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Le emissioni fino al 2017: statistiche descrittive

Quattro anni sono un periodo di tempo ritenuto sufficiente per trarre le opportune conclusioni sull’efficacia del finanziamento tramite mini-bond, efficacia intesa come utilizzabilità dello strumento da parte del principale destinatario per il quale è stato ideato, vale a dire le piccole e medie imprese.

Le statistiche aggiornate fino a dicembre del 2017 sono un buon riscontro empirico che ci permette di affermare che l’industria dei mini-bond ha intrapreso un virtuoso

59 sentiero di crescita, graduale e senza cedimenti. Sono ben 105 le imprese italiane, in gran parte PMI, che per la prima volta hanno raccolto capitale di debito attra- verso il mercato mobiliare con emissioni inferiori a € 500 milioni, opportunità fino a qualche anno fa appannaggio praticamente esclusivo delle grandi imprese e delle società quotate in Borsa. La raccolta totale effettuata nel 2017 ammonta ad € 5,5 miliardi, di cui quasi € 1,4 miliardi verso le PMI.

Figura 12. Flusso temporale delle emissioni di mini-bond (2014-2017)

Fonte: 4° Report italiano sui Mini-Bond, Politecnico di Milano, febbraio 2018

Dalla figura 12 è possibile constatare che, sino al dicembre dello scorso anno, sono state effettuate 467 emissioni (di cui 398 sotto € 50 milioni), realizzate da 326 imprese, di cui circa la metà classificabili come PMI, per un controvalore superiore ad € 15 miliardi.

In totale le emissioni fatte da PMI sono 242 (il 51,8%) contro le 225 fatte da grandi imprese (pari al 48,1%). Nel 2017 la frazione di emissioni condotte da PMI è stata pari al 58,8% contro il 59,1% relativo al 2016. Le emissioni condotte da società già quotate su un mercato borsistico azionario sono una minoranza: si tratta di 53 collocamenti (l’11,3% del campione, di cui 24 nel solo 2017) mentre la maggio- ranza dei mini-bond è stata emessa da imprese non quotate (414 casi, pari all’88,7%). Il valore medio del collocamento effettuato dalle PMI è pari a € 12,1

60 milioni, mentre quello effettuato dalle grandi imprese è pari a € 62,2 milioni. La media complessiva sulle 467 osservazioni è pari a € 36,2 milioni.

La figura 13 fornisce uno spaccato del settore di appartenenza delle 326 imprese che hanno ricorso all’emissione di un mini-bond.

Figura 13. Segmentazione delle imprese emittenti per tipologia di attività

Fonte: 4° Report italiano sui Mini-Bond, Politecnico di Milano, febbraio 2018

È possibile notare come il settore più rappresentato è quello delle attività manifat- turiere (144 casi, pari al 44,2% del campione), seguito dal gruppo “Servizi di in- formazione e comunicazione” (24 imprese, pari al 7,4%) e da “Commercio all’in- grosso e al dettaglio” (22 emissioni, pari al 6,7%).

A livello geografico emerge una assoluta preponderanza delle regioni del Nord: in Lombardia sono localizzate 85 società emittenti (il 26,2% dell’intero campione), segue il Veneto (che passa dal terzo al secondo posto), il Trentino-Alto Adige e l’Emilia Romagna. Nel complesso il 71,2% delle imprese che hanno emesso mini- bond fino al 31 dicembre 2017 risiedeva a nord degli Appennini. Nelle regioni del Centro emerge il Lazio (con 22 imprese), mentre al Sud le imprese che hanno col- locato mini-bond rappresentano ancora la minoranza (emerge la Campania con 17 emittenti).

61 Tabella 5: Modalità di rimborso dei mini-bond

Fonte: 4° Report italiano sui Mini-Bond, Politecnico di Milano, febbraio 2018

Relativamente alle caratteristiche tecniche dello strumento, la tabella 5 ci permette di evidenziare che la modalità bullet è la più utilizzata (nel 51,2% dei casi) sebbene anche nel 2017 la frequenza delle emissioni amortizing sia relativamente aumen- tata, confermando il trend degli anni precedenti. Infatti, delle 170 emissioni del 2017, 80 (47,0%) sono state bullet mentre 90 (53,0%) amortizing. Il ricorso a quest’ultima modalità è più frequente per emissioni sotto € 50 milioni ed a lunga scadenza. Infine, è bene porre l’attenzione sull’onerosità dell’emissione.

Figura 14. La cedola del mini-bond: un confronto fra 2016 e 2017

62 La figura 14 ci permette di constatare che il costo medio della cedola si è ridotto di 20 basis point fra il 2016 ed il 2017, passando dal 4,94 % al 4,74 % annuo. La cedola, tuttavia, è soltanto una delle componenti di costo relative all’emissione di un mini-bond, che nel complesso risulta essere un’operazione alquanto onerosa. Le principali voci costo del ricorso a questo canale di finanziamento sono attribui- bili a:

 eventuali atti notarili (ad esempio la modifica dello statuto per le S.r.l. se non prevede la possibilità di emettere titoli mobiliari di debito) e registra- zioni di contratti;

 richiesta del codice ISIN a Banca d’Italia;

 accentramento dei titoli presso un ente autorizzato (Monte Titoli); questa operazione comporta un costo iniziale intorno a € 2.000 e un costo a regime annuale di circa € 750;

 certificazione del bilancio (per una PMI il costo annuale indicativo va da € 5.000 a € 15.000 in funzione del fatturato);

consulenza da parte di un advisor finanziario (da una survey condotta fra gli operatori indicativamente il costo richiesto è fra l’1% e il 2,5% del ca- pitale collocato);

nomina di un arranger per l’individuazione degli investitori che sottoscri- veranno i mini-bond (indicativamente il costo una tantum è fra 0,5% e 1,5% del capitale collocato);

 coinvolgimento di uno studio legale per la redazione e/o verifica dei docu- menti; in tal caso il costo può essere abbastanza variabile e per le operazioni effettuate nel 2015 di importo medio-basso si trova un costo compreso fra € 15.000 e € 25.000;

 gestione del sito internet con una eventuale sezione “investor relations” e in generale dell’informativa richiesta dall’investitore e/o dal listino borsistico;

 emissione eventuale del rating: per il primo anno l’importo indicativo è fra € 15.000 e € 20.000 per una PMI (intorno a € 40.000 per una società di maggiore dimensione); per gli anni successivi il costo si riduce di circa il 40%.

63 La sommatoria delle varie componenti di costo potrebbe scoraggiare le PMI che intendono intraprendere un percorso di questo tipo: la molteplicità delle variabili in gioco59 non è d’aiuto nel valutare in costo esatto dell’operazione. La presenza

congiunta di costi a componente fissa e costi a componente variabile rimanda la quantificazione del costo dell’operazione al momento in cui sia stato individuato il fabbisogno finanziario e, quindi, il volume potenziale dell’emissione.

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