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UCNS

17

16

3 (18,7%)

6 (37,5%)

3 (18,7%)

4 (25%)

1

UCNS + psoas hitch

28

26

3 (11,5%)

11 (42,3%)

3 (11,5%)

10 (38,5%)

2

UUS

14

10

2 (20%)

4 (40%)

/

1 (10%)

4

Ureterocalicostomia

3

3

1 (33,3%)

3 (100%)

/

/

/

Monti-Yang

1

1

/

1 (100%)

/

/

/

Totale

63

56

9 (16%)

25 (44,6%)

6 (10,7%)

15 (26,8%)

7

Pazienti

totali

Reinterventi

Stenosi

recidive

Recidive

neoplastiche

Nefrectomie

UCNS

17

4 (23,5%)

2 (11,75%)

2 (11,75%)

(1) (5,9%)

UCNS + psoas hitch

28

5 (17,8%)

3 (10,7%)

2 (7,1%)

(1) (3,5%)

UUS

14

2 (14,3%)

1 (7,15%)

1 (7,15%)

/

Ureterocalicostomia

3

/

/

/

/

Monti-Yang

1

1 (100%)

1

/

/

Totale

63

12 (19%)

7 (11,1%)

5 (7,9%)

2 (3,2%)

5. DISCUSSIONE

Numerose condizioni cliniche, come tumori, lesioni iatrogene, traumi, fibrosi retroperitoneale, infiammazioni croniche, calcolosi, necrosi e accorciamento dell’uretere dopo trapianto renale possono causare differenti tipologie di lesioni ureterali4546.

Con il sempre maggior utilizzo di procedure endourologiche mini invasive (uretroscopie, PCNL), e di chirurgia ginecologica ed oncologica laparoscopica e robot-assistita, l’incidenza di lesioni iatrogene é aumentata ed esse rappresentano la seconda causa nella nostra casistica.

In caso di danni ureterali l’obiettivo è risolvere la causa dell’ostruzione al deflusso urinario il più precocemente possibile, al fine di evitare danni renali a monte.

La riparazione e la ricostruzione di lesioni che coinvolgono ampi segmenti dell’uretere hanno da sempre costituito un problema urologico.

Ciascuna delle tecniche chirurgiche ricostruttive, dalle più semplici alle più complesse, può essere utilizzata per trattare diversi tipi di patologie che colpiscono l’uretere, quindi le due caratteristiche fondamentali che fanno sì che il chirurgo possa preferire un intervento chirurgico a favore di un altro sono la sede anatomica interessata (uretere prossimale, medio o distale) e la lunghezza del segmento ureterale coinvolto dal processo patologico.

Vanno altresì prese in considerazione la natura dell’ostruzione (ovviamente una lesione neoplastica dovrà richiedere margini liberi e quindi resezioni maggiori rispetto a una stenosi flogistica) e la presenza di lesioni associate.

Inoltre la complessità dell’intervento aumenta in caso di reinterventi, dove l’intensa fibrosi dei tessuti già operati o esito di fistole, può essere sottostimata dalle indagini di imaging pre-operatorie e palesarsi al momento dell’atto chirurgico.

L’esecuzione di questa chirurgia ricostruttiva, spesso complessa, richiede pertanto una notevole capacità di adattamento da parte dell'urologo, che può dover cambiare strategia rispetto al previsto in base al quadro patologico che si trova davanti in sede operatoria.

Le lesioni ureterali semplici possono essere gestite con successo per via endoscopica, le più complesse e quelle refrattarie ad un approccio endoscopico richiedono una riparazione chirurgica a cielo aperto.

Qualora il gap ureterale da vicariare sia breve, l’intervento di scelta é una ureterectomia segmentale con successiva anastomosi diretta. Soltanto resezioni ureterali brevi possono essere seguite da anastomosi termino-terminali, in quanto la tensione sull’anastomosi porta quasi sempre alla formazione di una re-stenosi.

Un tratto patologico che coinvolge l'uretere prossimale o medio può essere trattato con uretero-ureteroanastomosi, mentre l’intervento di uretero-cistoneostomia viene eseguito quando il gap ureterale patologico risulta essere a carico dell’uretere distale e di limitata entità.

Qualsiasi sia il livello dell’anastomosi, il concetto “tension-free” è un requisito fondamentale per una riuscita positiva dell’intervento, evitando complicanze quali ischemia dei monconi e re-stenosi dell’anastomosi. Ulteriori accorgimenti per ridurre il rischio di danno ischemico sono l’utilizzo di fili di sutura di calibro sottile, l’esecuzione di anastomosi confezionate su monconi precedentemente spatolati e un’anastomosi mucosa-mucosa per avere una maggiore tenuta dell’anastomosi, evitare la fuoriuscita di urina e la conseguente fibrosi.

Le linee guida del National Comprehensive Cancer Network sostengono l’uso dell’ureterectomia segmentale con successiva UCNS in pazienti selezionati con neoplasie ureterali di basso-medio grado a carico dell’uretere distale47.

Sebbene il trattamento di scelta per le neoplasie dell’uretere distale secondo l’European Urological Association sia ancora considerato la nefro-ureterectomia con escissione di pastiglia vescicale48, nella pratica clinica questo é oggi controverso e dati recenti in letteratura mostrano che l’ureterectomia segmentale non comporta un peggiore controllo della neoplasia rispetto alla nefroureterectomia.

Il beneficio dell’ureterectomia segmentale é rappresentato da una ridotta invasività, una minore morbilità e soprattutto una preservazione di tessuto renale, che svolge un ruolo protettivo circa la mortalità non cancro correlata49.

Nella nostra esperienza le il tasso di recidive globalmente considerate varia dal 14,3 al 23,5%, ma valutando solo le stenosi funzionali come espressione di insuccesso,

questo si riduce al 7,15-11,75%. La percentuale di algia lombare cronica in questi due gruppi di pazienti risulta sovrapponibile (18,7% nel gruppo UCNS e 20% nel gruppo UUS), così come la percentuale di infezioni urinarie recidivanti (37,5% nel gruppo UCNS e 40% nel gruppo UUS).

Quando il gap ureterale è superiore ai 60-100 mm, solitamente si preferisce mobilizzare la vescica verso l’alto ed ancorarla al muscolo psoas (psoas hitch). La preservazione della continuità uroteliale con anastomosi tension-free dovrebbe essere tentata sempre nella chirurgia ricostruttiva dell’uretere, dal momento che ha dimostrato di essere superiore alla sostituzione ureterale50, e la mobilizzazione della vescica rappresenta la soluzione più logica per colmare difetti dell’uretere distale. Il reimpianto ureterale con tecnica psoas hitch ha mantenuto nel tempo un buon tasso di successo, confermato da recenti studi nell’adulto20 51. Alcuni dettagli tecnici sono ancora dibattuti, come l’utilizzo di fili non riassorbibili per ancorare la vescica al muscolo psoas e l’utilizzo di tecniche antireflusso per confezionare l’anastomosi vescico-ureterale, considerata sicura dalla maggior parte degli autori, ma non universalmente condivisa20. Nella nostra esperienza, la tecnica antireflusso split-cuff, che consiste nel confezionamento di un nipple dell’uretere terminale per una lunghezza doppia rispetto al suo diametro, è risultata tecnicamente semplice, non causa eccessiva perdita di lunghezza dell’uretere né ostruzione a lungo termine52. Quando il reimpianto ureterale è eseguito dopo ureterectomia distale per neoplasia uroteliale, lo split-cuff facilita le ureteroscopie di follow-up. Nella nostra esperienza, abbiamo registrato un 10,7% di stenosi recidive con un 17,8% di reinterventi; i risultati funzionali a lungo termine hanno mostrato 3 casi (11,5%) di dolore lombare intermittente, la cui eziologia non è del tutto chiara. Non abbiamo invece documentato casi di dolore “da sindrome dello psoas”, che si verifica quando il nervo genito-femorale rimane intrappolato, in particolare da suture con fili non riassorbibili. Altresì non abbiamo riscontrato casi di disfunzione vescicale e a tal proposito riteniamo che una buona mobilizzazione della cupola vescicale consenta un’adeguata distribuzione della tensione con conseguente efficienza contrattile del detrusore in fase di svuotamento.

Recentemente è stata riportata la fattibilità di un reimpianto ureterale con psoas hitch laparoscopico robot assistito53 54 55, ed è probabile che l’utilizzo di questo accesso aumenterà nel prossimo futuro, in quanto consente di superare in parte le difficoltà tecniche di confezionamento laparoscopico di un reimpianto ureterale con tecnica anti-reflusso.

L’uretero-calicostomia eseguita al polo inferiore del rene è una procedura utilizzata per la riparazione di lesioni a livello della giunzione uretero-pelvica quando l’accesso alla pelvi renale risulta difficoltoso per la presenza di processi infiammatori peripielici, fibrosi o danno ischemico. L'anastomosi dell’uretere al tessuto caliceale sano per ricostruire la continuità uroteliale permette il libero drenaggio dell’urina e può portare a migliorare i risultati postoperatori.

Nella nostra limitata casistica (3 casi), nessuna paziente è stata sottoposta a re- intervento, una presenta algia lombare cronica mentre tutte e tre lamentano infezioni recidivanti.

L’impiego di una ansa ileale per il trattamento di lunghe lesioni ureterali è noto da decenni, ma l’utilizzo del piccolo intestino per la ricostruzione di una parte del tratto urinario è stato ampiamente criticato. Il reflusso ad alta pressione associato alla creazione di un uretere ileale potrebbe condurre ad uno scompenso del tratto ileale con conseguente dilatazione e allungamento. Un segmento di intestino ileale con ridotta capacità drenante può condurre ad aumentato rischio di acidosi metabolica ipercloremica, formazione di calcoli, infezioni e aumento dell’azotemia56. Le complicanze metaboliche sono rare in pazienti con normali capacità di svuotamento, bassa pressione intravescicale e normale funzione del rene controlaterale: questo sembra essere il più importante fattore nella prevenzione del deterioramento della funzione renale o di alterazioni metaboliche. Per contro i sostenitori dell’uretere ileale attribuiscono gli infrequenti sviluppi di complicanze elettrolitiche alla progressiva riduzione della capacità assorbitiva di tali segmenti intestinali, che si sviluppa nel tempo a causa dell’atrofia dei villi575859.

Una valida alternativa per ovviare alle problematiche attribuite ai criteri assorbenti e secernenti del segmento ileale coinvolto (acidosi metabolica ipercloremica,

produzione di muco in eccesso, dilatazione progressiva, ostruzione funzionale)6061 è rappresentata dalla tecnica di Monti-Yang come modifica dell'originale impiego di un’ansa ileale integra, che consiste nella ricostruzione di un condotto di calibro ridotto partendo da un breve segmento intestinale riconfigurato.

La lunghezza del tubo ileale va regolata sulla base del difetto ureterale da colmare, non troppo breve in modo da consentire anastomosi tension-free, né troppo lunga con conseguente ridondanza tessutale e ostruzione funzionale.

L’assenza di disturbi metabolici può essere spiegata da una corretta selezione dei pazienti (creatinina sierica < 1,8 mg/dL), riduzione della dimensione dell’area assorbente e l’esecuzione di un’anastomosi antireflusso del tubo ileale riconfigurato, in modo da ridurre il contatto dell'urina con la mucosa ileale.

La preoccupazione della perdita dei movimenti peristaltici del tubo intestinale dovuti alla riconfigurazione (trasformazione longitudinale di fibre muscolari trasversale e viceversa) non ha conferme da studi di imaging dinamici, dove è stato dimostrato che vi è un flusso unidirezionale di urina, con la conservazione della capacità peristaltica. La tecnica di tubularizzazione trasversale dei segmenti ileali è efficiente, relativamente facile da eseguire, con bassa morbilità, capace di sostituire ampie perdite ureterali, ed è superiore all'uso di segmenti ileali naturali.

Nella nostra unica esperienza, la paziente sottoposta alla sostituzione ileale con tecnica di Monti-Yang, è stata rioperata presso altro centro dopo tre anni, con asportazione del tessuto ileale, per sospetta recidiva neoplastica non confermata e posizionamento di catetere nefrostomico a permanenza. Riteniamo tale intervento non definibile come insuccesso, in quanto non si trattava né di una vera e propria stenosi recidiva né di una stenosi neoplastica.

Da un punto di vista generale, pertanto, quando si parla di chirurgia ricostruttiva/sostitutiva dell’uretere, i materiali e i metodi utilizzati dovrebbero essere sottoposti a criteri severi, ovvero:

1) é sempre preferibile utilizzare l’apparato urinario nativo

2) qualora l’urotelio nativo reperibile non sia sufficiente, si può ricorrere al tessuto ileale: la tubularizzazione trasversale (tecnica di Monti-Yang) è migliore dei segmenti ileali non riconfigurati

2) la ricostruzione ureterale dovrebbe consentire un certo grado di peristalsi anterograda per prevenire il reflusso

3) la ricostruzione ureterale dovrebbe essere tension-free ed avere un’adeguata vascolarizzazione per nutrire il neouretere, prevenendo così ischemia e necrosi postoperatorie

4) l’incidenza di complicanze, come i calcoli urinari, re-stenosi, accumulo di fluidi nel tratto ureterale prossimale, e disturbi elettrolitici, dovrebbe essere bassa

5) la chirurgia dovrebbe essere semplice, efficace ed eseguibile in situazioni di emergenza62

6. CONCLUSIONI

La chirurgia ricostruttiva dell’uretere è finalizzata alla correzione del danno funzionale o organico indotto da diverse patologie, per garantire l’integrità funzionale dell’uretere, prerequisito indispensabile per il mantenimento della funzionalità renale.

In particolare nel nostro studio abbiamo analizzato i risultati della chirurgia ricostruttiva dell’uretere nell’adulto per patologie acquisite, quali stenosi neoplastiche, iatrogene, litiasi ecc.

Le conoscenze degli aspetti funzionali ed anatomici dell’uretere e il miglioramento delle tecniche di imaging hanno permesso di consolidare procedure chirurgiche sicure e risolutive e minimizzare le complicanze.

Questo tipo di chirurgia si è confermata una chirurgia consolidata, affidabile ed efficace, caratterizzata da buoni risultati ed una bassa morbilità.

Se consideriamo la percentuale di re-intervento a livello dell’anastomosi, questa si è verificata in 12 pazienti (19%), ma se scegliamo le sole stenosi recidive come espressione di insuccesso, tale percentuale scende al 11,1% facendo salire il successo della chirurgia ricostruttiva dell’uretere nella nostra esperienza all’88,9%

In termini di preservazione della funzionalità renale a lungo termine è stata del 71% (40 pazienti), con un 29% (16 pazienti) che hanno sviluppato, negli anni, un peggioramento della funzione renale.

Dalla nostra casistica e dalla revisione della letteratura, emerge chiaramente come sia sempre da preferire ripristinare la continuità dell’urotelio interponendo tessuto uroteliale nativo piuttosto che interporre altri tipi di tessuto. L’utilizzo di tessuto intestinale ileale, per ricostruire l’uretere risulta più fisiologico a sinistra, dove l’ansa isolata è isoperistaltica, che a destra, dove è anti-peristaltica; comunque tali “uretere ileali” vanno incontro col tempo a enormi dilatazioni, conseguente insufficienza propulsiva del bolo urinario, stasi urinaria a monte e danno renale.

L’intervento di Monti-Yang, riducendo il calibro del segmento intestinale riduce le complicanze dilatative e metaboliche. Tali tecniche chirurgiche possono essere utilizzate anche con accessi meno invasivi e attualmente sono in corso numerosi

laparoscopici e robot-assistiti. I primi risultati finora ottenuti fanno presupporre che in mani esperte, tali interventi possano avere gli stessi risultati, tuttavia al momento mancano studi su grandi numeri.

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