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Capitolo III. La riconquista bizantina Strutture istituzionali,

1.3 Leone VI e i Franchi

Leone VI, figlio di Basilio I e associato al trono col fratello Alessandro44, fu, insieme al padre che conquistò Bari, uno dei massimi artefici della riconquista bizantina, colui che assoggettò a sé i principati longobardi del Sud, riuscendo anche a conquistare Benevento e a esercitarvi il suo dominio seppur per pochi anni. Egli operò anche un riavvicinamento con la Santa Sede nella questione di

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Principale antagonista della vicenda fu Adelferio, gastaldo di Avellino, della famiglia beneventana di Rofredo, probabilmente uno degli avversari più temuti da Guaimario per il suo disegno di potere. Dopo il tentativo di ucciderlo ordito dal principe salernitano, Adelferio riuscì a circuire il principe e a ospitarlo insieme alla moglie nella sua casa e sorpresolo nel sonno lo accecò. Guido tornò in Campania e, per vendicare il cognato, assedia Avellino (Chronicon Salernitanum, 147; Catalogus regum Langobardorum, continuatio, p. 497).

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Catalogus regum Langobardorum, continuatio, pp. 496-497; Chronicon Salernitanum, 148. 43

Su questi avvenimenti, cfr. infra, I.5, Il meridione longobardo durante l’impero degli ultimi sovrani carolingi. La politica meridionale di Giovanni VIII e l’autonomia di Capua, p. 72 e nota 143; anche GAY, L’Italia meridionale, pp. 142-143.

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Alessandro governerà in autonomia per un solo anno dopo la morte del fratello (912), prima di morire anch’egli (913). A essi succederà il figlio di Leone, Costantino VII Porfirogenito, sotto la tutela prima della madre Zoe, poi di Romano I Lecapeno (coimperatore dal 920).

129 Fozio, il quale, in seguito alla morte del patriarca Ignazio, era tornato sul seggio patriarcale (877), fino a quando Leone VI appunto (dopo una nuova scomunica da parte di Giovanni VIII nell’881) lo depose (886), costringendolo al ritiro monastico e ponendo così termine allo scisma con Roma45. I Franchi, invece, dopo l’888 identificati nel caso meridionale con la casata di Guido di Spoleto, ebbero un ruolo decisivo sia nelle vicende interminabili della successione al

regnum Italiae sia come alleati prima e antagonisti poi dell’impero bizantino negli

accadimenti della riconquista, nonché in quelli della liberazione di Benevento dal giogo greco (895).

Nello studio dei rapporti politico-diplomatici tra queste due entità, particolarmente interessante quando applicato alla questione meridionale, trova spazio una lettera del patriarca Nicola il Mistico al papa Anastasio III circa le resistenze che il primo nutriva nei confronti della faccenda delle quarte nozze di Leone VI, nella quale si accenna a un accordo che sarebbe intercorso tra il

basileus e «un franco» all’epoca del terzo matrimonio di Leone. In sostanza, il

patriarca Nicola comunica al papa che le terze nozze, già disdicevoli, trovavano una giustificazione nel fatto che il basileus si fosse impegnato a concedere in sposa la sua unica figlia a un franco e dunque ella avrebbe dovuto lasciare la corte di Costantinopoli col conseguente riscontro della mancanza di una donna a palazzo, che si poteva compensare con la novella sposa46.

E’ probabile che il franco di cui si parla fosse proprio il carolingio Ludovico di Provenza, nipote di Ludovico II per parte della madre Irmengarda, in base anche al riferimento ivi contenuto a Berta di Tuscia, moglie del duca-conte Adalberto di Lucca e figlia di Lotario II e di Valdrada. Berta viene nominata in qualità di parente del provenzale (cugina o zia)47 e sappiamo essere proprio lei che spinse nel 900 circa il parente a contrapporsi a Berengario I con la sua candidatura al trono del regno italico, circostanza che più tardi costò a Ludovico anche

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Cfr. a tal proposito supra, I.5, Il meridione longobardo durante l’impero degli ultimi sovrani carolingi. La politica meridionale di Giovanni VIII e l’autonomia di Capua, pp. 72-73.

46 «Tρισ¡¡¡¡ν ÏÏÏÏρààààεσÞ~Þ~Þ~Þ~ναι γάµοις, τάχα γ…………ρ ààààαˆˆˆˆ ûûûû τρ¡¡¡¡τος ÏÏÏÏνάååååιος ====ν τ~~~~ς σ~~~~ς βασιλε¡¡¡¡ας, ÏÏÏÏλλ'''' Ðà ÐàÐà Ðà凇‡‡νος ‰‰‰‰χει συγγν····µην, ¬¬¬¬σως τ………… πρ••••ς τ••••ν Φράγààààον σ££££µφωνα, δι¢¢¢¢τι συµπεφων終‚‚‚νον ====ν üüüüπ•••• σοýýýý τ>>>>ν σ>>>>ν ÞÞÞÞυγατ‚‚‚‚ρα ÍÍÍÍν µ¢¢¢¢νην Ðà‚àÐà‚àÐà‚àÐà‚àτησο, ν££££µφην ÏÏÏÏποστ‚‚‚‚λλειν αÓÓÓÓτ¦¦¦¦» (NICOLAUS

PATRIARCHA, Epistolae, in MIGNE, Patrologia greca, CXI, n. 32, col. 197, trad. inglese in Nicholas I Patriarch of Constantinople. Letters, trad. di R. G. H. Jenkins e L. G. Westerink, Washington, 1973 [Corpus fontium historiae Byzantinae, 6]).

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130 l’accecamento per mano dello stesso avversario (la lettera parla genericamente anche di una nota sciagura capitata al franco in oggetto). Anche Costantino Porfirogenito, figlio di Leone VI, nel suo De administrando imperio espone la genealogia di Ugo di Provenza, figlio di Berta, ricordando anche lo stesso Ludovico48.

Il Gay ritiene che la suddetta politica matrimoniale possa essere stato il presupposto di un’alleanza tra Bisanzio e i provenzali per contrastare Lamberto di Spoleto, Ageltrude e Berengario nelle lotte di successione. I negoziati per le terze nozze dovettero infatti avere inizio nell’898 (anno di morte di Lamberto come di Arnolfo di Carinzia), essendo il matrimonio dell’anno successivo49. Nel 900, dopo una vacanza del trono protrattasi circa due anni, dalla morte di Arnolfo, Ludovico di Provenza viene incoronato re d’Italia da Benedetto IV.

1.4.La nuova invasione araba in Calabria e la vittoria del Garigliano

Dopo la pace dell’889 gli Arabi di Sicilia avevano temporaneamente cessato le incursioni nelle coste calabresi e la sola a soffrire ancora gli attacchi saraceni fu la Campania, a causa del perdurare della base araba del Garigliano, la sola rimasta nel meridione dopo lo smantellamento di Agropoli e delle roccaforti calabresi di Amantea, Tropea e Santa Severina50. Nel 900, però, un’altra invasione proveniente dalla Tunisia, precisamente, dall’emirato di Kairuan, la quarta città santa dell’Islam, interessò quasi tutta la Calabria e inizialmente anche parte della Sicilia, in cui sopravvivevano ancora i baluardi bizantini di Taormina e Catania.

Ibrahim ibn Ahmed spedì il proprio figlio Abd Allah in Sicilia, dove eglì s’impadronì prima di Palermo, insediandovisi (900), e successivamente da lì fiaccò anche le ultime resistenze bizantine che difendevano Catania e Taormina. L’impero bizantino rispose ammassando truppe nella punta estrema della Calabria, per dare apporto ai cristiani e ai ribelli musulmani che combattevano al di là dello stretto. Abd Allah allora assediò e sottomise Reggio (901) e, avendo saputo dell’arrivo di una flotta bizantina a Messina, ritornato sull’isola, conquistò

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COSTANTINO PORFIROGENITO, De administrando imperio, 26. 49

GAY, L’Italia meridionale, pp. 144-146. 50

131 la flotta e abbatté le mura della città siciliana, fece ritorno a Palermo e infine fu richiamato dal padre a rientrare in Tunisia, per contrastare l’opposizione locale, che si era rafforzata con l’appoggio del califfato di Bagdad51.

Costretto a rinunciare al potere in Africa, Ibrahim ibn Ahmed decise di guidare egli stesso lo jihad in Sicilia, trasferendosi nell’isola e lasciando in Africa il figlio. La scelta si rivelò vittoriosa, perché egli cinse d’assedio Taormina, difesa anche da alcuni rinforzi provenienti da Bisanzio, che nonostante ciò cadde nell’arco di pochi mesi (902), e poi dilagò in tutta la zona circostante irrompendo improvvisamente in Calabria al principio di settembre dello stesso anno. La risalita del territorio calabro fu compiuta nell’arco di nemmeno un mese e fu così rapida e improvvisa che gli aiuti provenienti da Costantinopoli non fecero in tempo a intervenire: Ibrahim ibn Ahmed era ormai giunto a Cosenza e nella valle del Crati (902 settembre fine). La popolazione campana, terrorizzata, temeva ormai il peggio. Senonché, in corso ancora l’assedio, come già accennato, Ibrahim muore di dissenteria (902 ottobre 23) e l’assedio viene tolto, al prezzo di un riscatto che il nipote di Ibrahim accetta per ritirarsi52.

La morte di Ibrahim portò un periodo di pace, quantomeno per quanto concerne la Calabria, che sembra non sia stata più interessata da invasioni saracene fino al 914. La Campania, al contrario, continuò a essere vessata dai Saraceni del Garigliano, che proseguirono la loro espansione iniziata già negli ultimi decenni del secolo precedente (Capua nel 905, le valli di Tevere, Volturno, Liri e di molti affluenti di quelli nello stesso periodo). Proprio Capua nel 909 richiese l’aiuto bizantino contro gli Arabi, con un’ambasceria diretta a Costantinopoli e guidata da Landolfo, figlio di Atenolfo, da poco associato al trono. La richiesta fu accettata in cambio della riconosciuta sudditanza che Capua avrebbe dovuto mostrare nei confronti dell’impero. Infatti, quando Atenolfo morì, Landolfo, ritornato a Capua, assunse il titolo principesco e quello di patrizio

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GIOVANNI DIACONO, Acta translationis S. Severini abbatis, in MGH, Scriptores rerum Langobardicarum et Italicarum Saec. VI-IX, 1; GAY, L’Italia meridionale, p. 148.

52

LUPUS PROTOSPATHARIUS, Chronicon, a. 901 (902 indizione V riportano gli Annales Barenses); GIOVANNI DIACONO, Acta translationis S. Severini, 2, 4, 7 nota 1; GAY, L’Italia meridionale, pp. 148-149; cfr. anche supra, p. 123.

132 dell’impero53. La Sicilia, invece, continuava a essere teatro di guerra civile e a partire dal 913 abbiamo la notizia di un nuovo emiro stabilitosi a Palermo, Ibn Khorob. E’ a questi che si deve il tentativo militare che interessò la Calabria nell’anno successivo: esso pare non dovette protrarsi, forse anche in virtù di un accordo che avrebbe preso l’imperatrice Zoe, vedova di Leone VI, con i Saraceni negli primi anni della reggenza in vece del figlio Costantino (913-920), ancora troppo giovane per assumere il comando dell’impero. Pare infatti che in quel periodo gli Arabi si accontentassero dei tributi che le città versavano con una certa regolarità, per avere garanzie di pace54.

Fino ad arrivare alla lega anti-saracena che nel 915, prima dell’incoronazione di Berengario I a Roma, fu abbastanza organizzata e forte per debellare anche quell’ultima roccaforte meridionale araba, quella del Garigliano, rendendo finalmente sicuri rispetto al pericolo saraceno il Mezzogiorno e l’Italia centrale, col conseguente aumento di autorità e prestigio dell’impero bizantino, che vedeva riconosciuta la sua supremazia politica e militare lungo tutto il litorale meridionale55.

2. La creazione dei temi di Longobardia e di Calabria e la geografia amministrativa del territorio

2.1 Temi e strateghi, turme e turmarchi

Il territorio posto sotto il dominio bizantino, non solo quello italico, fu, come sappiamo, suddiviso in circoscrizioni amministrative – già a partire dall’epoca della prima colonizzazione bizantina (VII secolo) – dette temi o

themata (Þ‚ã×ê×Þ‚ã×ê×Þ‚ã×ê×Þ‚ã×ê×). Queste erano amministrate da una cerchia di funzionari civili e

militari che vedeva in testa un ufficiale di grado elevato, con competenze tanto

53

LEONE OSTIENSE seu MARSICANO-PIETRO DIACONO, Chronica monasterii Casinensis, I, 92; CDC, I, c. 131; GAY, L’Italia meridionale, pp. 150, 152.

54

Ibidem, p. 151; LEONE OSTIENSE seu MARSICANO-PIETRO DIACONO, Chronica monasterii Casinensis, I, 50.

55

GAY, L’Italia meridionale, pp. 153-154; LUPUS PROTOSPATHARIUS, Chronicon, a. 916 (errato); sulla lega meridionale contro gli Arabi, v. anche supra, II.1, nota 4.

133 civili quanto militari, quale lo strategos (στρατηγÒÒÒÒ@@@@). Egli di norma è dotato del titolo di protospatario (πρωτοσπαÞÞÞÞάριο@@@@) o di patrizio (πατρίààààιο@@@@); in alcuni casi (Mariano Argiro) di quello di anthypatus patricius56; in altri (Niceforo Hexakionites) di quello di magistros (μάγιστρο@@@@)57, entrambi di un certo prestigio. Lo stratega, inoltre, risulta dalle fonti rivestire la carica per un periodo piuttosto breve di tempo (non più di tre anni circa per ogni stratega conosciuto) nel caso meglio documentato del tema di Longobardia, mentre per quanto concerne il tema di Calabria-Sicilia la media si alza a circa il doppio nei casi noti, ma ciò sembrerebbe dovuto alla lacunosità della documentazione che fa riferimento a quest’ultima struttura istituzionale58.

Secondo alcuni, pur essendo opinabile, tale organizzazione fu il «risultato di un decentramento del potere le cui origini economiche e sociali non sono ancora ben note»59. In realtà sappiamo che lo stratega era nominato direttamente dal

basileus e che, anche nel nostro caso italico-meridionale, egli non era che il

rappresentante dell’imperatore, con tutte le responsabilità derivategli, nelle province periferiche del vasto impero d’Oriente. La suddivisione del territorio dell’impero in temi può e non deve essere vista necessariamente come sintomo di decentramento di potere, bensì come risorsa utile e indispensabile di governo e di amministrazione di un territorio tanto articolato quanto esteso, nel quale l’autorità centrale, quanto più ci si allontani da Costantinopoli, tanto più faticherebbe a imporsi e consolidarsi. L’impero bizantino, come si sa, fu notoriamente sensibile a questo tipo di problematiche, come quella dell’organizzazione amministrativa del territorio, e quando fu necessario non tardò ad adattarsi, per esempio, alle norme del diritto e ai criteri di governo che preesistevano al loro dominio in ambito locale, come più volte abbiamo avuto occasione di precisare, pur di garantire una solida e capillare gestione del territorio conquistato60.

56

TRINCHERA, Syllabus, c. 6 (956 dicembre). 57

Vita Nili, 60: «πρººτο@ ºº @ @ @ ààààαˆˆˆˆ μόνο@ @ @ τ¦ @ ¦ ¦ μεγίστö …å¦ ö …åιώματι τούτö ö …åö …å ö ö ö παρ… … … … τºººν εÓÓÓÓσεβºº ºººν βασιλέων

ÐÐÐÐπúúúú τα‡@ ð݇@ ð݇@ ð݇@ ðÝθεÑÑÑÑσαι@@@@ í·í·í·í·ραι@@@@ ÏÏÏÏποσταλε¡@¡@¡@»; LUPUS PROTOSPATHARIUS, Chronicon, a. 966. ¡@

58

FALKENHAUSEN, La dominazione bizantina, p. 112. 59

GUILLOU, L’Italia bizantina dalla caduta di Ravenna all’arrivo dei Normanni, in IDEM- BURGARELLA, L’Italia bizantina, p. 129.

60

Nella parte settentrionale del tema di Longobardia, come a Benevento durante il breve dominio bizantino, vigeva il diritto longobardo per quanto concerneva la documentazione privata (GUILLOU, Geografia amministrativa del katepanato, in IDEM, Aspetti della civiltà bizantina, p. 177).

134 Immediatamente sotto gli strateghi vi erano i turmarchi (τοëëëëρãÿãÿãÿρχαι), ãÿ ufficiali anch’essi nominati dal basileus e preposti al governo delle turme (τοýýýýρµαι). Solitamente nella prassi amministrativa bizantina a ogni tema corrispondeva una suddivisione dello stesso in tre turme, anche se il numero non era vincolante e dipendeva principalmente dall’estensione del tema. Per esempio, vedremo che nel tema di Longobardia, quando lo stratega Barsakios lasciò il palazzo beneventano e si trasferì in quello barese (895), delegò il turmarca Teodoro perché governasse su Benevento.

Come avremo modo di accorgerci, la prassi amministrativa bizantina, da questo punto di vista, è ardua da approfondire con una certa esattezza: è possibile infatti siano sussistite ovunque ulteriori suddivisioni territoriali nell’ambito delle stesse turme, queste ultime già difficili da individuare con certezza, come con la presenza di altri sottodistretti quali drughi (δροýýýýγγοι), banda (βÿÿÿÿνδα) e topoteresiai (τοποτÝÝÝÝρÝÝÝÝσ¡¡¡¡αι), ognuno retto da ufficiali minori preposti. Quando il turmarca svolge anche le funzioni giudiziarie, come sembrerebbe da alcuni giudicati, egli assume il titolo di giudice e turmarca o quello di turmarca e kritis. Secondo lo stesso criterio il turmarca può assumere analoghe funzioni giudiziario- notarili di quelle svolte dal gastaldo negli atti della Langobardia minor (teste, presidente di un’assemblea giudicante, advocatores ecclesiae, ecc.)61.

L’organizzazione militare nei temi della prima colonizzazione bizantina differisce in modo sostanziale da quella che verrà applicata nel corso del X secolo: nel primo caso l’esercito attingeva ai proprietari fondiari autoctoni di alto rango (ŸŸŸŸρχοντε@@@@), accordando in cambio esenzioni fiscali. Il sistema dal punto di vista strategico-gestionale era basato sull’autarchia militare di ogni tema (utilizzo ordinario delle sole truppe proprie del tema), mentre economicamente esso era fondato sulla strateia (στρατε¡¡¡¡α), cioè, in origine, la prestazione d’opera poi la tassa in denaro che lo stratiota era tenuto a evadere, perché legata al possesso di un fondo che l’impero riservava a ogni soldato e che vi pendeva anche per i discendenti, fossero questi anche ecclesiastici62.

61

FALKENHAUSEN, La dominazione bizantina, pp. 117-119; GUILLOU, La Lucania bizantina, p. 215; BURGARELLA, Le terre bizantine, p. 477.

62

135 Nel secondo caso, contemporaneamente con la creazione del catepanato d’Italia (969) si introdusse il mestiere militare e l’istituzione delle milizie dei

tagmata (τÿÿÿÿγµατα), le cui spese, al contrario, pagarono gli stessi soldati e veterani

di guerra63. La strateia perse d’importanza e così gli stratioti, che ora venivano arruolati con la qualifica di armati alla leggera (ààààονταρ††††τοι)64. Tale riforma dell’esercito determinò anche nuovi equilibri di potere e la creazione di nuove cariche giuridico-amministrative: a partire dalla seconda metà del X secolo e durante l’impero di Giovanni Zimisce (969-976), per esempio, i taxiarchi, istituiti

ex novo dopo la riforma, scalzano progressivamente i turmarchi dal loro ufficio65. Nell’Italia meridionale in seguito alla riconquista bizantina furono istituiti due temi, quello di Longobardia e quello di Calabria-Sicilia, quest’ultima regione solo nominalmente appartenente al tema perché nella realtà essa era rappresentata solamente dai centri della resistenza bizantina siciliana di Taormina e Catania. Il terzo tema del Mezzogiorno bizantino, quello di Lucania, è invece quello scoperto più di recente e dunque anche il più dibattuto: di esso parleremo più avanti, anche perché a tutt’oggi risulta incerta la sua collocazione cronologica.

2.2 La creazione del tema di Longobardia e la formazione del tema di Calabria. L’amministrazione civile del territorio

Il tema di Longobardia (Þ‚Þ‚Þ‚Þ‚µα Λογγιβαρδ¡¡¡¡α@@@@), con capitale Bari, era costituito da un territorio estremamente eterogeneo dal punto di vista sociale- istituzionale: oltre alla Puglia e alla Lucania di parte bizantina, anche i principati longobardi campani, che erano da tempo sudditi di Bisanzio, e i ducati campani di Napoli e Amalfi con la città di Gaeta. La parola “Longobardia”, dunque, ha

63

GUILLOU, L’Italia bizantina dalla caduta di Ravenna all’arrivo dei Normanni, in IDEM- BURGARELLA, L’Italia bizantina, pp. 129-130.

64

Conterati infatti fu termine che il latino medievale prese in prestito per designare i soldati locali (per es. in LUPUS PROTOSPATHARIUS, Chronicon, a. 1040 per quelli di Puglia); FALKENHAUSEN, La dominazione bizantina, p. 132.

65

Attestati in Italia meridionale dalla fine del X secolo, prima in Puglia poi in Lucania (ve n’è uno a Oriolo nel 1015 tra i sottoscrittori di un atto: «ΙïïïïανÝ@Ý@Ý@Ý@ ταååååιÿÿÿÿρχÝ@Ý@Ý@» in TRINCHERA, Ý@ Syllabus, c. 15); FALKENHAUSEN, La dominazione bizantina, pp. 126-127; GUILLOU, Geografia amministrativa del katepanato, in IDEM, Aspetti della civiltà bizantina, p. 174. Sui turmarchi si veda infra; in generale circa i diversi gradi dell’amministrazione bizantina, cfr. FALKENHAUSEN, La dominazione bizantina, pp. 111-129, del settore militare, pp. 129-139.

136 valenza duplice: essa designa sia la provincia di tradizione bizantina (Puglia e parte della Lucania), che la Longobardia minor.

La storiografia è concorde nell’affermare che il tema di Longobardia nacque all’indomani della conquista di Benevento da parte dello stratega Simbatikios (891)66. Egli è anche il primo a comparire in una fonte ufficiale del giugno 892, quando dunque il tema era già stato istituito, con la titolatura di «imperialis

protospatharius et stratigo Macedonie, Tracie, Cephalonie atque Longibardie»67. Le titolature precedenti a Simbatikios che ha creduto di trovare Pertusi68, sono state dimostrate essere inaffidabili, perché basate perlopiù su fonti posteriori, da Vera Von Falkenhausen sulla scorta delle considerazioni dell’Oikonomidès69. Il dominio di Bisanzio sul principato beneventano fu effimero, durò solo quattro anni, fino all’895, dunque nulla sappiamo sugli effetti che la dominazione bizantina ebbe su quelle zone, né sull’organizzazione amministrativa che Bisanzio vi applicò. Sappiamo solo che Benevento fu la prima capitale del tema e sede dello stratega, poi dall’895 la capitale fu Bari.

Una ulteriore considerazione può essere fatta tenendo conto della politica degli strateghi nei confronti degli altri principati longobardi durante gli anni della dominazione beneventana e abbiamo visto come Bisanzio cercò con tutte le forze di piegare l’autorità longobarda e di sottometterla alla propria, fino al tentativo ardito del patrizio Giorgio di annettere al dominio diretto anche Salerno dopo Benevento (893)70. Oltre ad alcune testimonianze locali, posteriori al secolo successivo, di ingerenza istituzionale bizantina nelle fonti beneventane71, le uniche notizie del territorio sono la dominazione bizantina su Siponto dall’892, che si protrasse anche dopo l’espulsione dei Bizantini da Benevento72 e la

66

Sugli avvenimenti cfr. supra, p. 123; sulla concordanza circa la formazione del tema, cfr. FALKENHAUSEN, La dominazione bizantina, p. 31; GUILLOU, Geografia amministrativa del katepanato, in IDEM, Aspetti della civiltà bizantina, p. 171; BURGARELLA, Le terre bizantine, p. 455.

67

TRINCHERA, Syllabus, c. 3. 68

PERTUSI, Contributi alla storia dei «temi», pp. 499-501. 69

FALKENHAUSEN, La dominazione bizantina, pp. 24-25; OIKONOMIDÈS, Constantin VII Porphyrogénète et les thèmes de Céphalonie et de Longobardie, in “Revue des études byzantines”, XXIII (1965), pp. 120-123.

70

Cfr. supra, p. 126. 71

FALKENHAUSEN, La dominazione bizantina, pp. 32-33. 72

Gli Annales Beneventani confermano che i Bizantini ebbero sede a Siponto negli anni immediatamente successivi alla liberazione di Benevento, mentre molto più tardi, nel 973, abbiamo l’attestazione a Siponto del turmarca Procopio (ibidem, p. 32).

137 circostanza che al trasferimento di capitale corrispose il mandato del turmarca Teodoro perché governasse su Benevento, ora non più capitale del tema, bensì evidentemente centro di una turma omonima73.

Due anni dopo l’inizio di un dominio bizantino duraturo su Bari, nell’878, Siracusa cadde sotto gli attacchi arabi. A quel tempo facevano certamente parte dell’antico tema di Sicilia il ducato di Calabria74 e la valle del Crati, in mani bizantine dopo la riconquista, alcune città sicule, baluardi della resistenza bizantina (quali Taormina e Catania le più importanti), e la terra d’Otranto. Ciò sembra plausibile per il fatto che nello stesso periodo (886) la diocesi di Gallipoli divenne suffraganea della metropolia calabra di Santa Severina di recente formazione75, mentre solo qualche tempo dopo la terra di Otranto passò sotto la giurisdizione del tema di Longobardia.

Nonostante da allora il tema di Sicilia fosse composto dal solo ducato/turma di Calabria e che l’ufficiale bizantino attestato come στρατÝÝÝÝγÒÒÒÒ@@@@ Σιààààελ¡¡¡¡α@@@@ nelle fonti ufficiali e come στρατÝÝÝÝγÒÒÒÒ@ @ @ Καλαβρ¡¡¡¡α@@@@ in quelle narrative, alcune volte @