CAPITOLO 4: IL SERVIZIO SOCIALE
4.1 PRINCIPI FONDAMENTALI DEL SERVIZIO SOCIALE
Il servizio sociale si fonda sui valori di dignità dell’uomo, della sua unicità, della sua libertà di scelta e sono alla base dei principi di rispetto e accettazione della persona, di assenza di giudizio (morale/di valore) dell’altro, di promozione dell’autonomia e della responsabilità, di individualizzazione/personalizzazione degli interventi, di rispetto e promozione della globalità della persona, di rispetto e promozione dell’uguaglianza e delle pari opportunità, di promozione dell’autodeterminazione. Dai valori e dai principi del servizio sociale derivano atteggiamenti professionali quali l’ascolto, il coinvolgimento, l’empatia: elementi che assieme alla valorizzazione delle risorse, alla promozione della solidarietà, alla promozione della giustizia e dell’equità sociale rappresentano i fondamenti etici e insieme metodologici del servizio sociale. Questi temi sono la base dell’agire professionale e trovano riscontro all’interno del codice deontologico, dove vengono esplicitati i principi e valori che orientano la professione di assistente sociale e fungono da collegamento tra teoria e pratica, concretizzandosi nelle modalità di presa in carico e di relazione d’aiuto con l’utenza e nelle modalità con cui si stabiliscono rapporti professionali con l’istituzione e con la comunità di riferimento.
La deontologia, infatti, va intesa – per gli Assistenti Sociali - soprattutto come passaggio “dai principi alla responsabilità” professionale, esercitata e sostenuta dal sapere complessivo acquisito nel percorso formativo e dalla necessità di un rinnovamento costante155.
I principi e i valori contenuti nel codice deontologico possono essere descritti come delle coordinate/dei punti fermi che, in un momento storico come quello attuale caratterizzato da
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S. Fargion, op. Cit., pag. VIII
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Consiglio Nazionale (a cura di), Riflessioni sul Servizio sociale oggi, in Rivista Assistente Sociale. La professione in Italia, n. 2/10, pag.98
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fenomeni dinamici, come ad esempio la migrazione o l’instabilità economica, lavorativa e abitativa, guidano l’agire professionale.
Il codice deontologico, forse troppo poco percepito dalla comunità professionale come strumento utile nell’agire professionale, deve essere maggiormente conosciuto dai professionisti stessi: i principi e i valori rappresentano il cuore dell’identità professionale – una maggiore conoscenza e condivisione potrebbe aumentare un maggior riconoscimento della professione sia all’interno della comunità, sia all’esterno, nella società civile156.
Nell’analisi dei principi fondamentali del servizio sociale il codice deontologico (il primo
codice approvato risale ad ottobre 1992, quello attuale è stato approvato ed è in vigore dal
2009 ) ricopre un ruolo fondamentale.
E’ importante presentare il legame tra l’etica e il codice deontologico che Milena Diomede Canevini riconduce a tre funzioni del codice deontologico. Il codice in particolare:
• indica i valori e orienta i comportamenti generali;
• offre strumenti interpretativi e valutativi sulla realtà, sugli atti, sui fatti, sui comportamenti;
• fornisce norme, regole per azioni personali e sociali buone e giuste.
Il tema dell’etica contraddistingue storicamente molte riflessioni attivate all’interno della comunità professionale e contraddistingue anche l’attuale codice deontologico. L’etica mette in relazione i principi e i valori al fine di definire una metodologia propria dell’agire professionale: i principi, espressione dei valori, orientano gli interventi professionali (metodologia adottata) sulla base degli stessi valori.
Analizzando i valori inseriti nel codice deontologico, l’articolo 5 recita che “la
professione si fonda sul valore, sulla dignità e sulla unicità delle persone, sul rispetto dei loro diritti universalmente riconosciuti e delle loro qualità originarie, quali libertà, uguaglianza, socialità, solidarietà, partecipazione, nonché sulla affermazione dei principi di giustizia ed equità sociali”.
Dall’articolo si definisce che l’elemento centrale nella professione è il riconoscimento del valore e dell’importanza di ogni soggetto. La stima e l’attenzione che il servizio sociale riserva alle persone si traduce nel rispetto e nell’accettazione della diversità dell’individuo. L’assistente sociale è impegnato a far riconoscere i diritti delle persone attraverso relazioni d’aiuto, dove le differenze tra i diversi individui vengono rilevate con sospensione del giudizio e in assenza di pregiudizi, perché la persona è un valore in sé e in quanto tale va
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Commissione Etica e Deontologia professionale del Consiglio Nazionale (a cura di), Inserto speciale Codice
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rispettata. Proprio a questo proposito l’articolo 9 del codice recita: “nell’esercizio delle
proprie funzioni l’assistente sociale, consapevole delle proprie convinzioni e appartenenze sociali, non esprime giudizi di valore sulle persone in base ai loro comportamenti”.
Dagli articoli emerge il valore della centralità della persona, del rispetto della dignità umana e della giustizia sociale.
Fargion scrive che il principio del rispetto della persona è strettamente collegato a un impegno per lo sviluppo di un’organizzazione sociale, in cui siano riconosciuti i diritti di tutti e in cui tutti abbiano la possibilità di realizzare le proprie potenzialità.
La dignità, oltre al rispetto della persona, include la sua accettazione e il riconoscimento della capacità di autodeterminarsi, restituendo capacità di scelta e potere alla persona stessa (empowerment). La concretizzazione di tali valori nel lavoro professionale si realizza attraverso l’attivazione di una relazione d’aiuto, dove l’assistente sociale, come agente di cambiamento, promuove l’instaurarsi di un rapporto fiduciario utile a determinare un cambiamento consapevole e partecipato nell’utente.
Nel processo d’aiuto, la promozione di una relazione significa accettare la persona con i suoi diversi modi di pensare, di sentire e di vivere, con modi diversi di interpretare i problemi. Con competenza professionale, l’assistente sociale dovrebbe comprendere fino in fondo la posizione riferita dall’utente, rispettando sempre la dignità umana.
L’accettazione richiede una sospensione del giudizio da parte dell’assistente sociale e la difficoltà riguarda la capacità di saper comprendere mondi completamente diversi senza alcun tipo di valutazione157.
Nel servizio sociale in psichiatria capita frequentemente l’attivazione di relazioni con persone, le quali scelgono percorsi di vita e di risoluzione dei problemi diversi da quelle prospettati o ritenuti adeguati dall’equipe professionale di riferimento.
La competenza dell’assistente sociale consiste nel saper mantenere ugualmente una relazione con l’utente sulla base del riconoscimento della capacità di scelta dell’utente e dell’impossibilità di costringere una persona a compiere atti o scelte diverse da quelle prospettate dal professionista. L’assistente sociale deve accettare anche il diritto di sbagliare dell’utente. Tale aspetto consiste nel diritto all’autodeterminazione: cioè il diritto di ciascuno di fare le proprie scelte all’interno dei vincoli esistenti, o anche sfidandoli, e di non avere scavalcata la propria visione delle cose e la propria esperienza in nome di ciò che è ritenuto il “proprio bene”158.
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S. Fargion, op. cit., pag. 58
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L’articolo 11 del codice deontologico infatti afferma che: “L’assistente sociale deve
impegnare la propria competenza professionale per promuovere l’autodeterminazione degli utenti e dei clienti, la loro potenzialità e autonomia, in quanto soggetti attivi del processo di aiuto, favorendo l’instaurarsi del rapporto fiduciario, in un costante processo di valutazione”.
Ciò significa sostenere l’utente nel proprio processo di cambiamento, promuovendo la sua partecipazione nella definizione del problema, nella scelta delle strategie da adottare per il superamento delle difficoltà, favorendo il riconoscimento delle risorse e delle potenzialità presenti nell’utente stesso.