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Processi politici e culturali in Spagna: dalla Guerra d'Indipendenza

Processi politici e culturali in Spagna:

dalla Guerra d'Indipendenza alla “decade moderada”

Lo scopo di questo capitolo è quello di dare una panoramica il più possibile chiara del contesto politico e di quello culturale spagnolo della prima metà del XIX secolo Ripercorrendo un arco temporale che va dal 1808, ossia dall'invasione napoleonica, fino al 1854, con la fine della “decade moderata”, si vorrebbe far emergere i punti salienti che hanno caratterizzato questo contesto, i nodi della trasformazione e le sue caratteristiche, infine perché possiamo considerare questo come un periodo rivoluzionario. Per questo citeremo l'importanza che hanno rivestito le costituzioni promulgate, concesse, conquistate o cancellate che in ogni caso costituiscono un'ossatura determinante per comprendere gli equilibri politici e sociali del tempo. L'evoluzione e le trasformazioni che caratterizzarono questo liberalismo, con le sue diverse anime ed inclinazioni, risponderà ad uno specifico contesto storico nel quale si muove, quello di un paese sotto enorme pressione, invaso, con un impero che si stava velocemente sfaldando, in una situazione economica molto grave ereditata dalla monarchia del XVIII secolo. La strada che si iniziò a percorrere quindi dal 1808 e che cambiò la storia del paese non fu omogenea ma certamente “peculiare”, specifica della Spagna, e quindi la valutazione della sua portata rivoluzionaria deve partire da questi presupposti.

Inoltre lo spazio culturale che si apre in questa fase non può essere assolutamente tralasciato per comprendere al meglio quelle trasformazioni. La ricezione dell'Illuminismo prima e del romanticismo poi risposero anch'esse ad esigenze specifiche, a domande precise che venivano dalla società, domande di rappresentazione di sè per trovare una via espressiva alle proprie esigenze e ai propri desideri. La grande espansione del mercato editoriale e la vibrante partecipazione di sempre più numerosi cittadini e cittadine alla vita culturale rappresentano per gli storici un fondamentale campo di indagine per la comprensione ancora

più completa e più profonda di quella rivoluzione.

2.1 Un paese in rivoluzione : 1808-1848

Dall'abdicazione di Bayona del 1808, che diede avvio all'invasione napoleonica della penisola iberica quindi alla Guerra di indipendenza, si avvia un processo rivoluzionario lungo e non omogeneo che trasforma la politica, la società, apre spazi allo sviluppo di un contesto culturale nuovo; un processo di progressiva rottura con l'assolutismo dinastico verso una forma diversa di potere e di monarchia.1 In quella data il re Carlo IV era stato costretto ad

abdicare in favore del fratello di Napoleone , Giuseppe Bonaparte. Nel frattempo il figlio di Carlo, Fernando ed erede legittimo al trono di Spagna era esule in Francia mentre le truppe napoleoniche invadevano la penisola. La Guerra di indipendenza e il protagonismo del primo liberalismo si sviluppano in questo contesto.2

Secondo una parte della storiografia poi saremmo di fronte a una sorta di paradosso del “precoce liberalismo”: ossia si sarebbe manifestato con grande anticipo una proposta liberale rivoluzionaria sulla scia di quella francese, simboleggiata dalla Costituzione di Cadice e dalla sollevazione anti-napoleonica, ma che falli l'appuntamento con la storia3.. L'idea di

poter delimitare la formazione e la conclusione di un processo politico come quello del liberalismo spagnolo in pochi anni (1808-1814) affiancandolo al modello francese, non coglie però la complessità e la natura stessa del processo spagnolo, ben distinto da quello d'oltralpe. In Spagna infatti assistiamo a un processo più segmentato e quindi meno uniforme ed immediato di quello francese, preso spesso come metro di paragone. Non per questo però si può arrivare alla semplice delimitazione temporale nè tantomeno ridurre il liberalismo ad una semplice posizione politica, quella definita “primo liberalismo”, più radicale, che trova la sua

1 J. Piqueras, “Ilustración y revolución”, p.27, in A. Ramos, A. Romero (a cura di), Cambio político y cultural en la España de entresiglos, Universidad de Cadiz, Cadiz, 2008.

2 Un'ampia trattazione riguardo alla Guerra di Indipendenza spagnola, si trova in A. Bahamonde, J. Martinez, Historia de España. Siglo XIX, Cátedra, Madrid, 1994, pp. 24-50.

3 M. Burguesa, C. Schmidt-Novara (a cura di), Historias de España contemporánea. Cambio social y giro cultural, PUV, Valencia, 2008, p. 19.

espressione nella Costituzione di Cadice del 1812 e che, unico rappresentante del “moderno” cambiamento rivoluzionario, uscirebbe sconfitto e così la stessa rivoluzione.4

Per affrontare dunque la questione del liberalismo è prioritario lo sfondo sul quale si muovono questi equilibri politici, quello sociale ad esempio che, anche in questo caso, non può essere semplicemente e linearmente paragonato ad altri paesi europei e perciò difficilmente avrebbe potuto portare agli stessi immediati risultati. Ma è imporante anche quello culturale, simbolico rappresentato in primo luogo dalla religione cattolica.5

Detto questo, possiamo parlare di una rivoluzione? La risposta è sì, fu una rivoluzione. Una rivoluzione lunga che passa da rotture e da restaurazioni, da accelerazioni e rallentamenti ma che giunge infine alla creazione dello Stato liberale. Allo stesso tempo pero è evidente che non siamo di fronte alla versione spagnola della rivoluzione francese e quindi va compreso come si declinò nello specifico contesto spagnolo e a che risultati giunse la rivoluzione liberale.

Da questo punto di vista andrebbe in primo luogo riformulata la lettura della Costituzione di Cadice come un testo che sintetizza le fratture interne al paese e le volge a favore dei liberali delle Cortes. Fratture che sono direttamente il frutto di un sistema in crisi: crisi monarchica dal momento che, in seguito all'abdicazione di Bayona, il re legittimo, Fernando, è esule in Francia; crisi militare dal momento che il paese è invaso dalle truppe napoleoniche; crisi economica conseguente all'isolamento marittimo. In un contesto così complesso la soluzione costituzionale raggiunse però novità così decisive da costituire un punto di riferimento fondamentale in chiave anti- assolutistica per molti movimenti rivoluzionari europei nel corso dei primi decenni del XIX6. La dichiarazione nel preambolo

del principio di “sovranità nazionale”è evidentemente ciò che determina la trasformazione simbolica più importante e significativa della rivoluzione : rompe il vecchio schema dinastico assolutista del potere monarchico nel momento in cui la nazione , attraverso le sue istituzioni ed il suo parlamento, diventa sovrana al posto della persona del re legittimato dalla storia e da

4 Una posizione in favore di questa tesi in A. Gil Novales, “El problema de la revolución en el liberalismo

español (1808-1868)”, Estudios de Historia social, n. 22-23, 1982.

5 J. Millàn e M. C. Romeo, “Por que es importante la revolución liberal en España? Cultural políticas y

ciudadanía en la historia española” in M. Burguera, C. Schmidt-Novara (a cura di), Historias de España contemporanea. Cambio social y giro cultural, PUV, Valencia, 2008, p. 18-19.

Dio.7

Proprio sulla spinta rivoluzionaria di questo preambolo e sul principio di integrazione che quest'idea nazionale portava con sé , si innescò una processo di iniziative sul campo socio-economico che metteva in discussione i vecchi privilegi signorili, e quegli ostacoli che bloccavano l'economia e su cui avevano in gran parte fallito i governi assolutistici della fine del XVIII secolo8 La successiva soppressione dei poteri politici dei signori apriva le porte

ad una nuova proprietà mercantile e borghese, quindi slegata dai vincoli del passato inaugurando un orizzonte nuovo che immaginava una società diversa 9.

Giunti a questo punto, non si possono sottovalutare i legami simbolico-culturali ancora evidenti tra questo primo afflato sorprendente della rivoluzione liberale ed il vecchio ordine. Lo spazio politico aperto dall'invasione napoleonica e dall'assenza del re legittimo, diede l'opportunità di introdurre delle novità importanti, sotto la spinta della recente rivoluzione francese, ma che rimanesse comunque ancorata a principi ampiamente condivisi. La rivendicazione da un lato della religione cattolica come religione ufficiale della nazione, sancita dall'articolo 12, e dall'altro del re legittimo Fernando , ingiustamente esiliato in Francia, ci indicano la volontà di prolungamento simbolico che accompagna il primo passo del processo rivoluzionario nel campo della politica e della società. 10

Con il ritorno di Fernando VII nel 1814, una volta conclusa la Guerra di Indipendenza e quindi con le truppe francesi fuori dal territorio spagnolo, ritornò pure il vecchio potere monarchico assoluto. L'ondata di ottimismo che la Guerra d'Indipendenza aveva provocato venne stroncata. Nonostante questo si era messo in moto, negli anni precedenti, un processo che non poteva considerarsi certo concluso visto che questo “primo liberalismo” aveva aperto un nuovo spazio di agibilità politica e di immaginario collettivo. Questo spazio nuovo che i liberali mettevano sul piatto era da un lato quello della novità politica della “sovranità

7 Ivi., pp. 106-107.

8 In realtà un tentativo di riforma del sistema economico e politico si era avanzata nel corso del XVIII secolo,

ma sia per il contesto internazionale sfavorevole, sia per la contraddizione di altre misure proposte questo processo di riforma falli proprio con l'invasione napoleonica che apri quello spio di agibilità' politica che il liberalismo seppe sfruttare con la Costituzione di Cadice. Per approfondire l'azione dei governi di Godoy e dell'ultima parte dell'assolutismo si veda E. La Parra, Godoy, la aventura del poder, Barcelona , 2002; A. Bahamonde, J. Martinez, , Historia de España, cit., p. 13-24

9 P. Ruiz Torres, “Del antiguo al nuevo régimen: carácter de la transformación” in Antiguo Régimen y liberalismo. Homenaje a Miguel Artola, Madrid, 1994, pp. 159-192 .

nazionale” e la messa in discussione radicale dell'ordine socio economico di Antico Regime, dall'altro era anche uno spazio di pratica politica ossia di pratica rivoluzionaria di agitazione della piazza. Così tutto questo cambia definitivamente anche il campo della contrapposizione politica.11 L'azione di Fernando VII si concentrò dunque nel restaurare la legittimità del suo

mandato, opponendosi al principio della sovranità nazionale, abrogando la Costituzione e ristabilendo quel complesso di poteri ecclesiastici poco prima aboliti: restituì conventi alla Chiesa, ristabilì l'Inquisizione, fece leva su quell'apparato in grado di legittimare la sua corona attraverso la benedizione di Dio. Il passaggio simbolico che segna questi anni di restaurazione dell'assolutismo si potrebbe sintetizzare affermando che la “nazione” usciva di scena, e rientrava dalla finestra la classica legittimazione del potere regio come discendenza diretta della volontà di divina. 12

L'eredità di Cadice tornò a farsi sentire nel 1820 quando attraverso una forte mobilitazione popolare i liberali riuscirono a tornare alla ribalta inaugurando il cosiddetto “triennio liberale” (1820-1823).13 Durante questo “triennio liberale”, abbiamo una frattura

inconciliabile tra uno schieramento liberale moderato contrario alla partecipazione diretta del popolo e alla via rivoluzionaria, e un liberalismo exaltado che al contrario faceva leva su una mobilitazione politica intensa della popolazione soprattutto cittadina, con l'obbiettivo di radicalizzare la rivoluzione iniziata a Cadice.14 Quest'ultimo propugnava una visione quindi

molto radicale, dove la mobilitazione del popolo era la garanzia di controllo nei confronti del potere politico in un progetto di stampo prettamente democratico che prendeva come simbolo e modello di convivenza i principi della Costituzione del 1812 15. Una forma molto originale e

molto avanzata di intendere l'articolazione tra società civile e società politica della quale è interessante sottolineare da un lato il concetto di libertà legato indissolubilmente alla partecipazione più che alla proprietà, dall'altro il principio egualitario di partecipazione alla vita pubblica. Il Triennio liberale segna un punto fermo nella storia dell'800 spagnolo proprio

11 J. Millàn e M. C. Romeo, “Por que es importante la revolución liberal en España? Cultural políticas y

ciudadanía en la historia española”, cit., pp. 22-25.

12 J. Alvarez Junco, Mater dolorosa, cit., p. 350.

13 M. Sierra, “La vida politica”, en I. Burdiel (a cura di), España. La construccion nacional, Tomo 2, Taurus,

Madrid. 2012, pp. 69-75.

14 Ivi., pp. 55 ss.

15 Ivi., pp. 73-75; e uno sguardo sulla componente radicale e repubblicana, presente in quella rivoluzione, in A.

M.García Rovira, “Radicalismo liberal, republicanismo y revolución (1835-1837)”, in Ayer, n.29, 1998, pp.63-90.

perché propose un modello politico radicale di assalto e controllo del potere attraverso l'uso radicale della mobilitazione popolare che fu presto assunto anche da gruppi politici non liberali, ma conservatori e spesso apertamente controrivoluzionari.16

Conclusosi il triennio, e tornato ancora una volta Fernando VII e l'assolutismo, grazie all'intervento della Santa alleanza, impegnata nella ridefinizione degli equilibri europei e della carta geopolitica dell'Europa post napoleonica, si aprì un decennio decisivo per la storia spagnola. Difatti la repressione che caratterizzò la cosiddetta “decada ominosa” dell'assolutismo (1823-1833) e che coinvolse molti liberali protagonisti del triennio precedente, lasciò come marchio indelebile la necessità di impedire che un tale potere potesse nuovamente affermarsi nel paese. Il liberalismo forgiò questa convinzione nella sofferenza di quegli anni, facendo progressivamente scivolare le convinzioni insurrezionali e rivoluzionarie, care agli exaltados che egemonizzarono il triennio liberale conclusosi fatalmente nell'alveo delle utopie e dando maggior credito politico a quell'anima moderata che invece spingeva per un superamento dell'assolutismo senza passare per un rischioso liberalismo17.

Questo gioco a due tra mobilitazione liberale (con le sue contraddizioni interne) e controrivoluzione sempre più radicale, e anch'essa popolare e insurrezionale, raggiunse l'acme con la morte del re Fernando VII nel 1833: la sua scelta di lasciare il trono , attraverso la Prammatica Sanzione (1830) , alla figlia neonata Isabella invece che al fratello Don Carlo fece esplodere la situazione politica e le contraddizioni del sistema politico stesso. Insomma la morte del re il 29 settembre del 1833 riaprì , in maniera definitiva per la storia spagnola contemporanea , la crisi delle istituzioni politiche dell'Antico Regime marcando un punto di inflessione chiave nel processo di transizione dalla monarchia assoluta ad un nuovo sistema politico liberale e rappresentativo.18 La morte di Fernando, quindi, apre il vaso di Pandora

delle contrapposizioni politiche interne fino a quel momento sedate dal ritorno costante dell'assolutismo, generando una spirale rivoluzionaria violenta che troverà la sua conclusione pochi anni dopo.

Dal 1833 si assiste perciò ad una turbolenza politica dettata dal vuoto di potere nel quale ci si trova. All'interno di questa cornice emergono due elementi importanti per la nostra

16 A. Bahamonde, J. Martinez, , Historia de España, cit., p. 131-138 17 Ivi, pp. 167-170.

analisi: l'esplosione del fenomeno controrivoluzionario carlista19 e l'evoluzione ideologica del

liberalismo spagnolo. Sono due fattori che insieme ad altri concorrono a definire quella “rottura liberale”, ossia una nuova trasformazione irreversibile nella politica del paese che tradizionalmente la storiografia fa partire dal 1833 e che ha come priorità riformare le vecchie gerarchie sociali e soprattutto creare lo Stato liberale che fino a quel momento il ritorno periodico dell'assolutismo aveva costantemente impedito.

Parallelamente non si deve perdere di vista che la rapida e profonda alterazione sia del sistema politico (concretizzato nelle Costituzioni del 1834 e del 1837) che delle formazioni politiche liberali che agivano in quella decade, sono esattamente due facce dello stesso processo, e si possono comprendere solo in una mutua relazione.20

La prima faccia della medaglia è dunque una progressiva diversificazione delle due anime del liberalismo. Il nesso che aveva caratterizzato i liberali fin dal loro sorgere, ossia il legame profondo con la piazza, con la mobilitazione popolare, con la quale seppero dettare i tempi e le condizioni sia nel 1812 sia nella presa di potere nel “Triennio liberale”, veniva progressivamente messo in discussione da quei liberali “moderati” che via via si distinguevano dai “progressisti”21 per una posizione in opposizione alla pratica

rivoluzionaria22. Quello su cui si fondavano le loro argomentazioni era la centralità del diritto

rispetto alla mobilitazione popolare, e quindi la libertà declinata essenzialmente nelle leggi e nella loro esatta applicazione. Una vera “ossessione” per la rivoluzione , per la mobilitazione

19 Il carlismo è quel movimento politico controrivoluzionario che sorge nel momento in cui Fernando VII

promulga la Legge Salica impedendo di fatto al fratello, Carlo Maria Isidra di Borbone, di diventare Re di Spagna. La reazione nei confronti di tale accadimento fu molto violenta fino a portare alla Prima guerra carlista che dal 1833 si prolungherà fino all'inizio del 1840. Questo che è un vero movimento politico coagula, intorno alla rivendicazione del trono per Don Carlos, una schiera fondamentalmente conservatrice e ultra reazionaria, fortemente cattolica, in aperta opposizione al regime liberale vigente. è un movimento quindi che coglie l'occasione offerta dalla morte del monarca per aprire un fronte di opposizione dura, militare, al liberalismo. In particolare si veda J. Millàn, “Popular y de orden: la pervivencia de la contrarrevolucion carlista”, in Ayer, n.38, 2000, pp. 15-34; Id.,“Una reconsideración del carlismo”, in Ayer , n. 29, 1998, pp.91-107; G. Martinez Dorado, J. Pan-Montojo, “El primer carlismo. 1833-1840”, in Ayer, n.38, 2000, pp. 35-63; J. Canal, El carlismo. Dos siglos de contrarrevolución en España, Alianza, Madrid, 2000; Id., “Guerra civil y contrarrevolución en la Europa del sur en el siglo XIX:reflexiones a partir del caso español” in Ayer, n.55 (3), 2004, pp.15-36.

20 M. C. Romeo, Lenguaje y política del nuevo liberalismo: moderados y progresistas, 1834-1845, in Ayer, n.

29, 1998, p. 37-62.

21 Questi liberali progressisti, idealmente eredi di quella tradizione “radicale” proveniente da Cadice ma più

recentemente dagli “exaltados” del “Triennio liberale”, più sensibili quindi al ruolo centrale della mobilitazione popolare come arma politica, della sovranità nazionale come principio ispiratore.

popolare, da qualsiasi parte provenisse, fosse carlista o progressista, era la costante caratteristica dei moderati negli anni '34-'36. La rivoluzione quindi, definita, si badi bene, come lotta politica violenta esercitata al margine delle istituzioni che assicuravano uno sviluppo graduale doveva essere messa in un cassetto per aprire una fase nuova, stabile e di ordine23.

Contemporaneamente il liberalismo progressista si stava progressivamente allontanando dalle sue origini rivoluzionarie. L'obbiettivo di questa parte politica sembra essere quello di avanzare con le riforme e dare un taglio definitivo all'insurrezione popolare come legittima arma politica. In poche parole rompono con la propria tradizione politica, quella che da Cadice aveva portato avanti un progetto emancipatore di carattere universalista, non solo quindi riservato ai borghesi, e egualitario che, facesse leva sulla mobilitazione sociale contro quelle elites che cercavano disperatamente di mantenere il potere nelle loro mani. Tutto questo veniva progressivamente a decadere tra gli anni '30 e gli anni '40: ora la priorità' era garantire la sicurezza individuale e la proprietà contro le pressioni carliste e contro lo spauracchio dell'assolutismo.24

Quando però, nel 1834, quindi solo un anno dopo la morte di Fernando VII, la reggente Maria Cristina cercò di confermare il carattere assolutistico del potere monarchico con la promulgazione dello “Statuto Reale”, il campo politico liberale ebbe un'ulteriore scossa. Infatti la famosa carta otorgada (carta concessa) a fianco ad una serie di concessioni di diritti, restaurava il principio di sovranità piena del monarca in faccia a coloro che da tempo avevano sperato nella riproposizione della Costituzione di Cadice una volta morto il re.25 Il sistema dello Statuto reale si convertì pertanto in una espressione politica di ansia di

sicurezza e di moderazione dell'ala a quel tempo più influente e più conservatrice del liberalismo e dell'assolutismo riformista, disposta a firmare un'alleanza duratura che permettesse di elaborare una Costituzione stabile per tutti i cittadini dello Stato e che allo

23 Ivi., p. 41.

24 Anche se nella componente progressista era possibile ravvisare ancora elementi che ne testimoniano la

diversità con la comparte moderata, come ad esempio preservare la libertà dell'individuo di fronte al potere statale, cercare di garantire attraverso le leggi la preservazione di quelle libertà individuali e naturali appartenenti a tutti gli uomini. Cfr. M.C. Romeo, Lenguaje y política del nuevo liberalismo: moderados y progresistas, 1834-1845, in Ayer, n. 29, 1998, p. 60.

stesso tempo arginasse l'insurrezione carlista. 26

La rivoluzione che esplose nelle strade e guidata dai progressisti e dai democratici chiedeva la Costituzione del 1812 e portò nel giro di due anni complessi e turbolenti al ritiro dello Statuto reale ed infine alla Costituzione del 1837. Questa rappresenta una via intermedia tra la Costituzione di Cadice e lo Statuto Reale, in poche parole un tentativo di punto d'incontro tra il liberalismo, con le sue varie anime, e la corona. Si tenga presente che la Guerra carlista era ancora in atto e c'era la necessita di trovare un accordo che almeno

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