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LE CONOSCENZE TEORICHE DEL SERVIZIO SOCIALE

CAPITOLO 4: IL SERVIZIO SOCIALE

4.2 LE CONOSCENZE TEORICHE DEL SERVIZIO SOCIALE

Il contributo delle scienze umane è fondamentale nell’esperienza del servizio sociale e ne costituisce la base teorica. Per il servizio sociale, le scienze sociali sono riferimento determinante nell’elaborazione delle ipotesi operative e di conduzione del processo di aiuto all’utenza. L’utilizzo delle conoscenze teoriche si inserisce nel servizio sociale attraverso la sequenza prassi-teoria-prassi che partendo dall’analisi della realtà, la confronta con la teoria e ritorna alla realtà. Secondo lo schema prassi-teoria-prassi nel servizio sociale, si parte dall’analisi di un problema/fenomeno evidenziato (prassi), lo si inserisce in una mappa di significati che si rifà alle teorie sociologiche, psicologiche, antropologiche, giuridiche, di politica sociale o al modello teorico di riferimento utilizzato così da categorizzare, generalizzare, analizzare, valutare, attribuire senso e significato all’evento (teoria), si formulano ipotesi operative rispetto al problema/fenomeno evidenziato (prassi)159.

Cellentani160 individua due modalità con cui il servizio sociale utilizza le scienze umane.

Il servizio sociale individua e seleziona le conoscenze “messe a disposizione” dalle scienze umane e utilizza quelle idonee in base allo specifico progetto che l’AS intende realizzare: al centro il servizio sociale contornato da discipline tra le quali assumono un ruolo centrale la sociologia, la psicologia, l’economia, il diritto. Su questa linea, in passato, Bianchi aveva definito il servizio sociale come un “sapere complesso non autonomo” finalizzato alla pratica, di disciplina di sintesi tra elementi di conoscenze che provengono

159

A. Zilianti, B. Rovai, Assistenti Sociale Professionisti, Carocci Faber, 2007, p. 54

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anche da scienze diverse, volta ad una operatività161. L’autrice riteneva fondamentale i contributi delle scienze umane nell’esperienza del servizio sociale, sia per l’elaborazione di ipotesi esplicative, sia per l’identificazione di ipotesi operative. Cristina De Robertis, negli anni ’80, parlava di eccletismo teorico ritenendo che l’assistente sociale (allora chiamato operatore sociale) utilizzi dei concetti, delle griglie di analisi improntate a diverse teorie delle scienze umane, “scegliendo un modello” nella pratica a partire da un certo approccio

teorico e deducendo un certo tipo di intervento applicabile in un certo tipo di situazione162.

Un secondo orientamento sostiene la necessità che l’Assistente Sociale utilizzi un modello teorico di riferimento. Per modello teorico intendiamo la costruzione di uno schema di riferimento che affonda le sue radici su una teoria generale (ad esempio la teoria generale dei sistemi) e offre la possibilità all’AS di osservare, “leggere”, interpretare (codificare e decodificare) la realtà e di orientarsi nelle situazioni incontrate, utilizzando un quadro teorico più generale. Secondo Dal Pra Ponticelli* l’adesione ad un modello teorico per un AS significa avere schema generale di lettura dei problemi con funzione orientativa per la pratica, una lente teorica che aiuta a dare un senso ai fenomeni empirici. Su questa linea di pensiero si muove l’analisi di alcuni autori, quali ad esempio Campanini, che hanno tentato di costruire, a partire da teorie generali (nel caso di Campanini le teorie sistemiche relazionali) un modello teorico-pratico di riferimento per il servizio sociale.

Dal Pra Ponticelli suggerisce che la scelta e l’utilizzo di un modello teorico deve essere congruente con i principi e i valori del servizio sociale, considerando, quest’ultimi come delle linee guida che determinano la scelta (elementi presi in considerazione, ad

esempio, da Campanini163).

Per Gui, nel servizio sociale, vi è una continua e difficile ricerca di elaborazione di un unico corpus teorico – metodologico. Il servizio sociale ha attinto prevalentemente dalle teorie psicologiche e sociologiche, ma l’approccio conoscitivo e interpretativo della realtà sociale continua a intrecciarsi con il “pensiero in azione” degli operatori” e degli utenti/clienti mutuato dalla pratica professionale e dall’esperienza consolidata nei contesti operativi dei servizi164.

Le considerazioni, in particolare di Gui e, in passato anche di Bianchi, riportano il fatto che le basi teoriche del servizio sociale derivano anche dalle riflessioni sulla pratica dell’assistente sociale.

161

Ibidem, pag. 58

162

C. De Robertis, Metodologia dell’intervento nel lavoro sociale, Zanichelli, Bologna 1986, pag. 49

163

A. Campanini, op. cit. pag.

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A tal proposito Gui afferma che la base teorica del servizio sociale consiste, ed è una questione ancora aperta, nel rapporto tra istanze di carattere conoscitivo e altre di carattere operativo, per l’impellente necessità di fronteggiare concrete e indifferibili domande di aiuto individuale, plurale, in definitiva “sociale”. L’autore riporta che uno degli elementi caratteristici della costruzione del “sapere” del servizio sociale è basato sulla necessità di “imparare facendo” (learning by doing) potendo riflettere a partire dal rapporto immediato con la prassi secondo la sequenza circolare teoria – prassi – teoria (nella punteggiatura degli studiosi) o prassi – teoria – prassi (nella punteggiatura degli operatori). Il servizio sociale è una “disciplina di sintesi” che riesce ad integrare assunti di orientamenti teorici differenti in un rapporto di reciprocità continua tra teoria e prassi165. Tuttavia Gui riconosce che un altro obiettivo del servizio sociale è la formazione “disciplinare”, tramite la produzione di una disciplina scientifica appropriata, autonoma e legittimamente fondata.

Fargion, parlando di conoscenza basata sulla pratica e di cultura degli operatori, afferma che:

“se si vuol fare del servizio sociale una disciplina autonoma, è essenziale sviluppare una teoria guidata dalla pratica, invece che una pratica orientata dalla teoria. Si aprono quindi nuove prospettive di ricerca mirate a studiare la pratica, migliorarne la comprensione e ricostruire il nesso tra quest'ultima ed i diversi livelli di conoscenza che vi si ritrovano”166.

Rispetto agli altri autori, Sicora167 riporta una riflessione diversa sulla base teorica del servizio sociale, sottolineando i limiti insiti nell'idea stessa di oggettività scientifica, arrivando a riconoscere e a valorizzare le potenzialità di una epistemologia del servizio sociale che fa del proprio sapere pratico un punto di forza, non inferiore rispetto ad altre forme di conoscenza ritenuti più nobili.

Riassumendo i diversi autori confermano che all’interno della comunità professionale rimane ancora vivo il tema del rapporto tra teoria e prassi. Inoltre mettono in luce un rapporto problematico tra servizio sociale e scienze umane: il legame teorico del servizio sociale con altre discipline si concretizza anche a livello pratico, in quanto, come scrive Fargion nell’operatività quotidiana, l’assistente sociale si trova a dover gestire il problema dei confini.

165 Ibidem, pag. 62 166

S.Fargion, op. cit., citazione tratta da pag.14.

167

A. Sicora, articolo “Epistemologia del servizio sociale. Riflessività e formazione” nel periodico dell'Associazione Nazionale Assistenti Sociali -Ass.N.A.S. notizie- seminario di studio “Il sapere di servizio sociale: specificità ed autonomia di una disciplina scientifica”, Lecce 2010.

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Tale aspetto si concretizza nell’agire quotidiano dove il professionista vive il timore di essere spodestato dal proprio ruolo tramite un’invasione di campo da parte di altri professionisti. Questo vissuto professionale deriva e si collega al tema dell’identità professionale con il timore che una sua debolezza possa essere orientata più a difendersi che a costruire.