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Libertà contrattuale e giustizia del contratto

Nel documento Il rifiuto abusivo di contrarre (pagine 100-113)

CAPITOLO II: LA LIBERTÀ CONTRATTUALE E I SUOI LIMITI

3. Limiti alla libertà contrattuale

3.2. Libertà contrattuale e giustizia del contratto

Il tema dei limiti alla libertà contrattuale, soprattutto se riferito al principio di eguaglianza, richiama inevitabilmente la questione della giustizia, spesso accantonata ma mai completamente abbandonata dalla dottrina civilistica.

Si tratta di una formula estremamente vaga, che richiede di essere definita in relazione allo specifico contesto e periodo di riferimento.

241

D. Caruso, Limits of the Classic Method: Positive Action in the European Union After the

New Equality Directives, in Harvard International Law Journal, 2003, Vol. 44, 353.

242

D. Kennedy, The Political Stakes in “Merely Technical” Issues of Contract Law, cit.

243

Cfr. G. Capuzzo, “In mani esperte”: il ruolo della legal expertise nei sistemi transnazionali, in Rivista critica del diritto privato, 2014, 523 ss.

244

D. Kennedy, The Political Stakes in “Merely Technical” Issues of Contract Law, cit.; D. Caruso, Private Law and State-Making in the Age of Globalization, in New York University Journal of International Law and Politics, 2006, Vol. 39. Tale impostazione trova piena espressione nel Draft Common Frame of References, in cui la libertà contrattuale si pone come parametro di riferimento e il giurista opera in qualità di esperto, di tecnico appunto. G. Capuzzo,

100 Non si riesce a circoscrivere il campo d’indagine neppure facendo riferimento al concetto più specifico di giustizia contrattuale, il discorso risulta infatti declinato differentemente a seconda che si prenda in considerazione il contenuto, il prezzo, o la posizione reciproca delle parti, prima della conclusione dell’accordo o durante l’elaborazione ed esecuzione dello stesso.

A tal proposito, appare interessante richiamare le parole di Raiser il quale, con riferimento al problema del pari trattamento delle situazioni di fatto eguali, individua la sostanza dello stesso nella questione della giustizia. Tuttavia, sottolinea l’Autore, il concetto di giusto è solo un modello di lettura della realtà storica non più definito di quelli di buono e male. “Di fronte all’individualità degli uomini e alla singolarità storica di tutte le situazioni e relazioni sociali, dobbiamo rinunciare a trovare un metro assoluto di eguaglianza o di diseguaglianza. Si riesce a chiarire meglio il significato del principio chiedendosi contro che cosa esso si è rivolto nelle sue realizzazioni storiche. Nel 1789 e nel primo liberalismo si trattò dell’abolizione di privilegi corporativi a favore della borghesia, nel 1919 invocò chiaramente la società senza classi, mentre l’attuale governo militare vuole innanzitutto mettere al sicuro dalle discriminazioni giuridiche le differenze di razza, di religione e di cittadinanza”245.

A fronte del tema della giustizia contrattuale l’interrogativo che inevitabilmente si pone è se tale idea, di volta in volta diversamente declinata, rappresenti “semplicemente” un limite per l’esercizio della libertà contrattuale o richieda al contratto di divenire esso stesso lo strumento attraverso il quale perseguire tali obiettivi. Questione che diviene centrale a fronte della tendenza ad attribuire un ruolo sempre più ampio agli strumenti di diritto privato, finanche quello di contribuire alla costruzione di una cittadinanza europea246.

Il tema della giustizia contrattuale risulta fortemente condizionato dal rapporto tra l’individuo e la comunità e tra la libertà contrattuale e i suoi limiti. Quest’ultimi, del resto, seppur con diverse modulazioni, trovano tendenzialmente

245

L. Raiser, Il compito del diritto privato, trad. it. di M. Graziadei, Milano, Giuffrè Editore, 1990, 12, pubblicato nel volume HUNDERT JAHRE deutsches Rechtsleben. Festschrift zum

hundertjährigen Bestehen des Deutschen Juristentages 1860-1960, Karlsruhe, 1960, 101.

246

M. R. Marella, The Old and the New Limits to Freedom of Contract in Europe, in European Review of Contract Law, 2006, 257.

101 giustificazione nell’interesse pubblico alla tutela dell’efficienza, della moralità o dell’equità, valori che rischierebbero di essere minacciati dal libero perseguimento di contrastanti interessi delle parti o di terzi. La questione, in particolare, ha assunto grande forza espansiva negli ultimi anni, come risultato del progressivo assoggettamento alle logiche del mercato e, conseguentemente, alle correlate dinamiche contrattuali di settori che vi erano tradizionalmente esclusi247.

Il tema dei limiti alla libertà contrattuale e con esso quello della giustizia contrattuale restano pertanto un problema costantemente aperto a plurime interpretazioni.

Vi è chi ritiene si tratti di un discorso superfluo e chi invece lo pone come profilo imprescindibile della disciplina dei contratti.

Ad avviso di Canaris la libertà contrattuale è strumento di svolgimento della personalità individuale e il principio cardine del diritto privato è l’autodeterminazione, alla quale corrisponde l’autoresponsabilità. Secondo questa impostazione il contesto in cui si esplica l’autonomia privata è quello dell’economia di mercato, rispetto alla quale lo Stato ha il solo compito di assicurare la libera concorrenza. La libertà si collega alla democrazia degli ordinamenti e alla libera competizione sul mercato, essa costituisce di per sé un valore e non è necessario persegua la giustizia contrattuale, purché non sia essa stessa causa di ingiustizie248.

Secondo una diversa prospettiva, invece, vi è chi ritiene che la giustizia sia il necessario strumento per assicurare flessibilità alla rigida disciplina contrattuale e debba essere perseguita attraverso norme eteronome, con riferimento in particolare ai valori espressi dalla Carta costituzionale. Questi sono riassunti da Sacco in: diritti primari; libertà d’iniziativa economica; possibilità per tutti di accedere alla proprietà, in particolare con riferimento ai beni economici; razionalità nello sfruttamento dei beni; solidarietà e socialità dei risultati; l’equità dei rapporti249.

247

M. R. Marella, The Old and the New Limits to Freedom of Contract in Europe, cit.

248

Tale conclusione, avverte Alpa, non implica una considerazione di tale libertà come di una “libertà effettiva”, ma pur sempre di una “libertà giuridica”, la quale presuppone contemperamenti e correttivi. G. Alpa, Libertà contrattuale e tutela costituzionale, cit..

249

102 Come è evidente, le tesi in materia di giustizia contrattuale sono plurime e spesso conflittuali. Al fine di comprendere la questione e verificarne l’effettiva utilità nel campo d’indagine in esame, è necessario allora soffermarsi su una più attenta analisi del tema.

È possibile innanzitutto distinguere tra diverse accezioni del termine, individuando quattro interpretazioni della giustizia contrattuale: la giustizia viene riferita ora all’eguaglianza nello scambio, altre volte all’equivalenza soggettiva delle prestazioni a fronte di cambiamenti del contesto contrattuale, vi è poi la giustizia cosiddetta distributiva, e vi è infine un’accezione della giustizia come portatrice di valori250.

Può considerarsi ormai generalmente superata l’idea di giustizia come eguaglianza nello scambio, tesi che ha trovato concretizzazione soprattutto nella dottrina del “giusto prezzo”. Tale impostazione è stata ben presto oggetto di una riconsiderazione volta a sganciare l’idea di giustizia da ogni carattere oggettivo per collocarla nell’ambito della percezione soggettiva del valore della prestazione. Nell’ambito di una qualificazione “commutativa” della giustizia si collocano gli interventi di riequilibrio delle prestazioni a fronte di modificazioni ingiust ificate dell’assetto di interessi originariamente voluto dalle parti. In questo contesto il concetto è richiamato a tutela della “razionalità interna del contratto”251.

La terza accezione, quella distributiva, è quella che risulta maggiormente rilevante nel dibattito giuridico attuale e quella che si presta ad un dialogo più articolato con la libertà contrattuale. In questa prospettiva la valorizzazione di istanze sociali non implica necessariamente una diminuzione della libertà contrattuale, ma semmai una diversa distribuzione, appunto, della stessa.

Tale configurazione si presta ad una riconsiderazione dello stesso soggetto, attore del mercato, il quale richiede di assumere una caratterizzazione più specifica rispetto a quella offerta dalla definizione astratta di individuo egoista, razionale, dotato di intelletto e volontà. La persona deve essere presa in considerazione con le sue specificità materiali, sociali, psicofisiche. Solo tenendo conto di tali elemnti

250

G. Smorto, La giustizia contrattuale. Contributo alla definizione di un concetto, in G. Tarello (fond.), Materiali per una storia della cultura giuridica, Il Mulino, 2008, 221.

251

103 può essere valutato quanto sia effettivamente libera e consapevole la scelta del contraente252. Grazie anche alle suggestioni provenienti dalle dottrine di

behavioral law and economics inizia ad avvertirsi con sempre maggior forza la

necessità di condurre un’analisi delle dinamiche contrattuali che sia il più possibile aderente alla realtà, soprattutto per quanto riguarda l’effettiva formazione della volontà e le reali informazioni in possesso dei soggetti economici. Ovviamente ciò implica una precisa scelta in termini di politica del diritto, poiché significa dare maggior rilievo alle istanze di flessibilità e puntuale corrispondenza alla realtà, piuttosto che a quelle di certezza.

A fronte di una tesi classica che riteneva le esigenze redistributive estranee al diritto privato, si è poi sviluppato un orientamento teso ad ammettere forme di ridistribuzione inquadrabili in una logica di efficienza. Assunto di base è che il diritto contrattuale e il diritto rispondente alle istanze sociali non devono considerarsi come due sfere distinte che solo occasionalmente si incontrano. Le dottrine di Critical legal studies sottolineano in proposito l’artificiosità di una presunta contrapposizione tra un diritto “tecnico” e un diritto “politico”, espressione l’uno di coerenza, di intrinseca logicità, di individualismo e del potere della volontà, e l’altro, invece, un diritto incoerente, irrazionale e strumentale, che incarna l’interesse pubblico e trova espressione per lo più dalla legislazione speciale.

L’attuale fase storica vede, secondo la prospettiva da ultimo delineata, un progressivo superamento della contrapposizione tra pubblico e privato253, e si presta a soluzioni dei problemi giuridici che sono il frutto di bilanciamento tra principi e giudizi di valore254.

Pur non potendosene negare la rilevanza, assume carattere ancora marginale l’ultima accezione di giustizia, quella volta a configurarla come veicolo di valori e di principi morali all’interno della materia contrattuale; la scarsa attenzione a questa declinazione, pur degna di nota, può essere principalmente imputata a due

252

Cfr. G. Smorto, La giustizia contrattuale. Contributo alla definizione di un concetto, cit.

253

D. Kennedy, The Stage of the Decline of the Public/Private Distinction, in University of Pennsylvania Law Review, 1982, 1349.

254

104 fattori: l’insufficiente uniformità sul piano etico dei vari ordinamenti giuridici e la fiducia incondizionata nel mercato.

Come si è già cercato di mettere in luce, si può tuttavia osservare che l’ordinamento europeo sembra oggi contraddistinguersi per un impianto valoriale teso ad assicurare un ruolo sempre più rilevante alla persona, individuando il punto di partenza di tale processo nelle tradizioni costituzionali comuni, con l’intento di raggiungere un elevato grado di omogeneità.

Quanto al secondo profilo, pur a fronte della crisi del mito liberista, vi è ancora la tendenza latente a far coincidere utilità sociale e libertà contrattuale. Salvo non si producano esternalità negative e non si ponga dunque un problema di tutela dei terzi, si ritiene che le parti, attraverso la libera negoziazione, siano in grado di giungere al risultato più vantaggioso per ciascuna, concludendo un contratto che risulterà al tempo stesso corrispondente alle esigenze di equità e di socialità255. Un intervento pubblico volto a “sovrapporre un diverso piano di valori a quello che i titolari degli interessi in gioco hanno scelto in vista dei loro progetti personali e dei calcoli di utilità di volta in volta ipotizzati” viene percepito come inconciliabile con il concetto stesso di autonomia privata256. Eppure, la crisi dell’impianto liberista ha gettato un pesante dubbio sulla presunta corrispondenza tra un concorde volere delle parti ed un equilibrato assetto di interessi257.

Perché il contratto possa essere esso stesso artefice di giustizia è necessario che le parti che lo stipulano si trovino su un piano di eguaglianza, non solo formale, ma anche materiale, in termini di bagaglio conoscitivo/informativo e di potere contrattuale.

Nell’attuale sistema economico la libera scelta delle parti, nel senso di soggetti posti nelle stesse condizioni di partenza è spesso un’utopia e il contratto non può più pertanto porsi su un piano di autoreferenzialità laddove pretenda di farsi portatore di giustizia.

255

R. Sacco, Obbligazioni e contratti, cit., 366.

256

G. Marini, Ingiustizia dello scambio e lesione contrattuale, in Rivista critica del diritto privato, 1986, 288.

257

I. L. Nocera, Buona fede e art. 41 Cost.: alla ricerca di un diritto contrattuale “giusto”, in Ianus, 2011, 169 ss.

105 Lo stesso è sempre più influenzato da una serie di fenomeni che rischiano di causarne distorsioni tali per cui il contraente, pur avendo accesso al contratto, non ha accesso al mercato258. Il legislatore comunitario e nazionale sono chiamati pertanto ad intervenire rispetto alla presenza di gaps conoscitivi, clausole predisposte o vessatorie, monopoli, oligopoli, intese, cartelli, abusi.

Tali profili normativi pongono il problema della giustizia contrattuale non tanto o non solo a livello di contenuto del contratto, quanto di accesso alla negoziazione e, in particolare, ad una negoziazione libera, idonea cioè a garantire a ciascuna parte la possibilità di perseguire il proprio interesse nel mercato.

Tale problematica può essere affrontata sia sotto il profilo concorrenziale che in relazione ai diritti e alle posizioni sociali. Il primo aspetto ha già trovato riconoscimento da parte del legislatore, richiedono invece un’attenta analisi quelle situazioni che non appaiono riconducibili ad una razionalità economica, ma al “capriccio” del singolo e sono tuttavia idonee a far sì che determinate categorie di soggetti, pur avendone la capacità, si vedano preclusa la possibilità di instaurare delle negoziazioni effettive, risultando così estromesse da un particolare settore del mercato.

Le pratiche di esclusione per ragioni discriminatorie rendono tangibile l’importanza della questione, soprattutto laddove ad essere intaccati non sono i contratti volti a perseguire un profitto, ma quelli diretti a soddisfare un bisogno umano fondamentale attraverso un determinato bene, dai quali cioè deriva un coinvolgimento immediato del diritto al libero svolgimento della personalità umana. La casistica introduttiva offre sufficienti esempi in proposito, ma al fine di ampliare il ragionamento può essere utile l’ipotesi prospettata da Navarretta in relazione al bene casa. Il caso è quello in cui tutti i proprietari di case di una zona circoscritta, caratterizzata dal fatto di consentire una facile raggiungibilità del posto di lavoro, si rifiutino di stipulare contratti individuali di locazione con determinati soggetti per la medesima ragione discriminatoria259.

258

R. Sacco, Obbligazioni e contratti, cit., 370.

259

E. Navarretta, Principio di eguaglianza, principio di non discriminazione e contratto, cit., 562.

106 In ipotesi di questo tipo non vi è in assoluto l’impossibilità di stipulare un contratto, ma di accedere ad un determinato mercato. La questione di giustizia e contratto torna allora a riemergere sul piano valoriale e può trovare risposta attraverso i principi sanciti a livello costituzionale e della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea.

Un ruolo centrale in tale prospettiva potrà sicuramente essere assegnato alla buona fede e alla dignità, entrambe ampiamente richiamate dalla giurisprudenza, non solo nazionale ma anche europea, proprio con riferimento alla regolazione delle dinamiche contrattuali. L’approccio alla giustizia contrattuale come veicolo di valori, pur essendo quello meno tecnico e più moralmente connotato, appare il più neutro sul piano delle scelte di politica del diritto. Questo approccio, infatti, rispetto a quello precedentemente considerato sfugge alle critiche di quella parte della dottrina che attribuisce alla giustizia distributiva una carattere fittizio. Il riferimento è alle dottrine marxiste, le quali sottolineano come una giustizia che avviene attraverso meccanismi di redistribuzione non fa che confermare i rapporti di dominanza, proprio quelli su cui la giustizia dovrebbe eventualmente intervenire260.

a)

Giustizia contrattuale e buona fede

La promulgazione della Carta costituzionale si colloca in quella che è stata definita come la fase sociale del processo politico-giuridico. In questo contesto il contratto viene progressivamente affrancato da un’idea di assoluto individualismo per collegarsi a quella di utilità e solidarietà sociale.

Al tempo stesso assume un ruolo centrale la buona fede, riconosciuta sia come principio generale che come canone di correttezza, nonché come criterio di riferimento per il giudice nell’individuazione della regola applicabile alla fattispecie concreta261. Essa si pone allora non solo come strumento di valutazione

260

Nella prospettiva del marxismo più radicale l’unico strumento per affrontare il problema della giustizia è rappresentato dall’intervento nei rapporti di dominanza e conseguentemente di quelli di produzione: solo la socializzazione di quest’ultimi consentirebbe l’eguaglianza e quindi una giustizia effettiva. G. Smorto, La giustizia contrattuale. Contributo alla definizione di un

concetto, cit., 237-238.

261

107 del comportamento, ma anche come parametro per verificare se l’esercizio del diritto sia stato coerente con le esigenze che l’ordinamento intende perseguire262

. Assume in tal modo un fondamentale ruolo di connessione tra il mercato e le istanze sociali, solidaristiche; consentendo altresì di attenuare le conseguenze pregiudizievoli che possono derivare dai fallimenti del mercato.

Tale principio è stato accolto in pressoché tutti gli ordinamenti come veicolo di eguaglianza sostanziale, da cui ricavare un diritto contrattuale conflittuale e solidale, pur senza necessariamente attribuirgli una valenza morale263.

I valori costituzionali vanno progressivamente ad influenzare, senza necessariamente conformare, i rapporti tra i privati e la buona fede rappresenta proprio lo strumento attraverso il quale rendere possibile questa connessione264. Tale influenza determina un continuo bilanciamento tra la libertà contrattuale da un lato e la tutela dei diritti e il perseguimento della giustizia sociale dall’altro. Ciò non implica necessariamente un pregiudizio per la libera determinazione dei contraenti, ma rende possibile la verifica di una corrispondenza ai canoni di correttezza e proporzionalità265.

Alla luce di una lettura costituzionalmente orientata, la buona fede si pone come limite della dinamica negoziale con la funzione di perseguire istanze di giustizia contrattuale. Da mera disciplina degli interessi individuali, il contratto diviene attraverso la buona fede lo strumento per la realizzazione di fini ulteriori rispetto a quelli che lo hanno classicamente contraddistinto, diviene esso stesso portatore di istanze solidaristiche; proprio in relazione a come tali obiettivi sono stati perseguiti viene misurata la meritevolezza cui si fa riferimento all’art. 1322, comma 2, c.c.266.

Vari autori hanno iniziato a parlare di “nuovo diritto dei contratti”, proprio per sottolinearne una nuova veste rispetto a quella tipica dell’individualismo, permeabile alle istanze di solidarietà sociale e ai valori costituzionali. Il che non

262

G. Villanacci, Autonomia privata e buona fede nella complessa relazione evolutiva con la

normativa consumeristica, in Contratto e impresa, 2013, 919 ss.

263

I. L. Nocera, Buona fede e art. 41 Cost.: alla ricerca di un diritto contrattuale “giusto”, cit.

264

G. Villanacci, Autonomia privata e buona fede nella complessa relazione evolutiva con la

normativa consumeristica, Cit.

265

Ibidem.

266

108 significa negare il mercato come luogo in cui il singolo persegue il proprio interesse economico; i due piani si fondono, anche perché, come è stato osservato, la giustizia contrattuale, incrementando la fiducia nel contratto, diviene a sua volta un “potente fattore di sviluppo economico”267.

Pur assicurando all’individuo la possibilità di autoregolamentare i propri interessi, l’ordinamento si riserva un potere di controllo volto a verificare che l’autonomia privata non sia esercitata in contrasto con il presupposto della meritevolezza268. Ciò non deve indurre a sovrapporre i concetti di giustizia ed equità, essendo “la possibile iniquità dei singoli contratti il costo consapevole della libertà negoziale”269

. Tuttavia, l’iniquità del contratto dovrà essere oggetto di analisi, al fine di verificare se la sproporzione delle prestazioni sia giustificata da un interesse meritevole di tutela270.

Con riferimento alla giustizia, la buona fede non è necessariamente quella contrattuale, espressamente prescritta dalle disposizioni del codice civile, la quale dà per presupposta la parità delle parti; il riferimento è invece ad un concetto ampio, relativo alle modalità di esercizio del diritto e che si collega ad istanze solidaristiche e di meritevolezza271.

L’intento di perseguire la giustizia contrattuale e di rimuovere gli squilibri contrattuali attraverso il ricorso al principio della buona fede risulta tuttavia problematico sul piano rimediale. La violazione della stessa, infatti, non viene ritenuta sufficiente ad invalidare il contratto, ma solo a determinare un risarcimento del danno, poiché strettamente connessa alle specificità del caso concreto272.

267

F. Galgano, Qui suo iure abutitur neminem laedit?, in Contratto e impresa, 2011, 311 ss.

268

G. Villanacci, Autonomia privata e buona fede nella complessa relazione evolutiva con la

normativa consumeristica, Cit.

Nel documento Il rifiuto abusivo di contrarre (pagine 100-113)