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Le filiali dirette: i company-owned outlet

Capitolo 3 – Evoluzione e innovazione nei company store

4.2 Le caratteristiche della funzione distributiva

4.2.2 Le filiali dirette: i company-owned outlet

Nonostante la struttura delle reti commerciali sia indubbiamente concentrata sul canale indiretto attraverso i concessionari o franchised dealer, si è visto come in alcuni casi la maggiore richiesta di qualità manageriale ha imposto ai rivenditori standard, competenze e capacità più specifiche ed elevate, aumentando il livello di investimento necessario a sostenere il dealer management system. La gestione dell’azienda concessionaria è divenuta più articolata e complessa ed ha portato ad una progressiva riduzione del numero di intermediari. Questo ha concentrato la presenza dei fornitori sul mercato finale, riducendo il numero dei rivenditori ma aumentandone le performance complessive e sviluppando relazioni più durature. Questa razionalizzazione delle reti commerciali, più compatte e qualitativamente superiori, si è accompagnata ad un rinnovato interesse per le succursali dirette da parte delle case produttrici. La tendenza a riconsiderare l’apertura di filiali dirette sotto forma di company-owned outlet, è in parte dovuta anche agli elevati costi degli spazi commerciali nei grande centri urbani, difficilmente accessibili per i dealer indipendenti, ma necessari per un’adeguata comunicazione dell’immagine di marca soprattutto nelle aree metropolitane. Questo tipo di investimento infatti rientra per il produttore nella strategia di marketing a sostegno della brand image attraverso company store in grado di attirare e comunicare con il consumatore in zone ad altissima frequentazione. La proprietà delle formule commerciali inoltre ha il vantaggio di garantire un controllo totale dei processi di vendita, ottimizzandone ogni singola fase e riducendo l’intra-brand competition. L’esperienza d’acquisto può quindi essere gestita e vissuta più da vicino per il produttore, che guadagna maggior efficacia in termini di ascolto del mercato e condivisione dei dati lungo tutta la filiera senza il filtro interposto dal rivenditore.

Esempio innovativo di gestione diretta della vendita al consumatore finale è Audi City, un punto vendita di nuova generazione aperto nel 2013 a Londra, dove la casa automobilistica tedesca ha unito brand experience e virtualità in un concetto di showroom tutto nuovo. Il concessionario londinese infatti sfrutta il digitale e la tecnologia per una gestione efficiente degli spazi in grado di offrire un’esperienza d’acquisto personalizzata e altamente sensoriale, nonostante la smaterializzazione del prodotto. Le auto infatti non sono fisicamente presenti nello showroom, ma vengono esposte in scala 1:1 attraverso mega schermi e pannelli touch

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screen, dove con semplici gesti il cliente può simulare un test drive completo di suoni e dettagli multimediali. Gli spazi quindi sono dedicati completamente ad emozionare e coinvolgere il consumatore, grazie anche a lounge area dove i consulenti possono mostrare i campioni dei vari tessuti e materiali per gli allestimenti. All’interno di quello che è definibile come cyberstore, le vetture sono configurabili attraverso i tablet, e i clienti possono definire le specifiche in-store oppure possono scegliere allestimenti e configurazioni a casa e poi caricare virtualmente le loro preferenze grazie ai softwere presenti nel punto vendita. Il nuovo format di Audi si dimostra veramente innovativo nel panorama dell’automotive, dove le logiche commerciali sono ancora legate a consuetudini di vendita tradizionali poco integrate con il digitale e le nuove tecnologie.

Ciò nonostante secondo i dati di mercato italiani ed europei, le filiali dirette sembrano essere meno performanti rispetto alle concessionarie per quanto riguarda risultati di vendita e customer satisfaction. La produttività del personale di vendita in particolare, risulta maggiore per i dealer indipendenti benché ci sia un minor grado di controllo da parte della proprietà. Questo sembra poter riferirsi al diverso sistema di incentivi che si crea nelle filiali di proprietà gestite da managers dipendenti, piuttosto che nelle concessionarie gestite da dealer indipendenti. Nel primo caso i manager sono retribuiti attraverso un salario fisso e un bonus percentuale variabile che può dipendere dai risultati di vendita, dal livello del servizio offerto, dalla redditività o da altri fattori legati alle performance del punto vendita. Nel secondo caso invece, i dealer non dipendenti dalla proprietà beneficiano dell’intero ammontare di profitti generati dalla loro attività e il loro “mandato” può terminare solo se non adempiono agli obblighi contrattuali previsti ex ante dal produttore. La diversità dei ricompensi genera un sistema di incentivi diverso a seconda che il rivenditore sia stipendiato dal produttore, o trattenga per se l’intero profitto, portando quindi a reddittività diverse della forza lavoro. Nel caso del manager l’incentivo ad aumentare la reddittività è più debole in quanto soltanto il 20% - 30% della sua remunerazione è variabile in base alle performance di vendita, quindi egli non beneficia totalmente dei risultati del suo operato, ma non sostiene nemmeno i costi di gestione. Per il dealer invece la totalità dei profitti dipende dal suo operato in quanto non riceve nessuna retribuzione fissa, e la gestione del punto vendita in termini di entrate ed uscite è tutta a suo carico. A maggior ragione quindi il maggior potere decisionale di cui godono i rivenditori indipendenti è focalizzato alla massimizzazione dei profitti della concessionaria, anche se l’esercizio di tale potere è vincolato dal presidio del produttore che non punta alla rendita del singolo punto vendita ma dell’intera rete distributiva. Se da un lato quindi la maggiore autonomia delle concessionarie incentiva e motiva il personale di vendita a

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migliorare le performance e massimizzare l’efficienza delle decisioni, dall’altro il proprietario fornitore deve essere in grado di bilanciare e controllare questo potere per evitare comportamenti opportunistici da parte dei dealer indipendenti che possano danneggiare la rete o la brand image.

Per questo ci sono alcune condizioni in cui la formula proprietaria è preferibile rispetto al canale indiretto, come per esempio quando i costi di controllo sono troppo elevati e ci sono le premesse per il verificarsi di comportamenti opportunistici, oppure quando il brand rappresenta un valore aggiunto al prodotto, e prezzi e qualità sono di fascia alta.

Come negli altri settori, anche in quello automobilistico le strategie distributive tendono comunque ad una diversificazione multi-channel, combinando un numero solitamente molto ridotto di succursali dirette e una rete più vasta di dealer/concessionari, sperimentando anche formule e approcci diversi. Una delle possibili declinazioni del canale diretto è per esempio la vendita diretta su piccola scala basata su investimenti molto ridotti e spesso senza costi fissi, che utilizza una rete di vendita mobile che si sposta sul territorio utilizzando i veicoli in vendita a scopo dimostrativo e raggiunge i potenziali clienti a casa o sul luogo di lavoro. Il punto focale di questa strategia sembra nell’identificare potenziali clienti per cui le prime fasi del processo di scelta sono realizzabili online, mentre il contatto con il venditore avviene soltanto al momento della visita, nel quale il consumatore è già predisposto all’acquisto. Non esiste quindi una formula commerciale unica e vincente ma ogni impresa integra canali e mezzi diversi con gradi più o meno elevati di integrazione, ponderando i trade-off derivanti dalle diverse scelte distributive. Ogni impresa produttrice valuta in base alla propria strategia e alle proprie risorse e capacità, la combinazione più conveniente e coerente, in modo da fornire il mercato nel migliore dei modi possibile, sperimentando formule e approcci diversi.