione ed alla sicurezza di tutti gli individui rifugiati all’interno del terminal12.

La temporanea perdita dell’aeroporto di Sendai costituì uno dei principali problemi nella risposta alla catastrofe del Marzo 2011. Con strade, ferrovie e porti resi in gran parte inservibili per i danni strutturali patiti o per l’ostruzione costituita dai detriti trasportati dalla forza delle acque, la possibilità di utilizzare elicotteri ed aeroplani per le operazioni di soccorso e supporto divenne capitale. Inoltre si dovette far fronte ad una consistente domanda di trasporto aereo da parte della popolazione, dovuta a due fattori principali: da un lato la volontà di parte della popolazione di abbandonare zone disastrate o ritenute rischiose per la propria salute e sicurezza, quale la prefettura di Fukushima, interessata dagli incidenti agli impianti nucleari di Fukushima-Daichi; dall’altro i flussi in ingresso e in uscita causati dai numerosi giapponesi residenti nei centri economici e industriali del Paese, le megalopoli di Tokyo e Osaka, desiderosi di ricongiungersi con i propri cari residenti nelle zone colpite dal cataclisma. Anche il trasporto di beni di prima necessità, quali acqua, viveri e carburante, dipese sostanzialmente dal solo traffico aereo.

In questo quadro è facile capire come per le autorità locali e nazionali divennero una priorità assoluta tanto il recupero, nel più breve tempo possibile, della piena operatività del principale hub aeroportuale della regione quanto la possibilità, nell’immediato, di sopperire alla sua perdita attraverso aeroporti ancora operativi.

Rispetto al primo di questi due aspetti fu di fondamentale importanza il supporto fornito dall’esercito degli Stati Uniti d’America all’interno dell’operazione “Tomodachi”. Questa consistette nel dispiegamento da parte del Governo USA, attraverso lo U.S. Forces Japan (USFJ) e lo U.S. Pacific Command (USPACOM), di 24.500 uomini, 22 navi, 2 portaerei, 189 velivoli e 122 veicoli terrestri per sostenere il governo giapponese e la Japan Self Defense Force (JSDF) nelle operazioni di soccorso, ricerca dei dispersi e risposta al disastro. Il

12

Informazioni tratte da colloquio con personale Tokyo Regional Civil Aviation Bureau, Sendai Office, presso aeroporto di Sendai in data 15 Maggio 2012.

16 Marzo furono inviati a Sendai 300 marines ed un elevato numero di mezzi pesanti per la rimozione dei detriti. I militari americani, supportati da un’impresa di costruzione locale, lavorarono 24 ore su 24 per ristabilire l’operatività dell’aeroporto, ottenendo risultati sensazionali. Già nel pomeriggio del 16 Marzo il primo MC-130 della US Air Force poteva atterrare a Sendai. Il 28 Marzo 1000 metri di pista erano disponibili per l’atterraggio di velivoli militari. Il 13 Aprile, a poco più di un mese dal disastro, l’aeroporto riapriva a voli civili per Osaka e Tokyo. Da sottolineare il contributo fondamentale al realizzarsi di un recupero di funzionalità così rapido, dello staff del Technical Emergency Control (TEC), un’unità del MLIT specializzata nella gestione di situazioni di crisi, inviata all’aeroporto di Sendai nei giorni immediatamente successivi al disastro. Questi supportarono attivamente il personale dell’aerostazione e del terminal nell’affronto dell’emergenza e nell’accelerazione delle operazioni di recovery. In particolare si occuparono di gestire l’evacuazione della popolazione rifugiatasi nel terminal, della direzione delle operazioni di sgombero della pista di atterraggio da parte dei militari statunitensi, di fornire un dispositivo radar di emergenza per l’ATC e di coordinare le operazioni di ripristino delle recinzioni delle piste di atterraggio, totalmente divelte dallo tsunami.

2.3.3 Il ruolo degli aeroporti regionali e dell’aeroporto di Yamagata nella gestione dell’emergenza

Nonostante la straordinaria rapidità con cui l’aeroporto di Sendai fu reso nuovamente operativo questi rimase inutilizzabile per voli di soccorso per 17 giorni, e chiuso al traffico civile per un mese. In questo lasso di tempo si dovettero quindi trovare valide alternative, a maggior ragione per l’indisponibilità parziale o totale delle infrastrutture di trasporto stradale e ferroviario. La soluzione a questo problema fu trovata grazie all’utilizzo dei numerosi aeroporti regionali del Tohoku. Questi ultimi, notevolmente sottoutilizzati rispetto alla propria potenzialità massima in condizioni operative normali, funsero da riserva strategica per il sistema di trasporto aereo della regione, sopperendo inoltre alla mancanza di mezzi di trasporto alternativi. Il grafico di Figura 2.6 illustra in modo approssimato quanto appena detto. Considerato infatti il numero complessivo di passeggeri gestito dall’aeroporto di Sendai nel mese di Febbraio, lo si è confrontato con la somma degli incrementi nel numero di passeggeri sperimentato dagli altri aeroporti regionali nel mese di Marzo, mettendo così in luce come la diminuzione del traffico su Sendai sia stata di fatto compensata da tali incrementi.

Figura 2.6 – Variazione traffico aereo complessivo nel Tohoku a cavallo del disastro (MLIT, [75])

In questo senso è possibile affermare che il sistema di trasporto aereo ebbe un comportamento fortemente resiliente, in quanto in corrispondenza dell’evento disastroso e nei giorni successi, riuscì a mantenere il proprio livello di servizio sostanzialmente immutato. Nel conseguire tale risultato centrale fu il ruolo dell’aeroporto di Yamagata.

La necessità di recuperare al più presto un accettabile livello di potenzialità di trasporto aereo per il traffico civile, indusse le autorità giapponesi ad individuare nel più breve tempo possibile nodi aeroportuali sui quali trasferire i voli che Sendai non era momentaneamente in grado di operare [73]. Per motivi di prossimità geografica che possono essere verificati in Figura 2.4, la scelta ricadde sugli aeroporti di Fukushima (prefettura di Fukushima), Hanamaki (prefettura di Miyagi), e Yamagata (prefettura di Yamagata). I gestori delle tre aerostazioni citate e le compagnie aeree che servivano normalmente l’aeroporto di Sendai, si attivarono immediatamente per trasferirne i voli e si provvide ad esortare la popolazione a privilegiare l’utilizzo dei tre aeroporti per i propri spostamenti.

Nella realtà dei fatti l’aeroporto di Yamagata riscontrò però un incremento nel flusso di passeggeri gestiti decisamente superiore rispetto agli altri due. Questo si dovette principalmente a due motivi. Per prima cosa l’estrema vicinanza delle città di Yamagata e Sendai rendeva la scelta dell’aeroporto di Yamagata nettamente più conveniente per persone che necessitassero con urgenza del

0 0,2 0,4 0,6 0,8 1 1,2 Feb Mar

Variazione traffico aereo Tohoku Feb-Mar

2011

Shonai Noshiro Hanamaki Aomori Fukushima Akita Yamagata Sendai

servizio di trasporto aereo. In secondo luogo la minaccia di una catastrofe nucleare presso la centrale di Fukushima Daiichi indusse molti passeggeri ad evitare l’aeroporto di Fukushima. Per questo motivo dopo pochi giorni dal disastro i voli civili su Fukushima vennero ridotti al minimo, e l’aeroporto venne esclusivamente utilizzato come base per gli elicotteri di soccorso.

L’aeroporto di Yamagata, dotato di una pista di atterraggio di 2000 metri, opera in condizioni normali 4 voli al giorno: 3 per Osaka ed 1 per Tokyo, con un volume di passeggeri annuale che nel 2010 si attestava intorno ai 186.000 (Figura 2.5). Nei giorni successivi al disastro il numero dei voli e dei passeggeri aumentò esponenzialmente. Dal 12 al 31 del mese di Marzo si raggiunse un massimo di 32 voli al giorno, con l’incremento dei voli per le destinazioni già servite e l’aggiunta di voli speciali per Sapporo e Nagoya; nello stesso intervallo temporale il flusso di passeggeri ebbe un incremento medio di 15 volte rispetto a quanto osservato nei medesimi giorni del mese di Marzo dell’anno precedente, come mostrato in Figura 2.7.

Figura 2.7 – Numero di passeggeri partiti dall’aeroporto di Yamagata nel Marzo 2010 e nel Marzo 2011 (MLIT, [75])

Per un considerevole numero di giorni l’aeroporto di Yamagata passò dunque da essere aerostazione sostanzialmente inutilizzata, sita in un’area esclusa dalle principali direttrici di trasporto del Tohoku, a nodo aeroportuale di primo piano della regione.

Questo cambiamento venne effettuato con estrema rapidità ed un grado di flessibilità sorprendenti. Tuttavia, fu invitabile l’insorgere di alcune criticità operative. Sebbene infatti le compagnie aeree, gli amministratori dell’aeroporto, ovvero lo Yamagata Airport Office (YAO), il MLIT attraverso il Tokyo Civil

0 200 400 600 800 1000 1200 1400 1600 1800 2000 2200 2400 2600 2800 3000 1213141516171819202122232425262728293031 Passeggeri Giorni

Numero passeggeri partiti da Yamagata

mar-11 mar-10

Aviation Bureau (TCAB) e l’ATC giapponese si fossero immediatamente prodigate per adeguare il più rapidamente possibile la potenzialità di trasporto dell’aeroporto di Yamagata alla crescente domanda, nei giorni immediatamente successivi al disastro non sempre si fu in grado di consentire a tutti i passeggeri arrivati al terminal dell’aeroporto di raggiungere le destinazioni desiderate. Il grafico di Figura 2.8 mostra, secondo quanto riportato dai rapporti del Yamagata Prefectural Government (YPG), il numero di persone che si vide costretta a pernottare in aeroporto nei giorni successivi al cataclisma.

Figura 2.8 – Persone che pernottarono nell’aeroporto di Yamagata a seguito del sisma

(YPG, [72])

L’indisponibilità del sistema di trasporto ferroviario, in particolare del Tohoku Shinkansen, ed il nuovo ruolo di perno del trasporto aereo regionale assunto da Yamagata si riflesse inoltre in una serie di scompensi sulla rete di trasporto pubblico terrestre regionale che dovette rispondere ad un notevole incremento della domanda di trasporto in direzione della stazione ferroviaria di Yamagata, punto di partenza per i bus navetta diretti all’aeroporto. Anche il servizio di mezzi navetta, a causa dell’ indisponibilità (protrattasi dal giorno del sisma sino al 2 Aprile 2011) del collegamento su rotaia tra la città di Yamagata ed il suo aeroporto, fu interessato da un volume di passeggeri eccezionalmente superiore alla norma. 0 10 20 30 40 50 60 70 80 12 13 14 15 16 17 18 19 20 21 22 23 24 25 26 27 28 29 30 31 Giorni Marzo 2011

Code a fine giornata terminal di Yamagata

Figura 2.9 – Persone in attesa al Terminal di Yamagata(YPG, [72])

Figura 2.10 – Persone in coda alla Stazione di Yamagata(YPG, [72])

Come testimoniato da Figura 2.10, anche in questo caso il disallineamento tra la crescente domanda e la potenzialità che si riuscì ad esprimere, portò alla formazione di vaste code di persone in attesa, sia nel terminal e nella stazione ferroviaria di Yamagata, sia nelle località di partenza dei Bus di trasporto regionale, nelle città di Sendai, Niigata, Sakata e Tsuruoka (Figura 2.3).

Quanto appena descritto costituisce la realtà rappresentata dal modello elaborato all’interno del presente lavoro di tesi, e lo scenario a partire dal quale hanno preso le mosse le analisi condotte. In particolar modo, come chiariremo nel Capitolo 4, ci si è posti innanzitutto in una prospettiva diagnostica, cercando di stabilire l’importanza relativa dei diversi fattori operativi per il raggiungimento di performance di resilienza e flessibilità tanto elevate, per poi andare ad indagare il grado di stabilità di tali performance rispetto a variazioni nel livello di disponibilità di alcune risorse critiche. Prima di affrontare in modo esteso le analisi a cui si è qui accennato, nel capitolo che segue viene descritto il modello ad eventi discreti elaborato allo scopo e se ne espone il processo di validazione.

Capitolo 3

Il modello sviluppato

Dopo aver chiarito nel Capitolo 1 quale sia il collocamento del presente lavoro di tesi all’interno della produzione scientifica sulle analisi di resilienza ed aver esposto nel Capitolo 2 i fatti che costituiscono il contesto del presente caso di studio, in questo capitolo si presenta in dettaglio il modello di simulazione sviluppato, che ha costituito lo strumento base per l'analisi di resilienza del sistema di trasporto regionale durante la fase di emergenza immediatamente a valle dell'evento catastrofico.

Per prima cosa si approfondiranno alcune caratteristiche della simulazione ad eventi discreti, nella loro accezione di simulazioni process-oriented; si esporranno le caratteristiche fondamentali del software di simulazione utilizzato per lo sviluppo del modello specifico, presentando quegli elementi che costituiscono i moduli fondamentali del sistema, chiarendo nel dettaglio funzioni e proprietà dei macro componenti in cui sono stati aggregati a formare l'architettura globale del sistema; da ultimo si presenteranno le modalità seguite per la predisposizione dei dati di input, a partire dai dati disponibili raccolti sul campo, e il processo di validazione del modello.