Un modo concreto per facilitare l’incontro tra domanda e offerta di lavoro
3.1. Le politiche attive del lavoro: dal 1997 al
“Per Politiche attive del lavoro si intendono tutte le iniziative messe in campo dalle istituzioni, nazionali e locali, per promuovere l'occupazione e l'inserimento lavorativo”115.
E’ questa la definizione che troviamo sul sito del Ministero del lavoro e delle Politiche sociali se ci addentriamo nella parte dedicata alle politiche attive. All’interno di questa espressione viene ricondotto l’insieme delle attività orientate a favorire l’avvicinamento tra domanda e offerta di lavoro e sono racchiuse tutte le iniziative volte a riordinare la normativa in materia di servizi per l’impiego. Tali iniziative sono destinate a migliorare le capacità e competenze individuali utili per inserirsi nel mercato del lavoro, fornendo strumenti per l’aggiornamento e lo sviluppo continuo di tali conoscenze. Hanno inoltre come obiettivo quello di avviare gli individui verso una crescita non solo professionale, ma anche personale. Ciò significa rendere le persone coscienti delle proprie capacità e potenzialità, riuscendo a presentarsi al meglio sul mercato del lavoro.
In relazione a questi aspetti possiamo affermare che le misure previste dalle politiche attive, si differenziano da quelle passive, volte invece a contrastare, tramite misure di sostegno al reddito, la disoccupazione e le problematiche ad essa connesse. Rispetto ad esse tuttavia, le politiche attive svolgono un lavoro complementare, cercando di facilitare l’avvicinamento degli individui al mondo del lavoro e realizzando iniziative volte a favorirne l’inserimento o il reinserimento116. A tal proposito, prima dell’avvento del Jobs Act, l’attenzione veniva concentrata sulla necessità di garantite forme di sostegno
115 http://www.lavoro.gov.it/AreaLavoro/PoliticheAttive/Pages/default.aspx.
116 S. Colli-Lanzi, “Youth Garantee: opportunità di sviluppo per le politiche attive in Italia”, in AAVV,
“Garanzia Giovani. Politiche attive per l’occupazione giovanile”, Milano, Edizione Guerini Next Srl,
37 al reddito, utili ad evitare il deterioramento delle condizioni economiche dei soggetti privi di un’occupazione117. Tali forme di sostegno al reddito ricoprono indubbiamente un ruolo fondamentale, ma sono oggi affiancate da forti investimenti nelle politiche attive, volte a rendere le persone proattive nei confronti del mondo del lavoro.
Se si vuole effettuare un passo indietro nel tempo e andare ad analizzare il progressivo sviluppo di queste politiche, è necessario analizzare primariamente la legge 196/1997 (anche nota come Pacchetto Treu), volta a favorire politiche di promozione dell’occupazione. Attraverso tale provvedimento assumono un ruolo centrale alcune particolari tematiche, tra le quali spiccano le attività formative e i percorsi volti alla creazione di nuova occupazione. In relazione alle prime, vengono proposte iniziative volte alla regolamentazione della formazione professionale e vengono promosse nuove modalità di conciliazione tra l’attività formativa e quella lavorativa (ad esempio la realizzazione di tirocini di orientamento, il ricorso al contratto di apprendistato)118. Per
quanto concerne le iniziative volte a favorire l’occupazione invece, vengono implementate alcune misure. Viene agevolato il ricorso al lavoro a tempo parziale, viene revisionata la disciplina relativa ai lavori definiti “socialmente utili”, vengono create “borse lavoro”119 per i giovani inoccupati del Mezzogiorno, vengono avviate attività di ricerca ma, soprattutto, si assiste alla “regolamentazione dei contratti per la fornitura e lo svolgimento di prestazioni di lavoro temporaneo, vale a dire il cosiddetto lavoro interinale”120. Soprattutto in relazione a questo aspetto di cui parleremo più dettagliatamente nel prossimo capitolo, possiamo affermare che l’intermediazione lavorativa e la sua regolamentazione, rappresentano una nuova grande opportunità d’ingresso nel mondo del lavoro. Inoltre, grazie a questa legge è stato possibile il raggiungimento della liberalizzazione dei servizi per l’impiego, permettendo anche alle agenzie per il lavoro di entrare sullo scenario italiano. “La legge 196/1997 ha dunque costituito una tappa importante nel lungo camino di riforma del collocamento e dei servizi per l’impiego”121. Essa, ha stabilito il passaggio delle decisioni in materia di politiche attive del lavoro dallo Stato alle Regioni e agli enti locali e ha sancito la possibilità per le agenzie per il lavoro autorizzate di intervenire per facilitare l’incontro tra domanda e offerta di lavoro. Infine, ha comportato la sostituzione dei vecchi uffici circoscrizionali con i centri per l’impiego volti a favorire attività di orientamento e di aiuto alla
117 G. Ugazio, “Il contratto di ricollocazione ci può salvare dalla disoccupazione”, in «Darioweb», 2015. 118http://www.uglchimici.it/public/doc/le_origini_delle_politiche_del_lavoro_in_italia.pdf, p. 52. 119 Legge 24 giugno 1997, n. 196, art. 26.
120http://www.uglchimici.it/public/doc/le_origini_delle_politiche_del_lavoro_in_italia.pdf, p.52. 121http://www.uglchimici.it/public/doc/le_origini_delle_politiche_del_lavoro_in_italia.pdf, p.53.
38 collocazione e ricollocazione professionale. Questi profondi cambiamenti nella gestione delle politiche attive del lavoro possono essere considerati la conseguenza non solo dei forti cambiamenti a livello economico e politico che hanno caratterizzato il nostro paese; bensì rappresentano il frutta della profonda interazione con la Comunità Europea. Essa infatti ha da sempre promosso il coordinamento e la collaborazione tra gli Stati membri in merito al tema dell’occupazione122.
Per assistere ad un ulteriore passo avanti in relazione alle politiche attive del lavoro, dobbiamo attendere i primi anni Duemila. In particolare, è nell’ottobre del 2001 che l’allora Ministro del welfare Maroni, avvia la pubblicazione del “libro bianco sul mercato del lavoro”123. Esso promuove, oltre al tema del dialogo sociale, la questione
dell’aumento del tasso di occupazione e dello sviluppo a livello qualitativo del lavoro. In particolare, in quel periodo si sostiene che “tali obiettivi possono essere perseguiti solo spostando il sistema delle tutele dalla garanzia del posto di lavoro, all’assicurazione di una piena occupabilità durante tutta la vita lavorativa”124. Diviene quindi necessario implementare una nuova strategia volta a favorire la crescita e la formazione professionale, l’avvicinamento tra domanda e offerta di lavoro, e lo sviluppo di incentivi all’occupazione. Inoltre, come era già stato introdotto all’interno del Pacchetto Treu, diviene centrale la ricerca di flessibilità in relazione all’inserimento lavorativo125. Tali provvedimenti tuttavia, portano a forti critiche e scontri tra sostenitori e oppositori dell’introduzione del “libro bianco del lavoro”. Questi scontri spingono addirittura a preventivare la revisione dell’art. 18 dello Statuto dei lavoratori, con lo scopo di introdurre un forte cambiamento: dare la possibilità al datore di lavoro di optare per il risarcimento del lavoratore licenziato illegittimamente, anziché per il suo reintegro. Lo scontro assume dunque toni molto aspri che vedono coinvolti in prima luogo i sindacati126. La loro forte opposizione al “libro bianco del lavoro”, tuttavia porta ad una spaccatura tra l’ala intransigente della CGIL e l’ala moderata di CISL e UIL. L’ala moderata infatti decide di mantenere aperto il dialogo con in Governo, stipulando con esso un nuovo accordo nel 2002: “il patto per l’Italia”. Con tale accordo vengono sanciti alcuni punti chiave. Per citare solamente gli aspetti connessi alla nostra trattazione, possiamo dire che con questo patto viene ripresa l’idea di riformare i servizi per l’impiego, e viene proposta una revisione delle forme di sostegno al reddito per i 122http://www.uglchimici.it/public/doc/le_origini_delle_politiche_del_lavoro_in_italia.pdf, p. 54. 123http://www.uglchimici.it/public/doc/le_origini_delle_politiche_del_lavoro_in_italia.pdf, p.58. 124Ibidem, p. 59. 125 Ibidem. 126 Ibidem, p. 60.
39 disoccupati127. Nonostante alcune difficoltà, soprattutto in relazione al secondo proposito, gli obiettivi del Patto, si concretizzano nel 2003 con la promulgazione della legge Biagi (legge n.30 del 14 febbraio 2003)128. I principali punti di questa legge sono: un ulteriore ampliamento (già proposto con il Pacchetto Treu) della flessibilità in relazione ai rapporti di lavoro, l’introduzione di nuove tipologie di contratti, la revisione delle forme contrattuali con contenuto formativo (apprendistato e contratto di inserimento). Ha inoltre promosso la collaborazione tra servizi pubblici e privati per l’impiego, ha favorito e messo al centro del dibattito le grande possibilità offerte dal lavoro interinale e ha messo a disposizione dei cittadini una “Borsa continua nazionale del lavoro” volta a favorire per via telematica, la diffusione di informazioni relative al fabbisogno occupazionale129.
Un passo ulteriore è costituito dalla promulgazione durante il Governo Prodi della legge n. 247 del 24 dicembre 2007. Essa sotto alcuni punti di vista cerca di apportare forti modifiche al precedente provvedimento normativo. Questa legge infatti, interviene “nel riordino dei servizi per l’impiego e degli incentivi all’occupazione, nell’inserimento lavorativo dei disabili, del lavoro dei giovani e delle donne, degli incentivi al part-time e alla contrattazione di secondo livello al fine di migliorare la competitività e le retribuzioni”130. Tuttavia, sotto altri aspetti, apporta solamente piccoli miglioramenti alle problematiche rimaste irrisolte con la legge Biagi.
Grazie a questo breve excursus storico, è ora possibile affermare che le politiche attive del lavoro hanno progressivamente assunto un ruolo sempre più centrale nel nostro paese. Questo anche grazie alla forte influenza da parte della Comunità Europea e della sua strategia per l’occupazione. Nel corso degli anni, è infatti emersa chiaramente la necessità di affiancare alle forme di sostegno al reddito adeguate iniziative volte a favorire l’ingresso delle persone nel mondo del lavoro. I temi cardine diventano dunque, l’investimento nei percorsi di orientamento, di formazione continua e la ricerca di maggiore flessibilità ma allo stesso tempo sicurezza in merito al posto di lavoro. Infine, la ristrutturazione dei sevizi locali per l’impiego, al fine di garantire ai lavoratori e alle imprese un adeguato sostegno131.
127 Ibidem, p. 62. 128 Ibidem, p.64. 129http://www.uglchimici.it/public/doc/le_origini_delle_politiche_del_lavoro_in_italia.pdf, p. 64-65. 130http://www.uglchimici.it/public/doc/le_origini_delle_politiche_del_lavoro_in_italia.pdf, p.67. 131 Ibidem, p. 70-71.
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