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La legittimazione ad impugnare in presenza di vincoli sulle azioni.

1.3. La qualità di socio possessore di azioni con diritto di voto

1.3.1 La legittimazione ad impugnare in presenza di vincoli sulle azioni.

In virtù della disciplina contenuta nell’art. 2377, terzo comma, cod. civ., la restrizione della legittimazione ad impugnare la deliberazione è, come visto, circoscritta ai soci che detengano una partecipazione minima al capitale sociale rappresentata da azioni dotate del diritto di voto.

Ciò pone il problema di valutare a chi spetti tale legittimazione allorquando i diritti derivanti dalla qualità di socio risultino limitati dalla rilevanza di situazioni giuridiche altrui.

In considerazione del fatto che in caso di azioni concesse in usufrutto, date in pegno o sottoposte a sequestro, il relativo diritto di voto compete al creditore pignoratizio, all’usufruttuario ed al custode, la giurisprudenza si era orientata nel senso di ritenere ad essi spettante la legittimazione ad impugnare, facendo salva l’azione risarcitoria in capo al socio debitore o nudo proprietario, ove la votazione fosse stata compiuta allo specifico fine di danneggiarlo187.

Tale impostazione rinveniva un ulteriore fondamento nella qualificazione dell’impugnazione come uno degli strumenti per l’amministrazione del bene azione,

186

Così MAGLIULO,Le categorie di azioni e strumenti finanziari nella nuova s.p.a., Milano,

2004, 59 ss.

187

Cass., 2 agosto 1977, n. 3422, in Foro it., 1978, I, 703; Trib. Monza, 10 luglio 2000, in

Giur. Comm., II, 2002, 410, ove si afferma che il creditore pignoratizio partecipa dell’organizzazione

societaria, spettando ad esso quale titolare del diritto di voto tutte le facoltà sociali correlate e strumentali all’esercizio di quel diritto. Con riferimento al caso di usufrutto si veda Trib. Messina, 28 dicembre 1985, in Foro it., 1987, I, 602, ed in materia di sequestro App. Milano, 25 settembre 1987, in Società, 1988, 161; Trib. Aosta, 19 settembre 1995, in Società, 1996, 201.

In materia di azioni sottoposte a sequestro preventivo penale ex art. 321 c.p.p. si veda. Cass., 18 giugno 2005, n. 13169, in Corr. Giur., 2006, 4, 541 e Cass., 11 novembre 2005, n. 21858, in

Società, 2006, 1, 27, secondo cui il conferimento al custode del potere dovere di intervenire in

assemblea e di esprimervi il voto necessariamente implica che soltanto a lui sia riservata la legittimazione ad impugnare ex art. 2377 cod. civ. la deliberazione assembleare illegittima senza che sull’esercizio di tale potere possa interferire il socio.

112 al fine di conservarne il valore economico. Se in presenza di un vincolo il potere dovere di amministrare i beni ad esso soggetti spetta ai beneficiari del vincolo medesimo (direttamente nel caso di usufruttuario e del creditore pignoratizio, indirettamente nel caso di sequestro convenzionale, giudiziario o conservativo) e non ai proprietari dei beni, appariva opportuno concludere che, in presenza di tali vincoli, il potere di impugnativa delle delibere assembleari spettasse ai soggetti sopra indicati e non al socio188.

Queste posizioni devono oggi essere misurate con il nuovo testo dell’art. 2352 cod. civ. (come modificato dal d.lgs. 17 gennaio 2003 n. 6), il quale pur ribadendo al primo comma che in caso di pegno, usufrutto o sequestro sulle azioni il diritto di voto spetta, salvo convenzione contraria, al creditore pignoratizio, all’usufruttuario o al custode, stabilisce al sesto comma che, «salvo che dal titolo o dal provvedimento risulti diversamente, i diritti amministrativi diversi da quelli previsti nel presente articolo spettano, nel caso di pegno o di usufrutto, sia al socio sia al creditore pignoratizio o all’usufruttuario; nel caso di sequestro sono esercitati dal custode».

Sulla base del combinato disposto degli articoli 2377 e 2352 cod. civ., eccezion fatta per il sequestro nel quale è esplicita l’attribuzione al solo custode dei diritti amministrativi (ed in mancanza di specificazioni deve ritenersi che ciò riguardi qualsiasi tipo di sequestro, sia penale che civile), non si giustifica più l’attribuzione in via esclusiva dell’azione di impugnazione ai soggetti diversi dal socio.

Ed infatti, dal momento che il diritto d’impugnazione appartiene al novero dei diritti amministrativi ed è diverso dal diritto di voto, sebbene sia ad esso connesso, sembra doversene dedurre, nell’attuale contesto normativo, che in tali casi esso spetti simultaneamente al socio e al creditore pignoratizio o all’usufruttuario189.

188

In tal senso, ZANARONE, op. cit., 305; PARTESOTTI, “Le operazioni sulle azioni”, in COLOMBO –PORTALE (diretto da), Trattato delle società per azioni, 3, Torino, 1993, 320 ss.

189

Così TERRUSI, op. cit., 169 ss.; LENER, Sub art. 2377 c.c., in NICCOLINI - STAGNO

D’ALCONTRES (a cura di), Società di capitali, Commentario, Napoli, 2004, 551; RORDORF,Sub art.

2378 c.c., op. cit., 850;SACCHI –VICARI,op. cit., 648 ss.

In senso contrario, CHIAPPETTA,Sub art. 2377 c.c., in BIANCHI –GHEZZI –MARCHETTI – NOTARI (diretto da), Commentario alla riforma delle società, Milano, 2006, secondo cui sembra

113 In tal modo il socio dispone di una tutela reale, e non solo obbligatoria, nei rapporti interni con il beneficiario del vincolo, di fronte a delibere assembleari ai cui effetti egli è comunque sottoposto.

Occorre tuttavia chiedersi se l’impugnazione da parte del socio sia ammissibile nel caso in cui il beneficiario del vincolo, cui spetta il diritto di voto, si sia espresso in senso favorevole alla delibera e non sia stato pertanto assente, dissenziente o astenuto, come richiesto dall’art. 2377 cod. civ. ai fini dell’impugnativa.

Il punto è controverso e le esigenze di speditezza ed efficienza dell’azione societaria, cui la riforma del diritto delle società di capitali è stata improntata, sembrano escludere che le vicende inerenti alle singole azioni possano pregiudicarle.

Così ragionando la protezione del socio, che si vede preclusa dal voto favorevole del creditore pignoratizio o dell’usufruttuario l’impugnazione di una deliberazione assembleare annullabile, dovrebbe essere affidata alla mera tutela risarcitoria nei rapporti interni con il soggetto beneficiario del vincolo190.

La riforma del diritto societario ha invece completamente trascurato di fornire indicazioni in merito alla legittimazione ad impugnare in caso di partecipazione sociale soggetta a pignoramento.

In argomento parte della dottrina ha ritenuto che la disciplina di cui all’art. 2352 cod. civ. in materia di pegno, usufrutto e sequestro non possa estendersi a tale fattispecie rispetto alla quale, salvo diverso provvedimento del giudice dell’esecuzione, ogni potere deve ritenersi spettante in via esclusiva al socio, debitore pignorato191.

A tale ricostruzione si potrebbe tuttavia obiettare che la fattispecie del pignoramento risulta in realtà vicina a quella del sequestro conservativo, essendo

prevalente il comma 4 dell’art. 2377 che non riconosce la legittimazione ad impugnare ai soci privi di voto tra i quali vi è il socio debitore e il nudo proprietario.

190

È questo l’orientamento espresso da SACCHI –VICARI,op. cit., 650; BRIOLINI,“Pegno, usufrutto e sequestro di azioni”, inABBADESSA –PORTALE (diretto da), Il nuovo diritto delle società. Liber amicorum Gian Franco Campobasso, Torino, 2006, I, 677.

Contra LENER,Sub art. 2377 c.c., in NICCOLINI -STAGNO D’ALCONTRES (a cura di), Società

di capitali, Commentario, Napoli, 2004, 551.

191

114 quest’ultimo destinato a convertirsi nel primo a seguito di sentenza di condanna ed essendo entrambi funzionali alla conservazione della res cui l’amministrazione è strumentale.

In tal senso, poiché a norma dell’art. 2352 cod. civ., i diritti amministrativi sono esercitati in caso di sequestro dal custode, salvo che dal titolo o dal provvedimento del giudice non risulti diversamente, ne conseguirebbe che la legittimazione ad impugnare vada generalmente ascritta, in caso di pignoramento della partecipazione sociale, al custode e non al socio, salvo che sia il giudice a stabilire diversamente192.

1.3.2 (Segue). Ed in presenza di azioni in comproprietà.

Nel caso di azioni in comproprietà la legittimazione all’impugnazione compete, in virtù del principio di indivisibilità dell’azione di cui all’art. 2347 cod. civ., al rappresentante comune e non individualmente a ciascuno dei comproprietari193.

La configurazione della designazione del rappresentante comune come vero e proprio obbligo per i comproprietari ha indotto a ritenere che qualora tale onere non venisse assolto né il diritto di voto né quello di impugnazione potrebbero essere esercitati.

Sul punto la giurisprudenza si era mostrata restia, preferendo affermare che l’onere cui si è fatto cenno non possa estendersi fino all’annullamento della legittimazione attiva dei contitolari194.

192

In tal senso SACCHI, “L’intervento e il voto nell’assemblea della s.p.a. Profili

procedimentali”, op. cit., 373; PARTESOTTI,op. cit., 356; TERRUSI,op. cit., 172 ss.

193

Cass., 18 luglio 2007, n. 15962, in Mass. Giur. It., 2007; App. Milano, 31 gennaio 2003, in Giur. it, 2003, II,1178, con nota di SPIOTTA;Trib. Salerno,16febbraio 2007, in Società, 2007, 6, 719.

194

Cass., 26 marzo 1964, 679, in Giur. Comm., 1964, I, 929 con nota di GIANNATTASIO,

”Legittimazione di comproprietari di azioni o di quote all’esercizio diretto dei diritti sociali a maggioranza nell’assemblea di seconda convocazione di una società a responsabilità limitata”, e di FERRI, “Esercizio dei diritti sociali nella comunione di quote e assemblea di seconda convocazione

115 Sulla scorta dell’intento del legislatore di circoscrivere la legittimazione ad impugnare le deliberazioni assembleari solo ai soci che abbiano una significativa partecipazione al rischio d’impresa, potrebbe invero ritenersi che esso rischi di essere vanificato ove si ammettesse la possibilità d’impugnazione ad opera di chi, essendo titolare di una quota minima di un pacchetto azionario, non partecipi in modo significativo al rischio d’impresa195.