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Le condizioni di possibile liceità delle intese

Nel documento Le reti di imprese e il diritto antitrust (pagine 155-172)

Capitolo II. 2° livello – la struttura dell’illecito

2.2 Le condizioni di possibile liceità delle intese

i. Le restrizioni per oggetto e per effetto

L’articolo 2 della L. 287/90 stabilisce che « … 2. Sono vietate le intese tra imprese

che abbiano per oggetto o per effetto di impedire, restringere o falsare in maniera

consistente il gioco della concorrenza all'interno del mercato nazionale o in una sua parte

rilevante anche attraverso attività consistenti nel: a) fissare direttamente o indirettamente i

prezzi d'acquisto o di vendita ovvero altre condizioni contrattuali; b) impedire o limitare la

produzione, gli sbocchi, o gli accessi al mercato, gli investimenti, lo sviluppo tecnico o il

progresso tecnologico; c) ripartire i mercati o le fonti di approvvigionamento; d) applicare,

nei rapporti commerciali con altri contraenti, condizioni oggettivamente diverse per

prestazioni equivalenti, così da determinare per essi ingiustificati svantaggi nella

concorrenza; e) subordinare la conclusione di contratti all'accettazione da parte degli altri

contraenti di prestazioni supplementari che, per loro natura o secondo gli usi commerciali,

non abbiano alcun rapporto con l'oggetto dei contratti stessi». Identica è la disposizione

dell’art. 101 TFUE, a parte alcune differenze terminologiche scarsamente rilevanti, e la

circostanza che la disposizione interna specifica la non tassatività delle attività

esemplificativamente indicate alle lettere a) – e).

Anzitutto occorre specificare che il divieto colpisce indifferentemente tanto del

intese c.d. orizzontali quanto quelle c.d. verticali. La circostanza è stata chiarita nel 1966

dalla Corte di giustizia nel caso noto come Consten e Grundig

686

, tuttavia, come è stato

685 F

ABBIO, PH., Gli obiettivi del diritto antitrust comunitario nel dibattito recente, in AA.VV., Impresa e mercato. Studi dedicati a Mario Libertini. Tomo II, Concorrenza e mercati, Milano, 2015, 847 ss.,

686

Sentenza della Corte del 13 luglio 1966. Établissements Consten S.à.R.L. e Grundig-Verkaufs- GmbH c. Commissione della C.E.E. Cause riunite 56 e 58-64, «La Corte osserva che il principio della libertà

156

evidenziato, il diritto antitrust dell’Unione europea ha sempre dimostrato un certo favore per

le integrazioni verticali, e ciò ha portato all’adozione di un Regolamento di esenzione per

l’intera categoria a cui appartengono questo tipo di accordi

687

. Secondo quanto specificato

dal Regolamento: «Esempi classici di accordi verticali sono gli accordi di distribuzione tra

produttori e commercianti all‘ingrosso o dettaglianti. Gli accordi verticali che determinano

solamente il prezzo e la quantità per una transazione specifica di vendita e acquisto di

norma non restringono la concorrenza. Tuttavia, una restrizione della concorrenza può

verificarsi se l‘accordo contiene restrizioni per il fornitore o il compratore, ad esempio se

obbliga l‘acquirente a non acquistare marchi concorrenti».

La distinzione tra intese vietate per il loro oggetto e quelle vietate per il loro effetto

deve essere intesa, secondo la dottrina

688

, nel senso che essi «sono due profili del medesimo

fenomeno, che può essere più generalmente costruito in termini di ―intento‖ o ―scopo‖

perseguito dalle parti mediante l‘intesa. Il significato principale dell‘interpretazione … sta

dunque nel ritenere sufficiente, per l‘accertamento dell‘antigiuridicità dell‘intesa, la

semplice idoneità a produrre un effetto restrittivo della concorrenza». In quest’ottica,

accertata la circostanza che l’intesa ha un oggetto concorrenziale – ovverosia quelle

consistenti nelle fattispecie elencate nella disposizione, considerate restrizioni hard core –

non sarà ulteriormente necessario indagarne ulteriormente gli effetti distorsivi già

verificatisi

689

. In ogni caso, la giurisprudenza comunitaria si è dimostrata oscillante

nell’escludere un’analisi approfondita rispetto alle condotte considerate vietate per oggetto,

ciò in virtù della descritta tendenza ad applicare i divieti alla luce dei mutevoli obiettivi delle

regole di concorrenza comunitarie

690

.

della concorrenza riguarda i vari stadi e aspetti di questa. Se la concorrenza fra produttori è in genere più appariscente di quella fra distributori della stessa marca, ciò non significa che un accordo diretto a restringere quest'ultima sia sottratto al divieto dell'articolo 85, paragrafo 1, per il solo fatto che esso potrebbe incrementare la prima».

687 Regolamento (Ce) n. 2790/1999 della Commissione del 22 dicembre 1999 relativo all'applicazione

dell'articolo 81, paragrafo 3, del trattato CE a categorie di accordi verticali e pratiche concordate, in GU L 336/21, sostituito dal Regolamento (Ue) n. 330/2010 della Commissione del 20 aprile 2010 relativo all‘applicazione dell‘articolo 101, paragrafo 3, del trattato sul funzionamento dell'Unione europea a categorie di accordi verticali e pratiche concordate, in GU L 102/1.

688 L

IBERTINI, M., Diritto della concorrenza dell‘Unione Europea, Milano, 2014, 128.

689 Sentenza della Corte del 27 gennaio 1987. Verband der Sachversicherer e.V. c. Commissione delle

Comunità europee. Causa 45/85, punto 39, «la presa in considerazione degli effetti concreti di un accordo è superflua qualora emerga che esso ha l'oggetto di restringere, impedire o alterare il gioco della concorrenza».

690 Cfr., ad esempio, Sentenza della Corte (Quinta Sezione) del 19 aprile 1988. Louis Erauw-Jacquery

SPRL c. Società cooperativa La Hesbignonne. Domanda di pronuncia pregiudiziale: Tribunal de commerce de Liège. Causa 27/87, in Racc. 1988 -01919; Sentenza della Corte del 28 aprile 1998. Javico International e Javico AG c. Yves Saint Laurent Parfums SA (YSLP). Domanda di pronuncia pregiudiziale: Cour d'appel de Versailles. Causa C-306/96 in Racc. 1998 I-01983.

157

Un’ulteriore circostanza merita di essere sottolineata, per la rilevanza che può

spiegare nell’ambito dei rapporti reticolari. Come è stato evidenziato in dottrina, «una volta

che l‘oggetto dell‘intesa sia stato valutato come anticoncorrenziale, tutti i soggetti

partecipanti divengono ugualmente responsabili, senza che il loro contributo effettivo o

potenziale al raggiungimento di effetti anticoncorrenziali possa avere rilievo, se non al

massimo come attenuante o aggravante»

691

.

Per quanto riguarda la restrizione per effetto, il Tribunale di primo grado

692

ha

stabilito che «La valutazione di un accordo ai sensi dell'art. 85, n. 1, del Trattato deve tener

conto dell'ambito concreto nel quale esso produce i suoi effetti, in particolare del contesto

economico e giuridico nel quale operano le imprese interessate, della natura dei servizi

contemplati dall'accordo nonché delle effettive condizioni di funzionamento e della struttura

del mercato interessato, a meno che non si tratti di un accordo che comporta manifeste

restrizioni della concorrenza, come, ad esempio, la fissazione dei prezzi, la suddivisione del

mercato e il controllo degli sbocchi. L'esame delle condizioni di concorrenza su un dato

mercato si deve fondare non solo sulla concorrenza attuale tra le imprese già presenti sul

mercato di cui trattasi, ma anche sulla concorrenza potenziale, onde accertare se, in

considerazione della struttura del mercato e del contesto economico e giuridico che ne

determina il funzionamento, sussista la possibilità reale e concreta che le imprese

interessate si facciano concorrenza reciproca o che un nuovo concorrente possa inserirsi

sul mercato di cui trattasi e fare concorrenza alle imprese già impiantate».

È stata evidenziata in dottrina

693

l’analogia esistente tra la nozione di restrizione per

oggetto di cui al diritto della concorrenza europeo e i divieti per se elaborati dalla common

Law statunitense in applicazione dello Sherman Act. In particolare è stato affermato che

«l‘art. [101 §1 TFUE], così come è stato interpretato dagli organi di giustizia comunitari,

considera tra le restrizioni per oggetto alcune tipologia di accordi talmente perniciosi da

essere enormemente probabile che arrechino un pregiudizio al consumer welfare»

694

. La

691 L

IBERTINI, M., Diritto della concorrenza dell‘Unione Europea, Milano, 2014, 128.

692

Sentenza del Tribunale di primo grado (Seconda Sezione) del 15 settembre 1998. European Night Services Ltd (ENS) e altri c. Commissione delle Comunità europee. Cause riunite T-374/94 e altre, in Racc. 1998 II-03141. Cfr. anche C. Giust. CE, causa C-7/95 P, John Deere, punto 88, e in causa C-238/05, Asnef-Equifax, punto 51: «Affinché un accordo abbia effetti restrittivi sulla concorrenza ai sensi dell‘art. 101, par. 1, TFUE, esso deve avere un significativo impatto negativo reale o probabile su almeno uno dei parametri della concorrenza nel mercato, quali prezzo, produzione, qualità dei prodotti, varietà dei prodotti o innovazione. Gli accordi possono produrre tali effetti quando riducono sensibilmente la concorrenza tra le parti dell‘accordo o tra le parti e terzi. Ciò significa che l‘accordo deve ridurre l‘indipendenza decisionale delle parti a causa di obblighi in esso contenuti che regolano il comportamento di mercato di almeno una delle parti oppure influiscono sul comportamento di mercato di almeno una, determinando un mutamento dei suoi incentivi.

693 W

HISH, R., Competition Law, VI ed., Oxford, 2009, 118.

694

158

differenza con il sistema antitrust americano sta nel fatto che, nonostante la condotta sia

considerata illecita per se, questo comporta esclusivamente che non dovrà essere accertato

l’effetto anticoncorrenziale mediante le complesse analisi della struttura del mercato

altrimenti richieste, ma non impedisce di considerare l’effetto proconcorrenziale ai fini

dell’inclusione nell’esenzione della rule of reason di cui al successivo § 3 dell’art. 101

TFUE

695

.

In ogni caso, nella determinazione dell’effetto anticoncorrenziale, occorre

preventivamente stabilire se la condotta è idonea ad arrecare «pregiudizio al commercio tra

Stati membri» (ovvero «all'interno del mercato nazionale o in una sua parte rilevante») da

tale accertamento si determinerà la disciplina applicabile, tra quella comunitaria e quella

nazionale. Infatti, secondo quanto stabilito dalla Corte, «Sarebbe infatti inutile vietare

accordi, decisioni o pratiche a motivo dei loro effetti se questi dovessero venir separati dal

mercato nel quale si manifestano e non potessero venir valutati che separatamente dagli

altri effetti, convergenti o meno, in mezzo ai quali essi si producono. Onde stabilire se una

convenzione è vietata dall'articolo 85, n. 1, non è quindi possibile isolarla da detto contesto,

vale a dire dalle circostanze di fatto o di diritto che fanno sì che l'atto impedisce, restringa o

falsi il gioco della concorrenza. In vista di questo scopo, l'esistenza di contratti analoghi

può essere presa in considerazione»

696

.

Tale accertamento, come è stato evidenziato in dottrina

697

, implica l’applicazione di

un giudizio contro fattuale volto a ipotizzare gli effetti sulla concorrenza dell’assenza

dell’accordo o della pratica in esame

698

. In tale prospettiva occorre anche considerare

l’incidenza potenziale dell’intesa nell’impedire l’accesso al mercato da parte di altri

695

Cfr. Sentenza del Tribunale di primo grado (Seconda Sezione) del 15 luglio 1994. Matra Hachette SA c. Commissione delle Comunità europee. Causa T-17/93, in Racc. 1994 II-00595, «Non vi può essere, in via di principio, una pratica anticoncorrenziale la quale, quale che sia l'intensità dei suoi effetti su un determinato mercato, non possa essere esentata, qualora siano cumulativamente soddisfatte le condizioni stabilite dall' art. 85, n. 3, del Trattato».

696

Sentenza della Corte del 12 dicembre 1967. S.A. Brasserie de Haecht c. i soci di fatto Wilkin- Janssen. Domanda di pronuncia pregiudiziale: Tribunal de commerce de Liège. Causa 23-67.

697 W

HISH, R., Competition Law, VI ed., Oxford, 2009, 124.

698 Cfr. Sentenza del Tribunale di primo grado (Quarta Sezione) del 2 maggio 2006. O2 (Germany)

GmbH & Co. OHG c. Commissione delle Comunità europee. Causa T-328/03: «In un caso in cui venga riconosciuto che l‘accordo non possiede oggetto anticoncorrenziale, occorre esaminare gli effetti dell‘accordo stesso e, affinché possa applicarsi il divieto, la sussistenza degli elementi che provino che la concorrenza sia stata effettivamente vuoi impedita, vuoi ristretta o sensibilmente falsata. A tal fine occorre considerare come la concorrenza avrebbe in effetti operato senza l‘accordo controverso; l‘alterazione della concorrenza può essere messa in dubbio, in particolare, qualora l‘accordo appaia necessario, appunto, ai fini della penetrazione di un‘impresa in una zona in cui precedentemente non operava. … l‘esame richiesto riguardo all‘art. 81, n. 1, CE, consiste essenzialmente nel prendere in considerazione l‘impatto dell‘accordo sulla concorrenza attuale e potenziale, nonché la situazione della concorrenza in assenza di accordo; tali due aspetti sono intrinsecamente connessi»

159

operatori economici

699

. In sostanza ciò che è richiesto alla Commissione, alle autorità degli

Stati membri o alla parte in giudizio che invochi la nullità dell’accordo è la dimostrazione

della presenza di barriere all’entrato nel mercato di riferimento.

Inoltre, come evidenziato in dottrina

700

, un elemento che attiene alla fattispecie

dell’illecito e che può rivelarsi efficace per negare che l’intesa abbia come effetto quello di

«restringere o falsare in maniera consistente il gioco della concorrenza» è quello di

dimostrare che la restrizione è imprescindibile al fine di perseguire un risultato lecito con

riferimento all’operazione economica complessivamente considerata. La prova della c.d.

accessorietà (ancillarity) consiste nella dimostrazione della assoluta necessità del patto

restrittivo nell’ottica dell’efficienza dell’operazione. Vi sono alcuni esempi, nella

giurisprudenza comunitaria, di eccezioni fondate sulla prova dell’accessorietà della

restrizione, il cui accoglimento ha evitato l’accertamento della violazione. In particolare, non

è ritenuta avere effetto restrittivo l’intesa contrattuale contenente clausole anticompetitive

quando: (i) l’operazione è finalizzata a consentire alle imprese di conquistare nuovi

mercati

701

; (ii) le clausole anticoncorrenziali sono applicate in maniera non discriminatoria

699 Cfr. Sentenza della Corte del 28 febbraio 1991. Stergios Delimitis c. Henninger Bräu AG.

Domanda di pronuncia pregiudiziale: Oberlandesgericht Frankfurt am Main. Causa C-234/89, in Racc. 1991 I- 00935: «Un contratto di fornitura di birra è vietato dall' art. 85, n. 1, del Trattato qualora ricorrano due condizioni cumulative. Occorre, in primo luogo, che, tenuto conto del contesto economico e giuridico del contratto oggetto della controversia, il mercato nazionale della distribuzione di birra nei pubblici esercizi sia difficilmente accessibile a concorrenti che potrebbero insediarsi in tale mercato o espandere ivi la loro quota di mercato. Il fatto che il contratto di cui trattasi faccia parte in tale mercato di un complesso di contratti analoghi, che producono un effetto cumulativo sul gioco della concorrenza, costituisce solo un fattore, fra tanti, per valutare se un siffatto mercato sia effettivamente di difficile accesso. E' necessario, in secondo luogo, che il contratto di cui trattasi contribuisca in modo significativo all' effetto di blocco prodotto dal complesso di questi contratti, nel loro contesto economico e giuridico. L' importanza del contributo del contratto individuale dipende dalla posizione delle parti contraenti sul mercato considerato e dalla durata del contratto».

700 W

HISH, R., Competition Law, VI ed., Oxford, 2009, 125.

701 Cfr. Sentenza della Corte del 30 giugno 1966. Société Technique Minière (L.T.M.) c.

Maschinenbau Ulm GmbH (M.B.U.). Domanda di pronuncia pregiudiziale: Cour d'appel de Paris. Causa 56-65: «Per quanto riguarda la concessione del diritto esclusivo di vendita, secondo l'atteggiamento fin qui assunto dalla Commissione, essa rappresenterebbe già in linea di massima una restrizione della concorrenza a norma dell'articolo 85, paragrafo 1, anche ove non sia rafforzata da un'altra garanzia che prende forma di divieto d'esportazione. Questo atteggiamento sarebbe in antitesi con lo scopo della rappresentanza esclusiva e sarebbe quindi erroneo nella sua concezione economica iniziale. Sarebbe infatti innegabile che scopo della rappresentanza esclusiva è quello di aprire al produttore nuovi sbocchi sui mercati esteri, nel modo più efficace possibile malgrado la presenza di concorrenti. Un accordo di rappresentanza esclusiva non avrebbe quindi lo scopo di restringere la concorrenza, ma servirebbe anzi ad accrescerla aumentando l'offerta di merci sul mercato di cui trattasi. Il sistema di rappresentanza esclusiva favorirebbe quindi la concorrenza, e ne aumenterebbe l'intensità. La concessione del diritto esclusivo di vendita non potrebbe avere l'effetto di impedire, restringere o falsare la concorrenza». Cfr. contra Sentenza della Corte del 13 luglio 1966. Établissements Consten S.à.R.L. e Grundig-Verkaufs-GmbH c. Commissione della C.E.E. Cause riunite 56 e 58-64, in cui ad un patto analogo non è neanche stata concessa l’esenzione ai sensi del § 3 dell’(ex) art. 85, in quanto esso prevedeva, in aggiunta, il divieto di esportazione al fine di evitare le importazioni parallele. Vale anche la pena citare l’obiter dictum contenuto nella sentenza sui possibili effetti proconcorrenziali delle

160

in un sistema di distribuzione selettiva

702

; (iii) in un accordo di licenza di privative

industriali la clausola di esclusiva è finalizzata a garantire il recupero degli investimenti del

licenziatario

703

; (iv) analogamente, il patto di esclusiva per la rappresentazione di opere

coperte da diritti d’autore è necessario per recupero degli investimenti sostenuti per la

distribuzione di esse

704

; (v) le clausole anticompetitive sono volte a mantenere l’identità

della rete di franchising

705

; (vi) le clausole di esclusiva sono volte a garantire il

clausole anticompetitive inserite nel contesto di accordi per l’integrazione verticale: «[esse] possono avere effetti negativi ma anche positivi. Ad esempio, possono aiutare un produttore ad entrare in un nuovo mercato o ad evitare che si crei una situazione in cui un distributore si avvantaggia degli sforzi promozionali di un altro distributore o consente a un fornitore di ammortizzare un investimento fatto per uno specifico cliente».

702 Cfr. Sentenza della Corte del 25 ottobre 1977. Metro SB-Großmärkte GmbH & Co. KG c.

Commissione delle Comunità europee. Causa 26/76, in Racc. 1977 -01875: «Sistemi di distribuzione selettiva costituiscono uno degli elementi di concorrenza conformi all' art. 85, n. 1, purché la scelta dei rivenditori avvenga secondo criteri oggettivi di indole qualitativa, riguardanti la qualificazione professionale del rivenditore, del suo personale e dei suoi impianti, questi requisiti siano richiesti indistintamente per tutti i rivenditori potenziali e vengano valutati in modo non discriminatorio».

703 Cfr. Sentenza della Corte dell'8 giugno 1982. L.C. Nungesser KG e Kurt Eisele c. Commissione

delle Comunità europee. Causa 258/78, in Racc. 1982 -02015: «Nel caso della licenza relativa ad un diritto di costituzione per nuove sementi … ottenute in uno Stato membro, l'impresa avente sede in un altro Stato membro, la quale non abbia la certezza di non subire la concorrenza da parte di altri licenziatari per la sua zona di concessione, o da parte dello stesso titolare del diritto, potrebbe, infatti, essere indotta a non assumere il rischio della coltura e della distribuzione di tale prodotto, risultato che sarebbe nocivo alla diffusione di una nuova tecnologia e che recherebbe quindi pregiudizio alla concorrenza fra il nuovo prodotto ed i prodotti analoghi esistenti nell'ambito della Comunità. Tenendo conto della specificità dei prodotti di cui trattasi, la Corte ritiene che, in un caso come quello di specie, la concessione d'una licenza esclusiva aperta, cioè di una licenza che non riguardi la situazione di terzi, come gli importatori paralleli ed i licenziatari per altre zone, non è di per sé incompatibile con l'art 85, n. 1, del Trattato». Analogamente cfr. Louis Erauw-Jacquery SPRL c. Società cooperativa La Hesbignonne. Domanda di pronuncia pregiudiziale: Tribunal de commerce de Liège. Causa 27/87, cit., in cui non è stato ritenuto anticoncorrenziale nel suo complesso l’accordo contenente una clausola che vietava le esportazioni di semi coperti da diritti di costituzione vegetale.

704 Sentenza della Corte del 6 ottobre 1982. Coditel SA, Compagnie générale pour la diffusion de la

télévision, e altri c. Ciné-Vog Films SA e altri. Domanda di pronuncia pregiudiziale: Cour de cassation - Belgio. Causa 262/81, in Racc. 1982 -03381.

705

Sentenza della Corte del 28 gennaio 1986. Pronuptia de Paris GmbH c. Pronuptia de Paris Irmgard Schillgallis. Domanda di pronuncia pregiudiziale: Bundesgerichtshof. Causa 161/84, in Racc. 1986 - 00353: «le clausole che siano indispensabili per impedire che dei concorrenti si giovino del patrimonio di cognizioni e di tecniche e dell'assistenza forniti dal concessionario non costituiscono restrizioni della concorrenza ai sensi dell'art. 85, n. 1 .. le clausole che disciplinano il controllo indispensabile per la tutela dell'identità e della reputazione della rete di distribuzione contraddistinta dall'insegna non costituiscono, del pari, restrizioni della concorrenza ai sensi dell'art. 85, n. 1»

161

mantenimento di potere contrattuale di una cooperativa d’acquisto nei confronti dei

fornitori

706

.

La differenza tra intesa con oggetto e con effetto restrittivo ha importanti ricadute sul

regime della prova dell’illecito di cui sono gravate le Autorità antitrust e le parti che

invocano in giudizio la nullità o il risarcimento conseguenti ad una pratica

anticoncorrenziale. Da una parte le intese con oggetto anticoncorrenziale, consistenti in

condotte che la prassi e l’evoluzione giurisprudenziale antitrust hanno consentito di

qualificare come intrinsecamente pregiudizievoli per la concorrenza, non hanno necessità di

dimostrazioni ulteriori oltre alla sussistenza della condotta (sono illecite per se). Dall’altra,

alle restanti tipologie di restrizioni anticoncorrenziali si accompagna la necessità della prova

concreta dell’effettivo pregiudizio arrecato alla concorrenza in uno o più mercati

707

.

All’impresa sottoposta ad accertamento antitrust – ovvero convenuta in giudizio – per

l’asserita violazione dei divieti antimonopolistici spetta quindi di provare la sussistenza di

almeno una tra le seguenti circostanze: (i) che l’accertamento o la prospettazione attorea non

è sufficientemente provata; (ii) che la condotta rientra in una delle esenzioni per categoria, in

quanto siano rispettate tutte le condizioni in positivo ed in negativo affinché essa possa

essere considerata, in astratto, esente, anche alla luce delle linee guida emanate dalla

Commissione (ciò che comunque non garantisce all’impresa un’immunità assoluta, dovendo

l’entità della restrizione essere valutata in concreto); (iii) che la restrizione, seppur in

concreto sia stata posta in essere, è foriera di vantaggi in termini di efficienza, la maggior

parte dei quali è trasferita ai consumatori.

ii. Le esenzioni per categoria.

La cooperazione tra imprese, quando non assuma la forma di un cartello

Nel documento Le reti di imprese e il diritto antitrust (pagine 155-172)