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qualificazione didattica della docenza universitaria Ettore Felisatt

5. Linee di indirizzo per una “via italiana”

Riflettere su un modello formativo nazionale di riferimento significa in primo luogo creare le condizioni per riconoscere i valori e le pratiche di una didattica maggiormente rispondente alla tradizione culturale italiana. Un simile approccio permette di contrastare eventuali processi unidirezionali di “auto-colonizzazione” dall’esterno e di scoprire pratiche didattiche in uso attualmente in ombra e impossibilitate ad esprimersi. Occorre infatti con- siderare che la polarizzazione di interesse quasi esclusivo verso la ricerca ha reso “invisibi- li” molte esperienze didattiche di qualità realizzate spontaneamente e in solitudine da vari docenti nelle proprie aule. Nella realtà italiana, a differenza di quella anglosassone, manca- no opportunità e network organizzati (riviste, associazioni, consorzi, comunità, progetti, gruppi di ricerca, call, premi, ...) in grado di far emergere e condividere le buone pratiche didattiche, sostenendo una libera riflessione che riconosca le dimensioni peculiari della nostra esperienza culturale. Peraltro, riconoscere e apprezzare le caratterizzazioni locali potrebbe offrire un maggiore contributo alla dialettica dello scambio e del confronto nel più ampio consesso internazionale.

Dai vettori individuati emergono alcuni tratti distintivi comuni caratterizzanti la pur breve esperienza italiana:

- l’abbandono generalizzato di modelli didattici trasmissivi con un’affermazione convinta di pratiche formative attive, centrate sull’apprendimento (learner cente- red), a carattere riflessivo, esperienziale e trasformativo;

- l’utilizzo diffuso di esperienze di apprendimento sviluppate attraverso lavori di gruppo e workshop, in una logica sociale di scambio reciproco e di lavoro di comu- nità (FLCs) fra i partecipanti;

- la preminenza di progetti di formazione ad adesione volontaria rivolti a docenti neoassunti, proposti in forma riservata (Polito, Catania, Pisa) o aperta anche agli altri docenti (La Sapienza, Torino, Bari, Foggia), orientati a processi di innovazione metodologica e di e-learning, proposti per lo più con aspetti di workplace learning; - l’apertura al contesto internazionale e la realizzazione di iniziative formative a ca- rattere sperimentale con rilevazioni empiriche e ricerche a supporto di processi di valutazione e riflessione per il miglioramento delle esperienze in atto;

- l’avvio dei primi percorsi per la preparazione di “figure esperte”, cui attribuire il compito di supporto ai colleghi impegnati nelle esperienze di innovazione, attraver- so progetti di formazione di mentori per la didattica (Palermo e Catania);

Occorre inoltre rilevare che insieme ad un generale aumento di interesse per la didattica, stanno facendo la loro comparsa:

- i primi network che sviluppano interazioni reticolari fra le varie realtà, con la messa in gioco delle esperienze realizzate, il confronto e la riflessione comune (Fondazio- ne CRUI, Asduni e GEO);

- alcune pubblicazioni di ricerca nel campo della formazione professionale dei do- centi e di documentazione di esperienze e progetti, realizzate in riviste nazionali . 1

Taluni aspetti, a nostro avviso, richiedono una considerazione ulteriore. In primo luogo, appare urgente delineare un framework di riferimento con la definizione di standard profes- sionali condivisi, in grado di orientare i processi di sviluppo delle competenze del docente universitario. Ciò porrebbe in diretta connessione la professione docente sia con l’articola- zione di vari percorsi formativi per le competenze didattiche, sia con la messa a punto di efficaci sistemi per il riconoscimento della qualità professionale e l’erogazione di premialità da parte degli atenei.

Occorre altresì rilevare che, nelle varie università, le azioni poste in essere, in generale, non si presentano ancora con i caratteri sicuri di un servizio incardinato in forma permanente e in grado di sviluppare politiche articolate su più piani; è ancora fragile la logica di un siste- ma di ateneo funzionalmente organizzato per la promozione e il supporto alla docenza, con chiare e articolate prospettive di intervento verso il futuro (Carpenter, Sweet, & Blythe, 2016). Va infine evidenziato che rispetto ai percorsi di preparazione alla docenza universitaria occorre sviluppare una riflessione che identifichi le differenti funzioni esercitate dalla do- cenza stessa in relazione all’organizzazione complessa della didattica. Tale riflessione deve altresì essere in grado di accogliere una rappresentazione unitaria della professionalità do- cente in cui, come afferma Boyle (1990), tutte le diverse funzioni (discovery, integration, application, teaching) trovino un loro giusto riconoscimento nella direzione della didattica, della ricerca e della terza missione. In una simile logica l’intervento di qualificazione della docenza appare con tutte le sue potenzialità come necessario e ineludibile.

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1

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