Liberalismo e condizione femminile attraverso gli occhi
conservatori di Fernán Caballero
L'intento di questo capitolo è affrontare la questione della nascita dello spazio politico e culturale della Spagna liberale da una prospettiva, a prima vista, diametralmente opposta e inconciliabile al liberalismo. Da quella di chi, come Cecilia Böhl de Faber, meglio conosciuta come Fernán Caballero, si oppose esplicitamente e aspramente alla cultura e alla politica liberale. Tracciare questo percorso non significa studiare una scrittrice che testimonia l'opposizione al “nuovo che avanza”, come fosse una semplice testimonianza di una opposizione conservatrice e tradizionalista al liberalismo. Bensì cogliere nella scrittura di orientamento cattolico-tradizionalista, la prova lampante della presenza di quello specifico cambiamento, la sua messa in funzione, e quindi la complessità del panorama liberale. E ancora. Ci aiuta a comprendere che la trasformazione non è fatta di schemi prestabiliti, fissi, ma è caratterizzata da un livello molto alto di fluidità di pensiero e di azione.
In questo senso il campo di possibilità che apre la rottura della rivoluzione liberale non poteva che essere attraversato da più parti, secondo diversi orientamenti, che rispecchiavano le diverse sensibilità, politiche e culturali, che animavano i protagonisti dell'epoca. E allora Cecilia Böhl ci può aiutare a scavare più a fondo il nesso importante, seppur non univoco, tra liberalismo e cultura romantica che si afferma dagli anni '30, e ci pone dunque delle domande: tradizionalismo e conservatorismo, concretizzatosi in parte nel movimento carlista e nella cultura costumbrista, a cui la scrittrice non nasconde di appartenere, sono antiliberali? Il liberalismo moderato fu espressione del fallimento storico del liberalismo o l'affermazione di un'egemonia rispondente agli equilibri del tempo? Rispetto a tutto questo qual è la storia raccontata dalle donne?
Ripercorrendo la vita della scrittrice e la sua ideologia attraverso certi passaggi di alcune delle sue opere cercheremo di trovare chiarimenti a questi interrogativi. Per sottolineare con maggior efficacia la compenetrazione profonda tra biografia, ideologia e opera letteraria i paragrafi di questo capitolo ripercorrono la vita della scrittrice attraverso un uso costante delle citazioni di alcune opere particolarmente significative così da sottolineare gli aspetti che più ci interessano ossia il ruolo della donna, il tradizionalismo, la religione e il rapporto con la storia e la politica liberale.
3.1 Le contraddizioni nella vita e l'opera letteraria: una panoramica
Cecilia Böhl de Faber, nacque in Svizzera nel 1796 . Suo padre, Juan Nicolás Böhl de Faber, mercante e intellettuale tedesco attivo sopratutto in Andalusia, fu un personaggio molto importante per l'introduzione della cultura romantica in Spagna dalla fine del XVIII secolo, come abbiamo già accennato nei capitoli precedenti1. Egli raggiunse notorietà in quel periodo
come strenuo difensore della versione più conservatrice del romanticismo tedesco: dal suo punto di vista decisiva era la connessione profonda tra religione cattolica ed identità nazionale, che la politica liberale della prima metà del secolo sembrava aver tralasciato in nome dei valori illuministi2. La madre della scrittrice, Francisca Larrea, aveva una particolare
sensibilità e vocazione per le attività non convenzionali per una donna; le piaceva scrivere, occuparsi di temi pubblici , anche politici, e questo fu causa di non pochi attriti col marito che invece rivendicava per la donna il suo ruolo domestico e privato. Queste vicende biografiche
1 Per una trattazione ampia e dettagliata del padre di Cecilia e della sua attività intellettuale come uno dei padri
del romanticismo spagnolo si veda J. Herrero, Fernán Caballero: un nuevo planteamiento, Gredos, Madrid, 1963, pp.107-117. In particolare la sua inclinazione estetica nei confronti del cosiddetto romanticismo “spirituale” che proponeva una poetica legata a volti quali la lealtà' , la religiosità', ad eroi puri e leali , generosi e mitici come un Don Quijote, o Amleto. Un romanticismo che si distingueva invece da quello detto “naturalista pagano”che presupponeva invece una adattamento dell'uomo alla natura e quindi un'accettazione della realtà senza viva carica spirituale. Un'impostazione di questo genere è stata certamente una delle matrici formative di Fernán Caballero.
sono importanti perché aiutano a comprendere l'ambiente familiare nel quale crebbe la ragazza che ad un certo punto si trovò a vivere sola col padre vista la separazione dei genitori, trovando in lui un punto di riferimento morale ed ideologico fondamentale. Nicolas Böhl fece in modo che sua figlia studiasse i primi anni ad Amburgo, dove possedevano una casa e gestivano alcuni affari commerciali, per poi trasferirsi definitivamente a Cadice durante l'adolescenza dove si sposò ben due volte.
L'ambiguità e la contraddizione della nazionalità stessa dell'autrice, metà tedesca e metà spagnola, aiuta a comprendere il suo successivo atteggiamento nei confronti della letteratura, un rapporto complesso, vissuto a partire dalla sua formazione culturale borghese ma di aspirazione aristocratica e tradizionalista. Come declinare in letteratura questi temi?
La scelta stessa di uno pseudonimo, Fernán Caballero, nome maschile con il quale firmava tutte le sue opere nonostante tutti sapessero che era una donna, rifletteva direttamente la necessità di fissare simbolicamente la sua relazione tra le categorie che organizzavano la società spagnola. L' “io” che emergerà non sarà più quello passionale, romantico, individuale, bensì un “io” in cerca di confini nei quali trovare il proprio spazio nella complessità del mondo contemporaneo, che potesse compensare le insicurezze e le contraddizioni della posizione sociale della scrittrice. La relazione col padre e la sua concezione conservatrice, che rifiutava l'idea di una donna fuori dal suo spazio domestico di madre e “custode del focolare”, condiziona quindi il modo in cui Cecilia partecipa al contesto culturale del tempo , e lo pseudonimo maschile che utilizza per pubblicare le sue opere risponde certamente alla volontà di non contraddire, almeno formalmente l'impianto ideologico della sua formazione e ribadire, anche qui del tutto formalmente, uno stereotipo di genere.3
Per quanto riguarda la sua vita intima e sentimentale, va segnalato che si sposò per tre volte. Prima con Don Antonio Planells y Bardají nel 1816; in seguito alla morte di questo sposò il marchese di Arco-Hermoso nel 1826. Dieci anni più tardi, ritrovatasi nuovamente vedova, si sposava con con Antonio Arrom de Ayala dopo aver avuto come amante Federico
3 Sulla relazione con il padre così come la scelta del suo pseudonimo si veda l'introduzione di Enrique Rubio
Cremades a Fernán Caballero, La Gaviota. Madrid, Espasa-Calpe, 1991, p. 19. “(...) la elección del patronímico masculino evitará la crítica de ciertos sectores de la sociedad, condicionados y acostumbrados a lecturas redactadas solo por escritores. Su condición de mujer podría obstaculizar el empeño de la empresa realizada por Cecilia.”
Cuthbert fino al 1836.4
Al di là della sfortuna con le sue relazioni coniugali, possiamo comunque osservare che la sua ideologia tradizionale e conservatrice entrò in conflitto più volte con l'evolversi della sua vita privata, con alcune decisioni come quella di essere scrittrice o mantenere una relazione amorosa senza essere sposata o ancora di non voler rimanere vedova. Tutte queste contraddizioni si riflettono nelle figure femminili dei suoi romanzi che spesso si tingono di note autobiografiche. Come nel caso di “Clemencia” protagonista del romanzo a cui dà il nome (durante il suo matrimonio con Antonio Planells), o “María” nel romanzo La Gaviota (dopo la sua relazione coniugale con Federico Cuthbert).
L'opera di Cecilia si sviluppa dunque su un costante doppio binario: da una parte personaggi “positivi” poiché perfettamente inscrivibili nella tradizione , dall'altra parte personaggi che tendono ad uscire dal “buon cammino” tracciato per loro o che nascondono una tristezza interiore per seguire questo cammino nella loro vita.5
Se esiste una certa sovversione delle protagoniste molto spesso viene soffocata dalla critica attraverso “el tono conservador, dominante, de la voz narrativa”6. Ma come vedremo
più avanti proponendo alcuni passi delle sue novelle e dei suoi romanzi, questa difesa della tradizione della nazione passa attraverso una sorta di rifiuto che si impone di fronte alle sirene del cambiamento di costume della società spagnola del tempo, le sirene di quello spazio di libertà che stava aprendo il liberalismo spagnolo, le sirene di nuove prospettive anche per il genere femminile. La posizione di Cecilia risulterà estremamente interessante proprio perché testimone, attraverso il rifiuto, di quelle nuove opportunità.
Una tensione che sfocia anche nella difficoltà ad inquadrare Cecilia in uno specifico genere letterario. La sua ambizione di descrivere lo splendore della campagna andalusa, le sue caratteristiche naturali, cozzano con il rifiuto radicale del materialismo e l'ambizione di proporre comunque un modello morale condiviso che rispecchiasse le sue idee e le sue sensibilità, ma che non debordasse in un mero sentimentalismo. Questa ricerca affannosa di
4 Sulle vicissitudini personali di Cecilia Böhl de Faber si veda l'introduzione di C. Bravo Vissasante a F.
Caballero, La Gaviota, Castalla Ed., Madrid, 1979.
5 Come si può vedere nella lettera che Cecilia invia a Latour che aveva come argomento l'edizione del suo
romanzo Clemencia “Callo sobre este triste debut de mi vida” ( Taccio su questo triste debutto della mia vita), F. Caballero, La Gaviota. Madrid, Espasa-Calpe, 1991, p. 15.
6 Antonio Sánchez Jiménez, “Adulterio y folletín in “La Gaviota” di Fernàn Caballero. Análisis de una
un equilibrio estetico è un altro esempio di quelle contraddizioni insolubili che caratterizzano la scrittrice7.
La stessa vasta produzione letteraria riflette l'ambizione di scrivere di storia, di tradizione, di delineare chiaramente i tratti della società' spagnola del tempo, come era e come doveva essere. Elia8 e Clemencia9 sono romanzi di grande interesse anche perché hanno una
chiara matrice autobiografica. Il secondo in particolare è stato spesso definito dalla critica come un vero e proprio ritratto dell'autrice in un momento particolare della vita. La protagonista Clemencia, come Cecilia nella sua gioventù, ha una grande vita interiore, una sensibilità che cerca un rifugio sicuro e definito nella società. Una donna che emana una forza morale rara e meravigliosa.
Ma di questa vasta produzione letteraria che troverà solo nel 1849 il modo di essere pubblicata con continuità, vista anche la positiva ricezione del pubblico spagnolo e non solo10,
ho preso in considerazione due romanzi. Uno più famoso e già ampiamente posto sotto i riflettori dalla critica ma solo da poco tempo dagli storici, ossia La Gaviota; dall'altra parte un romanzo breve, Un verano en Bornos11, realmente quasi ignorato dalla critica ma che
presenta delle caratteristiche assai interessanti per quel che riguarda il rapporto tra cultura e storia, rappresentazione femminile e società liberale spagnola ottocentesca.
Ho trovato per caso in una bancarella di libri usati a Ferrara una vecchia edizione italiana intitolata Un'estate a Burnos e leggendo il testo mi colpì la casta semplicità che
7 Julio Rodriguez Luis, “Fernán Caballero entre Romanticismo y Realismo”, Anales galdosianos, anno VIII
(1973), pp. 126-135
8 Romanzo pubblicato nel 1857 ha l'obbiettivo d proporre un personaggio prettamente rispondente all'idea
angelica di domesticità e purezza morale in contrapposizione al mito romantico passionale. Una buona sintesi interpretativa in S. Kirkpatrick, Las Romànticas , cit., pp.238-245.
9 Scritto nel 1850 ma pubblicato nel 1852 il romanzo Clemencia si discosta dalla austerità' morale che
caratterizza La Gaviota per offrire un ritratto femminile più' emancipato, dove non solo rimane un angelo cattolico e dedito alle questioni domestiche, ma è anche un soggetto dotato di ragione , in grado di prendere decisioni. Non un semplice oggetto nelle mani di Dio. Si veda X. Andreu, “La mujer católica y la regeneración de España”, cit., p. 26-31.
10 Si veda a tal proposito I. Zavala, Ideologia y politica en la novela española del siglo XIX, Anaya, Madrid,
1971, pp. 123 ss.
11 Romanzo pubblicato nel 1864, anche se scritto nel 1857, presenta in quella prima edizione un prologo di
Emilio Olloqui nel quale traccia, esaltandole, le linee guida estetiche de ideologiche della scrittice: religione, purezza, onore femminile, le descrizioni realistiche e ammalianti, l'amenità del suo stile poetico, vivo e appasionato. Ricordando inoltre che “Estos son atributos de todas sus novelas(...). Qué sencillez en la expresión y qué profundidad de pensamientos!”. Cfr. Prologo di F. Caballero, Un verano en Bornos, Establecimineto Tipografico, Madrid, 1864.
traspira da quelle pagine, che danno loro un aspetto in parte idilliaco e in parte patriarcale, che manifesta l'intervento di una mano femminile nel delineare i contorni puri di tante figure aggraziate come Carlos Peñarreal e Félix de Vea, come Primitiva e Serafina.12
Questo Verano en Bornos rientra nel quadro della letteratura “costumbrista”, regionalista ma ha al suo interno caratteristiche ben più complesse, argomenti che vanno al di là della semplice descrizione amena dei luoghi dell'Andalusia. Ai popolani vengono affiancati personaggi politici, ricchi borghesi, aristocratici, alti ufficiali che attraverso la struttura dell'epistola, caratteristica di tutto il testo, scambiano idee, sensazioni, impressioni dipingendo immediatamente il contesto politico e storico. Ma anche qui sono le donne ad essere protagoniste della scena di questo breve romanzo che si sviluppa direttamente dalle lettere scritte tra i protagonisti. Da queste riusciamo a cogliere le caratteristiche dei personaggi e le loro idee senza che Caballero li introduca o specifichi luoghi e contesti. La maggior parte delle lettere è dunque scritta da donne e indirizzata a donne. Sono fanciulle, che scrivono per raccontarsi la propria vita , quel che fanno, quel che pensano, chi vedono e di chi sono innamorate. Così Serafina e Primitiva Villalprado scrivono alle amiche Luisa e Teresa Tapia e queste rispondono. Mano a mano però si affacciano sulla scena anche personaggi maschili i cui temi nelle lettere sono dapprima essenzialmente politici per poi accorgersi che intorno a loro ruotano parecchie figure femminili con le quali cominciano a interloquire. Così Carlo Peñarreal e Felice de Vea, attivi anche nella vita partitica e del governo liberale del tempo, si incontrano con queste donne facendo emergere passioni, sentimenti, gioie, dolori fino a giungere perfino a matrimoni.
La forza straordinaria di questa struttura narrativa sta proprio nel fatto che nelle lettere emerge l'anima più intima dei protagonisti, così come aspetti importanti della poetica ed estetica della scrittrice che ora può trovare una sorta di spazio dove esternare ciò che non può realizzare formalmente. Una sorta di diario dell'anima in cui politica, cultura, religione e ruolo della donna sono presentati in aperta contraddizione con la sua idea ufficiale dalla quale non si distaccherà mai formalmente. Ed invece è interessante cogliere in queste epistole tutta la carica intima che l'autrice vuole trasmetterci, una vibrante testimonianza di tensione umana,
12 Per una più approfondita panoramica dell'opera letteraria di Fernán Caballero si veda F. Blanco Garcia, “El
renacimineto de la novela de costumbres. Fernán Caballero”, ed. digitale partire da La literatura española en el siglo XIX. Parte segunda,, Sáenz de Jubera Hermanos,Madrid, 1909, pp. 283-299.
tra l'impronta paterna e lo spirito del tempo, di una donna rinchiusa in uno stato di perenne conflitto con se stessa.
Però La Gaviota è il romanzo che più di tutti riesce a riassumere nella sua narrazione tutti gli aspetti principali e le caratteristiche della prosa e delle posizioni della scrittrice.13 La
storia è quella di una donna, Maria, chiamata “Gaviota” (la gabbianella) dotata di un canto soave e ammaliante ma anche di una personalità arrogante e individualista, che decide ad un certo punto della sua vita di abbandonare la vita rurale, nella quale ha sempre vissuto e alla quale era destinata, per provare ad ottenere i suoi obbiettivi ambiziosi prima a Siviglia e poi a Madrid14.
Mentre il mondo rurale da dove proviene Maria è un mondo tranquillo e tradizionale dove vivono personaggi come la zia Maria (che riassume in sé il modello della buona donna, cristiana, e protettrice del focolare), o padre Gabriel ( un frate disinteressato e pieno di bontà d'animo costretto ad abbandonare il convento in cui vive), il mondo urbano verso il quale decide di dirigersi la protagonista , è un mondo chiassoso, turbolento, pragmatico e pieno di personaggi che mirano solo ai propri interessi. Sarà qui che incontrerà un altro uomo, Pepe Vera, per il quale abbandonerà suo marito , rinunciando così alla sua vita passata, indirizzata
13 Il romanzo fu pubblicato in puntate nella rivista Heraldo nel 1849. Si veda l'introduzione di C. Bravo
Villasante a F. Caballero, La Gaviota, Castalia Ed., Madrid, 1979.
14 La trama del romanzo si innesta in uno scheletro ideologico molto marcato. Da una parte la morale cattolica
tradizionale, rurale e campagnola, dall'altra quella materialista, moderna, cittadina. La protagonista, Maria, detta anche Marisalada, era nata e cresciuta a Villamar, un piccolo villaggio nelle campagne andaluse e immerso in una dimensione quasi ancestrale di tradizioni cattoliche e bucoliche; fin da bambina aveva manifestato una particolare propensione per il canto insieme ad un carattere molto spigoloso, quindi non consono a quello che si addiceva ad una donna tradizionale. La sua storia sembra prendere però una via stabile e “auspicabile” nel momento in cui un giovane medico tedesco, Federico Stein, dopo aver partecipato alla guerra carlista come volontario, arriva al villaggio dove viene accolto e curato nella casa di Maria dalla zia e dal prete di paese. Il giovane decide quindi di restare nel villaggio, prendendosi cura della giovane Maria e insegnandole a migliorare le sue doti canore. Il matrimonio che da lì a poco unirà Stein a Maria non risolve fino in fondo i contrasti interiori della giovane, descritta sempre come egoista,fredda e opportunista e che presto deciderà di abbandonare la campagna andalusa e la sua famiglia per dirigersi con marito a Siviglia in cerca di successo. Convinti dal Duca di Almansa, casualmente arrivato a Villamar, Maria e Stein infatti si trasferiscono a Siviglia dove lui trova lavoro come chirurgo e lei come cantante di grande successo. Maria canta e recita in teatri affollati, frequenta salotti di aristocratici e alti borghesi anche a Madrid. Nel frattempo la sua vita personale cambia. Inizia una relazione extraconiugale travolgente con il torero Pepe Vera e subisce costanti lusinghe dallo stesso Duca, anche se mai accettate fino in fondo. La parte centrale del romanzo è quella più drammatica. Stein scopre la relazione di sua moglie con Pepe Vera e decide di andarsene a Cuba dopo essersi confidato con il l'amico Duca di Almansa; quest'ultimo, travolto da un senso di colpa per le lusinghe alla moglie dell'amico e per aver così trascurato la sua famiglia, decide anch'esso di andarsene; Pepe Vera, rimasto l'unico appiglio di Maria, muore durante una corrida. Malata, debole e sola alla fine Maria torna nel suo villaggio natio, si sposa e ha un figlio, rinunciando dunque alla sua indole artistica che aveva distrutto la vita di coloro che l'avevano assecondata.
al rispetto delle tradizioni. La rottura del matrimonio è quindi la rottura con le tradizioni familiari, e ci propone due modelli di vita distinti, dove l'ansia individualista ed egoistica di Maria la farà cadere in un vortice di fallimenti personali ed individuali avendo abbandonato la via che invece lei, come tutte le altre donne, avrebbe dovuto seguire.
La costante rimane il nuovo ruolo della donna che è diventata protagonista della scena letteraria; la scrittrice genera consenso, piace a molti intellettuali. E così ad esempio si esprime Antonio Aparisi y Guijarro, un intellettuale neocattolico, nel prologo all'edizione del 1857 di Un servilón y un liberalito, o Tres almas de Dios, un altro romanzo importante nella produzione letteraria dell'autrice:
Y cierto no robaba mi atención tanto la gala del estilo; sino la nobleza de las ideas y la pureza del sentimiento: no veía yo en el incógnito escritor o escritora a la matrona deslumbrante con riquísimos joyeles, sino a la mujer sencillamente ataviada, que no ha menester otro adorno que su belleza, y en cuya sonrisa se descubre la bondad del alma, y en el mirar de sus ojos un pudor y una inocencia como si fueran del cielo. Bajo esta forma se me ha representado siempre Fernán, porque yo, francamente, siempre me sentí inclinado a creer, -aunque no me conste la verdad- que no era