La letteratura femminile in Italia e Spagna.
Due progetti di costruzione nazionale
È possibile portare avanti l'idea che ci sia un contesto “mediterraneo” che possa essere studiato come una sorta di “macroregione” europea dal punto di vista della costruzione nazionale nel corso del XIX secolo? E se sì, che somiglianze e che differenze incontriamo? E ancora: in che modo le donne italiane e spagnole partecipano a questo processo, sia direttamente che “simbolicamente”?
Si è cercato di partire da queste domande per poter approfondire il tema della nazione e soprattutto della costruzione del discorso sulla nazione in Spagna e Italia. In Italia infatti sotto la spinta di nuovi studi di storia-culturale la figura femminile è diventata centrale nella comprensione del processo risorgimentale e di formazione del discorso nazional-patriottico.1
Tanto più dopo la recente celebrazione del centocinquantesimo anniversario dell'Unità d'Italia questi temi hanno assunto un'importanza pubblica oltre che strettamente accademica. Nel paese iberico questo legame tra nazione e donna non ha ancora assunto quella profondità di analisi riscontrabile altrove e, se è certo che si sono prodotti importanti studi nei rispettivi campi, non si è ancora riuscito ad amalgamare il tutto in un'argomentazione unitaria.
Perciò affiancare le due scrittrici spagnole che abbiamo studiato a due intellettuali italiane a loro contemporanee nasce dal bisogno di verificare quanto la specificità della loro produzione letteraria presentasse significati comuni, consapevoli però che una semplice e
esempio su tutti M. Simon Palmer, “Escritoras españolas del siglo XIX o el miedo a la marginación” cit., pp. 477-485
1 A.M. Banti, La nazione del Risorgimento. Parentela, santità e onore alle origini dell'Italia unita, Einaudi,
lineare comparazione può portare a facili e ingenue generalizzazioni. I due nodi centrali che sono già emersi nei capitoli precedenti sono quindi da un lato quello del processo di inserimento della donna nella nuova impalcatura nazionale, e dall'altro il tema delle rappresentazioni, della simbologia nazionale che le comprende.
Non solo ma l'idea di provare un qualche accostamento tra Italia e Spagna nasce dalla consapevolezza che i rapporti politici e culturali tra i due paesi erano presenti già dall'epoca illuminista2 e si protrassero con intensità diversa nel corso del XIX secolo. 3
5.1 Contesto della scrittura femminile nel Risorgimento
Il Risorgimento non fu solo un grande movimento di massa che coinvolse migliaia di uomini nella battaglia comune contro le monarchie legittimiste fino all'Unità il 17 marzo del 1861. Fu anche un movimento che seppe coinvolgere tutte le donne nel suo progetto di “resurrezione” nazionale. Come? Quali ruoli ebbero in questo processo politico? Qual era il ruolo che veniva loro proposto dal discorso nazionale e come loro stesse risposero a questo modello?
Il discorso risorgimentale fin dalle sue origini era un discorso che faceva della donna un soggetto centrale per la propria simbologia di riferimento. Dalle allegorie repubblicane di matrice francese, fino a quelle della tradizione cattolica, la femminilità era il metro con cui misurare la virtù, la rispettabilità di una determinata comunità che si dichiarava nazionale, e che quindi condivideva prima di tutto una storia, una lingua, una discendenza di sangue.4
2 Franco Venturi ha chiaramente illustrato le infleunze reciproche tra le classi intellettuali delle due penisole. F.
Venturi, Spagna e Italia nels ecolo dei Lumi, Tirrenia Stampatori, Torino, 1974.
3 Isabel Maria Pascual Sastre ha proposto una comparazione tra Italia e Spagna dal punto di vista della
circolazione dei miti politici. In questo senso sottolinea quella relazione tra le due penisole che si viene a stabilizzare nel corso del XIX secolo e che vide una sorta di alternanza per quanto riguarda il protagonismo politico e culturale; uno diventa a fasi alterne un punto di riferimento per l'altro. Di conseguenza l'autrice inoltre sottolinea l'importanza delle rappresentazioni reciproche che si elaborano nel corso del XIX secolo e che illuminano sul carattere di vicinanza tra questi due territori. Cfr. I. Pascual Sastre, “La circolazione dei miti politici tra Spagna e Italia (1820-80), in A.M. Banti , P. Ginsborg, Storia d'Italia, cit., pp. 798-824.
La narrazione che prendeva luce in questo modo e che accompagnava, legittimandola, la lotta dei patrioti contro le monarchie che governavano la penisola , aveva la prioritaria necessità di stabilire confini precisi entro i quali ognuno avrebbe avuto il proprio ruolo sociale o, meglio, nazionale. Alla donna in questo modo non poteva che essere assegnato il ruolo domestico , di custode del focolare proprio per la centralità che viene ad assumere la famiglia nucleare tradizionale5 come modello contrapposto agli usi e costumi “degradati” di Antico
Regime6.
La sua sessualità, inoltre, veniva strettamente normata e ristretta nel solo ambito nella riproduzione. La passione, l'amore passionale travolgente non poteva far parte dei connotati della nuova “donna nazionale” proprio perché da un lato metteva a repentaglio l'immagine virtuosa che una nazione doveva emanare, trasmettere, rispettare, perché naturale7, e dall'altro
minava la sicurezza data dalla discendenza. Questa ristrutturazione in grande stile della morale pubblica sulla base di quella privata era insomma perfettamente in grado di assecondare i desideri e le sensibilità di una classe borghese che, più velocemente o lentamente nei diversi contesti europei, stava progressivamente erodendo terreno alle antiche classi proprietarie.
Sintetizzando questo era il paradigma femminile del canone risorgimentale, in gran parte sovrapponibile ai modelli nazionali presenti in altri contesti europei.8
Bene. Ma le donne come reagiscono di fronte a questo panorama simbolico che le si proponeva? Quello che oramai molti studi hanno messo in luce è che a partire dagli anni dell'occupazione napoleonica si aprirono discussioni intellettuali proprio sulla donna ma che sostanzialmente, a parte rarissimi casi, si conclusero nella rivendicazione di un ruolo prettamente domestico.9 Molte donne parteciparono attivamente a questo processo di
rigenerazione morale. Il Risorgimento dunque, strutturando la morale pubblica sulla falsariga
5 Sull'importanza della simbologia familiare come modello di rigenerazione nazionale e di ritrutturazione
morale si veda I. Porciani, “Famiglia e nazione nel lungo Ottocento”, in Passato e presente, n.57, 2002, pp. 9-40. Inoltre uno sguardo imprescindibile all'origine di questa simbologia familiare in : Hunt, The Family Romance of the French Revolucion, University of California Press, Berkeley, 1992.
6 Sui costumi Ottocenteschi e la genealogia delle nuova morale R. Bizzocchi, “Una nuova morale per la donna
e la famiglia” in A.M. Banti, P. Ginsborg, Storia d'Italia, Annali 22, cit., pp. 69-96.
7 G.L. Mosse, Sessualità e nazionalismo, cit.,pp 101-128.
8 Per una panoramica europea si veda A.M Banti, L'onore della nazione, cit.
9 Cfr. S. Soldani, “Il Risorgimento delle donne”, in A.M. Banti, P. Ginsorg, Storia d'Italia, Annali 22, cit., pp.
della famiglia tradizionale, e quindi restringendo ulteriormente gli spazi di azione pubblica, allo stesso tempo riservava alla donna un ruolo non marginale ma aperto a nuove opportunità di partecipazione e nuove prospettive. 10
L'educazione ad esempio rappresentò uno di quei campi di applicazione del ruolo nazionale femminile. Per poter essere in grado di sostenere il peso del loro ruolo di allevatrici della progenie nazionale dovevano essere a loro volta educate nel modo adeguato.
Ma a testimoniarci fino in fondo quale fosse la profondità delle trasformazioni in campo culturale è il fatto che lentamente ma con sempre più coraggio e personalità alcune donne cominciarono a scrivere, pubblicare. Dagli anni Trenta in particolare questo processo divenne piuttosto espanso per le possibilità dell'epoca: principalmente ragazze benestanti, o addirittura molto ricche, interpretano quello slancio di libertà che proveniva dai decenni passati e che voleva contrapporsi alla restaurazione in atto, accompagnando il processo risorgimentale attraverso la pubblicazione di articoli, opuscoli, romanzi, racconti che parlassero della patria, della famiglia, della nazione italiana così tanto desiderata.11 Queste
donne quindi interpretarono benissimo lo spirito risorgimentale di protagonismo individuale verso la patria, ribadendo nei loro scritti la morale nazionale di genere , dalla quale quasi nessuna si distaccò contrapponendosi apertamente. La scrittura fu dunque un mezzo privilegiato per dare un senso a quella partecipazione civile ad un processo politico di massa del quale si sentivano fortemente parte, e a cui volevano dare un contributo, sentendosi così parte della nazione, proponendo infine un modello materno, quindi ferreamente virtuoso, per il loro sesso12.
Scrittrici patriote dunque che partecipano alla vita politica del Risorgimento così come alcune donne nel corso della prima metà del XIX secolo in Spagna si erano impegnate prima nella Guerra di Indipendenza e poi nell'esperienza politica del Triennio liberale (1820-1823)13.
La formazione “militante” di queste donne proveniva dall'età giacobina fino al 1814, quando le voci femminili si resero partecipi degli eventi politici, cominciarono a partecipare direttamente, col proprio corpo alle azioni del tempo. Quelle donne italiane che avevano
10 Ivi., pp. 190-192. 11 Ivi., pp. 196-202.
12 M.T. Mori, Figlie d'Italia. Poetesse patriote nel Risorgimento (1821-1861), Carocci, Roma, 2011, p. 107. 13 Cfr. M. Cruz Romeo, “Destinos de mujer: esfera publica y politicos liberales” in I. Morant (a cura di),
intrapreso una vita diversa da quella tipicamente domestica, furono un punto di riferimento importante per le loro discendenti risorgimentali che proprio dagli anni Trenta raggiunsero una maturazione tale da creare un vero e proprio tessuto nazionale di contatti. 14
In tal modo oncorrono a formare quel contesto simbolico di riferimento dove vengono formulati miti utili alla causa risorgimentale: l'esaltazione dell'atto eroico, il compianto per la morte, l'amore per un caro parente o per l'amore lontano. Questo bagaglio di miti viene elaborato grazie anche all'opera di donne che da una postazione domestica e privata interpretano un ruolo eminentemente pubblico e riconosciuto come tale. È il contesto risorgimentale, che fa sì che questa simbologia diventi anche parte integrante della visione del mondo delle donne che anche attraverso la scrittura dimostreranno questa sorta di interiorizzazione della norma.
Ma la donna della nazione non era una donna domestica? Come può avere a che fare con la scrittura, i circoli culturali, come può perfino partecipare a volte alle azioni patriottiche rivoluzionarie della prima metà del XIX secolo? Come abbiamo sottolineato nei capitoli sulla letteratura femminile spagnola, anche qui ci troviamo di fronte di una sorta di contraddizione interna nel momento in cui si professa e si concorre alla formulazione di un modello unico preciso, quello domestico, quando poi nello stesso momento quelle donne scrivono, pubblicano, entrano in contatto diretto con la sfera pubblica dalla quale, a logica, dovevano essere escluse. La stessa divisione pubblico/privato che era alla base del principio di legittimità della nazione diventava progressivamente, nel corso dell'ondata patriottica della prima metà del secolo, un dispositivo da un lato performante ed escludente, ma dall'altro utile affinché le donne potessero rivendicare l'esclusività della dimensione affettiva come compartecipi del contesto pubblico educativo e morale; un ruolo esemplare che faceva emergere la soggettività femminile anche e soprattutto attraverso la scrittura. Così la donna scrittrice e intellettuale poteva essere tollerata e quindi pubblicata.15
Anche perché la patria rappresentava il tema principe delle loro trattazioni, il mito sentimentale e romantico che dominava le trame delle poesie e dei romanzi soprattutto dagli
14 Un punto di riferimento sono gli ambienti intellettulai che dalla metà del settecento cominciano a sorgere in
tutta la penisola italiana, dal Piemonte al Regno di Napoli. Una panoramica rispetto a questo fermento intellettuale e alla bibliografia di riferimento in M.T. Mori, Figlie d'Italia. Poetesse patriote nel Risorgimento (1821-1861), Carocci, Roma, 2011, pp. 58-62.
anni Trenta.16 I testi prodotti in questo periodo sono solo l'antipasto di una produzione che si
farà intensa e totalizzante nel corso delle decadi successive che porteranno all'unificazione italiana. È in questo periodo che vengono elaborate con continuità immagini e rappresentazioni condivise dell'idea di patria, di nazione; è questa forza di immaginario che fa scrivere, che suscita quelle emozioni e quella carica patriottica così tanto studiata a e approfondita negli studi sul Risorgimento degli ultimi decenni.
Il 1848 rappresentò certamente un momento storico in cui trovarono finalmente sfogo quelle narrazioni che tanto stavano occupando la testa e le penne di scrittori e scrittrici, facendo assumere alla lotta contra l'impero autriaco a Milano e contro i Borboni in Sicilia, un significato di riscatto della nazione che fece largo uso della simbologia militare, della lotta sanguinaria e del riferimento religioso. Ma non solo. Le donne in questo senso furono molto prodighe nel coniugare la fede cattolica e i richiami costanti al Papa Pio IX con l'idea della redenzione per mezzo del sangue, della battaglia e della cacciata dello straniero dalle terre riconosciute come quelle nazionali. 17
Non è un caso che molte scrittici vedessero di buon occhio il progetto giobertiano, proprio perché partivano da una particolare sensibilità nei confronti di un'impostazione che faceva non solo della simbologia religiosa ma anche delle istituzioni religiose stesse, il fulcro dell'azione rigeneratrice dello spirito nazionale e della politica di riunificazione.18 La croce
infatti rappresentò per il discorso risorgimentale un punto di riferimento simbolico imprescindibile al quale non si poteva prescindere per poter strutturare un discorso in grado di muovere la sensibilità di tutti e tutte, di spronare all'azione, e legittimarla come un'azione politica “sacra”.19
Il tema religioso ci interroga direttamente anche sul rapporto pubblico/privato su cui si fonda lo schema normativo nazional-patriottico: come nel caso della letteratura femminile
16 Gli stessi peraltro in cui in Spagna viene introdotta con intensità la cultura romantica dagli esuli liberali,
tornati in patria dopo la morte del re Fernando VII. Si veda X. Andreu, “La cultura” in I. Burdiel (a cura di), España. La construcción nacional, tomo II, Madrid, Maqfre y Taurus, 2012, pp. 335 ss.
17 Per quanto riguarda il legame profondo che si viene ad instaurare tra simbologia religiosa e quella
militaresca , del sangue e della battaglia, quindi tra religione e politica si veda E. Gentile, Le religioni della politica: fra democrazie e totalitarismi, Laterza, Bari, 2007.
18 Sulla connessione tra progetto giobertiano e protagonismo femminile nel Risorgimento si veda S. Soldani, “Il
Risorgimento delle donne”, in A.M. Banti, P. Ginsborg (a cura di), Storia d'Italia. Annali, Vol. XXII, cit., 209 ss.
19 Approfondire il tema della santità nel discorso risorgimentale in A.M. Banti, La nazione del Risorgimento,
spagnola, la religione rappresenta uno di quegli aspetti intimi e privati di cui le donne scrittrici si servono per poter rivendicare la loro soggettività, il proprio “io”, e quindi rivendicando la legittimità di parlare per il loro ruolo nazionale. Dall'altro proprio attraverso questo schema entrano direttamente nel dibattito pubblico, patriottico e guerresco. Una sorta di superamento del confine che avviene pero' dall'interno del confine stesso. Sembra un paradosso ma è su questo doppio binario che si fonda il ruolo e il protagonismo della donna nel corso del Risorgimento. Un discorso che nel corso degli anni cinquanta, dopo il fallimento del 1848, tenderà a farsi più marcatamente conservatore per le donne, che si orienteranno più verso una codificazione più precisa della loro funzione nella comunità nazionale, limitando sempre più progressivamente le spinte aldilà del confine.
Il quadro che emerge dagli studi sulla scrittura femminile italiana ed in generale dal ruolo che il sesso femminile assunse nel corso degli atti bellici del Risorgimento corre dunque su un doppio binario: uno simbolico ufficiale che le confinava nell'ambito domestico, e uno reale che vedeva spesso le donne partecipare il prima persona ai fatti di guerra. Come hanno sottolineato Nadia Filippini e Liviana Gazzetta in un lavoro recente sulle patriote venete, se nell’iconografia risorgimentale le donne sono colte all’interno delle mura domestiche, intente a cucire bandiere e camicie o ad attendere padri, mariti e figli di ritorno dalle battaglie stringendo tra le mani una lettera, questo libro le ritrae invece nei panni di staffette, come Rosa Celotta o di infermiere negli ospedali da campo, come Carolina Santi Bevilacqua, mentre prendono iniziative per finanziare la spedizione dei Mille o mentre reclutano volontari e raccolgono fondi, come fecero ad esempio Felicita Bevilacqua e Jessie White20. Ecco quindi
che sottolineare questo doppio binario del “protagonismo femminile” ha aiutato a
20 Cfr. N.M.Filippini e L. Gazzetta (a cura di), L’altra metà del Risorgimento. Volti e voci di patriote venete,
Cierre Edizioni, Verona 2011. Rappresenta uno strumento importante per rileggere un capitolo della storia del Risorgimento nelle province venete, integrandolo con il contributo portato dalle donne. In queste pagine trovano posto non solo le grandi figure delle donne di casa Manin o della scrittrice Caterina Percoto, ma anche tante altre poco note o finora scarsamente considerate. Scavando sia nella dimensione pubblica che privata, l’opera infatti ridà volto e voce a coloro che altrimenti sarebbero state confinate al margine o lasciate nell’oblio: tra tutte, la figura chiave della padovana Gualberta Beccari, che con il periodico «La Donna», principale organo del movimento emancipazionista in Italia, raccolse attorno a sé un folto gruppo di collaboratrici e promosse l’informazione e l’educazione delle donne sotto il profilo letterario, politico, scientifico, giuridico. Passo passo viene ricostruita la vita delle trentatré patriote e ne viene recuperato il pensiero, così prezioso per integrare la storia nazionale, per ripercorrere il cammino intrapreso dalle donne in direzione di una piena coscienza di sé.
comprendere quanto il discorso nazional-patriottico, fondato sulla purezza romantica della virtù e delle gerarchie sociali, non rispecchiasse fino in fondo la sensibilità e la voglia di protagonismo che guidava il desiderio e l'azione di molte donne. Un'indole patriottica che trovò nella scrittura, nella partecipazione alle discussioni e anche all'attività sociale e caritatevole21, una valvola di sfogo vitale.
Ma questo canone risorgimentale che riguarda le donne, e la sessualità in generale, non rimane statico ed immutabile lungo i decenni risorgimentali.
Tra gli anni Quaranta e gli anni Cinquanta l'idea di virtù perde quei connotati guerreschi e rivoluzionari per dirigersi verso un aspetto più stabilizzante e normativo, quindi educativo, morale e di comportamento pubblico. Quell'impulso alla guerra e alla violenza che aveva caratterizzato il discorso nazional-patriottico fino al 1848 , cambia in parte connotati trasformandosi in un discorso più conciliante, che rispondeva all'idea propugnata dal liberalismo moderato italiano di trovare una soluzione meno radicale e che rompesse con il settarismo caratteristico dei primi moti rivoluzionari degli anni Venti e Trenta. 22 Insomma
quella che era stata una spinta rivoluzionaria che aveva coinvolto molte donne anche in ruoli non tipicamente femminili, aveva raggiunto l'acme nel 1848. Dall'inizio del decennio successivo, quando la macchina risorgimentale si era messa in moto, si era imposta la necessità politica di trovare un messaggio più rassicurante ed ordinato che garantisse lo svolgimento delle azioni in una direzione che non fosse quella rivoluzionaria, e di mobilitazione dal basso che invece aveva caratterizzato la prima parte del Risorgimento.
Questo passaggio, questa evoluzione del discorso nazional- patriottico nella direzione di un paternalismo rassicurante e inoltre garante dell'ordine gerarchico delle cose, si riflette
21 Cfr. S. Soldani, “Il Risorgimento delle donne”, in A.M. Banti, P. Ginsborg (a cura di), Storia d'Italia. Annali,
Vol. XXII, cit., pp. 203-208.
22 Il collante ideologico che teneva insieme quella fronda politica denominata liberalismo moderato è l'idea che
si debba tagliare per sempre con l'idea della setta, di stampo rivoluzionario. Quello di cui si ha bisogno è un partito politico forte , in grado di rinunciare alla violenza e all'azione segreta che invece era stata protagonista nel corso dei decenni precedenti. Cavour, D'Azeglio, Gioberti rappresentarono questo liberalismo che ambiva più ad un'opzione federativa , guidata dal Papa o dai vari principi degli stati italiani, ma che in ogni caso non prescindesse dal suo carattere costituzionale. Cfr. G. De Ruggiero, Storia del liberalismo europeo, Feltrinelli, Milano, 1962, pp. 288-295. è interessante leggere uno scritto di Massimo d'Azeglio dal titolo Proposta di un programma per l'opinione nazionale italiana pubblicato nel 1847. Lo scritto rappresentava una sorta di manifesto-programma del liberalismo moderato, nel quale si auspicava un'alleanza tra i principi della penisola e un vasto piano di riforme. Riprodotto in L. Villari (a cura di), Il Risorgimento. Storia, documenti,