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Lingvokul’turologija e Cultural linguistics: due esperienze di studio e un paraocch

Resta un’ultima considerazione da fare prima di chiudere questo capitolo introduttivo dedicato alla lingvokul’turologija. Si tratta di una considerazione che ci porta ad abbandonare lo scenario accademico russo per osservare come nel contesto di un’altra accademia, ma nello stesso momento storico, sia andato affermandosi un paradigma di ricerca decisamente affine alla lingvokul’turologija per denominazione, impianto teorico e obiettivi, sebbene del tutto indipendente – anzi, come vedremo i due fenomeni si configurano curiosamente come due esperienze di studio del tutto “impermeabili” l’una all’altra. In questa sezione cercherò di fornire una breve ma utile panoramica che renda conto di tale orizzonte di studio, mettendone in luce i punti di contatto con la lingvokul’trologija46.

Sul finire degli anni novanta, in seno alla linguistica americana inizia a circolare il termine “cultural linguistics”47 per indicare una disciplina che manifesta «a broad interest in language and culture, a concern with folk knowledge, and a reliance on both ethnographic and linguistic methods» [Palmer 1996: 36]. Come è evidente, le etichette “lingvokul’turologija” e “cultural linguistics” manifestano una sorprendente corrispondenza, sebbene in modo asimmetrico: nel primo caso il principale termine della questione risulta essere la culturologia arricchita dalla linguistica in qualità di attributo, mentre nel secondo caso protagonista è la linguistica qualificata dalla cultura. Nonostante il rovesciamento terminologico, i punti nodali sono i medesimi: queste discipline fanno oggetto della loro indagine la lingua (jazyk-language), la cultura (kul’tura-culture) ed il popolo (narod-folk), impiegando metodi mutuati dalla linguistica e dall’etnografia (studi culturali), il che ne determina la vocazione fortemente interdisciplinare. Accanto all’antropologia, alla psicologia, alla linguistica cognitiva, nonché all’etnolinguistica, che costituiscono interlocutori sistematici per entrambe le discipline, vi è una componente di originalità legata al contesto culturale in cui ciascuna di esse è maturata. Se la lingvokul’turologija è il corrispettivo teorico del lingvostranovedenie ed è orientata all’indagine di questioni didattiche, traduttive, lessicografiche ecc. che riguardano fondamentalmente la lingua russa, dall’altra parte la cultural linguistics «has been applied to, and

46 Va da sé che la trattazione approfondita di questo fenomeno richiederebbe un’altra tesi con un altro titolo.

47 Sembra che il padre legittimo dell’espressione sia Ronald Langacker che la usò nel 1994 in merito al rapporto tra “cultural

has benefited from, several areas of (critical) applied linguistics, including intercultural communication48, intercultural pragmatics, World Englishes, Teaching English as an International Language, and political discourse analysis» [Sharifian 2017b: 2]. Inoltre, sia la cultural linguistics che la lingvokul’turologija si configurano come paradigmi d’indagine che forniscono un apparato concettuale e metodologico ad ambiti di studio variegati.

È curioso come si possano registrare punti di contatto anche nel percorso evolutivo delle due discipline: proprio come la lingvokul’turologija, la cultural linguistics sorge terminologicamente nella seconda metà degli anni novanta e trova oggi la forma compiuta di un ambito di studio vero e proprio che in pochi anni ha visto (a) la pubblicazione di monografie e raccolte da parte di una casa editrice di riferimento – si noti che nel 2015 l’editore Springer ha lanciato la collana “Cultural Linguistics”, (b) la nascita, nel 2014, di una rivista specializzata, ovvero l’«International Journal of Language and Culture», nonché (c) l’allestimento di un ciclo di convegni internazionali a tema “Cultural Linguistics”, il primo dei quali si è tenuto a Prato nel 2016.

L’esponente più autorevole di questo ambito di studio è certamente Farzad Sharifian (Monash University) che, proprio nel corso del “First Cultural Linguistics International Conference” viene indicato come «the man to establish Cultural Linguistics as an independent research paradigm on the global scale» [CLIC 2016]. Sharifian è fondatore e preside della prima cattedra a livello internazionale di cultural linguistics che ha sede presso la Monash University (Australia). La sua monografia Cultural Linguistics: Cultural conceptualisations and language (2017) rappresenta una pietra miliare nell’ambito della cultural linguistics, «the most important contribution to the emerging field of Cultural Linguistics to date», come ha ad affermare Roslyn Frank (The University of Iowa) nella quarta di copertina [Sharifian 2017b].

Ebbene, l’incipit del volume recita così:

Interest in studying the relationship between language and culture can be traced back at least to the 18th century. Wilhelm von Humboldt (1767-1835), Franz Boas (1858-1942), Edward Sapir (1884-1939), and Benjamin Whorf (1897-1941) are prominent scholars who all emphasised the relationship between language, thought, and culture [Sharifian 2017b].

Queste parole di apertura suonano decisamente familiari – pur notando, e non a sorpresa, che all’appello manca il nome di Aleksandr Potebnja. Proprio come la lingvokul’turologija, in effetti, la cultural linguistics si configura come una sorta di rivisitazione in chiave moderna dell’ipotesi della relatività linguistica, sebbene con una presa di distanza su alcune questioni sostanziali: (a) revisione della nozione

48 Sarebbe estremamente interessante approfondire i binomi lingvokul’turologija-mežkul’turnaja kommunikacija e cultural linguistics-

intercultural communication data la curiosa simmetria che si verifica in contesti scientifici distinti. Ma anche in questo caso mi costa rilevare che è necessaria una ricerca a parte.

di “cultura”; (b) tensione verso precisazione ed esattezza terminologiche; (c) riluttanza verso la creazione di una teoria o di un sistema teorico monolitici49.

Procediamo con ordine. Secondo Sharifian uno dei limiti dell’ipotesi Sapir-Whorf è quello di avere a che fare con un’entità decisamente astratta come la cultura, il che porta naturalmente a un’imprecisione terminologica e parallelamente a una semplificazione epistemica. Nell’articolo Cultural Linguistics and linguistic relativity (2017) Sharifian su questo punto è molto chiaro: «Cultural Linguistics rejects the simplistic view that it is possible to extract the culture/worldview/thought patterns of a speech community by analysing the features of the language they speak» [Sharifian 2017a: 90]. La cultural linguistics mira ad indagare il rapporto che esiste non tanto tra lingua, cultura e pensiero, quanto tra lingua e “cultural conceptualisation/cognition”, entità, questa, che fornisce «an integrated understanding of the notions of “cognition” and “culture” as they relate to language» [Sharifian 2017b]. Questa precisazione è tutt’altro che secondaria perché permette, almeno sulla carta, di superare una grande impasse in cui incorrevano Sapir e Whorf. Per cultural cognition si intende un pensiero (thinking/thought), una coscienza-conoscenza (knowledge) – ciò che in russo è indicato in termini di soznanie – che risulta dall’interazione, nel tempo e nello spazio, tra i membri di una comunità; questa risultanza, si badi, non coincide con la mera somma dei sistemi cognitivi dei singoli membri, poiché «the elements of a speech community’s cultural cognition are not equally shared by speakers across that community, so much so that, in fact, cultural cognition is a form of (heterogeneously) distributed cognition» [Sharifian 2017b: 3]. Questo elemento che vede la coscienza/conoscenza come un fenomeno dalla distribuzione eterogenea introduce una prima evidentissima differenza con la nostra lingvokul’turologija: la cultural linguistics contempla un fenomeno di variabilità (variation) all’interno della medesima comunità linguistica, il che naturalmente impedisce di parlare di una mentalità e di una coscienza universalmente condivise; «Speakers show variations and differences in their access to an internalisation of cultural cognition. Also, cultural cognition is dynamic in that it is constantly being negotiated and renegotiated across generations and through contact with other speech communities» [Ibidem]. E ancora: «Cultural Linguistics views cultural cognition, cultural conceptualisations, and language as heterogeneously distributed across the minds of the members of a speech community» [Sharifian 2017a: 90].

Il fatto quindi di parlare di “cultural cognition”, anziché di “cultura”, pare permettere una certa flessibilità e un certo dinamismo che l’ipotesi Sapir-Whorf non consentiva e che, a mio parere, la lingvokul’turologija continua a non consentire (per una riflessione più approfondita sulla rigidità sistematica

49 Su questo punto in particolare Sharifian insiste a più riprese. La cultural linguistics vuole configurarsi come un paradigma di

ricerca, un ambito di studio, una disciplina più che una teoria linguistica, diversamente da quella che abbiamo identificato essere la sua progenitrice, l’ipotesi Sapir-Whorf: «When it comes to comparing Cultural Linguistics and linguistic relativity, Cultural Linguistics offers a theoretical framework and an analytical framework, rather than a claim to a “theory” or a “theory complex” […], or a “hypothesis” regarding the relationship between language and thought» [Sharifian 2017a: 89].

della lingvokul’turologija si rimanda al capitolo terzo). Se ci ricordiamo, uno degli obiettivi chiave della lingvokul’turologija è la ricostruzione della russkaja jazykovaja kartina mira, ovvero, traducendo da Zaliznjak, Levontina e Šmelëv, quel repertorio di rappresentazioni del mondo racchiuso nel significato delle unità linguistiche e condiviso da tutti i parlanti la lingua russa (cfr. § 1.3.5.). Contemplare, invece, una variabilità, significa dare peso ad una componente individuale, il che permette «not [to] view speakers as being “imprisoned” in the elements of their language and culture» [Sharifian 2017a: 90]. Inoltre, per la cultural linguistics la tesi del determinismo linguistico risulta ridimensionata: la lingua ha un potere “limitato”, poiché non è l’unica risorsa a emanare “pensiero culturale”: accanto a essa svolgono (o possono svolgere) un ruolo altrettanto cruciale l’arte, la letteratura, eventi culturali, canzoni popolari, riti, comportamenti extra-linguistici ed emozioni [cfr. Sharifian 2017b: 6].

Sulla base di quanto detto finora possiamo quindi rilevare una distanza sostanziale tra cultural linguistics e lingvokul’turologija: se la prima, infatti, si configura come erede dell’ipotesi della relatività linguistica, ma con una chiara proposta di rivisitazione, la seconda pare invece prenderla alla lettera. Nel manuale Lingvokul’turologija Zinaida Sabitova fa il punto sui temi d’interesse della lingvokul’turologija: «Лингвокультурологию интересуют вопросы, связанные с описанием в языке способов отражения культуры, образа мышления народа» / «La lingvokul’turologija è interessata alle questioni legate alla descrizione nella lingua dei modi di riflessione della cultura, dell’immagine della mentalità del popolo» [Сабитова 2015: 11]. E tra i capisaldi teorici annovera il seguente:

Язык – это неотъемлемый компонент формирования этнического мировосприятия. Согласно гипотезе Сепира-Уорфа […], гипотезе лингвистической относительности, структура языка определяет мышление и способ познания реальности […]. Люди, говорящие на разных языках, по-разному воспринимают мир и по-разному мыслят, картина мира зависит не столько от наблюдаемой реальности, сколько от той классификационной сетки, которую конкретный язык с его грамматикой и лексикой

навязывает говорящему / La lingua è un componente imprescindibile per la formazione della percezione etnica del mondo. Secondo l’ipotesi Sapir-Whorf […] della relatività linguistica, la struttura

della lingua determina il pensiero e i modi della conoscenza della realtà […]. Le persone che parlano lingue diverse vedono il mondo in modo diverso e in modo diverso pensano; la visione del mondo dipende non tanto dalla realtà osservata, quanto dalla rete di classificazione che la lingua concreta, con la sua grammatica e il suo lessico, impone al parlante [Сабитова 2015: 11-12; il corsivo è mio].

Nonostante questa dissonanza di principio, è interessante osservare come in fase applicativa lingvokul’turologija e cultural linguistics si orientino lungo percorsi molto simili. Mi spiego meglio. Entrambe le discipline intendono la lingua in termini onnicomprensivi, ovvero conducono indagini su piani d’analisi

linguistici variegati: nel corso del capitolo secondo avremo modo di appurare come questo sia vero per la lingvokul’turologija, prendendo in esame indagini condotte sui piani etimologico (Stepanov), morfologico (Wierzbicka, Ter-Minasova), lessicale (Wierzbicka, Zaliznjak, Levontina, Šmelëv), fraseologico e paremiologico (Telija), sintattico (Wierzbicka, Zaliznjak, Levontina, Šmelëv), semantico (Wierzbicka, Zaliznjak, Levontina, Šmelëv). Per quanto riguarda la cultural linguistics, rimettiamoci a quanto scrive Sharifian: «Cultural linguistics subscribes to a view of language that comprises all levels, from syntax to semantic and pragmatic meanings, as well as discourse structure and seeks to examine how they may be associated with certain cultural conceptualizations» [Sharifian 2017a: 89]. Nel corso della sua keynote che apre al primo convegno internazionale di cultural linguistics Sharifian ribadisce: «The main focus of Cultural Linguistics is relied on any method and any data that can give us clues about the relationship of language and cultural conceptualisations» [CLIC 2016; il corsivo è mio]. Qui il parallelismo con lo strumento delle “parole chiave”, utilizzato in ambito linguo-culturologico, nel contesto specificamente della semantica lessicale, è più che mai evidente: un’unità linguistica viene fatta oggetto di studio «если она может служить своего рода ключом к пониманию каких-то важных особенностей культуры народа, получающегося данным языком» / «se è in grado di servire a modo suo come chiave per la comprensione di importanti peculiarità della cultura del popolo che è risultato della data lingua» [Зализняк, Левонтина, Шмелёв 2005: 17]; e ancora: «анализ лексической семантики русского языка даст нам ключ к пониманию каких-то существенных характеристик» / «l’analisi di semantica lessicale della lingua russa ci darà una chiave per la comprensione di alcune caratteristiche fondamentali» [Ibidem].

Resta ora da sottolineare un ultimo, ma cruciale, aspetto: nonostante le evidenti similitudini – a partire dalla quasi-equivalenza nella denominazione – lingvokul’turologija e cultural linguistics paiono ciascuna ignorare l’esistenza dell’altra. Ciò può essere dedotto, per parte della lingvokul’turologija, dall’evidente assenza di qualsiasi accenno alla cultural linguistics: nel corso delle mie ricerche ho preso in esame una mole di materiale vastissima dedicata alla lingvokul’turologija, in cui mai si fa menzione della “cugina occidentale”. Anzi, la tendenza è quella di fare vanto della cifra autoctona della disciplina; ovvero, una volta liquidati Humboldt, Sapir, Whorf e, se la panoramica è completa, Boas e Weisgerber, si descrive la lingvokul’turologija come ambito di studio squisitamente russo – Wierzbicka è in un certo senso considerata russa di adozione. E ciò è evidente se si dà una scorsa alle bibliografie dei manuali e delle tesi di laurea. Per parte della cultural linguistics la mia deduzione si basa sulla mera analisi del materiale bibliografico dei lavori di Sharifian o da lui curati. Del resto è lo stesso Sharifian ad affermare: «A unified subdiscipline focusing on the relationship between language and culture has never been fully developed» [Sharifian 2017b: 1]. Prima della cultural linguistics, s’intende.

Con un po’ di malizia verrebbe da chiedersi se la mancata conoscenza reciproca sia celatamente tenuta presente da entrambe le discipline. Ma qui si apre il campo alle speculazioni, il che mi segnala che è tempo di avviarmi al capitolo successivo.

Capitolo secondo