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Le libere professioniste in Italia e in Friuli Venezia Giulia oggi

E NUOVE OPPORTUNTÀ DEL LAVORO AGILE di Maria Dolores Ferrara

5. LE DONNE NELLE LIBERE PROFESSIONI di Claudia Carchio

5.1. Le libere professioniste in Italia e in Friuli Venezia Giulia oggi

Affrontare il tema delle donne nelle libere professioni impone preliminar-mente di tracciare i contorni dell’area del lavoro libero professionale, il cui tratto distintivo, nel nostro ordinamento, è dato da un marcato dualismo tra professioni ordinistiche e non ordinistiche1.

Se, infatti, secondo la definizione dettata dal codice civile, è la presta-zione d’opera intellettuale (art. 2230 c.c.), esercitata abitualmente e preva-lentemente mediante lavoro personale (art. 2232 c.c.), a connotare l’esercizio della libera professione, è, poi, la legge a definire le professioni intellettuali per l’esercizio delle quali è necessaria l’iscrizione in appositi albi o elenchi (art. 2229 c.c.), sicché quelle ordinistiche rappresentano solo un sottoinsieme della più ampia categoria delle professioni2.

Nell’ambito di questa composita categoria sono ricomprese figure profes-sionali eterogenee: da quelle che svolgono attività professionale in senso

 Dottoressa di ricerca nelle Università di Udine e Trieste.

1 Tra i professionisti, quelli iscritti a un ordine, godono, mediante la registrazione obbligatoria ad un albo, delle tutele offerte da un fondo di protezione sociale privato, la c.d. casse di pre-videnza e assistenza per i liberi professionisti; tutti gli altri professionisti sono invece tenuti, ex art 2, c. 26, l. n. 335/1995 e art. 3, d.lgs. n. 103/1996 (oggetto di interpretazione autentica da parte dell’art. 18, c. 12, d.l. n. 98/2011, conv. in l. n. 111/2011), a registrarsi e a versare la contribuzione alla c.d. quarta gestione dell’INPS, la Gestione separata, in quanto esercitino per professione abituale, ancorché non esclusiva, attività di lavoro autonomo (di cui all’art. 49, c. 1, TUIR) il cui esercizio non sia subordinato all’iscrizione ad appositi albi professionali, ovvero attività non soggette al versamento contributivo agli enti previdenziali di diritto privato (disciplinati dal d.lgs. n. 509/1994 e dal d.lgs. n. 103/1996) in base ai rispettivi statuti e ordi-namenti; v Circ. INPS n. 45 del 9 marzo 2018.

2 Anche la l. n. 4/2013 sulla disciplina delle professioni non organizzate in ordini o collegi riprende questo concetto chiarendo che l’esercizio della professione non ordinistica è libero (art. 1, c. 4).

stretto, di natura legale (avvocati, notai, ecc.), amministrativa o gestionale (consulenti, contabili, commercialisti, ecc.), a quelle che operano nei settori tecnici (geometri, architetti, ingegneri, ecc.) e scientifici (geologi, periti, agronomi, veterinari, ecc.), nonché della sanità e dell’assistenza sociale (me-dici, odontoiatri, infermieri, psicologi, fisioterapisti, tecnici di laboratorio). Accanto a queste aree, in cui predominano le professioni di tipo ordinistico, ve ne sono altre, ad esempio in ambito commerciale, assicurativo, finanziario o dei nuovi servizi all’impresa e alla persona, in cui si collocano attività di tipo professionale, ma non organizzate in ordini o collegi.

Questa molteplicità di attività lavorative ha, nel suo complesso, un’inci-denza considerevole nel mercato del lavoro nazionale, sol che si consideri che l’Italia, con 17 liberi professionisti ogni 1.000 abitanti, si colloca – se-condo il rapporto 2018 di Confprofessioni3 – al secondo posto nel panorama europeo (ove la media è di 11:1.000) per numero di liberi professionisti, su-perata solo dal Belgio. Di più, nel nostro Paese (similmente a quanto riscon-trato invero anche negli altri 27 Stati dell’UE) il settore del lavoro professio-nale presenta un tasso di crescita costante nel tempo4, rappresentando altresì l’unica componente del mercato del lavoro che non soltanto ha resistito alla crisi economica globale iniziata nel 2008, ma si è addirittura rafforzata nel corso della stessa, in controtendenza rispetto agli altri segmenti occupazio-nali del lavoro indipendente, che hanno invece subito un forte calo5. Pari-menti, in Friuli Venezia Giulia (d’ora in poi FVG), ove pure la percentuale di lavoratori indipendenti è tra le più basse in Italia6, l’unica categoria che ha mostrato una dinamica nettamente positiva anche negli anni più recenti è stata quella dei professionisti7. Il loro incremento ha riguardato soprattutto la

3 Cfr. Fondazione Osservatorio delle libere professioni di Confprofessioni (a cura di), Rap-porto 2018 sulle libere professioni in Italia, 2018, disponibile sul sito http://www.Confpro-fessioni.eu. che sulla base dell’elaborazione dei dati ISTAT (Rilevazione sulle forze di lavoro, 2017, in https://www.istat.it/it/archivio/8077), afferma che in Italia nel 2017 i liberi profes-sionisti costituivano oltre il 6% degli occupati italiani e il 26% dei lavoratori indipendenti.

4 Ibidem.

5 Reyneri E., Lavoro indipendente sul viale del tramonto, in Lavoce.info, 31 ottobre 2017, in http://www.lavoce.info/archives/49280/lavoro-sempre-meno-indipendente/, che evidenzia come, a fronte del forte declino del lavoro indipendente con riguardo alle figure più tradizio-nali e più numerose (piccoli negozianti e imprenditori artigiani messi fuori mercato dalla con-correnza globale oppure in difficoltà a causa dei passaggi generazionali), è invece aumentato il numero di liberi professionisti, con o senza collaboratori e dipendenti.

6 V. Russo A., Il lavoro indipendente in Friuli Venezia Giulia negli anni della crisi, in Servizio politiche del lavoro - Osservatorio, sviluppo e comunicazione del mercato del lavoro (a cura di), Il mercato del lavoro in Friuli Venezia Giulia. Rapporto 2016, Milano, 2016, 147.

7 Pascolini M., Dinamiche macroeconomiche ed evoluzione dell’occupazione in Friuli Vene-zia Giulia negli anni della crisi: interpretazioni e prospettive, in Servizio politiche del lavoro

fascia di età sotto i 35 anni e ha coperto tutti i settori professionali, non solo quelli tradizionali, scientifici e tecnici (al cui interno sono ricomprese le pro-fessioni di notaio, avvocato, commercialista, ingegnere, architetto, ecc.), ma anche quelli maggiormente innovativi (ad es. pubbliche relazioni e comuni-cazione, consulenza gestionale, collaudi e analisi tecniche, pubblicità e ricer-che di mercato, ecc.)8.

In questo quadro variegato e dinamico, le libere professioni rappresentano ancora un settore a prevalenza maschile, con una sproporzione di genere in cui la componente femminile pesa tra il 35% e il 39% al Centro-Nord Italia e si riduce a meno del 30% nelle regioni del Sud.

Deve, però, al proposito essere segnalata una positiva tendenza al ribilciamento della composizione di genere: non solo la presenza femminile è an-data aumentando negli ultimi anni (nel periodo 2009-2017 l’incremento è stato pari al 53%), ma è stato proprio il maggior ingresso delle donne nella libera professione a sostenere l’evidenziata crescita del comparto nel suo complesso9. Un trend analogo si riscontra anche in FVG10, ove nonostante la componete

- Osservatorio, sviluppo e comunicazione del mercato del lavoro (a cura di), Il mercato del lavoro in Friuli Venezia Giulia. Rapporto 2017, Milano, 2017, 55.

8 Cfr. IRES FVG, Le aperture di partite IVA in FVG nel 2018, 8 aprile 2019, in https://rendi-res.iresfvg.org/documenti/rassegna/2019/RICERCA/partite_iva_2018_Infoclick.pdf, che, nel riportare i dati sul numero di partite Iva aperte in regione nel 2018 indica come tra le persone fisiche, il 60% delle nuove aperture abbia riguardato gli uomini, ma rispetto al 2017 la crescita sia stata più accentuata per la componente femminile (+3,6% contro il +1,2% dei maschi).

9 V. ancora Fondazione Osservatorio delle libere professioni di Confprofessioni (a cura di), Rapporto 2018 sulle libere professioni in Italia, cit., che analizza nel dettaglio i diversi gruppi professionali, evidenziando come, a settori in cui la crescita dei liberi professionisti è stata determinata proprio del maggiore apporto della componente femminile – segnatamente tra gli psicologi, i paramedici, gli avvocati, gli educatori, i veterinari e gli specialisti in scienze umane – si contrappongono settori ove, invece, l’incremento è stato trainato prevalentemente dalla componente maschile – professioni di area amministrativa (specialisti delle scienze ge-stionali, commerciali e bancarie, contabili e consulenti finanziari), dei servizi alla persona (istruttori e allenatori, professioni qualificate nel turismo) e delle discipline artistico-espres-sive, giornalisti, informatici, alcune professioni tecnico-scientifico (geologi, tecnici della pro-duzione); di contro, alcuni segmenti professionali sono rimasti pressoché invariati proprio grazie all’ingresso di nuove professioniste (specialisti e tecnici in scienze matematiche, chi-miche, fisiche, naturali e sociali, ingegneri, architetti), mentre in altri neppure l’ingresso delle donne ha consentito di compensare il calo occupazionale complessivo (v. ad esempio biologi, botanici, zoologi, specialisti e tecnici agronomi e forestali, geometri e tecnici ingegneristici, nonché agenti di commercio).

10 Cfr. Banca d’Italia, Economie regionali. L’economia del Friuli Venezia Giulia, giugno 2019, n. 6, in https://www.bancaditalia.it/pubblicazioni/economie-regionali/2019/2019-0006/ 1906-friuli.pdf, che riporta come nel 2018 la crescita dell’occupazione sia stata più intensa per la componente femminile (1,7%) e abbia riguardato sia il lavoro dipendente sia, in misura più accentuata, quello autonomo.

femminile sia tradizionalmente sottorappresentata all’interno del lavoro indi-pendente, essa si attesta comunque al di sopra della media nazionale11.

Questo, tutto sommato, recente incremento dei contingenti femminili nelle professioni comporta anche una variazione nella composizione della categoria per classi d’età12, giacché la componente femminile è mediamente più giovane di quella maschile (le donne infatti si concentrano nella fascia d’età 35-44 anni mentre gli uomini in quella 45-54). Un sostanziale equili-brio si riscontra, invece, tra i più giovani (under 35), ove il numero di maschi e di femmine risulta sostanzialmente corrispondente.

Al netto di questa variazione positiva non va, tuttavia, trascurato che la prevalenza maschile persiste in quasi tutti i settori professionali, fatte rare eccezioni per quelli tradizionalmente a specializzazione femminile delle scienze psicologiche e biologhe e delle discipline linguistiche, letterarie e documentali. Si conferma così, anche nella libera professione, la netta segre-gazione occupazionale di tipo orizzontale che si registra pure in tutti gli altri ambiti del mercato del lavoro nazionale13.

Su questo fenomeno potrà però incidere un’altra tendenza che in prospet-tiva altererà in modo radicale la composizione di genere in quasi tutte le pro-fessioni. Si tratta di una sorta di effetto sostitutivo che al momento vede, accanto alle maggiori entrate delle donne, un maggiore flusso in uscita dei maschi tra i professionisti over 45 (con valori rispettivamente pari al 19% e al 79%).

Infine, il genere e l’età dei professionisti incidono su un altro importante fattore, quale l’ammontare dei redditi dagli stessi percepiti annualmente. In particolare se, come è ovvio, tra le diverse classi d’età, i giovani professio-nisti sotto i 30 anni hanno redditi più bassi dei colleghi di età compresa tra i 50 e i 60 anni, è combinando l’età con il genere che si evidenzia un netto sfavore per le donne nelle fasi intermedie della propria vita lavorativa. I dati sul c.d. gender pay gap (il differenziale salariale di genere) mostrano, infatti, come il reddito delle donne si attesti sempre su valori inferiore a quelli degli

11 Russo A., Il lavoro indipendente in Friuli Venezia Giulia negli anni della crisi, cit., 191.

12 Cfr. anche Osservatorio delle libere professioni di Confprofessioni (a cura di), Rapporto 2017 sulle libere professioni in Italia, 2017, in http://www.confprofessioni.eu/sites/default/fi-les/rapporto_2017_libere_professioni.pdf, in particolare v. figura 2.12 sulla composizione dei liberi professionisti per classe d’età decennali e genere, che (elaborando i dati ISTAT, Rile-vazione sulle forze di lavoro, 2016) evidenzia, nell’anno 2016, una presenza di professionisti nella classe d’età 15-24 pari al 47% per le donne e al 53% per gli uomini, che passa rispetti-vamente a 41% e 59% nella classe 25-45, a 31% e 69% nella classe 45-54, a 26% e 74% nella classe 55-64, a 15% e 85% nella classe over 65.

13 Cfr. i dati Istat su imprese, occupati e settori economici in http://dati.istat.it/Index. aspx?QueryId=20777.

uomini in tutte le fasce d’età, ma con un divario molto meno marcato tra i professionisti più giovani a differenza che tra i più anziani (su cui v. appro-fonditamente infra).

Volendo, in conclusione, parafrasare quanto sin qui affermato, si potrebbe dire che la più recente “fotografia” delle libere professioni mostra un’imma-gine in chiaro-scuro: allo spiraglio di luce offerto dalla presenza femminile che va crescendo rapidamente e soprattutto nelle fasce d’età più giovani della categoria, si contrappone l’ombra proiettata dalla persistente segregazione delle donne nei settori tradizionalmente da loro dominati e soprattutto una differenza reddituale ancora marcata rispetto ai colleghi maschi.

5.2. Quali esigenze di tutela per le libere professioniste nel mondo