• Non ci sono risultati.

Soluzioni attuali nella chirurgia ricostruttiva dell'uretere nell'adulto

N/A
N/A
Protected

Academic year: 2021

Condividi "Soluzioni attuali nella chirurgia ricostruttiva dell'uretere nell'adulto"

Copied!
85
0
0

Testo completo

(1)

INDICE 1. INTRODUZIONE 2 1.1 Cenni di anatomia 2 1.1.1 Uretere 2 1.1.2 Giunzione uretero-vescicale 9 1.1.3 Vescica 12

1.1.4 Muscolo grande psoas 16

1.2 Patologia ureterale 18 1.2.1 Litiasi 22 1.2.2 Neoplasie 24 1.2.3 Lesioni iatrogene 26 1.3 Diagnostica strumentale 27 1.4 Interventi endoscopici 32 1.5 Tecniche chirurgiche 35

1.5.1 Uretero-cistoneostomia (UCNS) con eventuale tecnica

“bladder psoas hitch” 36

1.5.2 Lembo vescicale di Boari 42

1.5.3 Uretero-ureterostomia 44

1.5.4 Transuretero-ureterostomia 48

1.5.5 Uretero-calicostomia 50

1.5.6 Uretere ileale (tecnica di Monti-Yang) 54

1.5.7 Autotrapianto renale 59

2. SCOPO DEL LAVORO 60

3. MATERIALI E METODI 61

4. RISULTATI 67

5. DISCUSSIONE 73

6. CONCLUSIONI 79

(2)

1. INTRODUZIONE

1.1 Cenni di anatomia 1.1.1 Uretere

Gli ureteri sono organi canalicolari muscolo membranosi pari e simmetrici che collegano la pelvi renale, dalla quale originano senza un limite netto, con la vescica urinaria, dove terminano mediante il meato od orifizio ureterale situato nell’angolo posterolaterale del trigono. Attraverso gli ureteri l’urina, prodotta dai reni e raccolta dalle prime vie urinarie (calici e pelvi), viene convogliata, con flusso pressoché continuo, nella vescica urinaria, dove si raccoglie.

L’uretere si estende dalla regione lombare alla piccola pelvi. La lunghezza media nel maschio adulto è 29 cm a destra e 30 cm a sinistra (nella femmina la misura è inferiore in media di 1 cm).

Nel suo primo tratto l’uretere decorre dietro al peritoneo parietale posteriore relativo alle fosse lombare e iliaca (porzione addominale), quindi discende nella piccola pelvi decorrendo dapprima in posizione retroperitoneale e quindi sottoperitoneale (porzione pelvica). L’ultima porzione dell’uretere pelvico è compresa nello spessore della parete vescicale, che attraversa con decorso obliquo (porzione intramurale o vescicale).

L’uretere, nel complesso, discende portandosi in basso e medialmente. Il decorso non è rettilineo; si descrivono curve sul piano frontale e sul piano sagittale: la porzione addominale descrive una leggera curva convessa in avanti e medialmente, mentre la porzione pelvica forma una curva con concavità rivolta in alto, in avanti e medialmente. Nel punto di passaggio tra la porzione addominale e quella pelvica si realizza il cambiamento di direzione; tale punto corrisponde allo stretto superiore del bacino; a questo livello l’uretere incrocia i vasi iliaci formando un inginocchiamento (cross iliaca).

Il lume dell’uretere è appiattito in senso antero-posteriore a causa della pressione esercitata su di esso dai visceri addominali. Il suo diametro medio è 4-7 mm, ma vi sono punti più stretti che si alternano a tratti dilatati (il valore del dimetro varia da 2-3 mm nei punti ristretti a 7-8 mm nei tratti dilatati). Lungo il decorso dell’uretere si individuano tre restringimenti fisiologici:

(3)

• Istmo superiore o colletto: situato alla giunzione con la pelvi renale, a circa 7-8 cm dall’ilo renale

• Istmo inferiore o restringimento iliaco: in corrispondenza della cross iliaca

• Restringimento intramurale: più accentuato, in corrispondenza dello sbocco in vescica

Nella porzione addominale, l’uretere, avvolto dal connettivo retro-peritoneale lasso che gli conferisce un certo grado di mobilità, contrae i seguenti rapporti:

• Posteriormente poggia sul muscolo psoas, di cui segue il decorso discendente, ed è incrociato dai nervi genito-femorale e femoro-cutaneo • Anteriormente e in alto è coperto dalla porzione discendente del duodeno

a destra e dalla flessura duodeno-digiunale a sinistra anche se in maniera non costante; è incrociato poi dai vasi gonadici, che più in basso si pongono lateralmente e lo accompagnano; inoltre è incrociato a destra dall’arteria colica destra, dall’arteria ileo colica e dalla radice del mesentere, a sinistra dall’arteria mesenterica inferiore e in basso dalla radice del mesocolon ileo pelvico; nella restante parte è in rapporto, con l’interposizione del peritoneo parietale posteriore, con le anse dell’intestino tenue;

• Medialmente corrisponde a destra alla vena cava inferiore e a sinistra, a una distanza maggiore, all’aorta addominale; più in basso da entrambi i lati decorre in vicinanza del tronco del parasimpatico e dei linfonodi lombari;

• Lateralmente è in rapporto con la porzione sottoilare del margine mediale del rene e successivamente è fiancheggiato a distanza variabile dal colon (ascendente a destra e discendente a sinistra)

In corrispondenza dello stretto superiore del bacino, subito lateralmente all’articolazione sacroiliaca, l’uretere incrocia anteriormente i vasi iliaci esterni a destra e comuni a sinistra, descrivendo la flessura marginale. Questo punto rappresenta il passaggio tra la porzione addominale e quella pelvica e, proiettato sulla parete addominale anteriore, corrisponde all’inserzione della linea bisiliaca

(4)

(bispinoiliaca) con la verticale passante per il tubercolo pubico (punto ureterale medio). L’uretere in questa regione si avvicina alla parete addominale anteriore. Nella porzione pelvica, l’uretere contrae rapporti differenti nei due sessi.

Nel maschio nel suo primo tratto decorre in un ambiente cellulare lasso in prossimità dei vasi ipogastrici, incrocia i vasi e il nervo otturatori, l’arteria ombelicale, le arterie vescicali e i linfonodi ipogastrici. Medialmente, rivestito dal peritoneo, corrisponde al cavo pelvico, che lo separa dalla superficie laterale del retto. Quindi, giunto in corrispondenza del pavimento pelvico, si dirige in avanti e medialmente per raggiungere la vescica, decorrendo sotto il peritoneo e sopra la fascia pelvica, che riveste il muscolo elevatore dell’ano, circondato dalle vene del plesso vescicale. In corrispondenza del margine laterale della vescica è incrociato in avanti dal dotto deferente. Nell’ultimo tratto l’uretere si insinua tra la faccia anteriore delle vescichette seminali e la parete vescicale (Fig. 1).

Nella femmina l’uretere pelvico nella sua prima porzione discende, coperto dal peritoneo, nella parete pelvica laterale al davanti dei vasi ipogastrici, lungo il margine libero dell’ovaio, contribuendo a delimitare posteriormente la fossa ovarica; qui in genere contrae anche rapporti con il padiglione tubarico.

Quindi, giunto in corrispondenza del pavimento pelvico, l’uretere penetra alla base del legamento largo attraversando il connettivo lasso del parametrio con direzione obliqua in avanti in basso e medialmente. Ivi è situato al di dietro e all’interno dell’arteria uterina, insieme alla quale si avvicina al collo dell’utero. Giunto a una distanza di circa 1,5-2 cm dalla porzione sopravaginale di quest’ultimo, viene incrociato dall’arteria uterina, che gli passa davanti e superiormente per portarsi medialmente e risalire poi lungo il margine laterale dell’utero. Proseguendo il suo decorso, l’uretere contrae ancora rapporti con i plessi venosi utero-vaginale e vescico-vaginale, si avvicina quindi al fornice laterale della vagina e, piegando all’interno, lo incrocia per raggiungere la vescica, decorrendo nel sottile setto vescico-vaginale (Fig. 2).

La parete dell’uretere è costituita dalla sovrapposizione di tre tonache: mucosa, muscolare e avventizia (Fig. 3).

La tonaca mucosa, più spessa rispetto a quella dei calici e della pelvi renale, si solleva in 5-7 pieghe longitudinali che scompaiono durante la distensione del

(5)

condotto. È formata da tipico epitelio di transizione (urotelio) e da una lamina propria costituita da tessuto connettivo fibroelastico abbastanza denso. La lamina propria è attraversata da numerosi vasi sanguigni e da fasci di fibre nervose amieliniche. Profondamente, al limite con la tonaca muscolare, il tessuto connettivo della lamina propria risulta lasso permettendo lo scivolamento della mucosa. Non si individua tuttavia nell’uretere una tonaca sottomucosa.

La tonaca muscolare è di spessore omogeneo in tutto l’uretere (0,7-0,8 mm), è costituita da fascetti di cellule muscolari lisce, inframmezzati da abbondante connettivo. Tali fasci muscolari, pur se discontinui e disposti a rete, sono orientati in modo da costituire strati irregolari tra i quali si identifica uno strato longitudinale interno e uno circolare esterno; nel terzo inferiore, a quest’ultimo si sovrappone un ulteriore strato longitudinale. La tonaca muscolare rende possibili i movimenti peristaltici diretti verso il basso, mediante i quali l’urina viene sospinta verso la vescica.

La tonaca avventizia è formata da tessuto connettivale lasso ricco di sottili fibre elastiche e contiene le principali diramazioni dei vasi e dei nervi ureterici. In corrispondenza della porzione intramurale dell’uretere prende anche il nome di “guaina dell’uretere” e contiene fascetti di miocellule disposti longitudinalmente in continuità con la muscolatura vescicale. Non esistono, nella porzione intramurale dell’uretere, veri e propri dispositivi sfinterici.

L’uretere, nel suo decorso, è irrorato da numerosi rami nutritizi. Nel retro-peritoneo, l’uretere può ricevere rami dall’arteria renale, dall’arteria gonadica, dall’aorta addominale e dall’arteria iliaca comune. Dopo l’entrata nella pelvi, ulteriori piccoli rami arteriosi per l’uretere distale possono derivare dall’arteria iliaca interna o dai suoi rami, in particolare le arterie vescicale ed uterina, ma anche dalla rettale media e dalla vaginale. È da notare che i rami arteriosi raggiungono medialmente la porzione superiore dell’uretere, mentre quelli all’interno della pelvi lo raggiungono lateralmente. In corrispondenza dell’uretere, i rami arteriosi decorrono longitudinalmente nell’avventizia periureterale formando un esteso plesso anastomotico. L’esistenza di queste comunicazioni arteriose longitudinali consente di mobilizzare lunghi tratti dell’uretere dal tessuto retro-peritoneale circostante senza comprometterne la vascolarizzazione, a condizione di non lacerare l’avventizia.

(6)

Il drenaggio venoso e linfatico dell’uretere accompagna i vasi arteriosi, pertanto, la sede principale di drenaggio linfatico delle lesioni ureterali varia a seconda della sede della lesione. I linfatici della pelvi drenano nei linfonodi iliaci comuni, interni ed esterni. Nell’addome, i linfonodi paraortici di sinistra costituiscono la sede principale di drenaggio dell’uretere sinistro. La porzione addominale dell’uretere destro drena principalmente nei linfonodi paracavali di destra e interaortocavali. Il drenaggio linfatico della porzione superiore dell’uretere e della pelvi renale tende a confluire con i linfatici renali ed è sovrapponibile a quello del rene omolaterale: ovvero dal rene sinistro i tronchi linfatici drenano prevalentemente nei linfonodi paraortici laterali, ivi inclusi quelli anteriori e posteriori all’aorta, da sotto l’arteria mesenterica inferiore al diaframma.

Dal rene destro i tronchi linfatici drenano principalmente nei linfonodi interaortocavali e nei paracavali di destra, compresi i linfonodi anteriori e posteriori rispetto alla vena cava inferiore, decorrendo sulla destra a partire dall’altezza dei vasi iliaci comuni fino al diaframma.

L’uretere riceve fibre paragangliari simpatiche dal decimo segmento toracico fino al secondo lombare. Le fibre postgangliari hanno origine da numerosi gangli situati nei plessi autonomi aortico renale ed ipogastrico superiore ed inferiore. L’innervazione parasimpatica è fornita dal secondo fino al quarto segmento sacrale. Il ruolo esatto dell’innervazione autonoma dell’uretere non è stato tuttavia chiarito in quanto la normale peristalsi ureterale non necessita di stimolazione autonoma, ma origina e si propaga da cellule muscolari lisce con funzione di pacemaker situate nei calici minori del sistema collettore. Il sistema nervoso autonomo esercita, forse, qualche effetto modulatore su questo processo.

(7)

Fig.1 Ureteri nel maschio, visti anteriormente

(8)

Fig. 3 Uretere in sezione trasversale. Dall’interno all’esterno si possono individuare l’epitelio di transizione, la lamina propria e la tonaca muscolare.

(9)

1.1.2 Giunzione uretero-vescicale

La giunzione uretero-vescicale viene comunemente descritta come una struttura valvolare in grado di consentire il passaggio unidirezionale dell’urina dall’uretere alla vescica prevenendo così il reflusso vescico-ureterale.

Anatomicamente (Fig. 4) è costituita dall’ultima porzione dell’uretere (porzione intramurale o vescicale), lunga 1-1,5 cm, situata nello spessore della parete vescicale con direzione obliqua in basso e medialmente. Essa decorre dapprima nello spessore della tonaca muscolare, mantenendosi indipendente, poi si colloca tra questa e la tonaca mucosa, determinando sulla superficie interna della vescica un rilievo (piega ureterica) sul quale è situato l’orifizio, o meato ureterale, che ha la forma di una flessura lunga circa 3-5 mm; ciascun meato è limitato lateralmente da una ripiegatura della mucosa (valvola dell’uretere).

Quando l’uretere si avvicina alla vescica, le sue fibre muscolari lisce parietali orientate a spirale diventano longitudinali. A 2-3 cm di distanza dalla vescica, una guaina fibromuscolare (di Waldeyer) si estende longitudinalmente sull’uretere e lo segue fino al trigono. L’uretere penetra obliquamente nella parete vescicale, all’altezza dell’apice delle vescichette seminali, prosegue per 1,5-2 cm e termina nell’orifizio ureterale. Quando passa attraverso uno iato nel detrusore (uretere intramurale), esso viene compresso e ristretto considerevolmente. La porzione intravescicale dell’uretere si trova subito al di sotto dell’urotelio vescicale e quindi è alquanto mobile, ancorata ad opera di un robusto piano di muscolo detrusore. Con il riempirsi della vescica, questa conformazione sembra determinare un’occlusione passiva dell’uretere, tipo lembo valvolare. Si pensa che il reflusso vescico-ureterale derivi da un’insufficiente lunghezza dell’uretere sottomucoso e da uno scarso sostegno da parte del detrusore.

I particolari rapporti tra uretere terminale e vescica, dati dalla direzione obliqua con cui questo attraversa la parete vescicale e dalla presenza della valvola ureterica, permettono di realizzare un particolare meccanismo che, in condizioni normali, si oppone al reflusso dell’urina dalla vescica all’uretere. Infatti, quando la vescica si riempie e la pressione al suo interno aumenta, la porzione intramurale dell’uretere viene ad essere efficacemente occlusa; nello stesso tempo l’urina, spinta dai

(10)

movimenti peristaltici della muscolatura ureterale, può continuare a determinare l’apertura temporanea del tratto terminale e arrivare in vescica.

Il triangolo di urotelio liscio tra i due orifizi ureterali ed il meato ureterale interno è definito trigono vescicale. Le fibre provenienti da entrambi gli ureteri si incontrano per formare una lamina muscolare triangolare che si estende dai due orifizi ureterali al meato ureterale interno. I margini di questa lamina muscolare si ispessiscono tra gli orifizi ureterali (cresta interureterica o barriera di Mercier) e tra ureteri e meato uretrale interno (muscolo di Bell).

La muscolatura del trigono forma tre strati distinti: uno strato superficiale, a derivazione dalla muscolatura longitudinale dell’uretere, che si estende sotto l’uretra per inserirsi sul veru montanum; uno strato profondo, che è la prosecuzione della lamina di Waldeyer e si inserisce sul collo vescicale; e uno strato di detrusore, formato dagli strati muscolari lisci longitudinale esterno e circolare interno della parete vescicale. Attraverso la sua continuità con l’uretere, la muscolatura superficiale del trigono ancora l’uretere alla vescica. Nel reimpianto ureterale, questa struttura viene isolata e sollevata, a ottenere un tunnel tra la lamina di Waldeyer e l’uretere. In questo spazio si trovano solo connessioni di tessuto muscolare e tessuto fibroso lasso. Questa disposizione anatomica aiuta a prevenire il reflusso durante il reimpianto vescicale poiché fissa e tende il l’orifizio ureterale. Quando la vescica si riempie, la sua parete laterale si estende all’esterno sull’uretere, aumentando così la lunghezza dell’uretere intravescicale.

(11)
(12)

1.1.3 Vescica

Quando è piena, la vescica ha una capacità di circa 500 ml e assume una forma ovoidale. La vescica vuota è tetraedrica, con una faccia superiore e apice a livello dell’uraco, due facce infero-laterali ed una faccia postero-inferiore, o base, con il collo vescicale situato nel punto più basso.

L’uraco ancora l’apice della vescica alla parete addominale anteriore.

La faccia superiore della vescica è ricoperta da peritoneo. Anteriormente, il peritoneo scivola dolcemente sulla parete addominale anteriore. Con la distensione, la vescica supera la piccola pelvi e separa il peritoneo dalla parete addominale anteriore, posteriormente il peritoneo passa a livello delle vescicole seminali e incontra il peritoneo che ricopre la parte anteriore del retto formando lo spazio retto-vescicale. Anteriormente e lateralmente, la vescica è isolata dalla parete laterale della pelvi, dal grasso e dal tessuto connettivo lasso retro-pubico e perivescicale. Questo spazio virtuale (di Retzius), può essere raggiunto anteriormente aprendo la fascia trasversalis e fornire così accesso agli organi pelvici posteriori come i vasi iliaci e gli ureteri. La base della vescica è in rapporto con le vescicole seminali, le ampolle dei deferenti e la parte terminale dell’uretere. Il collo vescicale, localizzato a livello del meato uretrale interno, rimane 3-4 cm dietro il punto medio della sinfisi pubica (Fig. 5).

Nella donna, il peritoneo che ricopre la faccia superiore della vescica si riflette sull’utero per formare la tasca vescico-uterina, poi continua posteriormente sull’utero generando la tasca retto-uterina. La vagina e l’utero si trovano tra la vescica ed il retto così che la base della vescica e l’uretra rimangono sulla parete vaginale anteriore. Poiché la parete vaginale anteriore è fermamente attaccata lateralmente all’elevatore dell’ano, la contrazione del diaframma pelvico (p.e. durante aumenti della pressione intra-addominale) solleva il collo vescicale e lo sposta in avanti (Fig. 6).

I mezzi di fissità della vescica sono rappresentati da formazioni ligamentose che la connettono con gli organi vicini, nonché la fascia vescicale e il peritoneo. La vescica è inoltre fissata al pavimento pelvico principalmente grazie all’uretra, nella quale continua, e, nel maschio, anche alla prostata, con la quale si trova connessa ad opera di formazioni muscolari.

(13)

Si descrivono nella vescica i seguenti legamenti:

• Legamenti vescicali anteriori: sono importanti mezzi di fissità pari, che collegano la faccia posteriore della sinfisi pubica alla base della vescica (legamenti pubo-vescicali) e, nel maschio, anche alla prostata (legamenti pubo-prostatici);

• Legamenti vescicali posteriori: sono formazioni pari, presenti solo nel maschio e stabiliscono un collegamento fibro-muscolare della base della vescica e della prostata con le superfici laterali del retto (legamenti e muscoli retto-vescicali). Nella femmina la vescica aderisce posteriormente alla vagina per mezzo del setto vescico-vaginale;

• Legamento ombelicale mediano: è un sottile cordone fibroso che, dall’apice della vescica si dirige verso l’ombelico decorrendo applicato alla faccia posteriore della parete addominale anteriore in posizione mediana; a vescica vuota, il legamento si trova allo stato di tensione ed è rettilineo; a vescica ripiena, esso si rilascia compiendo un’ansa;

• Legamenti ombelicali laterali: sono due cordoncini fibrosi, destro e sinistro, che derivano dall’obliterazione delle arterie ombelicali; essi discendono dalla cicatrice ombelicale sotto il peritoneo e, divergendo, vanno a fissarsi alle facce laterali della vescica, dove continuano con il tratto rimasto pervio delle arterie ombelicali;

Nonostante i numerosi mezzi di fissità, la vescica gode di una certa mobilità. La base della vescica e l’orifizio uretrale sono le parti della vescica più fisse per le connessioni con il pavimento pelvico.

La superficie interna della vescica è delimitata da epitelio di transizione che appare liscio quando la vescica è piena ma si contrae in numerose pieghe quando la vescica è vuota. Questo urotelio ha di solito uno spessore di sei cellule e poggia su una sottile membrana basale. Sotto questo strato giace la muscolatura liscia della parete vescicale, le cui fibre muscolari relativamente grandi formano fasci che si ramificano, si intrecciano, grossolanamente arrangiati in interno longitudinale, medio circolare ed esterno longitudinale.

In corrispondenza del trigono vescicale, la muscolatura assume un andamento particolare tanto da costituire una formazione a sé stante denominata muscolo

(14)

trigonale. In questa sede i fascetti di miocellule hanno disposizione prevalentemente trasversale e formano uno strato relativamente spesso; ai lati del trigono i fascetti muscolari piegano in avanti per continuare nella muscolatura dell’uretra. Posteriormente la muscolatura trigonale continua con la muscolatura degli ureteri. I fascetti di miocellule che si organizzano in corrispondenza del meato uretrale interno (muscolatura del collo vescicale), costituiscono un dispositivo muscolare con peculiarità morfofunzionali: il muscolo sfintere della vescica.

Nel maschio, alla struttura muscolare del collo vescicale, si aggiunge una componente muscolare proveniente dallo stroma e dalla capsula della prostata; tale anello muscolare circonda l’origine dell’uretra prima che questa si impegni nella prostata. Questo collare di muscolatura liscia costituisce una sorta di sfintere preprostatico che determina la chiusura del collo vescicale durante l’eccitazione sessuale e garantisce la normale progressione dello sperma nell’uretra durante l’eiaculazione, opponendosi all’eiaculazione retrograda in vescica.

Quando la vescica raggiunge un certo grado di riempimento (in media 300 ml), si determina, in via riflessa, la contrazione del muscolo detrusore e il rilasciamento del muscolo sfintere: ciò permette il passaggio dell’urina nell’uretra e, se lo sfintere striato dell’uretra viene rilasciato, il conseguente svuotamento della vescica attraverso l’atto della minzione.

La tonaca avventizia è formata da connettivo fibroso denso e appartiene alla fascia vescicale.

La tonaca sierosa è data dal rivestimento peritoneale ed è limitata soltanto ad alcune zone (apice e parte del corpo).

(15)

Fig. 5 Vescica nel maschio in sezione sagittale

(16)

1.1.4 Muscolo grande psoas

Il muscolo grande psoas è un muscolo fusiforme, che assieme al muscolo iliaco costituisce il muscolo ileo-psoas. Quindi il muscolo ileo-psoas è costituito da due parti, il muscolo grande psoas che origina dalla colonna lombare e il muscolo iliaco che origina dalla fossa iliaca; i due muscoli si uniscono distalmente per inserirsi al piccolo trocantere del femore (Fig. 7).

Il muscolo ileo-psoas flette la coscia, lievemente adducendola, e la ruota lateralmente. A femore fisso la contrazione bilaterale flette il tronco e il bacino, la unilaterale li flette e li inclina dallo stesso lato.

Il muscolo grande psoas è lungo, robusto, ed è esteso dal lato della colonna vertebrale alla radice della coscia. Nasce dalle facce laterali dei corpi dell’ultima vertebra toracica e delle prime quattro vertebre lombari e dai dischi intervertebrali interposti, nonché dalle basi dei processi costiformi delle vertebre lombari. Dai corpi vertebrali origina per mezzo di arcate tendinee concave medialmente, inserite con i loro estremi ai margini superiori e inferiori dei corpi vertebrali stessi, le quali delimitano con le facce laterali di queste, concave invece lateralmente, ampie fessure osteo-fibrose verticali, attraversate dai vasi lombari e dai rami comunicanti del simpatico. I fasci si portano in basso e un poco lateralmente e anteriormente e trapassano, in corrispondenza della fossa iliaca interna, in un robusto tendine il quale, ricevuti i fasci carnosi del muscolo iliaco, penetra nella radice della coscia e piega profondamente per inserirsi al piccolo trocantere del femore.

Procedendo dall’alto in basso, è in rapporto antero-lateralmente per mezzo della sua fascia con l’arco lombo-costale mediale del diaframma, con il muscolo piccolo psoas, con il rene, l’uretere ed i vasi renali e spermatici interni, col colon specialmente pelvico. Posteriormente riposa, di lato sui muscoli quadrato dei lombi e iliaco, medialmente sui processi costiformi delle vertebre lombari e più in basso, all’altezza della lacuna dei muscoli, sul tratto di margine anteriore dell’osso dell’anca che si trova subito lateralmente all’eminenza ileo-pettinea (la benderella omonima lo separa medialmente dai vasi femorali). È attraversato dai rami del plesso lombare, dai quali il nervo femorale decorre da ultimo nella doccia che lo separa dal muscolo iliaco.

(17)
(18)

1.2 Patologia ureterale

Salvo rari casi la patologia ureterale, congenita o acquisita che sia, si manifesta con l’idronefrosi (Fig. 8).

Con il termine idronefrosi si vuole descrivere una condizione clinica caratterizzata dalla dilatazione della pelvi e dei calici renali associata a una progressiva atrofia del parenchima renale dovuta all’ostruzione al deflusso dell’urina. Anche nel caso di un’ostruzione completa, la filtrazione glomerulare prosegue per un determinato periodo fino a che il filtrato retrodiffonde nell’interstizio renale e nello spazio perirenale, dove esso viene riassorbito dal sistema linfatico e venoso. A causa di questa continua filtrazione, i calici e la pelvi renali subiscono una dilatazione, spesso marcata. L’alta pressione idrostatica che si sviluppa nella pelvi viene trasmessa dai dotti collettori verso la corticale, causandone l’atrofia, inoltre tale situazione porta alla compressione dei vasi della midollare, generando una diminuzione del flusso plasmatico della midollare stessa. I difetti di vascolarizzazione della midollare sono reversibili, ma se protratti, portano a deficit della sua funzione. Di conseguenza, le alterazioni iniziali sono in gran parte di ordine tubulare e si manifestano con scarsa capacità di concentrazione. Solo in seguito si assiste alla diminuzione del GFR. L’ostruzione inoltre scatena una reazione infiammatoria interstiziale che può condurre verso una fibrosi interstiziale.

L’ostruzione acuta può provocare dolore dovuto alla distensione del sistema collettore della capsula renale e la maggior parte dei sintomi precoci sono prodotti dalle cause di base dell’idronefrosi.

Un’idronefrosi unilaterale, parziale o completa, può rimanere silente per un lungo periodo, perché il rene controlaterale mantiene un’adeguata funzionalità. A volte la sua esistenza viene evidenziata incidentalmente nel corso di una ecografia. È una sfortuna che tale patologia rimanga a lungo asintomatica, poiché è stato dimostrato che nelle fasi precoci la risoluzione dell’ostruzione conduce a completa “restitutio ad integrum” della funzionalità renale.

Nell’ostruzione parziale bilaterale, la manifestazione clinica più precoce è rappresentata dall’incapacità di concentrare le urine, evidenziata dalla poliuria e dalla nicturia. Alcuni pazienti evidenziano una acidosi tubulare distale, perdita di sali con le urine, calcolosi renale secondaria e un quadro tipico di nefrite tubulo-interstiziale

(19)

con atrofia e sclerosi delle papille e della midollare. L’ipertensione è piuttosto comune in questi pazienti.

Un’ostruzione bilaterale completa causa oliguria o anuria, condizioni incompatibili con una lunga sopravvivenza a meno della risoluzione dell’ostruzione stessa. Alla rimozione della causa dell’uropatia ostruttiva, insorge un’accentuata diuresi post-ostruttiva, che si sviluppa massivamente, con abbondante secrezione di urine ricche di cloruro di sodio.

(20)

Le cause di ostruzione dell’uretere possono essere ab extrinseco, endoluminali, da patologia di parete:

• Ab extrinseco

o Compressioni vascolari: aneurisma dell’aorta, dell’arteria iliaca, uretere retrocavale.

o Cause ginecologico-ostetriche: gravidanza, masse uterine e ovariche, endometriosi, salpingite, prolasso uterino, neoplasie.

o Patologie gastrointestinali: Chron, appendicite, diverticolite, neoplasie colon-retto.

o Patologie retroperitoneali: fibrosi retroperitoneale idiopatica o secondaria a radioterapia, ascesso o infezione retroperitoneale, emorragia retroperitoneale, tumori retroperitoneali primitivi, localizzazioni metastatiche.

• Endoluminali

o Calcoli: di origine renale, raramente superiori a 5 mm di diametro. I calcoli renali di grosse dimensioni non passano nell’uretere e si incuneano nei punti di restringimento, causando ostruzione (colica renale)

o Coaguli: ematuria massiva da calcoli renali, neoplasie o necrosi papillare.

• Da patologia di parete

o Stenosi: possono essere congenite o acquisite (infiammazione). L’ureterite si può sviluppare come una componente delle infezioni del tratto urinario. La persistenza dell’infezione o ripetute riacutizzazioni possono causare un processo infiammatorio cronico all’interno degli ureteri.

o Tumori: carcinomi a cellule transizionali dell’uretere, più raramente tumori benigni o polipi fibroepiteliali.

Oltre alle ostruzioni intrinseche ed estrinseche dell’uretere bisogna ricordare infine, ma non in ordine di importanza, la possibilità di provocare lesione ureterale per traumi o lesioni iatrogene.

(21)

Per ostruzione si intende qualsiasi ostacolo al deflusso urinario, il quale può condurre a un progressivo danno renale.

La finalità della chirurgia ricostruttiva dell’uretere è quella di risolvere l’ostruzione prevenendo il deterioramento della funzionalità renale.

Nella nostra casistica la quasi totalità delle patologie ureterali che hanno richiesto una chirurgia ricostruttiva sono state:

o Litiasi o Neoplasie o Lesioni iatrogene

(22)

1.2.1 Litiasi

È una delle patologie più comuni e il 13% dei maschi e il 7% delle femmine presentano almeno una forma di calcoli nella vita ed è una patologia che tende a ricorrere ogni 2-3 anni.

In ordine di frequenza, i principali tipi di calcoli urinari sono formati da: • Ossalato e fosfato di calcio (75%)

• Fosfato di magnesio e ammonio (più frequenti nelle donne, 12-15%) • Acido urico (10%)

• Cistina (legati a patologia ereditaria, 1-2%)

Il ricorso alla chirurgia open o laparoscopica è raro e viene eseguita da sola o in associazione con la litotrissia extra-corporea o intra-corporea.

La litotrissia extracorporea (ESWL) è una tecnica che si basa sulla produzione di onde d'urto (da parte di un apparecchio chiamato litotritore) per colpire il calcolo, frantumandolo in frammenti più piccoli che sono eliminati spontaneamente con le urine in un tempo che può variare da pochi giorni fino a circa un mese. La ESWL è utilizzata per il trattamento della calcolosi ureterale, ma i calcoli ureterali si frantumano meno facilmente dei calcoli renali, per cui richiedono onde d’urto con maggiore energia.

In caso di idronefrosi (dilatazione delle vie urinarie) o ostruzione la ESWL non è indicata in quanto risultati decisamente migliori sono ottenibili con le tecniche endourologiche.

Quando vi sono malformazioni renali, la ESWL può non essere efficace se tali malformazioni comportano una difficoltà nella eliminazione delle urine e quindi un'impossibilità ad eliminare i frammenti.

La ureteroscopia, dopo la litotrissia extracorporea, è la tecnica più comunemente adottata per la rimozione dei calcoli ureterali. L'ureteroscopio viene introdotto attraverso l'uretra, la vescica fino a giungere all'uretere, consentendo di individuare il calcolo all'interno dell'uretere e, se il calcolo è inferiore ai 5 mm di diametro, di rimuoverlo attraverso apposite pinze. I calcoli di dimensioni maggiori devono essere frantumati con varie forme di energia.

Il chirurgo inserisce all'interno dell’ureteroscopio una specifica sonda laser o balistica che giunge a stretto contatto con il calcolo (litotrissia intracorporea),

(23)

frantumandolo. Non tutti i calcoli renali possono essere frantumati e rimossi con la litotrissia extracorporea: quando ciò non è possibile, si può ricorrere alla nefrolitotrissia percutanea (PCNL). Attualmente, il ruolo della chirurgia tradizionale open nella calcolosi urinaria è marginale, limitata ai soli casi in cui non è possibile ricorrere alla litotrissia extracorporea o alle tecniche endourologiche.

Pur nel più sempre limitato spazio per la chirurgia tradizionale, si possono dare alcune indicazioni per il suo utilizzo:

o Fallimento di altri trattamenti

o Anomalie anatomiche renali (es. stenosi ureterale) o Obesità

(24)

1.2.2 Neoplasie

Come il carcinoma a cellule transizionali della vescica (TCC), il carcinoma a cellule transizionali ureterale, può svilupparsi, ripresentarsi e progredire in ogni altra sede del tratto urinario. La più comune localizzazione per il TCC ureterale è l’uretere distale (70%), seguito dal tratto medio (25%) e uretere prossimale (5%). La ripresentazione nel rene omolaterale è comune e può essere frequente sino all’84% dei casi. Il TCC del tratto ureterale prossimale è frequentemente multifocale (> 44%).

L’incidenza di recidiva nel rene controlaterale è meno comune. L’incidenza di tumori sincroni e metacroni in sede controlaterale è del 1,8-5% e il rischio di recidiva a livello controlaterale persiste anche a 5 e 10 anni, tanto che il follow up per le recidive controlaterali dovrebbe essere continuato per 10 anni.

In generale, la terapia standard per il trattamento dei tumori della pelvi renale e dell’uretere è la nefroureterectomia, che prevede l'asportazione completa del rene, dell'uretere e di una parte della vescica. Si può anche decidere di asportare solo la parte di uretere che contiene il tumore e una piccola parte di tessuto sano circostante (ureterectomia parziale), ma si tratta di una scelta riservata solo a casi molto selezionati, dal momento che con questo intervento il rischio di recidiva è elevato: viene riportata una percentuale di recidiva neoplastica sul moncone ureterale del 30-75% 1.

Nelle forme coinvolgenti l’uretere terminale (quello più basso vicino alla vescica), è possibile eseguire un intervento chirurgico parziale (ureterectomia parziale) di asportazione del tratto malato e reimpianto della parte sana in vescica.

A volte si utilizza la elettrocoagulazione per distruggere il tessuto tumorale o si ricorre a una laserterapia che rimuove il tumore endoluminale, quando vi sono importanti controindicazioni alla chirurgia, generalmente dovuti allo stato del paziente.

(25)

La chirurgia conservativa può essere presa in considerazione in casi selezionati: • Tumore unifocale

• Tumore < 1 cm

• Tumore di basso grado • Tumore superficiale

La chirurgia conservativa rappresenta l’intervento di prima scelta in caso di: • Neoplasia bilaterale

• Neoplasia in rene unico (congenito, chirurgico, funzionale)

La resezione segmentaria prevede l’asportazione di circa 1 cm di uretere sano a monte e a valle della neoplasia e quindi il confezionamento di un’anastomosi termino-terminale dei monconi.

La prognosi è buona nei carcinomi superficiali, più severa nelle forme infiltranti la tonaca muscolare.

(26)

1.2.3 Lesioni iatrogene

Le lesioni isolate dell’uretere sono evenienze rare rispetto ai traumi del rene, a causa della localizzazione anatomica di questi organi, delle piccole dimensioni e della loro mobilità.

In circa il 75% dei casi, i traumi ureterali sono iatrogeni in corso di chirurgia addomino-pelvica o endoscopica; la rimanente percentuale (25%) è da attribuirsi a traumi contusivi o ferite penetranti.

L’incidenza di lesione ureterale in corso di isterectomia semplice va dallo 0,5 al 3% ma l’incidenza è molto più alta in corso di isterectomia radicale e va dal 10% al 15% dei casi2. Inoltre, a causa dell’estesa dissezione ureterale che spesso si effettua durante questo tipo di intervento, spesso si verifica ischemia ureterale con conseguente idroureteronefrosi postoperatoria. In caso di necrosi tissutale, si possono avere stravaso urinario, stenosi e fistolizzazione. L’ostruzione ureterale può derivare dalla compressione estrinseca esercitata da un linfocele verificatasi a seguito di una estesa dissezione pelvica; è più comune dopo isterectomia radicale e cistectomia radicale e dopo asportazione dei linfonodi pelvici.

Il recente diffondersi in ginecologia, urologia e chirurgia addominale di tecniche chirurgiche mini-invasive laparoscopiche e robotiche ha grandemente aumentato il numero delle lesioni termiche accidentali dell’uretere. Queste ultime sono principalmente causate dall’applicazione di corrente monopolare, ma anche bipolare o energia ad ultrasuoni.

(27)

1.3 Diagnosi strumentale

L’ecografia (Fig. 9, 10, 11) permette il riconoscimento di ureteroceli, calcoli e dilatazioni del tratto distale dell’uretere. In genere la giunzione uretero-pelvica, la restante porzione di uretere risulta invece di difficile visualizzazione. Per ottenere una visualizzazione completa dell’organo è quindi giustificato il ricorso all’ecografia, alla pielografia retrograda e/o alla Uro-TC.

L’ecografia costituisce quindi l’indagine di primo livello che, associata ai segni e sintomi del paziente consente di porre il sospetto di malattia da approfondire con indagini radiologiche più invasive quali Uro-TC, pielografia ascendente e discendente. Le indagini possono poi essere completate da esame endoscopico. L’urografia endovenosa (IVU) (Fig. 12) era la tecnica di scelta per visualizzare l’intero sistema urinario e, in particolare, per esaminare l’urotelio che ricopre i sistemi pielo-caliceali, uretere e vescica3 ed inoltre la metodica era in grado di fornire anche dettagli fisiologico-funzionali. Oggi l’urografia endovenosa è ampiamente sostituita dall’Uro-TC.

I pazienti con insufficienza renale moderata e grave non dovrebbero essere sottoposti a IVU sia perché la compromissione della funzionalità escretoria consente di ottenere solo poche informazioni sulle vie urinarie, sia perché la somministrazione intravasale di mezzo di contrasto può riesacerbare la preesistente insufficienza renale. I pazienti con insufficienza lieve possono essere sottoposti a IVU, se necessario ma devono essere opportunamente idratati prima e dopo esposizione al mezzo di contrasto, la cui dose deve essere ridotta rispetto alla dose standard.

I parametri più rilevanti sono la fase nefrografica e la fase urografica4, la dilatazione o l’amputazione del sistema caliceale, la dilatazione o difetti di riempimento dell’uretere o lo stravaso del mdc lungo tutto il sistema urinario.

La pielografia retrograda consiste nella opacizzazione retrograda delle vie urinarie dopo incannulamento endoscopico dell’orifizio ureterale. Il sistema parenchimale renale viene saltato mediante la diretta instillazione di mezzo di contrasto nel sistema collettore, per cui il rene non viene valutato. In alcuni casi la visualizzazione delle vie urinarie mediante IVU è limitata, inoltre questo tipo di metodica è controindicato in alcuni pazienti con insufficienza renale significativa o allergia ai mezzi di contrasto; in tali casi è opportuno eseguire una pielografia retrograda.

(28)

La quantità di informazioni diagnostiche ottenibili dalla TC (Fig.13) è nettamente superiore a quella offerta dalla radiografia convenzionale perché la risoluzione di contrasto tissutale della TC è notevolmente maggiore5.

La TC senza contrasto identifica correttamente sede, forma e dimensioni dei calcoli della via escretrice urinaria di qualsiasi composizione chimica, mentre quelli di acido urico e di cistina non sono visibili alla IVU.

Il mezzo di contrasto è somministrato per via endovenosa in caso di lesioni renali focali, di pielonefriti, nello staging e nel follow-up di neoplasie maligne del sistema urinario, nelle patologie retroperitoneali e nella valutazione dell’integrità vascolare del rene e della pelvi.

La TC con mezzo di contrasto identifica con accuratezza i tumori; essi si manifestano in genere come difetti di riempimento nell’ambito del sistema pielo-caliceale, come masse renali maldefinite, infiltranti i calici, che risultano ostruiti e spesso ripieni di detriti tumorali ed ematici ad alta densità.

La stadiazione della patologia neoplastica urologica e degli altri tumori retroperitoneali, così come il follow-up dei pazienti trattati, viene eseguita di routine mediante TC. Lo studio ideale dovrebbe essere effettuato dopo iniezione di mezzo di contrasto per ottenere un’opacizzazione ottimale dei vasi e l’evidenziazione dei linfonodi loco regionali. Linfoadenopatie di dimensioni superiori ad 1 cm nella pelvi e ad 1,5 cm in regione para-aortica sono ritenute significative.

La TC è indicata inoltre per la diagnostica della fibrosi retroperitoneale; le placche fibrose che circondano i vasi retro peritoneali e le strutture adiacenti vengono facilmente visualizzate perché sono dotate di marcato enhancement.

Tra le indagini radiografiche per l’identificazione di una ostruzione del tratto pielo-caliceale più utilizzate sono l’urografia endovenosa e l’Uro-TC.

(29)

Fig. 9 Ecografia renale. Idronefrosi di I grado

(30)

Fig. 11 Ecografia renale. Idronefrosi di III grado

(31)
(32)

1.4 Interventi endoscopici

Tra gli obiettivi della chirurgia dell’uretere abbiamo quello di garantire l’eliminazione dell’urina verso l’esterno dell’organismo.

È opinione generale che stenosi benigne recenti (fino a 3 mesi) rispondano bene alla dilatazione; la grande maggioranza dei pazienti guarisce completamente6. Stenosi di vecchia data, esiti di interventi chirurgici, ginecologici o trattamento radiante per tumori pelvici, e stenosi che coinvolgono segmenti ureterali lunghi e devascolarizzati, più spesso non rispondono alla dilatazione.

Molte stenosi, indipendentemente dall’eziologia, spesso necessitano di ripetute dilatazioni ed eventualmente devono avvalersi del trattamento chirurgico7.

Fistole benigne iatrogene o traumatiche si possono trattare con un semplice stenting ureterale anterogrado o retrogrado. Il risultato è la conservazione del lume ureterale, la prevenzione di stenosi e il drenaggio continuo dell’urina in vescica. La componente muscolare ed epiteliale della parete può rigenerare se la lesione non è troppo estesa circonferenzialmente. Se dopo la rimozione dello stent si forma una stenosi, l’immediata dilatazione fornisce buoni risultati. Il trattamento di fistole maligne, invece, può essere complesso e tecnicamente difficoltoso. Spesso il paziente è stato sottoposto ad intervento chirurgico e/o terapia radiante e presenta una recidiva locale ed una fistola ureterale bassa. La chiusura percutanea palliativa della fistola risulta una ragionevole e sicura alternativa dal momento che non è possibile sottoporre questi pazienti ad ulteriori interventi chirurgici o trattamenti radianti. Tale intervento ha lo scopo di migliorare la qualità della vita e conservare la funzionalità renale.

Il mantenimento della capacità di eliminare l’urina all’esterno dell’organismo può essere garantito tramite interventi di derivazione urinaria, quali la nefrostomia e il posizionamento di stent.

Nefrostomia

E' una procedura che consiste nella puntura delle cavità renali attraverso la cute della regione lombare, sotto controllo ecografico o fluoroscopico, allo scopo di realizzare una comunicazione stabile tra le cavità renali e la superficie corporea per mezzo di un catetere in materiale morbido da connettere ad una sacca di raccolta.

(33)

La principale indicazione alla nefrostomia percutanea è rappresentata dall’ostruzione urinaria, che si manifesta clinicamente con dolore al fianco, leucocitosi, piuria, deterioramento della funzione renale in presenza di idronefrosi e/o febbre8. In casi selezionati, la nefrostomia percutanea viene utilizzata per fornire un accesso al sistema collettore in corso di procedure endoscopiche e radioscopiche (rimozione di calcoli, biopsie o asportazione tumori, endopielotomie, ecc.).

Il primo passo è rappresentato dalla pielografia anterograda; le informazioni acquisite con tale metodica garantiscono un sicuro ed appropriato posizionamento del catetere.

La pielografia anterograda e la nefrostomia percutanea vengono eseguite con il paziente in posizione prona o prona obliqua. In entrambi gli approcci, il percorso del catetere deve essere posterolaterale, attraverso il parenchima renale e non direttamente nella parete libera della pelvi renale (pielostomia). Il percorso transparenchimale permette l’accesso in una zona relativamente avascolare (linea di Brodel) del rene; l’approccio pelvico renale riduce il tratto intrarenale del catetere a fronte di un’aumentata possibilità di danneggiare la pelvi renale o i grossi vasi ilari. Per il posizionamento di cateteri da nefrostomia si usa la tecnica di Seldinger. Dapprima si inserisce una guida nel sistema collettore, poi si dilata il tramite fino al calibro desiderato e infine si posiziona il catetere da nefrostomia.

L’esatta posizione del tubo viene confermata da un adeguato flusso di urina e/o da un controllo radiografico transnefrostomico. Successivamente il catetere viene collegato ad un drenaggio esterno e fissato alla cute (con sutura o mediante sacchetto adesivo da stomia).

Complicanze minori sono il sanguinamento temporaneo e lo stravaso locale di mezzo di contrasto.

Le complicanze maggiori sono rare e comunque meno frequenti di quelle chirurgiche; alcune di esse (pneumotorace, urinoma e altre legate a catetere), si possono comunque prevenire. La più frequente delle complicanze maggiori è l’emorragia; danni vascolari gravi si verificano nell’1-2% dei pazienti.

Circa il 15% dei pazienti sottoposti a nefrostomia percutanea può andare incontro a pionefrosi o esacerbazione di sepsi urinarie. La sintomatologia è caratterizzata da brividi, febbre ingravescente e ipotensione transitoria; lo shock settico può

(34)

presentarsi nel 7% dei pazienti. In caso di infezione si devono evitare ulteriori introduzioni di mezzo di contrasto.

Il paziente con una nefrostomia percutanea richiede un monitoraggio accurato. I pazienti o i familiari devono essere istruiti sulla manutenzione del catetere e sul riconoscimento di malfunzionamenti o danni.

Posizionamento di stent • Per via retrograda

• Per via anterograda/combinata (eccezionalmente)

Il posizionamento percutaneo (anterogrado) interno e/o esterno di stent ureterali è una tecnica ormai ben codificata nel trattamento di ostruzioni ureterali maligne e di un certo numero di malattie benigne. Lo stenting interno è preferito e più tollerato dalla maggior parte dei pazienti perché assicura una migliore qualità di vita: grazie ad esso, infatti si evitano tutti i problemi connessi al drenaggio extracorporeo dell’urina, quali fistole, infezioni cutanee, dislocazioni accidentali del sistema di raccolta e continue infezioni urinarie da corpo estraneo. La sostituzione degli stent interni deve essere effettuata da un urologo per via cistoscopica.

Dopo il fallimento della procedura di posizionamento di stent interno, è necessario ricorrere a cateteri ureterali percutanei.

(35)

1.5 Tecniche chirurgiche

Prima di ogni intervento chirurgico, è essenziale condurre un'attenta valutazione della natura, della posizione e della lunghezza della stenosi ureterale91011.

La valutazione preoperatoria comprende tipicamente una Uro-TC (urografia) o una pielografia anterograda (tramite nefrostomia) o una pielografia ascendente.

Altri studi possono essere di competenza della medicina nucleare per valutare la funzione renale o una ureteroscopia con eventuale spazzolatura per escludere la presenza di un carcinoma, ma queste sono indagini che devono essere individualizzate.

In base a informazioni ricavate da una accurata valutazione preoperatoria, possiamo pianificare la procedura chirurgica più appropriata per il paziente.

Tecnica chirurgica di ricostruzione ureterale

Lunghezza del difetto ureterale

Uretero-ureterostomia 20-30 mm

Uretero-neocistostomia 40-50 mm

Uretero-neocistostomia con psoas hitch 60-100 mm Uretero-neocistostomia con lembo di

Boari

120-150 mm

Uretere ileale > 150 mm

(36)

1.5.1 Uretero-cistoneostomia (UCNS) con eventuale “bladder psoas hitch” L’UCNS è un intervento chirurgico indicato nell’adulto per i danni o le ostruzioni che affliggono i 3-4 cm distali dell’uretere, come stenosi, traumi penetranti o lesioni intraoperatorie. L’uretere viene di solito identificato quando incrocia i vasi iliaci, lo si seziona distalmente e a livello della lesione; quindi viene mobilizzato prossimalmente facendo attenzione a preservare l’avventizia e l’apporto ematico. Mentre nel bambino non viene messa in dubbio l’importanza di effettuare una anastomosi uretero-vescicale con l’utilizzo di una metodica antireflusso, uno studio del 1991 di Stefanovic e colleghi12 ha messo in discussione la necessità di prevenire il reflusso negli adulti sottoposti a ricostruzione ureterale, infatti la visione retrospettiva di adulti sottoposti a UCNS diretta non ha messo in evidenza alcuna differenza nella conservazione della funzione renale o nel rischio di stenosi con l’utilizzo della metodica antireflusso, di conseguenza rimane un dubbio sul fatto che nell’adulto l’effettuazione di anastomosi antireflusso riduca l’incidenza di pielonefriti.

La tecnica dei primi autori prevedeva l’esecuzione di una anastomosi uretero-vescicale finalizzata a garantire solo una continuità anatomica ma senza tecnica antireflusso. Dalla metà degli anni ’60 tale tecnica venne modificata ponendo da questo momento l’attenzione sulla necessità di un’anastomosi uretero-vescicale non refluente, proponendo un reimpianto ureterale tramite tunnel sottomucoso (secondo Politano-Leadbetter) o, alternativamente, ripiegando l’uretere terminale a polsino di camicia (tecnica “split-cuff”).

Il vantaggio di effettuare una anastomosi refluente consente una: o Maggiore facilità di esecuzione dell’intervento o Riduzione dei tempi operatori

o Minore rischio di stenosi ureterale

o Possibilità di coprire un gap ureterale maggiore di circa 2-3 cm rispetto all’intervento con anastomosi non refluente

(37)

I tipi di reimpianto uretero-vescicali che sono stati utilizzati negli interventi chirurgici della nostra casistica sono:

• Politano Leadbetter • Split-cuff

• Diretta

I reimpianti uretero-vescicali con plastica antireflusso costituiscono ormai una regola. Le tecniche che comportano l’interruzione della continuità uretero-vescicale, si propongono il ripristino della stessa, ovvero la necessità di restituire alla neogiunzione uretero-vescicale una dinamica più fisiologica possibile.

Quando si parla di reimpianto diretto si intende la creazione di una anastomosi uretero-vescicale ma senza l’esecuzione di una plastica antireflusso.

L’intervento di Politano-Leadbetter consiste nel liberare l’uretere intramurale e iuxtavescicale, nel farlo penetrare nuovamente in vescica 3 cm più in alto, realizzando così la neoanastomosi a livello del vecchio meato dopo aver fatto scivolare l’uretere in un tunnel sottomucoso; il tutto è realizzato per via strettamente intravescicale. Le critiche mosse a questa tecnica sono date dal carattere cieco della dissezione paravescicale e dal rischio di creare un’angolazione a livello del nuovo tramite di ingresso dell’uretere in vescica: sorgente di stenosi e causa principale degli insuccessi di questa tecnica.

L’intervento di plastica antireflusso con tecnica split-cuff è finalizzato a creare una anastomosi non refluente. Viene effettuata una incisione longitudinale di mezzo centimetro a livello dell’uretere terminale e la parete ureterale viene poi ripiegata indietro su sé stessa e la quantità di tessuto ripiegato risulta avere una lunghezza circa doppia del suo diametro. Il “polsino” viene stabilizzato agli angoli con punti di sutura. Una parte di mucosa e di tessuto siero-muscolare viene rimosso e l’uretere viene anastomizzato a livello vescicale, sporgendo attraverso la mucosa.

Se è possibile confezionare un’anastomosi tension-free, si effettua un’UCNS diretta, altrimenti si utilizza l’ancoraggio allo psoas o il lembo di Boari.

La tecnica di reimpianto ureterale con “bladder psoas hitch” (Fig. 14) fu descritta per la prima volta nel 1896 da Witzel13, ma ha guadagnato maggiore popolarità nel 1960 grazie a Zimmermann14 e successivamente grazie a Turner-Warwick e Worth15 nel 1969.

(38)

Questa tecnica di reimpianto ureterale è considerata un metodo valido per poter garantire al paziente, in seguito all’intervento chirurgico, la continuità del tratto urinario. La tecnica suddetta è utilizzata per riparare i difetti di lunghezza del terzo distale dell’uretere per differenti eziologie tramite mobilizzazione laterale e verso l’alto della vescica, in modo da ridurre la distanza tra giunto pielo-ureterale e vescica e in modo da garantire un’anastomosi uretero-vescicale tension-free con un uretere più corto rispetto al normale. Prerequisito essenziale per il successo è infatti creare una anastomosi senza tensione tra uretere e vescica: questo può essere facilmente ottenuto tramite un'adeguata mobilizzazione vescicale, sezione della corda ombelicale laterale (vasi ombelicali obliterati) e fissaggio della vescica al muscolo psoas. Tuttavia, un difetto ureterale che si estende prossimalmente di solito richiede più di una semplice bladder psoas hitch. Infatti la bladder psoas hitch può essere utilizzata anche in combinazione con altre metodiche come per esempio una transuretero-ureterostomia (TUU) in ricostruzioni più complicate del tratto urinario. Il vantaggio di questa metodica è quello di ovviare a perdite di sostanza dell’uretere pelvico consentendo una anastomosi uretero-vescicale senza tensione.

Si ricorda però, come descritto sopra, che la necessità di ricorrere ad una tecnica antireflusso negli interventi di UCNS negli adulti non è da tutti condiviso.

Il reimpianto ureterale con “bladder psoas hitch” offre il vantaggio di conservare la continuità dell’epitelio transizionale e, rispetto a intervento dopo TUU, consente di mantenere intatta l’integrità dell’alta via urinaria controlaterale riducendo così il rischio di infezioni croniche del tratto urinario e, rispetto all’intervento con uretere ileale, non presenta il rischio di sviluppare anomalie elettrolitiche o disordini metabolici.

Rispetto al semplice intervento di UCNS la psoas hitch può colmare un gap di 5 cm maggiore.

Rispetto al lembo vescicale di Boari i vantaggi della psoas hitch includono una maggiore semplicità tecnica e la diminuzione del rischio di compromissioni vascolari e difficoltà minzionali.

Questo tipo di intervento è controindicato in caso di ridotta capacità vescicale o in caso di lesioni o stenosi ureterali prossimali ai vasi iliaci. Oltre alla valutazione radiografica ed endoscopica pre-operatoria, studi urodinamici possono fornire

(39)

informazioni per quanto riguarda la capacità detrusoriale e la compliance vescicale prima della chirurgia.

Si procede con un accesso sovrapubico extra-peritoneale, viene distesa la vescica in seguito al suo riempimento con circa 200 ml di soluzione fisiologica attraverso un catetere trans-uretrale previamente posizionato in modo da agevolare l’identificazione del margine vescicale e valutare la distanza della vescica dal moncone ureterale prossimale.

Si accede, quindi, allo spazio prevescicale del Retzius e successivamente la vescica viene mobilitata e liberata dai suoi ancoraggi peritoneali mediante sezione del deferente, del legamento rotondo e del legamento ombelicale mono o bilateralmente. L’uretere viene poi isolato procedendo in senso cranio-caudale fino al raggiungimento dello iato vescicale.

A questo punto l'uretere viene sezionato al di sopra del tratto patologico, vengono posizionati due punti di trazione a livello del fondo vescicale e la vescica viene aperta in senso longitudinale fino al livello in cui si prevede di fissare la vescica allo psoas. Si procede quindi alla mobilizzazione verso l’alto e lateralmente della cupola vescicale.

La cupola vescicale viene fissata al tendine del muscolo piccolo psoas, se presente, o alla guaina di rivestimento del muscolo grande psoas e viene creato un tunnel sottomucoso in cui viene appoggiato l'uretere.

Bisogna porre particolare attenzione a non danneggiare il nervo genito-femorale e il nervo femorale quando vengono mobilizzate queste strutture.

L'uretere viene inciso a becco di flauto per una lunghezza di mezzo centimetro e viene effettuata una anastomosi muco-mucosa con o senza tecnica antireflusso, alla porzione supero-laterale della cupola vescicale.

Fin dagli anni ’80 diversi studi16 1718 19 hanno dimostrato l’efficacia a lungo termine dell’intervento di “bladder psoas hitch” che viene considerata una metodica chirurgica di reimpianto semplice, efficace e di prima linea per la sostituzione di ampi difetti dell'uretere distale.

Il tasso di successo di UCNS con psoas hitch è superiore all’85% in adulti e bambini19 20.

(40)

L’UCNS con psoas hitch è stata eseguita con successo in laparoscopia20 ed anche tramite chirurgia robotica21. Nel complesso, l’esperienza clinica di tale procedura è abbastanza limitata in letteratura. Tuttavia, sulla base di dati di follow-up a breve e medio termine, i risultati clinici sembrano essere soddisfacenti ed equivalenti alla procedura open se in mani esperte.

Fig. 14 Ancoraggio allo psoas. A, si mobilizza la vescica e si effettua la cistostomia anteriore. B, si reimpianta l’uretere e si ancora la cupola omolaterale della vescica al tendine del muscolo psoas.

(41)

Fig. 15 Cistografia eseguita in paziente trattata con reimpianto ureterale con “bladder psoas hitch”

(42)

1.5.2 Lembo vescicale di Boari

La tecnica di sostituzione parziale dell'uretere distale con un lembo vescicale peduncolizzato, descritta inizialmente da Boari alla fine del secolo scorso22, trova oggi indicazione nel momento in cui una lesione ureterale sia tale da non essere trattabile con una UCNS su psoas hitch: quindi lesioni, fistole, stenosi o perdite di sostanza ureterale non sormontabili con quest’ultima tecnica (di solito localizzate prossimalmente ai vasi iliaci).

Una ridotta capacità vescicale è verosimilmente associata a una difficoltosa creazione di un lembo di Boari, richiedendo una considerazione di metodi alternativi nella pianificazione chirurgica preoperatoria.

È comunque preferibile utilizzare la tecnica secondo Boari, con la quale si preserva la continuità uroteliale, prima di optare per una sostituzione ureterale con segmenti intestinali o l'autotrapianto renale.

Un lembo vescicale di Boari può essere creato per colmare un difetto ureterale di 10-15 cm, e un lembo vescicale spiralato può raggiungere la pelvi renale in alcune circostanze, soprattutto sul lato destro.

Solitamente viene effettuato un accesso sovrapubico extra-peritoneale, ma è possibile optare anche per un accesso trans-peritoneale attraverso una laparotomia mediana sotto-ombelicale. La vescica viene poi mobilizzata in seguito a sezione e legatura dei vasi ombelicali obliterati.

Viene poi identificato l'uretere non patologico. Successivamente la vescica viene distesa con una soluzione fisiologica somministrata attraverso un catetere trans-uretrale previamente posizionato e viene valutata la distanza della vescica dal moncone ureterale prossimale.

La vescica, liberata dai suoi punti di ancoraggio, viene mobilizzata e vengono posizionati dei punti di trazione a livello del fondo vescicale. A questo punto la vescica viene aperta in direzione del trigono: si viene così a creare un lembo vescicale triangolare. L'ampia base del lembo vescicale peduncolizzato assicura una adeguata vascolarizzazione e conseguente irrorazione della UCNS.

Il lembo continua obliquamente attraverso la parete vescicale anteriore, con la base del lembo che deve essere almeno 4 cm di larghezza e la punta del lembo che deve essere almeno 3 cm di larghezza. La lunghezza del lembo deve essere uguale alla

(43)

stima del difetto ureterale più un aggiunta di 3-4 cm se è prevista la creazione di una anastomosi antireflusso (Fig. 16).

L’estremità prossimale del lembo vescicale viene fissata alla fascia del muscolo psoas e viene creato un tunnel sottomucoso a livello del lembo vescicale in cui verrà adagiato l'uretere.

L'uretere viene inciso a becco di flauto per una lunghezza di mezzo centimetro e viene creata l’anastomosi con la vescica. Viene poi posizionato uno stent doppio J e infine effettuata una cistostomia sovrapubica. Viene chiusa la vescica e infine viene posizionato un drenaggio paravescicale e viene chiusa la ferita.

Fig. 16 Lembo di Boari. A, un lembo spiralizzato, a base posteriore, viene fissato allo psoas. B e C, si esegue l’UCNS e si richiude longitudinalmente il tubo di tessuto vescicale.

(44)

1.5.3 Uretero-ureterostomia (UUS)

Un breve difetto che coinvolge l'uretere prossimale o medio, sia esso una stenosi o una fistola recente può essere trattato con UUS.

D'altra parte, una stenosi ureterale dell’uretere distale è generalmente gestita in modo migliore da UCNS con o senza psoas hitch o lembo vescicale di Boari.

Poiché la tensione sull’anastomosi porta quasi sempre alla formazione di una stenosi, soltanto i brevi difetti dovrebbero essere gestiti con una UUS termino-terminale. L'uretere può essere facilmente identificato seguendo i vasi iliaci e identificando il punto in cui incrociano l’uretere. Bisogna poi porre particolare attenzione alla manipolazione dell’uretere cercando di preservare la sua avventizia, che garantisce un apporto fondamentale di sangue all'uretere stesso.

Una volta che entrambe le estremità dell'uretere sono state adeguatamente sezionate fino ad arrivare a tessuto sano e vitale, i due monconi vengono mobilizzati, correttamente orientati e spatolati per circa 5-6 mm.

Viene eseguita una sutura con materiale riassorbibile in un angolo di un segmento ureterale e all'apice dell'altro e le due estremità della sutura vengono legate al di fuori del lume ureterale. I punti non devono essere troppo vicini tra loro per il rischio di ischemia e conseguente stenosi (Fig.17).

Per proteggere le anastomosi è possibile avvolgerle con grasso retroperitoneale o tessuto omentale.

Viene posizionato uno stent doppio J, un drenaggio chirurgico e un catetere di Foley, generalmente lasciati a permanenza per 1 o 2 giorni.

Se la procedura chirurgica non viene eseguita interamente per via retroperitoneale, è importante determinare la natura del fluido dal drenaggio chirurgico, che può essere ottenuta controllando il livello di creatinina del liquido. A questo punto, se viene accertata l’assenza di stravaso urinario, il drenaggio può essere rimosso.

Lo stent ureterale doppio J viene rimosso endoscopicamente, di solito 4-6 settimane dopo l'intervento.

(45)

Fig. 17 Modellamento a spatola dell’UUS termino-terminale

(46)

Fig. 19 Anastomosi uretero-ureterale spatolata sottogiuntale

(47)
(48)

1.5.4 Transuretero-ureterostomia (TUUS)

Le prime applicazioni cliniche dell’intervento di TUUS furono descritte per la prima volta da Sharpe25 nel 1906 ma la vera introduzione di questa tecnica nella pratica chirurgica si deve a Higgins26, circa trent’anni più tardi (1934). Nella gestione delle stenosi ureterali, la TUUS può essere utilizzata quando la lunghezza ureterale risulta essere insufficiente per un’anastomosi con la vescica.

Questo tipo di intervento consiste essenzialmente nella trasposizione controlaterale dell’uretere patologico e nella anastomosi uretero-ureterale termino-terminale su uretere controlaterale sano.

L'unica controindicazione assoluta all’intervento è una lunghezza insufficiente dell'uretere del lato patologico tale da non poter raggiungere il controlaterale e poter effettuare una anastomosi tension-free (Fig. 22).

In genere viene utilizzato un approccio mediano, transperitoneale, per accedere a entrambi gli ureteri.

L'uretere interessato viene mobilizzato cercando di preservare l'avventizia per garantire un adeguato apporto ematico all’organo e sezionato appena prossimalmente al livello di ostruzione.

La mobilizzazione dell'uretere destinatario deve essere ridotta al minimo per cercare di preservare l'integrità del suo apporto vascolare.

Chiaramente maggiore è il segmento ureterale patologico, meno acuta sarà l’angolazione dell’anastomosi e maggiore sarà la possibilità di ostruzione meccanica. La regione anatomica preferibile per l’attraversamento della linea mediana dell’uretere del lato patologico, e permettere l’anastomosi con il controlaterale, è a livello della biforcazione aortica, dove gli ureteri decorrono più vicini l’uno all’altro. Il successo clinico della TUUS è stato dimostrato da più autori. Nel 1980 Hodges e colleghi27 nello stesso anno riportarono un successo simile in un gruppo di 100 pazienti comprendente bambini e adulti. L’applicazione di questo intervento è stata confermata anche più recentemente da Pesce e colleghi28.

Nonostante questo tipo di soluzione abbia mostrato una certa efficacia e sicurezza, il suo utilizzo rimane limitato in genere a difetti ureterali coinvolgenti l’uretere prossimale, laddove la UCNS non sia possibile.

(49)

Riferimenti

Documenti correlati

Utilizzando il risultato del problema precedente calcolare il tensore di inerzia di una lamina rettangolare (spessore trascurabile) di lati a e b e massa

Se scegliamo la direzione z perpendicolare alla lamina e l’origine su di essa per tutti i punti sarà ovviamente z

Le equazioni di equilibrio vanno abbinate ad opportune condizioni al contorno che tengano in considerazione il tipo di sollecitazione cui `e sottoposta la verga alle estremit`a.

Il sistema materiale di figura `e costituito dal semidisco ABC appartenente al piano Oxy, di massa 3m e raggio R, dal semidisco ADC appartenente al piano Oyz, di massa m e raggio R

Il sistema materiale di figura `e costituito dal semidisco ABC appartenente al piano Oxy, di massa 2m e raggio R, dal semidisco ADC appartenente al piano Oyz, di massa 2m e raggio R

Il sistema materiale di figura `e costituito dal semidisco ABC appartenente al piano Oxy, di massa 2m e raggio R, dal semidisco ADC appartenente al piano Oyz, di massa 4m e raggio R

Il sistema materiale di figura `e costituito dal semidisco ABC appartenente al piano Oxy, di massa 3m e raggio R, dal semidisco ADC appartenente al piano Oyz, di massa 3m e raggio R

•Tonaca mucosa: epitelio cilindrico semplice, lamina propria di connettivo lasso con ghiandole gastriche, muscolaris mucosae. •Tonaca sottomucosa: