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L a via princ ipa le di M on te n er od om o, pa e se qua si inter ame nte di st ru tt o da ll a gu e rr a e qua si inter ame nte ri co st ru it o .
è stata rinsaldata dal fatto che l’intervento dello Stato nel dopoguerra è stato minimo rispetto a quello che si è verificato in zone di più aspra lotta politica e di maggiori tensioni sociali (4).
La certezza così diffusa, che restando non ci sia possibilità di migliorare il proprio stato, accompagnata al rifiuto di considerare defi nitivo il trasferimento all’estero, ha creato un’intricata serie di situa zioni familiari e sociali e un diffuso senso di provvisorietà, che a lungo andare peserà gravemente sul destino di queste popolazioni : i terreni di proprietà degli emigrati lasciati in stato di abbandono', i nuclei familiari divisi, il disorientato andirivieni di alcuni gruppi, sono tutte manife stazioni di questo stato di provvisorietà. Abbiamo nella nostra zona un paese, straordinariamente ricco di opere pubbliche, la cui popolazione si è ridotta della metà nel giro di pochissimi anni; a tre chilometri un paese sovrapopolato, ove chi emigra torna indietro e non certo per aver fatto fortuna.
Quel poco che sappiamo sul fenomeno emigratorio nella zona serve soltanto a porre l’esigenza di saperne di più. Comunque si intuisce tutta l’importanza che può avere in questo settore un intervento di carattere sociale, intervento, del resto, che per certi aspetti può iniziarsi senza attendere i risultati attualmente in corso di svolgimento di studi più approfonditi; così ci proponiamo di operare immediatamente per facili tare gli atti di richiamo, per la qualificazione o semiqualificazione dei lavoratori, e per una più diffusa e più realistica conoscenza delle situa zioni cui vanno incontro gli aspiranti all’emigrazione.
c) Turism o
Una terza componente, sia pure assai modesta, deH’economia del comprensorio è il turismo. Nel nostro comprensorio abbiamo tre centri di notevole interesse per il turismo (si noti bene, estivo e invernale) : Roccaraso, Rivisondoli, Pescocostanzo. L’unico centro largamente attrez zato è Roccaraso; dai pochi dati raccolti risulta per esempio che a
(4) ¡Si pensi, per esempio, per quanto concerne i finanziamenti del Piano E'RP, che l’Abruzzo « che costituisce il 5,06 del territorio dell’Italia e il 3,46 della popo lazione italiana, ha avuto soltanto lo 0,7 (meno dell’uno per cento!) di quei finanzia menti che sarebbero dovuti servire soprattutto all’industrializzazione delle regioni economicamente depresse». (Cfr. Bruno Visentini, Per la rinascita economica del l’Abruzzo, a cura dell’Ufficio Stampa del Partito repubblicano italiano, Roma, 1958).
« Un secondo dato molto importante e pieno di significato — scrive ancora Bruno Visentini — è il volume degli investimenti effettuati dalla Cassa per il Mezzogiorno. A tutto il 30 giugno 1957 gli investimenti effettuati in Abruzzo per nuovi impianti sono stati di lire 258.000 per chilometro quadrato, di fronte ad una media di lire 581.000 per chilometro quadrato per il complesso del Mezzogiorno (per il complesso, cioè, delle zone dove opera la Cassa). La stessa ricerca, fatta in relazione al numero degli abitanti, porta a rilevare che gli investimenti effettuati in Abruzzo sono stati di lire 2.302.000 ogni mille abitanti, contro una media di lire 3.866.000 nel complesso delle regioni del Mezzogiorno ».
Rispetto dunque agli interventi dello Stato, l’Abruzzo è all’ultimo o penultimo posto, e parliamo di quegli interventi recenti che avrebbero dovuto servire alla progressiva eliminazione delle differenze e degli squilibri fra una regione e l’altra. L’esigenza di un energico intervento nella zona (per la quale esistono progetti di bonifica idraulica, eco.) è avvalorata in questo momento da alcune iniziative prese in questo senso in sede politica. Infatti un disegno di legge, presentato agli inizi del ’58 da alcuni senatori abruzzesi, invoca provvedimenti urgenti e straordinari per l’Abruzzo.
Roccaraso, con i suoi diciassette alberghi, molti dei quali di prima cate goria, solo il 15% del personale occupato nell’alta stagione è reclutato localmente. Se si pensa che l’industria turistica normalmente presenta uno dei più alti coefficienti di assorbimento di mano d’opera, dobbiamo dire che questo dato risulta preoccupante.
Anche in questo settore gli elementi che abbiamo sono insufficienti per indirizzare un qualsiasi intervento. Comunque, non c’interessa tanto il problema dell’attrezzatura alberghiera : ci interessa l’introduzione di tipi di sistemazione ricettiva del tutto assenti nella zona, come i camping e gli alberghi della gioventù, e soprattutto ci pare importante sviluppare l’ospitalità in case private.
Tre sono a nostro avviso i vantaggi di uno sviluppo di questo tipo di ospitalità :
1) il turista che vive un mese presso una famiglia, stabilisce un rapporto col paese, che non potrebbe mai stabilire vivendo in albergo. Gli italiani hanno bisogno di conoscere quel 40-60% della popolazione che da noi è dedita all’agricoltura, per acquistare una maggiore consa pevolezza della realtà sociale e per considerare con più simpatia il mondo contadino;
2) all’isolamento di queste popolazioni non si pone certo rimedio invitando la gente ad andare per due giorni a Sulmona o a Roma; l’ospi talità pone queste famiglie a contatto con nuove forme di vita, con migliori abitudini igieniche ed alimentari, procura nuovi contatti e crea nuovi bisogni, tutti fatti positivi per gli educatori che non si ispirino al diffuso criterio pedagogico espresso in un noto proverbio che consiglia di non far conoscere il meglio al contadino;
3) questo tipo di ospitalità porta al miglioramento delle abita zioni e a più civili forme di vita : risulterà evidente e convincente la preferenza dell’ospite per la casa attrezzata di servizi igienici moderni, piuttosto di quella fornita di televisore o di mobile bar.
Riteniamo che il lavoro sociale debba suggerire e sostenere questo tipo di iniziativa anche per un altro genere di « turismo », per il quale non esiste affatto in Italia alcuna forma di ricettività : alludo al « turismo assistenziale » diffuso in tanti centri rurali della Svizzera, dei paesi scandinavi, del Belgio; troppo spesso per tanti tipi di convalescenza, di disturbi, di difficoltà, viene consigliato l’allontanamento dalla propria famiglia e controindicata la vita di albergo, di convalescenziario o di istituto. Selezionare in queste zone ricche di famiglie sane e ospitali quelle disposte ed adatte ad occuparsi di queste persone, potrebbe rap presentare una risorsa economica di qualche interesse in paesi ove il reddito medio pro-capite, come è noto, si aggira intorno alle 110 mila lire annue.
Da questi brevi cenni preliminari è chiaro che ci troviamo di fronte a una zona per la quale non esiste una soluzione, ma una molteplicità di piccole soluzioni, che richiedono un’opera paziente di composizione e di incastro. I problemi ai quali si è accennato, tra i tanti, hanno un deno minatore comune, che giustifica pienamente l’intervento degli enti che hanno preso l’iniziativa.
Ci pare che proprio nella situazione descritta la collaborazione tra ope ratori sociali e operatori economici possa aprire prospettive di grande interesse. In questa fase una tale collaborazione è qualche cosa di più che un voto. L’azione che gli assistenti sociali vanno svolgendo rappresenta una preparazione del terreno, valida per i singoli piani a breve sca denza, come per un piano generale di sviluppo.
Insistere su questa azione combinata non significa affrontare i pro blemi tutti in una volta. Nella attuazione pratica, al contrario, pensiamo sia utile promuovere delle vere e proprie « campagne » per la soluzione di singoli problemi, in uno spirito di mobilitazione generale. La rapidità con cui un determinato problema viene cancellato dal lungo elenco che la comunità presenta, è un fattore d’incoraggiamento tutt’altro che trascu rabile.
Facciamo proprio a titolo di conclusione l’elenco dei princìpi infor matori di un processo di sviluppo della comunità, esposti da Ernest C. Grigg durante il Seminario sullo sviluppo della comunità tenutosi recen temente a Palermo per iniziativa delFONU :
« 1) Non si può migliorare il livello di vita delle popolazioni valendosi solo di una legge oppure affidandosi all’iniziativa delle popolazioni stesse; le due cose sono necessarie;
2) non si può ” forzare ” un cambiamento : bisogna farlo accettare dalla gente; ottenere possibilmente con lavoro comune (non con le parole) la loro cooperazione e il loro appoggio;
3) questo si ottiene facilmente se il piano di sviluppo risolve per lo meno qualcheduno dei problemi che una piccola comunità sente istintivamente come propri ;
4) i piani generali di sviluppo sono necessari ; ma ancor più importante è il contatto umano con le persone ed i gruppi che ne sono influenzati ; queste persone imparino ad agire per le cose che devono ottenere;
5) non c’è successo a breve termine che si possa consolidare se non si riesce a far cambiare durevolmente la mentalità della gente (ove necessario) : è necessario far accompagnare una nuova ” situazione ” sociale da una nuova ” mentalità sociale ” ;
6) se un medesimo risultato può essere raggiunto da un’azione della autorità centrale o da una iniziativa delle autorità locali, è (sempre in linea di màssima) da preferire senz’altro la seconda via ;
7) se si ammette, come si ammette, che lo sviluppo economico si accom pagna allo sviluppo sociale, l’idea di ” piano economico ” si accompagna neces sariamente a quella di ” pianificazione sociale ” ;
8) il Community Development non consiste in un determinato servizio sociale (sviluppo dell’igiene, della piccola proprietà agricola, ecc.), ma è come una sintesi di tutti i servizi sociali necessari, tesa a quello che è il suo scopo reale: aiutare l’evolversi autonomo dell’uomo » (5).
Aspetti organizzativi
Secondo l’impostazione data al nostro lavoro, gli assistenti sociali sono addetti a questo 'processo di sintesi.
Ciò non significa sostenere una specie di monopolio degli assistenti sociali quali promotori dell’azione comunitaria. In Italia vi sono e si vanno sviluppando altre esperienze del genere e vale la pena soffermarsi ad esaminare il tipo di équipe che le varie iniziative presentano.
Nel progetto OECE in (Sardegna abbiamo una preponderanza di esperti che dirigono determinati settori e delle équipes composte di divul gatori agricoli, assistenti sociali e maestri; a Borgo a Mozzano abbiamo un tecnico agricolo ed un assistente di economia domestica rurale; nei centri di cultura popolare deH’UNLA maestri e volontari locali; nelle esperienze ICTA tecnici e divulgatori agricoli e assistenti sociali; nei centri del Movimento di Comunità e nelle iniziative promosse da Danilo Dolci in Sicilia tecnici agricoli e assistenti sociali; nei centri sociali del- l’INA Casa assistenti sociali e volontari locali.
Abbiamo accennato soltanto alle esperienze più note, a quelle, per così dire, che si sono dichiarate per un lavoro di sviluppo della comunità. Nulla possiamo dire delle altre che in realtà, e spesso più concretamente, vanno svolgendo questa azione, partendo a volte dall’iniziativa di un par roco, da quella di un sindaco, da quella di una cooperativa o di una università popolare.
Ogni tentativo di analisi è prematuro, comunque, qualunque sia la composizione dell’équipe, tre sono i problemi da tener presenti :
1) chi ha cominciato (poiché l’inizio significa un determinato tipo di impostazione del lavoro) ;
2) a chi viene affidata specificamente la promozione dell’azione comunitaria ;
3) quale ruolo assumono gli esperti.
Non si può, in una situazione così poco conosciuta e così varia, attri buire all’una o all’altra esperienza il merito di aver saputo scegliere la strada giusta, Fra qualche anno saremo in grado di suggerire agli enti locali (per i quali noi in sostanza prepariamo il cammino) una soluzione o l’altra, o piuttosto una serie di soluzioni considerando che si tratta di situazioni estremamente differenziate.
E’ tanto più prematuro proporre l’una o l’altra soluzione, inquantoché la questione è strettamente connessa alla educazione sociale che i poten ziali componenti di queste équipes potranno' acquisire negli anni futuri : le assistenti sanitarie, le assistenti per l’economia domestica, le assistenti all’infanzia, i maestri, i divulgatori agricoli e i tecnici propriamente detti.
In questa sede ci limitiamo a chiarire quanto ci riguarda : noi abbiamo cominciato con gli assistenti sociali, abbiamo attribuito a loro il compito di promuovere l’azione comunitaria, e consideriamo gli esperti come con sulenti pro-tempore, richiesti di volta in volta e possibilmente dalla popo lazione locale.
Questa nostra impostazione si spiega anche per alcuni motivi d’ordine contingente (per il fatto, per esempio, che la figura dell’assistente sociale è nota alla popolazione del comprensorio, per il fatto che si tratta di una zona ove gli assistenti sociali hanno operato per dieci anni, ottenendo
risultati di cui sarebbe assurdo non tener conto, eec.), ma soprattutto perché riteniamo che l’atteggiamento degli assistenti sociali e la loro formazione polivalente li ponga in grado di affrontare la varietà (sempre concatenata) dei bisogni e di sollecitare la collaborazione degli interessati.
Discende da questa nostra impostazione il carattere di temporaneità dato all’incarico degli assistenti sociali nel nostro comprensorio e la speri mentazione delle équipes mobili che si spostano quotidianamente da un paese all’altro.
In pratica abbiamo nel nostro comprensorio quattro assistenti sociali residenti e cinque assistenti sociali che compongono due équipes mobili.
Sulla base della esperienza passata (riscontrati certi fenomeni di assuefazione o di identificazione) possiamo presumere che sia più stimo lante per la comunità la presenza periodica, ma non continuativa, ed anche per i paesi nei quali si prevede l’assistente sociale residente, è bene sia chiaro alla popolazione che si tratta di una missione limitata nel tempo.
Questa limitazione spinge la gente a richiedere, se crede, la pre stazione dell’assistente sociale a formulare insieme un piano di lavoro ed evita all’assistente sociale il pericolo di cadere nel lavoro di routine, senza principio e senza fine.
I criteri per i quali si è ritenuto utile conservare od istituire la residenza di un assistente sociale a Palena, Lama dei Peligni, Torricella Peligna, sono i seguenti :
— estensione dell’abitato e varietà dei problemi da affrontare (Palena, Torricella);
— paesi dove l’UNRRA Casas aveva avviato delle iniziative che per mancanza di un assistente sociale residente risultano interrotte
(Lama).
I criteri per i quali in alcuni paesi si è deciso di intervenire con équipes mobili sono i seguenti :
— mancanza assoluta di qualsiasi precedente intervento dell’ente (Taranta, Colledimacine, Rivisondoli, Pescocostanzo) ;
— paesi in cui c’è un lavoro molto bene avviato e dove sarebbe opportuno sganciare la comunità dalla dipendenza dell’assistente sociale
(Pietransieri, Carceri Alte).
Nel calendario mensile, che viene esemplificato nella tabella ripor tata, è prevista un’azione fìancheggiatrice da parte dell’équipe mobile nei paesi dove l’assistente sociale è residente.
Una chiara determinazione dei compiti che potranno svolgere le équipes mobili potrà delinearsi soltanto dopo la « fase esplorativa ». L’azione dell’équipes mobili potrà realizzarsi assumendo in carico deter minati gruppi in paesi che richiedono un intervento più vasto; comunque dovrà rappresentare un’azione di sostegno dell’assistente sociale resi dente, al fine di eliminare i molteplici inconvenienti dell’isolamento.
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I nove assistenti sociali sono divisi come segue :
— due assistenti costituiscono l’équipe mobile A con sede a Pesco- costanzo;
— due assistenti costituiscono l’équipe mobile B con sede a Pa tena;
— cinque vengono destinati ad un lavoro continuativo nei quattro paesi indicati (con l’impegno di risiedervi stabilmente).
Un giorno alla settimana è dedicato alte studio individuate per la messa a punto del materiate da usare e per la documentazione, nonché,
ogni quindici giorni, ai colloqui di supervisione.
Una volta al mese tutto il gruppo si riunisce a Pescocostanzo (assi stenti sociali addetti alte équipes mobili e assistenti sociali residenti) per discutere il programma del mese successivo. Come risulta dal pro spetto, abbiamo escluso per ora il comune di Roccapia. Per il comune di Ateleta ci si interessa per ora soltanto della frazione di Carceri Alte; per il comune di Roccaraso, soltanto della frazione di Pietransieri.
Questa scelta ha carattere del tutto provvisorio. Soltanto il contatto con te autorità locali e con te singole famiglie potrà dirci dove effettiva mente l’opera degli assistenti sociali è richiesta e trova pertanto più
aperte te vie della collaborazione, te quali sono assai più facili di quanto si creda, se i primissimi risultati di questi tre o quattro mesi di lavoro
possono considerarsi indicativi.
Studi, documentazioni, valutazione dei risultati
Abbiamo detto all’inizio di questo capitolo che l’assistente sociale nella comunità svolge un’attività di studio parallelamente all’attività pratica. Questa attività potrà realizzarsi sotto varie forme : sarà un parere documentato, sarà una serie di monografie familiari o sarà una vera e propria inchiesta sociale (basata ossia sulla rilevazione diretta e sul criterio di rappresentatività).
Gli argomenti possono essere i più vari, ma saranno sempre con nessi all’intenzione, alla possibilità, alla necessità di un intervento. Non
(6) I nove assistenti sociali sono stati preparati a questo lavoro in un corso residenziale tenutosi a Pescocostanzo dal 1° agosto al 30 settembre 1958. I compo nenti l’équipe sono: Liliana Bella, Marina Ciabatti, Emilia Colarieti, Margherita Colombo, Gisella di Juvalta, Lucia Epifani, Giuseppe Lo Verso, Umberto Marinari, Lucia Trucco. Al corso ha partecipato il dirigente del Gruppo autonomo assistenza di Castel di Sangro, Albino Sacco, con il quale il Progetto è in rapporto di stretta collaborazione.
c’è ricerca sociale per la quale l’assistente sociale possa essere diretta- mente impegnato, che non finisca con una proposta, o un proposito, 0 una raccomandazione, si tratti del funzionamento dell’ECA o del Pa tronato scolastico, degli illegittimi o dei nuclei familiari divisi a causa dell’emigrazione.
Non pretendiamo di chiarire il rapporto tra la ricerca sociale e il lavoro sociale, argomento assai controverso e dibattuto recentemente anche in sedi internazionali. Ci limitiamo ad alcuni esempi per chiarire il nostro punto di vista.
Prendiamo l’argomento « emigrazione ». Può essere indifferente (entro certi limiti) per il sociologo o per l’antropologo culturale sapere quali sono e di chi sono i terreni che gli emigrati di un dato paese hanno lasciato in abbandono; può essere indifferente sapere quali sono 1 nuclei familiari in attesa del ricongiungimento, chi manda i soldi alla famiglia e chi no.
Il sociologo o l’antropologo culturale non si interessa comunque alla « nominatività », per così dire, del fenomeno analizzato, se non per sta bilire delle correlazioni e, quanto al da farsi, si limita alla descrizione delle situazioni, lasciando ad altri il compito di regolarsi come crede.
Nella ricerca sociale diretta e impostata dal sociologo, questi potrà servirsi dell’assistente sociale, sia come consulente, sia come inchiesta- tore, giovandosi della sua conoscenza delle tecniche del colloquio, ecc.
Nelle ricerche di cui noi ci occuperemo, invece, l’iniziativa e la impo stazione devono essere dell’assistente sociale ed il sociologo assume il ruolo di consulente.
Il gruppo degli assistenti sociali che opera nel comprensorio è impegnato alla registrazione di una serie lunghissima di interviste con le famiglie (ne sono state effettuate più di trecento) senza preoccuparsi di cominciare con un gruppo di famiglie piuttosto che con l’altro (trascu rando quindi ogni criterio di rappresentatività), perché tutte le famiglie di quel determinato paese dovranno essere intervistate dallo stesso assi stente sociale.
Questi, nel rileggere le sue registrazioni, formula, su un modulo opportunamente studiato, una « sintesi degli argomenti concernenti la singola famiglia » (si noti bene, parliamo per ora di argomenti e non di problemi) e una « sintesi degli argomenti concernenti la collettività » (abbiamo per il momento escluso la possibilità di distinguere tra argo menti che interessano gruppi e quelli che interessano la comunità). La prima « sintesi » va ovviamente a far parte della cartella familiare, la