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Libagioni e giuramenti di alleanza ─

1. Capitolo primo Il giuramento e i rapporti sociali ─

1.1 Il rituale in Lisistrata 181-234 ─

1.1.6 Libagioni e giuramenti di alleanza ─

Resta ancora da chiosare l' ὅρκιον definitivo su cui Lisistrata e compagne giurano. A proporlo è l'ateniese Mirrina che afferma quanto segue (195-7):

θεῖσαι μέλαιναν κύλικα μεγάλην ὑπτίαν, μηλοσφαγοῦσαι Θάσιον οἴνου σταμνίον ὀμόσωμεν εἰς τὴν κύλικα μὴ᾽πιχεῖν ὕδωρ. Dopo aver posto una grande coppa nera, cava, e avervi sgozzato un orcio di vino di Taso, giuriamo sulla coppa che non vi verseremo dell'acqua.

Per comprendere il significato di questi versi occorre condurre un'analisi su tre differenti piani: a) l'espressione μηλοσφαγοῦσαι σταμνίον b) la natura simpatetica delle libagioni nei sacrifici di giuramento c) la diffusione delle libagioni nei trattati di pace.

Procediamo con ordine e svolgiamo il primo punto. L'espressione μηλοσφαγοῦσαι σταμνίον risulta essere una efficace parodia comica di Aristofane, la cui operazione drammaturgica è consistita in una detorsio in comicum (oltre che del già citato Aesch.Sept. 43) di un'espressione presente in altri luoghi testuali della letteratura greca giunta sino a noi, e che rispecchia una prassi effettivamente diffusa nei sacrifici di giuramento.57

Forniamo, dunque, qualche esempio a riguardo. Nestore invita l'assemblea degli Achei a stringere un patto con i Troiani ‟una volta tagliati i patti” (Hom.Il.2.124: ὅρκια πιστὰ ταμόντες); Agamennone confessa a Menelao di avergli stipulato la morte con il taglio dei giuramenti (Il.4.155:...θάνατόν νύ τοι ὅρκι᾽ ἔταμνον); Zeus garantisce il ritorno di Odisseo alla reggenza di Itaca con un taglio dei patti (Hom.Od.24.482-3: ‟dopo che il luminoso Odisseo ha fatto vendetta contro i pretendenti,/tagliando i patti fedeli, regni per sempre” ἐπεὶ δὴ μνηστῆρας ἐτείσατο δῖος Ὀδυσσεύς,/ὅρκια πιστὰ ταμόντες ὁ μὲν βασιλευέτω αἰεί);58

in Erodoto i Greci ‟tagliarono un giuramento decidendo di combattere contro il barbaro” (7.132.2: ἔταμον ὅρκιον οἱ τῷ βαρβάρῳ πόλεμον ἀειράμενοι); è sempre Erodoto ad usare questa espressione nella descrizione del sacrificio di giuramento presso gli Sciti, i quali ‟mescolano il sangue di quelli che hanno tagliato il giuramento” (αἷμα συμμίσγουσι τῶν τὸ ὅρκιoν ταμνομένων); parimenti, infine, l'espressione ricorre nella riconciliazione di Elena e Menelao sulla scena tragica dell'Elena euripidea (1235): σπονδὰς τέμωμεν καὶ διαλλάχθητί μοι ‟tagliamo le libagioni e riconciliati con me”.

Come risulta evidente dal confronto dei passi sopra citati, l'uso del verbo τέμνειν viene usato in una costruzione transitiva in cui l'oggetto sintattico corrisponde, nel linguaggio del rituale, alla vittima sacrificale; in altre parole ciò che in Omero, Erodoto ed Euripide è costituito dalle

57 Si veda Poll. 21.24.3, 21.32.15, ecc.

58 Si veda Fernàndez-Galiano/Heubeck/Russo 2015, ad 483: ‟questa frase idiomatica, che ha notoriamente origine

nel rito di tagliare in due l'animale sacrificato, ed è attestata in greco anche in prosa e nelle iscrizioni, ha uno stretto parallelo nelle lingue semitiche occidentali”.

vittime animali (identificati con il nome generico di ὅρκια),59 in Aristofane è costituito dallo stamnio. Il μηλοσφαγοῦσαι aristofaneo ed il τέμωμεν euripideo sono funzionali alla determinazione della potenza maledittiva presente negli atti con cui i personaggi agiscono il rituale, in quanto l'azione del tagliare l'oggetto sacrificale simboleggia, conviene ribadirlo, il destino ferale che si abbatterà sullo spergiuro. Si aggiunga anche che nel passo aristofaneo precedentemente citato, si trovano a coabitare (nel corso, quindi, delle fasi preliminari del giuramento vero e proprio) due predizioni maledittive simboleggiate da due referenti diversi: il taglio dell' ὅρκιoν e la libagione di vino.

Al contrario di quanto sostenuto da Sommerstein,60 credo infatti che con la promessa di μὴ᾽ πιχεῖν ὕδωρ Lisistrata e compagne si accingano a compiere una libagione di vino la quale costituisce, nella storia delle pratiche giuratorie attestate in tutte le fasi della Grecia antica, la prassi rituale consuetudinaria per la sanzione di alleanze e trattati di pace.61 Rimandando alle pagine successive l'analisi di come questa alleanza venga intesa dai personaggi maschili della

59

Vedi Cole 1996, p. 231: ‟The Homeric expression for the performance of oath sacrifices (…) alludes to (...) a central action of oath sacrifice, the cutting up of the sacrificial victim”. Cfr. Berti 2006, p. 181: ‟The adjective

pista (loyal) stresses the obligation to fulfil given promises, while orkia and slitting refer to the victims of the

oath-sacrifice. The victims embody the oath and can therefore be described by pista, an adjective that obviously applies to the stipulated treaties”. Steiner 1994 nota che questa espressione ha anche un secondo uso in relazione all'atto di incidere il giuramento su una pietra perché diventi un monumentum. Il giuramento è tagliato quando (p. 65) ‟the mason engraved in stone the verbal formula together with the treaty's clause”. Per una discussione sui rapporti di interscambiabilità fra horkos, horkia, horkion si veda Karavites 1992 (p. 58ss). Cfr. Cohen 1980.

60 Si veda Sommerstein 1990 (ad 197), in cui lo studioso ritiene che nel verso si debba leggere un'allusione alla

dedizione all'ebbrezza delle donne ateniesi. Benché, sotto un profilo argomentativo, la tesi proposta dallo studioso goda del fatto che questo sia un indubbio τόπος letterario distintivo di molta della produzione comica (Ar.Ec.153-5, 227, 1123; Ar. fr. 364 K-A), è altrettanto vero che con questa interpretazione sbiadisce l'evidente connotazione rituale che precede e segue questo verso. Sull'uso simbolico di un oggetto all'interno di un rituale, si considerino le asserzioni di Tambiah 1995 (ed.or. Cambridge [MA]1985) il quale, con riferimento esplicito a Jakobson, afferma che all'interno di un rituale omeopatico l'uso di un oggetto con implicazione metaforica (come, nel nostro caso, la coppa) fa sì che essa (la metafora) ‟è un surrogato con doppia referenza, all'oggetto originale e all'oggetto che va a sostituirlo. Ogni metafora o simbolo contiene sia realtà che finzione: se presa alla lettera è una rappresentazione erronea ma è più di un segno convenzionale perché evidenzia una somiglianza. La metafora è un modo di riflessione e rende possibile il pensiero astratto sulla base dell'asserzione analogica” (p. 69). Sul ruolo delle libagioni nelle alleanze si consideri anche Baltrusch 1994.

61 Sono convinto che Aristofane si sia dilungato nel parodiare un rituale giuratorio ‟di alleanza”, poiché sia lui che

il referente delle opere del commediografo, il pubblico ateniese, dovevano essere conoscitori delle specifiche fasi con cui siffatti rituali giuratori venivano portati a perfezione. Affermo questo sulla base del fatto che del testo della cosiddetta “pace dei trent'anni” (ovvero l'ultimo trattato anteriore ad Aristofane che a noi è pervenuto e di cui possediamo una versione scritta) fu fatta una copia incisa su stele. Di questo evento non possediamo che la sola annotazione di Tucidide: ‟Per un anno entrambi rifiutarono il giuramento. Poi eressero delle stele ai giochi di Olimpia, di Pito e di Corinto, ad Atene, a Sparta e ad Amicle” (5.18.9-10: τὸν δὲ ὅρκον ἀνανεοῦσθαι κατ᾽ ἐνιαυτὸν ἀμφοτέρους. στήλας δὲ στῆσαι Ὀλυμπίασι καὶ Πυθοῖ καὶ Ἰσθμοῖ καὶ Ἀθήνησιν ἐν πόλει καὶ ἐν Λακεδαίμονι ἐν Ἀμυκλαίῳ). Sappiamo anche che una copia di questa incisione sopravvisse sino all'epoca di Pausania (almeno), come questi annota nella propria opera in occasione di un viaggio presso la città di Olimpia: ‟di fronte a questa statua di Zeus vi è una stele in bronzo che riporta i trattati di pace trentennali fra Ateniesi e Spartani” (5.23.4: ἔστι δὲ πρὸ τοῦ Διὸς τούτου στήλη χαλκῇ, Λακεδαιμονίων καὶ Ἀθηναίων συνθήκας ἔχουσα εἰρήνης ἐς τριάκοντα ἐτῶν ἀριθμόν). Sui passaggi di Tucidide e Pausania si veda Steiner 1994, p. 66ss. In merito a Pausania, si veda la considerazione di Bolmarcich (b) 2007 (p. 478): ‟If treaties were removed in classical Greece once they were no longer valid, we would not expect this particular treaty to remain standing since, according to Thucydides, it was widely believed to have been breached even before the advent of the Archidamian War”. Sulla sopravvivenza di trattati incisi su stele, benché non più validi, si legga ibidem (pp. 477- 89).

Lisistrata e di come questo intendimento abbia precise ragioni storiche extra testuali, è sufficiente, per il momento, fugare ogni possibile dubbio sul fatto che Lisistrata e le altre donne si uniscano in una συμμαχία. Si pensi, infatti, alle due occorrenze del verbo greco συνόμνυμι che ricorrono nella commedia. La prima delle due è costituita da una domanda di Lisistrata (181-2: Τί δῆτα ταῦτ᾽οὐχ ὡς τάχιστα, ὦ Λαμπιτοῖ,/ξυνωμόσαμεν, ὅπως ἂν ἀρρήκτως ἔχῃ; ‟Perché allora, Lampitò, quanto prima non/giuriamo insieme su questo, così che la decisione sia inviolabile?”). La seconda, invece, è costituita da un commento di Cinesia, secondo il quale ‟Questa trama è una cospirazione universale delle donne” (1007-8: Τουτὶ τὸ πρᾶγμα πανταχόθεν ξυνομώμοται/ ὑπὸ τῶν γυναικῶν). A queste considerazioni si aggiunga anche il particolare valore attribuito alla κύλιξ φιλοτησίας la quale costituisce, come afferma Sommerstein, ‟a cup by the sharing of which two or more persons pledge friendship to one another”.

Chiarita questa premessa, torno a considerare il valore della libagione nelle alleanze.62 Differentemente da quanto affermato da Cole, non sono del parere che la libagione, sotto il profilo della potenza maledittiva ad essa soggiacente, sia da considerarsi una ‟milder form” rispetto ad altri rituali giuratori di natura omeopatica;63 piuttosto efficace è, al contrario, la definizione proposta da Carastro, in base alla quale ‟L'offandre d'une libation (...) prend forme à partir des liens qui se nouent entre les parties prêtant serment et les puissances invisibles. Ces liens se matérialisent par l'acte de verser un liquide (eau, vin, sang)...sur la terre”.

Il caso più rappresentativo ed antico di una libagione con valore simpatetico è il già citato esempio contenuto nel III libro dell'Iliade (298-301).64 In questo passo, cui fa da eco l'imprecazione di Idomeneo contro i Troiani in Il.4.268-71 (ἀλλ᾽ ἄλλους ὄτρυνε κάρη κομόωντας Ἀχαιούς,/ὄφρα τάχιστα μαχώμεθ᾽, ἐπεὶ σύν γ᾽ ὅρκι᾽ ἔχευαν/Τρῶες∙ τοῖσιν δ᾽ αὖ θάνατος καὶ κήδε᾽ ὀπίσσω/ἔσσετ᾽, ἐπεὶ πρότεροι ὑπὲρ ὅρκια δηλήσαντο ‟piuttosto incita gli altri Achei dalle chiome fluenti/perché il prima possibile scendano in battaglia, giacché i Troiani versarono i patti;/per costoro vi sarà morte e strazi in futuro,/poiché per primi lesero i patti”), risulta evidente come il vino versato in terra sia posto in analogia con il sangue che si spargerà a terra per chi sarà venuto meno al giuramento e per i figli di costui. Il criterio con cui vino e sangue sono associati è altrettanto evidente dal momento che ‟blood is life, and one's life is symbolically poured out when the red wine, as blood, is poured out”.65 L'associazione vino/sangue è rintracciabile anche nel rituale di giuramento in Lisistrata, stanti le seguenti parole pronunciate da una delle donne (205):

62 Si veda Karavites 1992, dove il tema della libagione ‟politica” compare a più riprese nel corso dell'

argomentazione svolta dall'autore.

63 Cole 1996, p. 234.

64 Per un analisi del passo iliadico si veda Faraone 1993, p. 74. Cfr. Giordano 1999, p. 32ss. Cfr. Kirk 1985, pp.

307-8. Per un'analisi dei rituali di giuramento in Omero e nel Vicino Oriente antico, si leggano gli eccellenti contributi di Kitts (2005) e di Karavites (1992).

65 Kitts 2005, p. 137. Per esempi del medesimo rituale simpatetico nel Vicino Oriente antico si veda ibidem, nota n.

53. Si veda anche il noto giuramento dei Molossi (riproduco il testo stampato in Faraone 1993, p.73): ‟I Molossi infatti, ogni volta che giurano, dopo aver posto vicino un bue e delle coppe ripiene di vino, mentre tagliano il bue in piccoli pezzi, imprecano contro coloro che trasgrediranno che così siano fatti a pezzi, mentre, bevendo dalle coppe, che così il sangue dei trasgressori sia versato” (Οἱ γὰρ Μολοττοί, ἐπειδὰν ὅρκια ποιῶνται, βοῦς παραστησάμενοι καὶ κώθωνας οἴνου πλήρεις, τὸν μὲν βοῦν κατακόπτοντες εἰς μικρὰ, ἐπαρώνται τοῖς παραβησομένοις οὕτως κατακοπῆναι∙ τοὺς δὲ κώθωνας ἐκχέοντες, οὕτως ἐκχυθῆναι τὸ αἷμα τῶν παραβησομένων).

εὔχρων γε θαἷμα κἀποπυτίζει καλῶς il sangue ha un bel colore e zampilla bene

Dal momento che non è stato sacrificato alcun animale, è evidente il gioco comico operato dal drammaturgo.66 Alla luce di quest'ultima asserzione e delle precedenti, è quindi possibile stabilire l'importanza dell'espressione promissiva (μὴ᾽ πιχεῖν ὕδωρ) sancita dall'azione di μηλοσφαγοῦσαι σταμνίον. La domanda cui dobbiamo rispondere, tuttavia, è se questo gioco comico si sarebbe parimenti consumato nel caso in cui l'analogia fra vino e sangue nei rituali simpatetici non fosse stata di facile intelligibilità da parte del pubblico ateniese.

E' proprio l'inconsueta (per i Greci) non mescolanza di acqua e vino a determinare, infatti, lo scopo della libagione rituale. Un conforto giunge da due noti passi omerici.67 Nel primo di questi, l'eroe Nestore si rivolge agli Achei nel tentativo di incitarli a non disertare sino alla presa della rocca troiana. Queste, dunque, le parole del figlio di Neleo (Il.2.337-341):

ὦ πόποι, ἦ δὴ παισὶν ἐοικότες ἀγοράασθε νηπιάχοις, οἶς οὔ τε μέλει πολεμήϊα ἔργα. πῇ δὴ συνθεσίαι τε καὶ ὅρκια βήσεται ἥμιν; ἐν πυρὶ δὴ βουλαί τε γενοίατο μήδεά τ᾽ ἀνδρῶν σπονδαί τ᾽ ἄκρητοι καὶ δεξιαί, ᾖς ἐπέπιθμεν (...). Ah! Davvero simili a bambini piccoli parlate, che non hanno a cuore gesta di guerra.

Dove finiranno le nostre intese e i nostri giuramenti? A fuoco vadano le decisioni, gli affanni nostri,

i patti non mescolati e le mani destre in cui credevamo (...).

In questo passo, Nestore reputa opportuno ricordare all'assemblea degli Achei i patti sanciti (σπονδαί) con cui i diversi popoli della Grecia si sono uniti in alleanza. Una situazione analoga è rintracciabile nel secondo esempio celebre cui si può fare riferimento, ovvero Il.3.298-301, in cui il rituale di libagione vincola gli eserciti in guerra ai patti sanciti.

Il significato della non mescolanza di vino ed acqua in queste circostanze è, a mio parere, evidente. Il vino non è destinato ad essere assunto dai partecipanti al rito. E' presente perché è un simbolo e, come tale, rappresenta il sangue.68 E come l'acqua mescolata al vino diminuisce la

66 Cfr. Sommerstein 1990, ad 205: ‟at real sacrifices this was regarded as a good omen”.

67 Per una articolata discussione dei trattati di pace contenuti nei poemi omerici, si legga Karavites 1992.

68 Vedi Carastro 2012, pp. 85-6: ‟Par l'analyse de récits mythiques et discursifs évoquant des rites, (...), Gernet

parviene à identifier le éléments qui caractérisent ce qu'il appelle «le serment primitif»: le rituel met en jeu des «forces religieuses» qui émanent du sang de la victime, mais aussi du vin offert en libation et qui est chargé d'un

mana particulier”. Cfr. Berti 2006, p. 184 (con nota n. 32). Cfr. Bederman 2001, p. 68. Si veda, in particolare, il

già citato giuramento dei Molossi (supra p. 32, nota n. 65), dove i giuranti associano lo strazio dei corpi dei trasgressori alla macellazione delle carni sacrificali, e lo spargimento del sangue dei trasgressori alla libagione di vino.

capacità inebriante del vino stesso, così quest'ultimo, quando usato come simbolo, perde tutta la sua forza maledittiva se viene mescolato ad acqua. Il vino deve quindi essere puro e non contaminato da nessun altro liquido, affinché il colore rosso vivo rimanga inalterato e non perda il proprio legame visivo e simbolico con il sangue. In altre parole, affinché il rituale omeopatico abbia successo, la sua morfologia non deve essere minimamente compromessa e, nel caso specifico del vino, deve risultare chiaro tanto all'officiante quanto agli spettatori che esso fa le veci del sangue di colui che spezzerà il patto.

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