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3. Analisi di una traduzione intralinguistica

3.3 Il Lessico e lo Stile

Il lessico che utilizza Shakespeare in Mabeth è estremamente ricco e variegato e spazia da termini molto colti a termini comunemente usati nell’inglese di oggi. Troviamo parole appartenenti al campo semantico della guerra, del mondo fantastico e della magia, dell’omicidio e della vita di corte. Sono circa un 5% i termini oscuri di cui non si conosce l’origine e di cui si è persa traccia nell’inglese moderno; La maggiore sfida traduttiva è rappresentata dai cosiddetti “False friends” forme pre-esistenti che hanno cambiato significato nel corso del tempo. Tali forme, che apparentemente sembrano non costituire un vero ostacolo di comprensione, come avviene invece per gli arcaismi, di fatto possono trarre in inganno il traduttore per via dell’allargamento o della specializzazione dei significati già presenti in quella parola.

Inoltre si può osservare la presenza di una varietà di registri e stili diversi: i critici hanno osservato come Shakespeare divida nettamente coloro che parlano in versi, che sono di solito personaggi appartenenti a classi colte, da quelli che parlano in prosa, che fanno parte delle classi sociali più basse. Quando i personaggi delle classi agiate parlano in prosa lo fanno per uno scopo comunicativo ben preciso oppure se devono parlare con una persona che ha uno status sociale inferiore al loro. Ad esempio, in Macbeth, tutti i nobili scozzesi parlano in versi e dispongono di un lessico più vario rispetto alle persone del popolo. Da notare l’uso del pronome personale“you” più formale, che viene alternato all’informale “thou” e ai suoi derivati “thee”, “thy”, “thine” e “thyself”. Tale contrapposizione viene utilizzata, nel testo di partenza, per segnalare un cambiamento di

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attitudine o per comunicare un’emozione. Di solito i personaggi nobili utilizzano “you” fra loro e passano a “thou” quando vogliono esprimere vicinanza, che può significare intimità, ma anche invettiva. Nella relazione tra Macbeth e sua moglie, ad esempio, notiamo come i due personaggi modifichino l’uso dei due pronomi personali a seconda delle emozioni che provano. All’inizio della tragedia, Lady Macbeth si rivolge al marito scegliendo il pronome thou; più tardi nell’evolversi dell’azione di fronte alla riluttanza di Macbeth nel mettere in atto i suoi piani delittuosi passa a “you”, in segno di distacco. Dopo questa scena Lady Macbeth non si rivolgerà più al marito utilizzando “thou” sino alla fine del dramma, segno che fra i due il grado di intimità è cambiato. Questa alternanza fra “you” e “thou”, rappresenta un ostacolo per il traduttore moderno, poiché la variante “thou” è completamente sparita nell’inglese di oggi. Il traduttore deve quindi cercare di rendere queste variazioni dell’emotività dei personaggi in un altro modo. Nei passi di seguito riportati si cercherà di analizzare come la casa editrice ha affrontato i problemi traduttivi concernenti il lessico, in particolare, si osserverà quali soluzioni traduttive sono state trovate per rendere: gli arcaismi, i false friends, la dicotomia “thou/you” e la varietà di registri presenti nel testo di partenza. Lo scopo è quello di vedere come e con quali strategie traduttive la casa editrice ha scelto di affrontare i passaggi linguisticamente più complessi e se così facendo abbia tenuto fede al progetto traduttivo dichiarato: aiutare il lettore moderno ad accostarsi a Shakespeare, eliminando ogni complicazione formale e rendendo il testo oggetto di un rinnovato piacere estetico. Dal punto di vista lessicale la traduzione No Fear appare piuttosto uniforme; la scelta che la casa editrice ha fatto è quella di optare per un registro colloquiale, prediligendo uno stile contemporaneo. Una tra le tecniche traduttive più utilizzate è quella dell’esplicitazione: vengono introdotti nel testo di arrivo particolari che risultano impliciti in quello di partenza e che si pensa non tutti siano in grado di dedurre dal contesto. La strategia dell’esplicitazione fa parte di quella che viene chiamata amplificazione, che consiste appunto nell’introdurre precisazioni non formulate nel testo originale sotto forma di: informazioni, parafrasi esplicative e note del traduttore. E’ una tecnica che si oppone a quella della riduzione.

Di seguito si riporta il celebre dialogo, con cui la tragedia si apre, in cui sono presenti esempi di amplificazione ed altre strategie, che verranno descritte col procedere dell’analisi. Per ogni stralcio di testo riportato, da qui sino alla fine dell’analisi, si

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procederà a trascrivere sulla sinistra il testo originale e sulla destra il testo in traduzione, specificando l’Atto e la Scena da cui l’esempio è tratto e numerando le righe e le frasi del testo di partenza.

Atto I, scena I

Thunder and lightning. Enter three WITCHES

FIRST WITCH

When shall we three meet again? 1 In thunder, lightning, or in rain? 2

SECOND WITCH

When the hurly-burly’s done, 3 When the battle’s lost and won. 4

THIRD WITCH

That will be ere the set of sun. 5

FIRST WITCH

Where the place? 6

SECOND WITCH

Upon the heath. 7

THIRD WITCH

There to meet with Macbeth. 8

Thunder and lightning. Three WITCHES enter

FIRST WITCH

When should the three of us meet again? Will it be in thunder, lightning, or rain?

SECOND WITCH

We’ll meet when the noise of the battle is over, when one side has won and the other side has lost.

THIRD WITCH

That will happen before sunset.

FIRST WITCH

Where should we meet?

SECOND WITCH

Let’s do it in the open field.

THIRD WITCH

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La tragedia si apre con tuoni, lampi e l’inquietante presenza delle Fatidiche Sorelle che ci introducono in quell’atmosfera cupa e ricca di tensione in cui il dramma è immerso. Già da questo breve dialogo possiamo notare come le due versioni differiscano sotto alcuni aspetti; il testo di arrivo appare un po’ appesantito rispetto all’originale: le frasi sono più lunghe e ridondanti. Notiamo come il shall della prima riga venga sostituito da should. Il modale, il cui uso oggi è raro, viene usato nel British English quando il locutore vuole dare suggerimenti o offrirsi di fare qualcosa nelle frasi interrogative, mentre è del tutto scomparso nell’American English, che preferisce l’impiego di altre forme.

Alla terza riga, è ben visibile un esempio di esplicitazione: il termine hurly-burly, la cui etimologia risale al Seicento dalla fusione di Hurling e burling, viene parafrasato con “the noise of the battle”; nella riga sottostante oltre a rendere esplicito il concetto, il testo di arrivo è integrato in maniera un po’ ridondante: “when the battle is lost and won” diventa “when one side has won and the other side has lost”. Oltre a perdere ritmo, data la lunghezza della frase, la precisazione risulta forse un po’ superflua: trattandosi di una battaglia, il lettore è in grado di evincere dal contesto che quel “lost and won” si riferisce rispettivamente alla parte che perde e alla parte che vince. E’ un po’ come se il traduttore stesse prendendo per mano i lettori per accompagnarli passo passo nella lettura del testo.

Ancora alla sesta riga, la domanda “where the place?” viene sostituita con una più diretta ma appesantita “where should we meet?” con l’aggiunta del modale should. In questo primo dialogo sono presenti anche due arcaismi ere e heath, il primo tradotto con before, il secondo con open field.

All’interno del sito www.shakespeareswords.com, nella sezione glossary prodotta da

David e Ben Crystal, la parola ere viene tradotta come in No Fear, quindi before; heath viene invece parafrasato con “a barren patch of land” che è sinonimo di “open field”. Sempre all’interno della strategia traduttiva dell’amplificazione possiamo vedere come in alcuni punti della traduzione compaiano parafrasi esplicative o note tra parentesi.

Sempre nell’atto I, scena I, ad esempio, il testo di arrivo è integrato da una glossa esplicativa iniziale, non presente nel testo di partenza, che spiega al lettore l’evolversi del dialogo:

74 FIRST WITCH I come, Graymalkin! 1 SECOND WITCH Paddock calls. 2 THIRD WITCH Anon. 3 ALL

Fair is foul, and foul is fair 4 Hover through the fog and filthy air. 5

The WITCHES hear the calls of their spirit friends or “familiars,” which look like animals—one is a cat and one is a toad.

FIRST WITCH

(calling to her cat) I’m coming,

Graymalkin! SECOND WITCH

My toad, Paddock, calls me. THIRD WITCH

(to her spirit) I’ll be right there!

ALL

Fair is foul, and foul is fair. Let’s fly away through the fog and filthy air.

Come si può osservare, il testo di arrivo inserisce una descrizione iniziale che permette al lettore di comprendere a chi si riferiscono i nomi propri che compaiono nel dialogo. Tale tecnica traduttiva può essere interpretata come un’esplicitazione, ma anche come un’integrazione testuale, in quanto vengono aggiunti elementi linguistici che non sono presenti nel testo di partenza. Lo stesso vale per i termini aggiunti tra parentesi: “calling to her cat”, “to her spirit” e l’aggiunta di “My toad”davanti a Paddock. Di fatto questa scelta traduttiva è motivata dal bisogno pratico di far comprendere al lettore, che non ha modo di vedere la rappresentazione teatrale, a chi le streghe si stanno rivolgendo. E’ importante tenere presente che il Macbeth nasce come testo drammatico, destinato alla rappresentazione e per questo, spesso i dialoghi acquistano significato per mezzo delle parole, dei gesti e movimenti dei personaggi sulla scena. Crystal nel volume Think on my

words, spiega come nelle versioni originali delle plays di Shakespeare, pensieri e parole

siano mescolati: da un lato la punteggiatura e le regole di stampa non erano ancora standardizzate, dall’altro sussiste all’interno del testo di partenza, la necessità di utilizzare linguaggio performativo, concepito e scritto per essere rappresentato e orientare le azioni dei personaggi.

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Da notare, alla quarta riga, la scelta di mantenere invariato il celebre coro delle streghe: “fair is foul and foul is fair” che è l’antitesi che racchiude in sé il significato di tutta l’opera e anticipa ai lettori e agli spettatori che in Macbeth niente è come appare, quello che può sembrare bello in realtà si dimostrerà brutto e viceversa. la scelta traduttiva di non tradurre il passo, si oppone alle tecniche di semplificazione del linguaggio e di esplicitazione sino ad ora osservate. Tuttavia è possibile che la casa editrice non abbia voluto misurarsi con una frase che gode di una certa autorità letteraria e il cui cambiamento avrebbe forse destabilizzato i lettori. Si è probabilmente ritenuto che mantenendone l’identità formale, i lettori potessero provare una sorta di conforto del riconoscimento. Tuttavia, come si osserva qualche scena più avanti, la scelta di non tradurre non viene portata avanti in modo coerente: nella scena III del primo atto,

Mabeth appena prima di incontrare le streghe, si rivolge a Banquo esclamando : “So foul

and fair a day I have not seen.”; la frase è tradotta nel testo di arrivo con “ I have never seen a day that was so good and bad at the same time”. Nel testo originale, la ripetizione da parte del protagonista della stessa frase antitetica pronunciata poco prima dalle tre streghe, ha una funzione di rimando e di anticipazione dell’incontro che Macbeth sta per fare con le tre donne. La profezia ha un ruolo centrale nel dramma, in quanto influenza le decisioni del protagonista e ne cambia le sorti. Scegliere di tradurre soltanto una delle due frasi, è una scelta incoerente e poco attenta alle allusioni e ai richiami contenute nel testo di partenza. Nell’esempio compare inoltre l’arcaismo “anon”, che è un avverbio e significa letteralmente “shortly” o “soon”, reso nel testo di arrivo con la frase: “I’ll be right there!”.

Venendo ad altri esempi in cui compaiono strategie traduttive concernenti il lessico, si riporta di seguito un pezzo del discorso di un Capitano ferito che narra al Re Duncan le gesta di Macbeth in battaglia nell’atto I, scena II:

CAPTAIN

Doubtful it stood, as two spent swimmers that do cling together and choke their art. The merciless

Macdonwald,

CAPTAIN

For a while you couldn’t tell who would win. The armies were like two exhausted swimmers clinging to each other and struggling in the water, unable to move.

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Worthy to be a rebel, for to that 5 The multiplying villanies of nature

do swarm upon him—from the Western Isles of kerns and gallowglasses is supplied, and Fortune, on his damnèd quarrel smiling, showed like 10 a rebel’s whore. But all’s too weak,

For brave Macbeth—well he deserves that name—disdaining fortune, with his brandished steel, which smoked with bloody execution, like valor’s 15 minion carved out his passage till he faced the slave; which ne'er shook hands, nor bade farewell to him, till he unseamed him from the nave to th' chops, and fixed his head upon our 20 battlements.

DUNCAN

O valiant cousin! Worthy gentleman!

The villainous rebel Macdonwald was supported by foot soldiers and horsemen from Ireland and the Hebrides, and Lady Luck was with him, smiling cruelly at his enemies as if she were his whore. But Luck and Macdonwald together weren’t strong enough. Brave Macbeth, laughing at Luck, chopped his way through to Macdonwald, who didn’t even have time to say good-bye or shake hands before Macbeth split him open from his navel to his jawbone and stuck his head on our castle walls.

DUNCAN

My brave relative! What a worthy man!

Già dalla prima riga, si osservi come la breve risposta del Capitano “doubtful it stood” venga esplicitata con la lunga perifrasi “for a while you couldn’t tell who would win”. Il Capitano sta rispondendo alla richiesta di Malcolm di narrare le sorti della battaglia. Il testo di arrivo, risulta integrato da precisazioni, che traducono informazioni contestuali in informazioni esplicite.

Alla seconda riga, troviamo una similitudine che paragona i due eserciti in battaglia a due nuotatori esausti che lottano attaccati soffocandosi a vicenda; il testo di arrivo opta per il mantenimento della stessa immagine metaforica, aggiungendo però elementi che aiutano a spiegarla: ad esempio le parole “the armies” all’inizio e “unable to move” alla fine; “spent” viene inoltre sostituito con “exhausted” e “choke their art” viene tradotto con

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“struggling in the water”. Nonostante l’aggiunta di qualche elemento “chiarificatore”, l’espressività linguistica viene mantenuta ed anche nel testo di arrivo la descrizione risulta essenziale e suggestiva. Sul linguaggio figurato si ritornerà più nel dettaglio in altri esempi. Alla quarta riga, troviamo un esempio di compressione linguistica che smorza la carica espressiva del testo di partenza: la frase“the merciless Macdonwald worthy to be a rebel, for to that the multiplying villanies of nature do swarm upon him” viene compressa in “the villainous rebel Macdonwald”, dove il sostantivo “rebel” viene mantenuto, ma si perde completamente la traduzione di “multiplying villanies of nature do swarm upon him” che sottolinea tramite linguaggio metaforico, come la malvagità multiforme della natura sia attratta dal crudele Macdonwald.

Alla settimana riga, troviamo invece, quelli che nella terminologia dei procedimenti traduttivi vengono definite descrizione e generalizzazione:

La frase “From the Western Isles of Kerns and Gallowglasses is supplied” viene tradotta con “was supported by foot soldiers and horsemen from Ireland and the Hebrides. Kerns è la denominazione dei soldati mercenari di fanteria irlandesi e scozzesi (Crystal 2013: 32), mentre Gallowglasses è una parola di origine gaelica che viene da galloglach (gall = foreigner + oglach = soldier) (ibid.), che indica cavalieri mercenari che combattono muniti di asce. Come possiamo vedere, la scelta traduttiva è quella di sostituire i nomi propri con nomi comuni: “soldiers and horsemen” di cui viene specificata la provenienza “from Ireland and the Hebrides”. In questo modo il testo di arrivo perde di specificità, diventa anche meno connotato storicamente, ma risulta meno ostico. Trattandosi di termini molto specifici, la scelta di esplicitarne è più che motivata, ma non vi sono ragioni per cui i due nomi debbano essere omessi nel testo di arrivo. L’aggiunta di una precisazione tra parentesi o di una glossa esplicativa in fondo alla pagina sarebbe stata sicuramente più rispettosa del testo originale.

Particolarmente interessante anche la scelta di tradurre “Fortune” con “Lady Luck”, alla nona riga. L’aggiunta della parola “Lady” serve ad esplicitare al lettore, che nel testo di partenza si sta parlando della personificazione della sorte: Fortuna nell’antica Roma era la Dea del caso e del destino. Aggiungendo il titolo di cortesia “lady”, con cui di solito ci si riferisce ad una donna, si chiarisce al lettore di che tipo di “fortuna” il testo sta parlando. Perché non scegliere “Lady Fortune” allora? Fortune esiste in Inglese ed è l’equivalente traduttivo della parola latina Fortūna, da cui tra l’altro proviene. Di fatto, a partire dal

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1936, grazie all’omonimo film di Charles Lamont il termine Lady Luck è diventato molto diffuso e non sono pochi gli album discografici, le band o altri progetti musicali che ne portano il nome. Nonostante la maggiore popolarità negli Stati Uniti del termine, il termine “fortune” risulterebbe più appropriato poiché ha insita la connotazione di “destino”. Da notare che l’appellativo Lady, viene usato soltanto la prima volta che compare nel testo, mentre le volte successive, nel testo di arrivo compare soltanto la parola “Luck” scrita con la lettera maiuscola: “But Luck and Macdonwald”, “Brave Macbeth, laughing at Luck”(riga 10 e 12). All’undicesima riga, “but all’s too weak” viene tradotto con “Luck and Macdonwald weren’t strong enough”, dove Fortuna e

Macdonwald sono integrazioni del testo di arrivo che esplicitano a chi si riferisce quel

“all” del testo di partenza.

Al posto dell’aggettivo “debole” il testo di arrivo opta quindi per “non troppo forte”, operando una modulazione, ovvero un cambio semantico; al posto del verbo “disdaining” (riga 12), troviamo invece “laughing at”. Mentre i primi due sono interscambiabili, disdain e laugh at designano due azioni differenti: il primo siginifica sprezzare, mentre l’equivalente scelto da No Fear significa deridere o ridere di. Non vi è dunque una reale equivalenza traduttiva.

Anche nella risposta di Re Duncan (riga 22), che segue la lunga descrizione del capitano, è tradotta alquanto liberamente:

Duncan, dopo aver udito del coraggio di Macbeth in battaglia esclama: “O valiant cousin!”, tradotto con:“my brave relative!”. Relative è l’iperonimo di cousin che indica invece un grado di parentela più specifico. Duncan e Macbeth sono cugini nel senso stretto, essendo figli di sorelle e non sussistono bisogni traduttivi che motivino la decisione di cambiare il termine, generalizzandolo.

La parola gentleman, invece, sempre alla riga 21, può essere qui considerata come false

friend. Nel testo di partenza Duncan, parlando di Macbeth lo definisce “worthy

gentleman”, mentre nel testo di arrivo il corrispondente traduttivo scelto è “worthy man”, uomo di valore.

Il passaggio da gentleman per nascita a gentle man avviene soltanto nel XIX secolo, perciò, scrivendo Shakespeare due secoli prima, si ipotizza che tale termine designasse per lui le persone di alto rango e fosse quindi un sinonimo di nobile. Qui Duncan sta parlando di un membro della sua famiglia, che è la famiglia reale, quindi al primo posto

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della piramide sociale; togliere l’aggettivo gentle, lasciando soltanto “worthy man” significa travisarne il significato, in quanto Macbeth non è soltanto un uomo valoroso, ma è un gentleman di nascita.

Come è possibile osservare in questi primi esempi, il testo di arrivo predilige un linguaggio di tipo pragmatico, in grado di eliminare le ambiguità delle singole parole o di interi enunciati, facendo frequentemente ricorso alle tecniche di espansione ed esplicitazione. Sotto si riportano esempi tratti da atti diversi del dramma, all’interno dei quali, oltre alle

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