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Limiti al flusso informativo : Il problema della tutela da eccesso di informazione

In tale contesto , un nodo cruciale da sciogliere risiede nella opposizione immanente al sistema societario e finanziario tra diritto all’informazione e diritto alla riservatezza, tra tutela della tra- sparenza e tutela del “segreto aziendale”.Infatti uno dei temi più delicati all’interno dei gruppi consiste nella individuazione dell'area di legittima circolazione dell’informazione nel gruppo, da un lato “libera” all'interno del perimetro del gruppo, dall'altro tuttavia “riservata” all’esterno. Nei gruppi di società il problema suddetto assume una particolare criticità, essendo i gruppi strut- turalmente caratterizzati dalla tensione dialettica tra unità (della strategia di gruppo o della dire- zione e coordinamento) e distinzione delle soggettività separate dei suoi componenti.

Il problema , in definitiva, risiede nell’individuazione della soglia sotto la quale - in ragion della parzialità, della incompletezza, della non definitività dell’ informazione - il dato informativo può, anzi deve, rimanere riservato, a tutela dell’interesse sociale e superata la quale, per contro, esso deve essere divulgato.E’ inoltre un problema complesso perché la materia non è retta da un’unica norma, ma si articola, per contro, in molteplici disposizioni di diritto sostanziale (in tema di bilancio, di organizzazione, di scelte gestionali, ecc.) e, per la società quotata, nella disci- plina generale dell'informazione societaria (art. 113 ss. T.U.F.), che si collega alla disciplina “re- pressiva” dell’ insider trading e del market abuse, cioè alla disciplina penale e amministrativa dell’abuso di in formazioni privilegiate e della manipolazione del mercato (cfr artt. 187-bis ss. T.U.F.).

L’informazione è un legittimo vantaggio competitivo, ma l’abuso di informazioni privilegiate è sfruttamento indebito delle asimmetrie informative e viene sanzionato con la legislazione sull’in- sider trading e sul market abuse281

Nella disciplina previgente all’attuazione della direttiva Market Abuse (1. 18 aprile 2005, n. 62), si riteneva che non tutte le informazioni potessero circolare nel gruppo, sia pure con vincolo di riservatezza, se price sensitive282. Autorevole e dominante dottrina sosteneva283 l’insussistenza di 281 Montalenti, I gruppi piramidali tra libertà di iniziativa economica e asimmetrie del mercato, in Riv Soc., 2008, p.319

282 Sebbene “il fluire di informazioni privilegiate dalle sfere delle controllate a quella della controllante trova facilmente giustificazione nelle esigenze dell’illuminata politica di gruppo” (Così Pedrazzi, Rifles- sioni sull’insider trading in ambito corporativo, in Riv. soc., 1991, p. 1669 e s. )

Sul tema, v. Mucciarelli, L’informazione societaria: destinatari e limiti psosti dalla normativa in materia di insider trading, in Banca Borsa tit cred, 1999, p. 745 ss

283 Montalenti, Corporate governance: la tutela delle minoranze nella riforma delle società quotate, in Giur. comm., 1998, I, p.329. R. Costi, I profili societari della « legge Amato », in Società, 1990, p.1307; L.A.Bianchi, Gli effetti giuridici del bilancio consolidato, in Giur. Comm., 1992, I, p.475 ss.; Annunziata, La nuova disciplina delle comunicazioni societarie al pubblico e alla Consob, in Società, 1999, p.398; P.- Piscitello, Commento sub art. 114 Tuf, in Testo unico della finanza, Commentario diretto da G.R Campo-

un dovere informativo generale da parte delle controllate nei confronti della controllante e, reci- procamente, l’insostenibilità di un potere generale di informazione in capo alla controllante 284. Più specificamente, sul tema dei limiti alla circolazione intragruppo dell’informazione, premessa la “terzietà” reciproca delle società del gruppo, si sosteneva la tesi che la norma previgente non consentisse l’esonero dall’obbligo di disclosure in base a un mero vincolo pattizio di riservatez- za285.

In sintesi, nel regime previgente, pur in presenza di una disciplina non marginale di circolazione di informazioni nel gruppo, regolata ex lege, pur nell’ambito della riconoscibilità di un’area di circolazione riservata, legittima perché assistita da obblighi di riservatezza stabiliti aliunde da specifiche disposizioni di legge - si pensi al segreto professionale a cui sono tenuti l’avvocato, il sindaco o il revisore - non si riteneva che fosse ravvisabile un analogo dovere di riservatezza de- sumibile dal sistema nei rapporti tra controllante e controllate e che fosse assai incerta l’ammissi- bilità di confidentiality agreements idonei a liberalizzare una circolazione ristretta di notizie pri- ce sensitive tra controllante e controllate in assenza di una specifica disposizione di legge286. Significativa appariva sul punto la comunicazione della Consob (DME/ 3019271 del 26 marzo 2003) che ebbe a raccomandare la diffusione al pubblico dei dati previsionali e obiettivi quantita- tivi (art. 66 Reg.) se comunicati a soggetti esterni ancorché essi avessero assunto vincoli di riser- vatezza.

Con una disposizione fortemente innovativa, contenuta nel comma 4 dell'art. 114 T.U. F., intro- dotto dalla l. n. 62/2005, il legislatore apre nuovi spazi di circolazione dell’informazione nei gruppi, o, forse più precisamente, nuovi spazi per una regolamentazione pattizia della circolazio- ne dell’informazione nel gruppo di società quotate.

In base a tale disposizione, emittenti, loro rappresentanti, loro consulenti, loro dipendenti posso- no comunicare informazioni price sensitive a un terzo purché legato da un vincolo di riservatezza anche contrattuale.

La norma impone l’obbligo di comunicazione al pubblico delle informazioni privilegiate divul- gate (intenzionalmente o non) da emittenti quotati o soggetti ad essi correlati da un rapporto qua- lificato (di lavoro, professione, funzione o ufficio) “ad un terzo che non sia soggetto ad un ob- basso, II, Torino, 2002, p.952; G.E.Colombo -Olivieri, Il bilancio consolidato, in Trattato delle società per azioni diretto da G.E. Colombo e G.B. Portale, VII, 1, Torino, 1994, p.618 ss.

284 Pareva invece riconoscere un dovere generalizzato di informazione delle controllate verso la capogrup- po A.Gambino, Responsabilità amministrativa nei gruppi societari, in Giur. comm., 1993, I, p. 852. 285 In questo senso F.Mucciarelli, L'informazione societaria: destinatari e limiti posti dalla normativa in materia di insider trading, in Banca borsa, 1999, I, p.745 ss.

286 Montalenti , Corporate governance: la tutela delle minoranze nella riforma delle società quotate, cit., p.329

bligo di riservatezza” non solo “legale” (come, ad esempio, l'avvocato) o “regolamentare” ma anche ”statutario” o – persino- “contrattuale”.

Si deve dunque inferire, a contrario, che la previsione contrattuale di un vincolo di riservatezza con un soggetto terzo consente una circolazione selettiva dell'informazione privilegiata, senza obbligo di divulgazione al pubblico.La disposizione si riferisce a quelle informazioni che hanno carattere privilegiato perché hanno il requisito della precisione e potrebbero rilevare ai fini della disciplina dell' insider trading o dell'abuso di mercato ma che possono essere ancora oggetto di trasmissione selettiva.

Dalla disposizione si evince infatti che deve ricorrere una causa di giustificazione, che ben può ravvisarsi nella relazione di gruppo, l’obbligo di riservatezza, che, nella specie, deve dunque es- sere contrattualizzato ed infine, la predisposizione di misure idonee a garantire la segregazione dell'informazione.La necessità della sussistenza di una causa di giustificazione si evince dalla circostanza che i vincoli di riservatezza legali, regolamentari e statutari non possono che riguar- dare, per definizione, soggetti determinati per i quali, da un lato, la comunicazione dell’informa- zione qualificata è necessaria per svolgere la propria funzione e l’obbligo di riservatezza, dall'al- tro lato, s’impone per evitare effetti distorsivi sul mercato.

Inoltre, sostenere la legittimità della divulgazione a qualsiasi terzo, ancorché assistita dall’obbli- go negoziale di riservatezza, rischia di incrinare l’intero sistema, per l’eccessiva fragilità dello strumento di protezione e cioè del contratto.La relazione di gruppo pare idonea causa di giustifi- cazione, ove si rifletta sull’essenza stessa del gruppo che risiede nell’elaborazione ed esecuzione di politiche gestionali unitarie ancorché articolate attraverso società distinte (la capogruppo e le società controllate).

E’ frequente l’ipotesi di operazioni (di acquisizione, di fusione, di scorporo, di nuove strategie commerciali... ) studiate dalla capogruppo ma da attuarsi da una o più società del gruppo o ope- razioni relative alla capogruppo stessa (di riassetto, funzione, ecc.), studiate e proposte dal ma- nagement, che dovranno essere approvate dai soci di riferimento.In queste ipotesi, nella fase pre- paratoria, la divulgazione a soggetti collettivi determinati (società di riferimento, società control- late, ecc.) e ad esponenti delle stesse specificamente individuati (amministratori, dirigenti, consu- lenti) è necessaria. Si richiede, dalla norma, un’espressa regolamentazione contrattuale e la pre- visione di misure idonee a garantire la segretezza dell’informazione,ovvero l’individuazione dei soggetti destinatari della stessa, le modalità di trasmissione, le tecniche di conservazione riserva- ta dei dati trasmessi.L’innovazione apre spazi significativi di operatività nella fase intermedia delle informazioni già “critiche” ma relative ad operazioni non ancora completamente definite che necessitano di un’idonea e barriera di protezione all’esterno.

La Consob stessa ammette287 l'estensione delle informazioni riservate ai consulenti dei soci “con- trollanti”, ma l’ampliamento della schiera dei soggetti legittimati a ricevere informazioni riserva- te con vincolo contrattuale di segretezza ben può riguardare i soci di riferimento - e i loro consu- lenti - in ragione del principio di parità di trattamento e di necessità di protezione, particolarmen- te intensa nei gruppi, dei diritti e degli interessi delle minoranze.288

4.1.Il dovere di riservatezza degli organi sociali e la sua rilettura nell'ambito dei rapporti di gruppo

Uno degli abituali limiti posti all’esercizio del diritto di informazione del socio, sia nelle società di persone che nelle società di capitali, è rappresentato dal dovere di riservatezza imposto agli or- gani sociali289.

In particolare, nell’ambito delle società per azioni, l’esigenza di tutelare la riservatezza ed il se- greto sussiste anche nei confronti degli stessi soci, stante la creazione di una distinta soggettività giuridica. Da un punto di vista civilistico, mentre un’apposita norma sancisce il dovere dei sinda- ci di “conservare il segreto sui fatti e sui documenti di cui hanno conoscenza per ragioni del loro ufficio”, (art. 2407, l° comma, c.c.), manca una esplicita previsione che imponga un analogo dovere a carico degli amministratori, anche se il richiamo di varie norme dettate in ambiti diffe- renti, come ad esempio gli artt. 2390 e 2391, potrebbe in realtà consentire di giungere ad un eguale risultato290.

287 Cfr. Consob, DME/6027054 del 28 marzo 2006. Informazione al pubblico su eventi e circostanze rile- vanti e adempimenti per la prevenzione degli abusi di mercato. Raccomandazioni e chiarimenti, 21. 288 Montalenti, La circolazione delle informazioni nei gruppi

289 R.Costi, Note sul diritto di informazione e di ispezione del socio, cit., p.83 s.s., il quale sostiene che il segreto sociale debba essere tutelato in tutti i tipi, compresa la società semplice; Foschini, Il diritto dell'a- zionista all'informazione, Milano, 1959, p. 193 s.s.; C.Montagnani, “Il Mercato chi è? ": prime osserva- zioni sulla riforma del diritto (penale) societario, scritta dai vincitori, in Riv soc., 2002, p. 1139 s.s. e p. 1164 s.s.

290 Si tratta, infatti, di una di quelle ipotesi in cui il diritto penale non interviene a recepire e rafforzare pre- cetti fissati da altri rami dell’ordinamento, ma pone esso stesso delle regole destinate ad avere efficacia anche sul piano extrapenale: sull’argomento : C.Pedrazzi - A.Alessandri - L.Foffani - S.Semina G.Spa- gnolo, Manuale di diritto penale dell'impresa, Bologna, 1999, p.415 s.s.; V.Napoleoni, I reati societari, II, Milano, 1992, p. 161 s., che ritiene applicabile l'art.2407 agli amministratori, sulla base di ragionamen- to a fortiori. Un preciso dovere di riservatezza è previsto, invece, dall'art.49 del Regolamento (CE) del Consiglio, 8 ottobre 2001, n.2157, relativo allo statuto della Società Europea (SE), in GUCE, L294 del 10 novembre 2001, p.I, ai sensi del quale “I membri degli organi della SE Sono tenuti a non divulgare nem- meno dopo la cessazione dalle funzioni, le informazioni in loro possesso riguardanti la SE, la cui divul- gazione potrebbe arrecare pregiudizio agli interessi della società, salvo i casi in cui la divulgazione sia richiesta o ammessa dalle disposizioni del diritto applicabili alle società per azioni o nel pubblico inte- resse”.

In ambito penale, sussistono delle particolari figure di reato che riguardano la divulgazione di notizie false (art.2621 c.c.), riservate (in base all'abrogato art.2622 c.c.), o privilegiate (in materia insider trading, di cui all'art. 180 T.U.F.). Rispetto a ciascuno di tali divieti, si è posto il proble- ma di stabilire quale tipo di rilevanza potessero avere i rapporti di gruppo. Posto che la circola- zione delle informazioni tra società del gruppo è esigenza funzionale alla corretta organizzazione dello stesso e si pone come strumentale rispetto all’adempimento di obblighi di trasparenza e pubblicità imposti dalla legge, è necessario chiedersi in che termini i tradizionali interessi alla ri- servatezza e al segreto debbano essere interpretati.

Occorre chiedersi se la composizione di tali interessi- potenzialmente confliggenti- debba avve- nire sancendo la prevalenza dell'uno sull'altro o ricercando una soluzione di compatibilità tra gli stessi. L’attuale legislazione pone l’informazione al pubblico in posizione sovraordinata rispetto all’interesse della singola società alla riservatezza: l’art. 114, 4 comma, TUF prevede che gli emittenti quotati possano lamentare con reclamo motivato “che dalla comunicazione al pubblico delle informazioni possa derivare loro grave danno” e che, in tal caso, gli obblighi di comunica- zione sono sospesi; ma è anche previsto che la Consob escluda (anche parzialmente o tempora- neamente) la comunicazione delle informazioni “sempre che ciò non possa indurre in errore il pubblico su fatti e circostanze essenziali”291. Inoltre le numerose norme legislative e regolamen- tari impongono l'obbligo di disclosure su materie, che, certamente, la tradizione ha considerato di pertinenza della società e, quindi, non divulgabili.

Ma, mentre l’ipotesi della trasmissione di informazioni destinate al pubblico è questione risolta a livello legislativo (dall’art. 114, 2° co, TUF), il vero problema si pone con riferimento alla comu- nicazione tra società ad altri fini e, in particolare, al fine di consentire alla capogruppo una dire- zione unitaria consapevole ed un’efficiente organizzazione del gruppo: ci si chiede quindi se la raccolta di informazioni strumentale, non all’ esercizio di un diritto del socio, ma all’interesse di gruppo, possa consentire delle deroghe al diritto comune.

Nell'ambito dei gruppi bancari si riconosce la legittimità della circolazione di dati e notizie sulla posizione personale dei clienti, in quanto essa prevarrebbe sull’interesse alla riservatezza delle singole controllate e dei terzi coinvolti, così come si ritiene che il segreto sociale non venga vio- lato nel caso in cui la comunicazione venisse divulgata all'interno del gruppo292.

291 S i vedano anache sul punto, C.Pedrazzi - A.Alessandri - L.Foffani - S.Seminara.- Spagnolo, Manuale di diritto penale dell'impresa, Bologna, 1999, p.423 s.s.

292 V.Desario, Obiettivi e strumenti della vigilanza sui gruppi creditizi, in Riv.banc., 1992, p.25 ss., dove, in particolare, dopo avere sottolineato che le informazioni sulle operazioni comportanti l’assunzione di ri- schi sono strumentali all'esercizio del potere di direzione della capogruppo, afferma la legittimità della circolazione infragruppo anche di dati e notizie relative ai singoli clienti, dato che essa non interferisce

La disciplina del gruppo bancario si pone però su un piano di specialità e ciò nel senso che i po- teri-doveri della capogruppo sono essenzialmente preordinati alla realizzazione della vigilanza bancaria293. Sebbene, quindi, non si possa disconoscere l’esigenza di salvaguardare degli interessi di matrice privatistica, non è dubbio che, in caso di conflitto, la tutela del risparmio, costituzio- nalmente garantita dall'art.47, debba essere considerata prevalente.

Non è difficile immaginare come considerazioni non dissimili possano valere con riguardo ai flussi informativi destinati all’adempimento degli obblighi di informazione al pubblico (art. 114, 2° comma tuf), nonché alla redazione del bilancio consolidato.

Anche nell’ambito dei gruppi societari di diritto comune, è stato riconosciuto un dovere di cia- scuna società controllata, dei suoi amministratori e sindaci, di fornire alla capogruppo i dati e le informazioni che consentano ad essa l’esercizio del potere di direzione e di coordinamento delle generali scelte gestionali e finanziarie. Tale dovere di collaborazione, che discenderebbe dalla le- gittimità della direzione unitaria extrassembleare, convertirebbe l’obbligo di riservatezza o del segreto d’ufficio, nell’antitetico dovere di comunicare tutte le informazioni necessarie al fine di consentire alla capogruppo di svolgere le proprie funzioni, anche nell’interesse delle stesse con- trollate: del resto- si osserva-, la conferma della ”comparsa definitiva del dovere di riservatezza nell’ambito dei gruppi societari, con la sua. sostituzione con l’opposto obbligo di fornire alla capogruppo ogni utile dato e informazione per lo svolgimento, da parte di questa, delle funzioni che, nei singoli casi, essa assolve nell'interesse di gruppo, è nella disciplina del bilancio conso- lidato” 294.

con le esigenze del segreto bancario, che disciplina i rapporti con l'esterno del gruppo (sempre che il cliente sia in via generale informato che le notizie circa la sua posizione circolino all'interno del gruppo bancario) (p.37); così, anche R.Pennisi, Attività di direzione e poteri della capogruppo nei gruppi banca- ri, Torino, 1997, p.159; Ferro-Luzzi e P.G.Marchetti, Riflessioni sul gruppo creditizio, in Giur.comm., 1994, 1, p.471, ove si rileva che, in un ipotetico conflitto tra aspettativa del terzo alla riservatezza ed esi- genze di coordinamento e direzione unitaria, saranno queste a prevalere, in quanto assistite da un rilievo costituzionale (art.47 Cost.) superiore alle prime.

293 La capogruppo è, secondo il linguaggio delle “Istruzioni di vigilanza”, il “referente” della Banca d’Ita- lia per l’esercizio della vigilanza su base consolidata sotto il profilo sia della vigilanza informativa sia di quella regolamentare. Volendo tuttavia individuare il ruolo della capogruppo, è da tenere presente, tutta- via, che la vigilanza consolidata si estende al di là del perimetro del gruppo (e , tra l’altro, può sussistere anche in assenza di quest’ultimo) e che il ruolo della capogruppo, pur spingendosi, per quanto riguarda la vigilanza informativa, anche oltre tale limite, assume particolare, se non esclusivo (nel caso della vigilan- za consolidata) rilievo nei confronti delle società che fanno parte del gruppo, ossia delle società bancarie, finanziarie e strumentali dalla stesa controllate. V. per ampia analisi Costi, L’ordinamento bancario, Bo- logna, 2007, p.626 ss

294Gambino, Responsabilità amministrativa nei gruppi societari, in Giur.comm., 1993, I, p.851; U.Tom- bari, Il controllo sindacale sugli amministratori in una società per azioni dominante e dipendente (Con- tributo ad uno studio dei sindaci in una prospettiva “di gruppo”), in Riv.soc., 1997, p.938 s.s. spec.p.958

Come accennato, il “sistema dei limiti all’informazione degli organi societari, si ritiene si fondi sull’art. 2407, co 1 e 2622.: si osserva che obbligazione analoga a quella prevista dall'art. 2407 c.c. deve ritenersi gravare sugli amministratori, malgrado la stessa sia esplicitata per i soli sinda- ci. Il requisito del “pregiudizio” richiesto dalla norma penale (e dalle norme che prevedono la re- sponsabilità degli amministratori), e non dall'art. 2407, dimostra che la divulgazione di notizie sociali riservate “a prescindere dall’idoneità ad arrecare pregiudizio” (si fa l'esempio della si- stematica divulgazione di notizie sociali riservate), potrebbe costituire causa di revoca dalla cari- ca di amministratori e sindaci (artt. 2383, comma 3 e 2400, commi 1 e 2) o grave irregolarità tale da legittimare il ricorso all'art. 2409 c.c.

Il quadro normativo è integrato, a seguito del d.lgs. n. 6/2003, dal nuovo testo dell'art. 2391, ulti- mo comma: anche se la norma non parla di “segreto”, ma sanziona l’utilizzazione di “dati e noti- zie” da parte degli amministratori, in linea di principio è da condividersi l’estensione del dovere di riservatezza agli stessi amministratori295, e la constatazione che tale dovere non si ferma al solo rispetto della norma penalistica (oggi art. 622, comma 2, c.p.), e nemmeno al solo profilo della responsabilità. Sono, infatti, certamente ipotizzabili casi, per quanto rari e marginali, in cui anche la diffusione di notizie “riservate” che non abbia causato, in concreto, un pregiudizio alla società (né mi sembra da escludere che anche la semplice “conferma” da parte degli amministra- tori di notizie già diffuse, in talune fattispecie, possa essere apprezzata quale violazione dei do- veri fiduciari verso la società, e costituire giusta causa di revoca dall’incarico ex art. 2383, com- ma 3, c.c.), può costituire violazione dei doveri imposti agli amministratori dalla legge o dall'atto costitutivo. Il mancato richiamo dell’art. 2407, comma 1, in relazione agli amministratori, ed oggi le differenze terminologiche che ancora sussistono tra l’art. 2407, comma 1, e l'art. 2391, ultimo comma, c.c., devono tuttavia essere considerati anche sotto il profilo della diversa funzio- ne dell'organo amministrativo rispetto a quello sindacale.Infatti, di massima l’attività dei sindaci, salvo per quanto si estrinsechi in relazioni e iniziative, è destinata a svolgersi all'interno della so- s.s.; Id, Il gruppo di società, Firenze, 1997, spec.p.220 s.s., con riferimento ai doveri di collaborazione de- gli amministratori. In senso contrario, R.Costi, La disciplina dei gruppi bancari, in Banca impresa socie- tà, 1990, p.344, ove nota che tali principi derogano il diritto comune, alla stregua del quale gli ammini- stratori che comunicano i dati relativi alla società amministrata rispondono, se alla stessa ne derivi un danno, mentre alla capogruppo non spetterebbe di chiedere notizie ulteriori rispetto a quelle che potrebbe