• Non ci sono risultati.

Tra il novembre 2000 e l’aprile 2014, presso l’Unità Operativa dell’Urologia Universitaria dell’Azienda Ospedaliero-Universitaria Pisana, sono stati sottoposti a interventi per patologia ureterale acquisita 63 pazienti, di cui 31 maschi e 32 femmine di età media 58,1 anni (range 21-85).

Di questi 63 pazienti:

• 17 pazienti (27%) sono stati sottoposti a UCNS senza tecnica psoas hitch • 28 pazienti (44,4%) sono stati sottoposti a UCNS con tecnica psoas hitch • 14 pazienti (22,2%) sono sottoposti a UUS

• 3 pazienti (4,8%) sono stati sottoposti a uretero- e uretero-pielo- calicostomia

• 1 (1,6%) paziente è stato sottoposto a sostituzione ileale dell’uretere (Monti-Yang)

UCNS senza psoas hitch UCNS con psoas hitch Ureteroure terostomia Ureterocalicostomia M onti-Yang

Le condizioni cliniche per le quali è stato eseguito l’intervento di chirurgia ricostruttiva dell’uretere sono state:

• patologia neoplastica (24 pazienti – 38,1%) • patologia litiasica (8 pazienti – 12,7%) • lesioni iatrogene (14 pazienti – 22,2%) • endometriosi (3 pazienti – 4,8%) • RT pelvica (1 paziente – 1,6%)

• fibrosi retro peritoneale (2 pazienti – 3,2%) • altro (11 pazienti – 17,4%)

L’intervento di UCNS senza psoas hitch è stato utilizzato per correggere lesioni ureterali di lunghezza compresa tra i 35 e 50 mm, localizzate a livello del terzo medio e del terzo distale dell’uretere.

Questo tipo di intervento è stato effettuato in 17 pazienti di cui 13 uomini e in 4 donne. In queste ultime era stato lesionato l’uretere in corso di intervento di chirurgia pelvica ginecologica (isterectomia o isteroannessiectomia).

In tutte queste pazienti è stata effettuata una plastica antireflusso con metodica split- cuff.

Questo tipo di intervento si è reso necessario anche in 10 pazienti portatori di neoplasia ureterale. In due di questi pazienti con neoplasia uroteliale unifocale protrudente dal meato ureterale è stato effettuato un reimpianto diretto senza plastica antireflusso, mentre in un altro è stata effettuata una plastica antireflusso secondo Politano-Leadbetter.

Nei restanti pazienti è stata effettuata una plastica antireflusso con metodica split- cuff.

L’intervento è stato eseguito anche in 2 pazienti che presentavano una stenosi non neoplastica dell’uretere e in un paziente con calcolosi urinaria.

L’intervento di UCNS con ancoraggio della vescica al muscolo psoas (tecnica “bladder psoas hitch), è stato utilizzato per correggere lesioni ureterali di lunghezza compresa tra 60 e 100 mm, localizzate a livello del terzo distale dell’uretere.

Un paziente ha effettuato un reimpianto uretero-vescicale diretto, senza tecnica antireflusso.

Due pazienti hanno effettuato un intervento di bladder psoas hitch con reimpianto antireflusso secondo Politano-Leadbetter: un paziente che aveva presentato una stenosi recidiva a livello dell’anastomosi uretero-vescicale del precedente intervento di UCNS bilaterale e una paziente affetta da neoplasia uroteliale dell’uretere terminale.

L’intervento di plastica antireflusso split-cuff è stato utilizzato per trattare il restante numero dei pazienti.

L’intervento di resezione e reimpianto ureterale con psoas hitch si è reso necessario in 9 pazienti trattate precedentemente per chirurgia pelvica ginecologica.

Inoltre, 2 pazienti avevano patologia endometriosica, che era stata causa della una stenosi ureterale per la quale sono state poi trattate.

In 8 casi è stato necessario effettuare una resezione e reimpianto dell’uretere terminale in pazienti portatori di carcinoma a cellule transizionali.

In 8 casi è stato indicato l’intervento di psoas hitch per patologie flogistiche croniche che sono state poi responsabili di una stenosi fibrotica dell’uretere.

Solo in un caso il restringimento dell’uretere è insorto dopo radioterapia pelvica esterna per carcinoma endometriale.

L’intervento di UUS è stato eseguito per correggere lesioni ureterali di lunghezza compresa tra i 20 e i 35 mm localizzate a livello del terzo prossimale e del terzo medio dell’uretere.

Questo intervento è stato eseguito su 14 pazienti, di cui 9 uomini e 5 donne.

L’indicazione all’intervento è stata posta in: 2 pazienti per resecare tratti stenotici di uretere indotti da estensione del processo fibrosante all’uretere per fibrosi retro peritoneale e in 5 pazienti affetti da lesione focale di estensione inferiore al centimetro in pazienti neoplasia uroteliale.

L’indicazione all’intervento di uretero-ureterostomia è stata posta anche in 4 pazienti i cui esiti della stenosi erano dovuti alla presenza di calcoli.

L’intervento di uretero-ureterostomia è reso necessario in una paziente in cui è stata effettuata una lesione dell’uretere durante un intervento di chirurgia pelvica ginecologica.

Una paziente ha sviluppato una stenosi ureterale a causa di patologia endometriosica. Infine, l’intervento di UUS si è reso necessario in un paziente con patologia stenosante dell’uretere non neoplastica.

L’intervento di uretero-calicostomia è stato eseguito in 3 pazienti per trattare processi fibrotici localizzati nella porzione prossimale dell’uretere indotti da patologia litiasica o per insuccesso di pieloplastica. In tutte tre le pazienti si è resa necessaria anche una nefropessi inferiore.

In un caso il processo fibrotico si è esteso anche alla porzione sottogiuntale ed è stato effettuato un intervento di uretero-pielo-calicostomia.

Le 3 pazienti che hanno effettuato questi tipi di interventi sono tutte di sesso femminile.

Nessuna delle tre ha avuto complicanze a breve termine.

Una delle tre aveva effettuato due volte un intervento di pieloplastica per stenosi del giunto ed è stata da noi sottoposta ad una uretero-calicostomia.

Nella nostra casistica infine abbiamo una paziente operata nel 2007 (follow- up di 78 mesi), la quale ha effettuato in quell’anno un intervento di isteroannessiectomia secondo Wertheim per carcinoma dell’endometrio è stata trattata con radioterapia.

L’intervento di Wertheim consiste in isterectomia radicale con asportazione dell’utero, delle tube ovariche, delle strutture parametriali, dei tessuti circostanti alla porzione alta della vagina e dei linfonodi pelvici.

La paziente aveva sviluppato monolateralmente un processo fibrotico a carico dell’uretere responsabile dello sviluppo di un tratto stenotico esteso per circa 80 mm. La paziente è stata quindi trattata con ureteroplastica ileale secondo la tecnica di Monti-Yang, utilizzando 3 tratti ileali isolati ciascuno lungo circa 2-3 cm, sezionati sul versante antimesenterico e riconfigurati sull’asse longitudinale.

È stata confezionata poi a livello prossimale una anastomosi uretero-ileale e a livello distale una anastomosi ileo-vescicale con tecnica antireflusso split-cuff.

Diagnostica

Le indagini di imaging che hanno permesso l’identificazione della patologia nel paziente asintomatico o l’approfondimento diagnostico in pazienti con segni e/o sintomi suggestivi di una patologia del tratto urinario a cui sono stati sottoposti i pazienti nel nostro studio sono ultrasonografiche, radiologiche e endoscopiche. L’indagine ultrasonografica è stata eseguita precedentemente e successivamente all’intervento chirurgico nella totalità dei pazienti inclusi nel nostro studio poiché rappresenta un’indagine non invasiva, ripetibile, a basso costo e, essendo una indagine operatore-dipendente, il follow-up del paziente comprende controlli periodici eseguiti preferibilmente dallo stesso operatore.

L’ecografia costituisce quindi l’indagine di primo livello che, associata ai segni e sintomi del paziente, consente di porre il sospetto di malattia da approfondire con indagini radiologiche più invasive quali Uro-TC (urografia endovenosa), pielografia ascendente e discendente.

Tra le indagini radiografiche per l’identificazione di una ostruzione del tratto pielo- caliceale la più utilizzata è l’Uro-TC (urografia endovenosa).

Nei pazienti presi in considerazione la presenza di una lesione ureterale è stata documentata tramite indagini ecografiche e TC, mentre la scintigrafia sequenziale è stata utilizzata nei casi di presunta ipofunzionalità renale.

Nei pazienti con patologia tumorale è stato richiesto il monitoraggio della funzionalità renale ed il controllo ecografico semestrale, l’esame citologico urinario e cistoscopia ogni 3-6 mesi nei primi 2 anni e completamento diagnostico con esame Uro-TC a 6-12 mesi.

I pazienti affetti da neoplasia benigna sono stati sottoposti a monitoraggio della funzionalità renale e controllo ecografico semestrale.

Raccolta dei dati e del follow-up

La raccolta retrospettiva dei dati clinici è stata effettuata mediante analisi dei registri operatori e revisione delle cartelle cliniche dei pazienti inclusi nello studio.

chirurgico di interesse, il decorso postoperatorio e le eventuali complicanze intra e perioperatorie.

Il follow-up a lungo termine dei pazienti è stato effettuato mediante intervista telefonica. L’intervista telefonica è stata finalizzata a documentare o meno la presenza di complicanze a lungo termine dovute alla patologia o legate alla procedura chirurgica e valutarne la ripercussione sulla sopravvivenza dei pazienti e sullo stato generale del paziente, la presenza di algia lombare cronica, episodi di pielonefrite, infezione delle vie urinarie, gli eventuali reinterventi e le loro motivazioni, e la valutazione della funzione renale residua.

Nella raccolta dei dati l’indice che abbiamo preso in considerazione per valutare la funzionalità renale è stato la creatininemia, pur considerando che nella valutazione dei pazienti con un lungo follow-up (nel nostro studio in alcuni casi decennale), le cause che possono aver determinato una progressione del danno renale possono non essere necessariamente legate alla patologia ureterale, ma ad esempio legate allo sviluppo di diabete mellito tipo 2 e/o l’ipertensione arteriosa, patologie che tendono ad insorgere o ad aggravarsi con il progredire dell’età.

Il dato della creatininemia trova inoltre un riscontro pratico nella possibilità di optare per un indagine di imaging rispetto ad un’altra, escludendo ad esempio quelle in cui viene somministrato un mdc per via endovenosa per permettere la visualizzazione delle vie escretrici: in caso di ridotta funzionalità renale un’indagine di questo tipo può essere non consigliata o addirittura controindicata.

Più nello specifico, è stata effettuata una valutazione dei risultati organici e funzionali mediante esame delle Uro-TC (urografie) post-operatorie e delle successive ecografie di controllo.

L’intervista ha anche consentito di valutare la percentuale di pazienti che, in seguito ad intervento chirurgico per patologia ureterale, è stato periodicamente sottoposto nel corso del tempo ad esami imaging dell’apparato urinario.

4. RISULTATI

Il follow-up medio è stato di 73 mesi (range 2-162 mesi).

Solo 2 pazienti, che non sono stati inclusi nello studio, sono stati persi al follow-up. Dei 63 pazienti presi in considerazione nel nostro studio, 7 sono deceduti, di cui 3 per progressione della patologia neoplastica primitivamente vescico-ureterale e 4 per altre cause, non legate alla patologia uroteliale. Tre pazienti presentano attualmente una recidiva e stanno effettuando chemioterapia.

Dei pazienti inclusi nel nostro studio, 9 (16%) hanno lamentato dolenzia lombare cronica, ma in nessun caso la sintomatologia algica è stata di entità tale da richiedere trattamento con terapia antalgica.

Venticinque pazienti (44,6%) hanno riferito di avere periodicamente o di avere avuto episodi di infezioni delle vie urinarie, che hanno richiesto antibioticoterapia.

Complessivamente 15 pazienti (26,8%) presentavano una funzionalità renale ridotta, considerando come valore soglia di creatininemia 1,2 mg/dL, pur ricordando che tale evenienza può avere numerose eziologie.

Nella tabella I sono riassunte le complicanze a lungo termine nei vari sottogruppi di interventi.

Reinterventi su pregressa UCNS si sono verificati in 4 casi su 17 (23,5%), su pregressa UCNS con psoas hitch in 5 casi su 28 (17,8%), su pregressa UUS in 2 casi si 14 (14,3%).

La paziente sottoposta a intervento di sostituzione ileale è stata rioperata presso altro centro per sospetta recidiva neoplastica, non confermata all’esame istologico, lasciando una nefrotomia a permanenza.

Quindi complessivamente in 12 pazienti (21,4%) è stato necessario reintervenire a livello dell’anastomosi confezionata durante il precedente intervento.

Nella tabella II i reinterventi sono stati suddivisi in stenosi recidive, recidive neoplastiche e pazienti in cui è stato necessario procedere a nefrectomia.

Un dato interessante che è emerso dallo studio è che il 93% dei pazienti si sottopone almeno annualmente ad indagini imaging di controllo ed esami ematochimici e che la scarsa compliance all’effettuazione di questo tipo di controlli è maggiore nei pazienti

più giovani affetti da patologie benigne, soprattutto dopo il primo anno post- operatorio.

UCNS

In un paziente si è sviluppata una stenosi ureterale recidiva con idropionefrosi e compromissione della funzionalità renale, per cui a distanza di 4 mesi dall’intervento di UCNS è stato sottoposto a nefrectomia.

Al follow-up telefonico, 3 pazienti hanno riferito la presenza di algia lombare cronica, ma nessuno ha descritto questo tipo di dolore come invalidante o di entità elevata tale da influire negativamente sulla qualità della vita e nessuno degli intervistati ha riferito di effettuare terapia antidolorifica per questa causa.

In 3 dei pazienti intervistati è stato riferita nella storia post-intervento un episodio di pielonefrite, mentre 6 hanno riferito la presenza di infezione delle vie urinarie e la totalità di questi esegue terapia antibiotica in presenza di processo infettivo.

Quattro pazienti presentano una funzionalità renale.

Uno dei pazienti affetti da neoplasia dell’uretere è deceduto nel 2011 per patologia cardiovascolare.

Uno dei pazienti ha attualmente una recidiva di neoplasia uroteliale e sta eseguendo terapia medica.

UCNS con psoas hitch

Solo 2 pazienti hanno presentato complicanze a breve termine identificabili in episodi di iperpiressia e/o infezione, per i quali il trattamento con terapia antibiotica è stato risolutivo.

Al follow-up telefonico, 3 pazienti hanno riferito la presenza di algia lombare cronica, ma nessuno ha descritto questo tipo di dolore come invalidante o di entità elevata tale da influire negativamente sulla qualità della vita e nessuno degli intervistati ha riferito di effettuare terapia antidolorifica per questa causa.

In 3 pazienti intervistati è stato riferito nel periodo successivo all’intervento un episodio di pielonefrite, mentre 11 hanno riferito la presenza di infezione delle vie

urinarie e la totalità di questi esegue terapia antibiotica in presenza di processo infettivo.

Anche in questo caso è stata valutata la funzionalità renale nei pazienti utilizzando come indicatore il solo livello di creatinina sierica.

In 16 pazienti i livelli di creatinina risultano essere nei limiti della norma mentre in 10 pazienti risultano avere una riduzione della funzionalità renale.

Dal follow-up telefonico è emerso che 2 pazienti sono deceduti: uno di questi, affetto da neoplasia dell’uretere, per progressione della patologia neoplastica e una paziente pochi mesi dopo l’intervento all’uretere per diffusione di neoplasia endometriale. Due pazienti hanno avuto recidive di neoplasia: una paziente ha effettuato nuovamente intervento chirurgico per recidiva di malattia e chemioterapia, ed è in attesa di effettuare un’indagine PET. Il controllo della paziente di interesse nel tempo è finalizzato a valutare la progressione o meno della malattia, inoltre la stessa paziente riferisce tumefazione linfoghiandolare al collo, dietro la nuca a la presenza di scialorrea.

Un paziente ha avuto recidiva di malattia neoplastica e sta effettuando chemioterapia.

Uretero-ureterostomia

Solo un paziente ha sviluppato nel periodo post-intervento febbre e infezione risolto facilmente con terapia antibiotica.

Al follow-up telefonico, 2 pazienti hanno riferito la presenza di algia lombare cronica, ma non di entità elevata tale da influire negativamente sulla qualità della vita o da necessitare di terapia antalgica.

Nessuno dei pazienti intervistati ha riferito di aver avuto nel post-intervento un episodio di pielonefrite, mentre 4 hanno riferito la presenza di infezione delle vie urinarie e la totalità di questi esegue terapia antibiotica in presenza di processo infettivo.

La paziente con la patologia litiasica è allettata e presenta delle condizioni generali tali da non poter effettuare terapia chirurgica.

Anche in questo caso è stata valutata la funzionalità renale nei pazienti utilizzando come indicatore il solo livello di creatinina sierica.

In tutti i pazienti, eccetto il caso con la presenza del calcolo documentata all’ecografia, i livelli di creatinina risultano essere nei limiti della norma e solo la paziente in questione presenta una riduzione della funzione renale.

Tre pazienti affetti da neoplasia dell’uretere sono deceduti per progressione della patologia neoplastica e un paziente, precedentemente trattato con uretero- ureterostomia, è deceduto 4 anni dopo l’intervento all’uretere per embolia polmonare massiva.

Uretero-calicostomia e uretero-pielo-calicostomia

Una paziente sottoposta ad uretero-calicostomia dopo duplice fallimentare pieloplastica, presenta algia lombare.

Caratteristica è che tutte e tre le pazienti riferiscono di avere urinocolture positive e lamentano spesso fastidio e bruciore alla minzione, ma in tutte e tre le pazienti è però mantenuta una adeguata funzionalità renale.

Sostituzione ureterale con ansa ileale riconfigurata secondo Monti-Yang

La paziente non riferisce algia lombare cronica negli anni successivi all’intervento. Tre anni dopo la sostituzione ileale è stata sottoposta a revisione chirurgica presso altro centro nel sospetto di una recidiva neoplastica (non confermata all’esame istologico); è stato rimosso l’uretere “ileale” ed è stato posizionato un catetere nefrostomico a permanenza, che viene sostituito ogni 3 mesi. Da allora la paziente riferisce lieve dolore attribuibile alla stomia cutanea, urinocolture positive e lieve rialzo della creatininemia.

Pazienti

Documenti correlati