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Centro sociale A.05 n.22-23. Inchieste sociali, servizio sociale di gruppo, educazione degli adulti

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Centro Sociale

inchieste sociali - servizio sociale di gruppo educazione degli adulti - sviluppo della comunità

a. V - il. 22-23, 1958 - un numero con tav. alleg. L. 400 - abbonamento a 6 fascicoli e 6 tavole 70 X 100 allegate L. 2.200 — estero L. 4.000 abbonamento alle sole 6 tavole L. 900 - spedizione in abbonamento postale gruppo IV - c. c. postale n. 1/20100 - Direzione Redazione Amministrazione : piazza Cavalieri di Malta, 2 - Roma - telefono 593.455

S o m m a r i o

Ignazio Sifone I L’Abruzzo

Il Progetto Pilota per l’Abruzzo Angela Zucconi 1 Descrizione generale del Progetto

Leonardo Benevolo 8 Ragioni della scelta e caratteristiche della zona

Gilberto Morselli 19 L’ ambiente fisico, demografico ed economico Giovanni Zucconi 38 Preliminari del piano di sviluppo economico

Angela Zucconi 75 II lavoro sociale svolto dall’ UNRRA-Casas e

da altri enti nella zona nel decennio 1947-1957

Angela Zucconi 89 Primi lineamenti del programma di lavoro

111 Documenti

Ricordo di Giorgio Ceriaui Sebregondi (G. d. R.) - Il corso residenziale CEPAS per il Progetto Pilota per l'Abruzzo - Problemi e considerazioni concernenti i ruoli deH’ assistente sociale nel centro sociale (Renzo Caligaro).

Recensioni

M. Rossi Doria, D ieci anni di politica agraria nel Mezzogiorno (S. Cafiero); G. Veneziani e A. Chiappano, Letture di educazione civica (M . Calogero).

Periodico bimestrale redatto a cura del Centro Educazione Professionale Assistenti Sociali sotto gli auspici dell’UNRRA CASAS Prima Giunta

Comitato di direzione: Achille Ardigò, Vanna Casara, Giorgio Molino,

Ludovico Quaroni, Giovanni Spagnolli, Paolo Volponi, Angela Zucconi.

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Paolo Volponi, che ha diretto la rivista fin dalla sua fondazione, con questo numero lascia la direzione di «Centro Sociale», perché la carica che ricopre a Ivrea quale dirigente dei Servizi Sociali della Società Olivetti non gli consente più di seguire da vicino il nostro lavoro.

Ringraziandolo di quanto ha fatto per noi, non adempiamo tanto ad una usuale formalità (perfino superflua, in quanto egli resta con noi quale membro del Comitato direttivo della rivista), ma presumiamo farci portavoce di quanti, seguendo fedelmente la nostra fatica, si sono mo­ strati affezionati a lui e a «Centro Sociale».

L'Abruzzo

« Il destino degli uomini nella regione che da circa otto secoli viene chiamata Abruzzo è stato deciso principalmente dalle montagne.

La natura impervia del territorio ritardò nell’antichità l’unificazione dei popoli di varia origine che l’abitavano, gli Equi, i Marsi, i Peligni, i Sestini, i Marrucini, i quali rimasero separati ed ostili anche dopo che Roma aveva già esteso le sue leggi a tutto l’Occidente. E le stesse cause fisiche contribuirono più tardi a sottrarre la vita abruzzese, almeno in notevole misura e con grave ritardo, al moto umanistico del Rina­ scimento, all’influenza giacobina delle armate napoleoniche, e alle stesse cospirazioni per l’unità nazionale. Così, al riparo dall’urto immediato dei maggiori avvenimenti storici, quasi sempre considerati con diffidenza ed inimicizia e subiti solo come forzata conseguenza dei mutamenti politici e militari che sopravvenivano nelle regioni vicine, si è formato e conso­ lidato l’Abruzzo; e gli Abruzzesi sono rimasti stretti in una comunità di destino <assai singolare, caratterizzata da una tenace fedeltà alle loro forme economiche e sociali anche oltre ogni pratica utilità, il che sarebbe inesplicabile se non si tenesse conto che il fattore costante della loro esistenza è appunto il più primitivo e stabile degli elementi, la natura.

Essi si sono dunque trovati in grave difficoltà per l’ elaborazione di una propria storia coerente e di una civiltà propria da proporre alle altre regioni del paese, nella condizione più propizia per formarsi un forte e chiuso carattere; come si rivela ancora oggi a chiunque dai piccoli centri urbani ne risalga le anguste valli. La vita vi si svolge tuttavia in forme severe, umili, dure, scarne, appena protetta da rudimentali

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veli ed orpelli, e i fatti essenziali della condizione umana (il nascerer

l’amare, il soffrire, il morire) vi costituiscono presso a pocotutto

quello che succede

Le montagne sono dunque i personaggi più prepotenti della vita abruzzese, e la loro particolare conformazione spiega anche il paradosso maggiore della regione, che 'Consiste in questo : l’Abruzzo, situato nel­ l’Italia centrale, appartiene in realtà all’Italia meridionale.

A spiegazione di ciò si evoca in primo luogo, e a giusta ragione, la storia: poiché la regione ricevette il nome di Abruzzo verso il 1170, dopo l’annessione al regno di Sicilia; e in seguito — salvo brevi periodi di conquista franca, pontificia e austriaca — ebbe sempre la stessa sorte politica dell’Italia meridionale, trovandosi volta a volta governata dai Normanni di Capua, dai Normanni di Puglia, dai Normanni di Sicilia, dagli Svevi, dagli Aragonesi, dai Castigliani e infine, dopo il 1759, dalla dinastia dei Borboni, designata dalla corte di Madrid a reggere l’intero Reame. I tre secoli della corruttrice, avvilente, retrograda dominazione spagnola, che precedettero l’unificazione nazionale, furono decisivi per rendere l’Abruzzo, nel civico costume e nell’economia, una regione pret­ tamente meridionale. Ma anche per spiegare questa storia è utile tenere d’occhio le montagne. Chiunque osservi una carta orografica può sco­ prire come le catene dell’Appennino, che a nord dell’Abruzzo sono disposte in form a di quinte — che vanno cioè da ovest ad est, e rendono facili gli scambi tra le provincie dei due versanti — f ormano il grande altopiano abruzzese schierandosi in form a di parallele tra loro annodate da potenti massicci fra i più alti della penisola. Di guisa che la catena Carseolana e Simbruina, la più occidentale delle parallele, prima della costruzione della ferrovia rendeva assai disagevoli le comunicazioni con Roma; anzi, durante la stagione invernale, come se n’è avuto conferma dopo la recente distruzione delle strade ferrate per cause belliche, rendeva addirittura

impraticabili le due antiche strade d’accesso, la S a l a r i a e la Claudia-Va­

leria; mentre le valli del Diri e del Volturno, in ogni stagione, consentono gli scambi col Napoletano. Né la costa marittima, che segna il termine orientale della regione, può considerarsi una apertura verso il resto del mondo e fungere quindi in qualche misura da naturale compenso per la parte montuosa, poiché quel tratto del litorale è il più rettilineo, il più unito e importuoso di tutto l’Adriatico. Anzi la stessa regione costiera non sfugge all’egemonia diretta della poderosa barriera dei monti, dalla quale è privata del benefico influsso dei temperati venti tirrenici e soffre pertanto di una rigidità di clima insolita in contrade marittime della stessa latitudine ».

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« Ma il relativo successo di quella conservatrice resistenza e la nota

riottosità degli Abruzzesi, anche in epoca recente, ad accettare le novità della civiltà meccanica e le idee e i costumi ad essa adeguati, sono da spiegare con altre cause fondamentali, e in primo luogo con le stesse che hanno determinato una persistente prevalenza nella vita abruzzese dell’elemento rurale sull’urbano. Una grande e popolosa città, capace d’iniziativa regionale e nazionale, non si è potuta nel passato formare m Abruzzo, anzitutto perché le tre grandi conche incavate nell’altopiano {il Subnonese, l’Aquilano, il Fucino) dove era raccolta la maggior parte della popolazione e concentrata l’attività economica, essendo tra loro collegate, prima della costruzione delle ferrovie, da valichi difficili, costi­ tuivano compartimenti demografici quasi chiusi; inoltre l’Abruzzo, in tutta la sua storia, ha avuto sempre fuori di sé il proprio centro politico e culturale, la propria capitale; e infine, col variare delle vicende este­ riori, esso ha visto spostarsi lo stesso centro amministrativo regionale, successivamente, da Teramo a Sulmona, a Chieti, all’Aquila. P er tutte queste carne, lo stato in Abruzzo fu sempre meno forte della società; e i vincoli di affinità più sentiti sono ancora quelli circondariali e diocesani.

I più recenti avvenimenti hanno modificato i dati essenziali di questo profilo spirituale meno di quel che può sembrare a prima vista. Poiché, difatti, i terrem oti, le guerre, i rivolgimenti politici e sociali, con i movimenti di popolazione che essi comportano, hanno portato a termine, anche in Abruzzo, la diffusione di usi e costumi della città fino nei luoghi più appartati della campagna, favorendo un’assimilazione, almeno nei tratti esteriori, della vita locale con quella più vasta e gene­ rica della nazione, Ma il carattere non risiede neppure nella condizione economica; e, d’altronde, nell’Abruzzo d’oggi si può riscontrare una stratificazione dei tipi produttivi più remoti, per cui, chiunque dai centri urbani risalga le valli, passa rapidamente dalla civiltà moderna a quella antica, fin dove la scarsezza di acqua e dei prati di foraggio favorisce il perpetuarsi di abitudini pastorali primitive, come l’aUeva- mento brado e la transumanza degli ovini. Ma con ciò non si vuole afferm are che il carattere abruzzese sia immutabile: essendo stato prodotto dalla stoma, esso può essere sciolto e modificato dalla storia ».

Ig n azio Sil o n e

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Il Progetto Pilota per l’ Abruzzo Centro Sociale n . 2 2 - 2 3 , 1 9 5 8 S o m m a r i o Cap. I A n g e l a Z u c c o n i - D e s c r iz io n e g e n e ra le d e l P r o g e tt o 1 Premessa

Significato della collaborazione UNESCO - UNRRA Casas - CEPAS Che cosa intendiamo con il termine « sviluppo della comunità » Perché abbiamo scelto questa zona

Con quali enti collaborare

Personale, costo e durata del Progetto Conclusioni

Cap. n parte I

L e o n a r d o B e n e v o lo - R a g io n i d e lla s celta e ca ra tte ris tich e d e lla z o n a 8 Premessa

Riferimento al Piano territoriale di coordinamento della regione - Riferimento alVUNRRA-Casas - Riferimento alla Cassa del Mezzogiorno

Caratteristiche principali

liambiente geografico - La gravitazione economica - Le linee di comunicazione - La tradizione storica - Gli eventi bellici - Prospettive di sviluppo futuro

parte II

G ilb e r to M o r s e lli - L’ a m b ie n te fìs ic o , d e m o g r a fic o e d e c o n o m ic o 19 L ’ ambiente fisico-naturale

L ’ ambiente demografico - sociale * L ’ ambiente economico

Cap. I l i

G io v a n n i Z u c c o n i - P r e lim in a r i d e l p ia n o d i s v ilu p p o e c o n o m i c o 3 8 Premessa

Lineamenti economici e sociologici Utilizzazione del suolo

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Lo squilibrio delle risorse

Lo squilibrio del periodo 1951-1956 La popolazione attiva presente

La bilancia dell’ occupazione nel periodo 1951-1956

Il meccanismo di sviluppo del reddito nel periodo 1951-1956 La produzione e le spese di esercizio nell’agricoltura

Il patrimonio zootecnico - Cenni in merito alla meccanizzazione - La produzione agricola - Le spese

di esercizio del!agricoltura *

Alcune considerazioni conclusive

Cap. IV

A n g e l a Z u c c o n i - Il la v o r o s o c ia le s v o lto d a ll’ U N R R A Casas e d a a ltri en ti n ella

z o n a n e l d e c e n n io 1 9 4 7 -1 9 5 7 Confronto tra il programma edilizio e il programma sociale Note sul programma di incremento economico

Il lavoro sociale

Educazione degli adulti - Attività assistenziale - Attività e ruolo degli assistenti sociali

Cap. V

A n g e l a Z u c c o n i - P r im i lin e a m e n ti d e l p r o g ra m m a d i la v o r o

Ruolo dell’ assistente sociale nella comunità

La funzione di organizzatore di gruppo - La funzione di consulente - La funzione di osservatore sociale

■Atteggiamento dell’ assistente sociale nei riguardi della comunità La famiglia e lo sviluppo della comunità

Il centro sociale, le fasi del lavoro, il programma L’ azione culturale: la scelta delle letture e dei films

Proiezioni e letture come azione in comune

Attività culturali ed iniziative economiche (agricoltura, emigrazione, turismo) Aspetti organizzativi

Studi, documentazioni, valutazione dei risultati

C a p . 11 Tabella 1

In d ic e d ei g ra fici e d e lle ta b elle

Dati metereologici delle stazioni forestali italiane (1924-1932) 20

» 2 Le precipitazioni atmosferiche stagionali 21

» 3 I « fuochi » censiti in alcuni anni

22 » 4 La popolazione presente dal 1532 al 1695 22 » 5 La popolazione presente agli inizi del 1800 23 » 6 La popolazione presente ai vari censimenti dal 1828 al 1851 23 » 7 Valori indici delle variazioni demografiche 24 » 8 Le differenze di popolazione in diversi periodi 24 » 9 La popolazione presente e residente, la densità territoriale al 1951

26 :> 10 L’insediamento della popolazione in valori percentuali

26 » 11 La popolazione delle frazioni geografiche e delle località abitate

(8)

Tabella 12 La popolazione nel complesso per gruppi di classi di età 28 » 13 La popolazione adulta nelle sue classi di età 29 » 14 La popolazione attiva ed inattiva distinta per sesso 29 » 15 La popolazione attiva per rami di attività economica 30

» 16 Le caratteristiche geografiche .32

» 17 L’utilizzazione del suolo 33

» 18 La distribuzione della proprietà fondiaria 34

» 19 Le partite catastali e gli intestatari 35

» 20 Le proprietà di enti 36

f. t. Carta della zona e compensorio del Progetto » I - Inquadramento urbanistico

» II - Zone d’ intervento dell’ U NRRA Casas » III - Zone d’ intervento dello Stato

Cap. III

Tabella 1 Distribuzione della superficie 40

» 2 Distribuzione della proprietà fondiaria per classi di superficie 42 » 3 Distribuzione della proprietà fondiaria per classi di reddito imponibile 44

» 4 Forme di conduzione 47

» 5 Popolazione presente dal 1931 al 1956 49

» 6 Popolazione presente - incremento percentuale 49 » 7 Emigrazione permanente per destinazioni e provenienze nel 1951 50 » 8 Emigrazione ed immigrazione permanente per destinazione e provenienze nel 1956 51 » 9 Emigrazione ed immigrazione stagionale per destinazioni e provenienze nel 1956 52 » 10 Emigrazione ed immigrazione pendolare per destinazioni e provenienze nel 1956 53 » 11 Indice di attrazione totale per movimento migratorio permanente nel 1956 54 » 12 Popolazione attiva presente per rami di attività nel 1951 e nel 1956 55

» 13 Bilancia dell’ occupazione 1951-1956 56

» 14 Stima della sottoccupazione nascosta nel 1956 57 » 15 Situazione delle forze di lavoro nel 1956 58 » 16 Attivi occupati e disoccupati nel 1951 e nel 1956 59 » 17 Prodotto netto a prezzi costanti (1954) nel 1951 e nel 1956 61 » 18 Indice del reddito della produttività e dell’ occupazione nel 1956 62 » 19 Incrementi annui di reddito, produttività e occupazione 62 » 20 Patrimonio zootecnico nel 1951 e nel 1956 66

» 21 Produzione lorda vendibile dell’ agricoltura e delle foreste dal 1951 al 1956 70 » 22 Spese di esercizio dell’agricoltura per categoria di spesa nel 1951 e nel 1956 72 f. t. A - Popolazione presente dal 1931 al 1956

» B - Emigrazione permanente per destinazione » C - Attivi occupati e disoccupati

» D - Reddito medio annuo per addetto » E - Produzione lorda vendibile dell’agricoltura

Cap. IV

Prospetto A - Intervento edilizio e intervento sociale (1947-1957) 77 » B - Corsi di educazione popolare del Ministero P.I. tenuti nella zona (1950-1957) 79

» C - Attività cinematografiche nella zona 82

Cap. V

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Capitolo I

Descrizione generale del Progetto

(Angela Zucconi)

Premessa

Il Progetto Pilota per l’Abruzzo fu presentato alla Commissione Na­ zionale dell’UNESCO nel marzo 1957 dai due enti promotori : l’UNRRA Casas e il Centro di Educazione Professionale per Assistenti Sociali

(CEPAS).

Nel gennaio 1958 il Progetto risultò ufficialmente approvato e venne firmata la relativa convenzione tra l’UNESCO e il Ministero degli Affari Esteri Italiano.

Dal mese di febbraio al mese di giugno 1958 si è proceduto a comple­ tare gli studi raccolti nella presente pubblicazione. I mesi di luglio e agosto sono stati interamente dedicati all’addestramento degli assistenti sociali. L’attività pratica ha avuto inizio il 1° di ottobre.

Per la presente stesura del Progetto ci si è avvalsi in parte degli studi preliminari effettuati in preparazione del Piano territoriale di coordinamento per F Abruzzo, in parte di studi appositamente commessi, svolti in tempi diversi e con insufficienza di mezzi, il che spiega certe disparità e carenze. Del resto la documentazione che presentiamo ha carattere soltanto introduttivo. Prevediamo di operare nella zona anche come gruppo permanente di studio rendendoci conto, per le varie espe­ rienze fatte in Italia, che l’istanza di partire con una documentazione completa rinvia a tempo indeterminato l’iniziativa concreta e che d’altra parte soltanto l’attività pratica può fornire elementi per l’impostazione di ricerche e studi futuri (1).

Significato della collaborazione U N ESCO-U N R R A Casas-CEPAS

Il Progetto rappresenta anzitutto un impegno di collaborazione tra i due enti che lo hanno promosso: l’UNRRA Casas, che ha lavorato da oltre dieci anni nella zona (svolgendo un programma di ricostruzione

(1) Tra gli studi eseguiti nel decennio ricordiamo quelli del dott. Paolo Volponi sull'economia della « Zona E » di cui il nostro comprensorio è parte.

A raccogliere i dati che il testo del Progetto presenta, oltre gli autori citati nei singoli capitoli, ha collaborato la sig.ra Winnie Vagliami-Weekes; grazie alla Società Olivetti si è potuto affidare ad un noto sociologo della cooperazione, il dott. Albert Meister, uno studio sulle cooperative della zona; alcuni dati relativi al turismo sono stati raccolti dal sig. Mario Prata dell’UNRRA Casas.

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edilizia e un programma di attività sociale) ed ha maturato l’esigenza di indirizzare il lavoro sociale ai fini dello « sviluppo della comunità » ; il CEPAS, sorto nel 1947 con lo scopo di addestrare assistenti sociali « idonei a fiancheggiare i piani di incremento economico e sociale nelle aree depresse e incoraggiare... l’iniziativa dei singoli e delle comunità nell’interesse di una società democratica e della collaborazione inter­ nazionale » (2).

Si è ritenuto opportuno chiedere il patrocinio e la collaborazione di un organismo intemazionale come l’UNESCO, sia perché riteniamo che debba esserci in queste esperienze un rapporto di dare ed avere che non può limitarsi negli angusti confini di una singola nazione, sia perché la concezione che l’UNESCO ha dell’educazione degli adulti sbocca neces­ sariamente in un vero e proprio lavoro di sviluppo della comunità, sia infine perché, sul piano metodologico, siamo debitori all’esperienza fatta dalla Divisione dell’Educazione della Comunità di Portorico, esperienza che l’UNESCO ha largamente divulgata (3).

Nell’ambito di questa collaborazione l’UNESCO ha concesso al Pro­ getto l’assistenza tecnica di un esperto, il finanziamento di stages per l’addestramento del personale, un contributo per attrezzature particolari. L’UNERA Casas mette a disposizione il suo personale, l’attrezzatura di cui ha dotato i suoi centri sociali, la sua esperienza, il prestigio di cui gode nella zona. Il CEPAS, interessato a considerare questa area dimo­ strativa come scuola di addestramento pratico e campo per la ricerca sociale, cura la preparazione e la supervisione del personale, nonché il settore studi e ricerche che è parte integrante del Progetto.

Il Progetto è diretto da un comitato paritetico composto da tre

(2) Dall’art. 2 dell’Associazione.

(3) Poiché avremo occasione spesso di fare riferimento al lavóro svolto dalla Divisione dell’Educazione della Comunità di Portorico, ci pare utile fornire in questa sede alcuni elementi descrittivi di questo lavoro.

L’istituzione di questo servizio si deve all’approvazione di una legge che risale al maggio 1949.

Nel preambolo della legge istitutiva si legge fra l’altro: « La comunità non può essere disoccupata civicamente. Essa dovrà essere impegnata per il funziona­ mento dei servizi necessari, considerando che questo impegno produce un senso di orgoglio e di 'soddisfazione per i singoli. Le iniziative che possono essere prese su scala comunale con l’assistenza tecnica adeguata e un adeguato addestramento, rappresentano oltretutto un contributo cospicuo, traducibile in cifre, per la soluzione dei problemi locali e il miglioramento del tenore di vita ».

Il servizio dipende dal Ministero della Pubblica Istruzione e comprende quattro settori di attività:

— addestramento e supervisione degli organizzatori di gruppo; — produzione cinematografica;

— produzione editoriale;

— un quarto settore si occupa di ricerca sociale con particolare riguardo agli studi che interessano la valutazione dei risultati.

Teoricamente il lavoro dovrebbe abbracciare tutti i villaggi dell’isola (ottocento’ circa), in pratica molte aree restano scoperte per la difficoltà di trovare personale adatto.

La selezione per Tammissione ai corsi di addestramento degli organizzatori di gruppo è severissima. Basti pensare che i primi dieci ammessi al corso furono scelti su milleduecento persone.

Gli organizzatori di gruppo vengono più o meno direttamente presentati dalle stesse comunità a favore delle quali in precedenza operavano spontaneamente; in pratica viene trasformata in attività professionale un’azione già in atto.

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persone designate dall’UNRRA Casas (assist, soc. G. Bussi, dott. G. Cigliana, ing. E. Tosti) e da tre persone designate dal CEPAS (archi­ tetto L. Benevolo, prof. M. Rossi Doria, dott. A Zucconi) ; si è ritenuto opportuno affidare la direzione in loco del progetto alla persona desi­ gnata dall’UNESCO, la sig.na Fiorita Botts (USA), esperta nel campo dello sviluppo della comunità, diplomata del Centro Regionale Educa­ zione di Base dell’America Latina (CREFAL) dell’UNESCO. Il profes­ sor Rossi Doria ha assunto l’incarico di supervisionare tutte le iniziative di carattere economico-agrario.

Che cosa intendiamo con il termine «* sviluppo della comunità ” L’espressione sviluppo della comunità designa in sostanza « l’insieme dei processi mediante i quali gli abitanti di una determinata zona uni­ scono i loro sforzi a quelli dei pubblici poteri, allo scopo di migliorare la situazione economica sociale e culturale della comunità, di associarla alla vita della nazione, di porla in grado di contribuire al progresso del paese » (4).

Trattandosi di una zona rurale, e particolarmente data la dimensione dei paesi interessati a questo Progetto, non ci pare necessario chiarire cosa intendiamo per comunità.

Si tratta nel nostro caso di paesi isolati, ove proprio l’isolamento rappresenta .un fattore di coesione, abitati da gente che ha un passato remoto e recente in comune, che ha in comune un certo numero di servizi e di istituzioni ed è capace di agire in maniera solidale nei momenti di crisi, come l’ultima guerra ha dimostrato.

Perché possa tuttavia parlarsi di sviluppo della comunità occorre creare un vincolo di solidarietà fra questi singoli paesi e maturare delle soluzioni comuni. Non esistono possibilità di sviluppo vero e proprio se non sulla base di iniziative intercomunali e in vista di un inserimento nella più ampia comunità nazionale.

Perché abbiamo scelto questa zona

Il Progetto interessa dodici comuni, cinque in provincia dell’Aquila (Ateleta, Pescocostanzo, Roccapia, Roccaraso, Rivisondoli), sette in pro­ vincia di Chieti (Colledimacine, Lama dei Peligni, Lettopalena, Monte- nerodomo, Palena, Taranta Peligna, Torricella Peligna).

La superficie del territorio abbraccia 46.277 ettari e interessa una popolazione di circa 24.000 abitanti.

Si tratta di una zona divisibile in due sottozone: i sette comuni dell’Aventino, con i problemi tipici delle zone montane e una discreta pressione demografica; la zona dell’Altopiano, piuttosto spopolata e con interessanti suscettività economiche.

Nel complesso il comprensorio è un po’ l’immagine di due tipi fondamentali di sistemazione del Mezzogiorno. Nella prima sottozona può solo prevedersi di « alzare il tetto troppo basso », secondo l’espressione

(4) Dal « Rapporto del Comitato amministrativo di coordinamento delle agenzie intemaz. specializzate » al Consiglio Economico Sociale dell’ONU, Ginevra, 1957.

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■di Rossi-Doria, nella seconda zona può parlarsi di un vero e proprio sviluppo economico e sociale.

Elementi positivi per la scelta della zona sono i seguenti : la sua rappresentatività, la scarsità di tensioni sociali, la natura industriosa dei suoi abitanti, la circostanza che le correnti emigratorie sviluppatesi naturalmente, oltre ad avere dato una certa « apertura » sul piano cul­ turale, rappresentano un elemento di non stagnazione della situazione considerata. La stessa dimensione dei comuni interessati, tutti al di sotto dei 4.000 abitanti, ma soltanto due (Lettopalena e Roccapia) al di sotto dei 1.000 abitanti, ci pare sia da considerare fra gli elementi favorevoli alla scelta di un’area dimostrativa.

Altro elemento favorevole è dato dal fatto che l’UNRRA Casas ha operato in questa zona in modo tale, come si è detto poco innanzi, da rendere naturale il passaggio ad un lavoro di sviluppo della comunità.

Si tratta in complesso di una zona particolarmente depressa, come viene ampiamente dimostrato nel capitolo che tratta del piano di sviluppo economico; ma nella quale la principale risorsa su cui puntare è rappre­ sentata dalla natura operosa e cordiale dei suoi abitanti, dall’attacca­ mento che hanno per i loro paesi, dal grado di cultura raggiunto, dal loro stato di sanità fisica e morale. Il che giustifica il carattere dell’intervento sociale che il Progetto presenta, e lascia sperare sul buon esito di questo intervento.

Si tratta in sostanza di una zona ove il compito degli operatori sociali è quello di utilizzare meglio l’elemento umano, e non il recupero di gente deteriorata o esausta. Con ciò non vogliamo affermare che non ci siano atteggiamenti e abitudini mentali da correggere (così il rapporto verso l’autorità, il concetto che si ha dello Stato, il cliente­ lismo, ecc.), ma crediamo che queste modificazioni siano da considerare in rapporto ad un’ipotesi di lavoro che è alla base di tutto il Progetto: la gente presenta questi atteggiamenti perché troppo scarse sono state le occasioni di partecipazione e di comunicazione, e pertanto il nostro lavoro è volto a sollecitare queste istanze latenti e a fornire, come pos­ siamo, proprio le occasioni di collaborare e comunicare.

Sarebbe stato più facile forse, e comunque più affascinante, per gli operatori sociali affrontare una zona vergine.

Ma, ai fini dimostrativi insiti in un progetto che presume di pilotare tutta una serie di situazioni analoghe, ci è parso invece interessante ereditare un passato, sviluppando un’azione che già si muoveva nella

direzione desiderata.

Quando, in sedi internazionali, si parla di sviluppo della comunità, molto spesso non ci si intende, perché non si è ancora tentata una clas­ sificazione delle cosiddette aree-problema, e l’assistenza tecnica fornita dagli organismi internazionali opera tuttora in maniera indiscriminata ; una amministrazione pubblica a carattere centralizzato o decentrato, il grado di sviluppo della legislazione sociale, l’assenza o la sovrabbondanza degli istituti, ecc., sono tutti elementi che determinano differenti impo­ stazioni da dare al lavoro di sviluppo della comunità.

In un paese come il nostro, in cui bene o male operano, solo sul piano assistenziale, circa ventimila enti, in un paese in cui la mole delle

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leggi è tale da renderne difficile la conoscenza e l’applicazione, non ci pare utile, e forse neppure possibile, l’elezione di una zona vergine.

Nel caso particolare di una zona in cui un ente come l’UNRRA Casas ha operato, ci sono elementi più specifici che confermano l’opportunità di scegliere un terreno già lavorato' : è così difficile l’azione sociale di cui si tratta e così poco sappiamo sui metodi da seguire, e siamo soprat­ tutto così trepidanti per le conseguenze che un intervento può avere come elemento di rottura di un equilibrio bene O' male esistente, che ci è parso utile operare in una zona dove spontaneamente si era giunti a proporsi un’azione più impegnativa.

Un altro motivo che ci conforta è che l’UNRRA Casas è già cono­ sciuto nella zona come un ente che non persegue secondi fini politici o confessionali ; e la collaborazione delle autorità alle iniziative del- l’UNRRA Casas non presenta problemi particolarmente gravi.

Altro elemento importante è che l’ente non viene considerato nella opinione generale come un ente assistenziale in senso stretto, erogatore di aiuti materiali ; la gente è più o meno abituata a richiedere o accettare l’intervento dell’ente per un tipo di prestazioni di carattere educativo e culturale.

Infine, scegliendo una delle zone dove l’UNRRA Casas aveva fatto il massimo sforzo, abbiamo tenuto presente il futuro: l’UNRRA Casas lavora in molte altre zone depresse; la sperimentazione in questa zona di una azione coordinata, organica, offre la garanzia di trasferire queste stesse esperienze altrove o almeno consente, nell’ambito ristretto della regione di cui ci interessiamo, la diffusione di queste iniziative nei paesi limitrofi in cui pure opera l’UNRRA Casas.

La fiducia in questo processo spontaneo di diffusione ci ha consigliato di non indugiare sulle infinite perplessità che si possono avere stabilendo la delimitazione di un comprensorio; ci preme che risulti ben chiaro che la elezione dei dodici comuni rappresenta la scelta di un centro di diffusione; in altre parole, se sapremo lavorare efficacemente, in un ristretto limite di tempo il territorio si allargherà spontaneamente.

Con quali enti collaborare

Un elemento che caratterizza il nostro Progetto è di non iniziare il lavoro secondo una prassi tradizionale : quella di costituire un comitato di enti disposti a fornire la loro collaborazione.

Spetta alla comunità, secondo noi, stabilire la priorità dei bisogni, dare importanza ad un problema piuttosto che ad un altro, chiedere

i necessari interventi, ecc.

Si è preferito, ossia, non partire dalla costituzione di un comitato di enti, per lasciare un’effettiva libertà di iniziativa e di scelta alle comunità interessate, pensando che ogni intervento che non fosse ri­ chiesto e sentito, ma offerto se non addirittura imposto, non è processivo

(per usare una espressione di Alfred Sauvy), non occupa la comunità. Lo scarso effetto che molti progetti di sviluppo della comunità pre­ sentano, è da attribuirsi, a nostro avviso, a questo schieramento opposto : da una parte i comitati di enti, di operatori sociali, di esperti, con le

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loro soluzioni, con la loro interpretazione dei bisogni della comunità;

sul fronte opposto la comunità che non sa niente di tutto questo, ma riceve l’invito generico a partecipare.

Questa partecipazione più o meno ipocritamente imposta dura sol­ tanto finché « la forza o la minaccia dell’uso della forza continuano ad

essere applicate; le resistenze ed i risentimenti cui esse dànno origine, con il tempo rendono sempre più difficile il trasferimento di responsa­ bilità e la garanzia della continuità » (5).

Sarebbe tuttavia assurdo immaginare di svolgere un’azione per la educazione e lo sviluppo della comunità volta completamente e soprat­ tutto agli adulti, senza garantirsi il pieno funzionamento della scuola, senza, per così dire, premunirsi le spalle e preoccuparsi in partenza delle nuove generazioni che incalzano.

Molti sforzi fatti in questi anni in Italia nel campo dell’educazione degli adulti sono risultati vani, perché contemporaneamente non si è fatto uno sforzo adeguato per migliorare la scuola.

Per queste considerazioni abbiamo chiesto al Ministero della Pub­ blica Istruzione e all’AAI di intervenire radicalmente qui, come è avvenuto in altre province, per la risoluzione dei problemi scolastici, ben sapendo, oltretutto, di non interpretare arbitrariamente il volere della gente. Sarebbe ridicolo fingere di non sapere che l’istanza più sentita e concla­ mata è quella della scuola. La tradizionale rassegnazione del nostro Mezzogiorno non ipoteca l’avvenire dei figli; i genitori, ossia, possono « rassegnarsi » a tutto fuorché al fatto che ai figli spetti lo stesso destino.

Un’altra intesa prestabilita, che pure non rappresenta una arbitraria interpretazione dei bisogni della comunità, è rappresentata dalla colla­ borazione richiesta alla Società Shell per quanto concerne l’assistenza tecnica sul piano agricolo.

Si prevede inoltre di richiedere l’assistenza tecnica della Società Umanitaria di Milano per una analisi approfondita dei problemi del- Femigrazione, problemi di particolare interesse in questa zona.

Si prevede di richiedere l’intervento dell’Istituto di Urbanistica della Facoltà di Architettura di Roma per l’inchiesta relativa alle abitazioni e ai piani di ricostruzione dei comuni situati nel comprensorio, e del Centro italiano per lo Studio dei Mezzi di Comunicazione di Massa (Uni­ versità di Perugia) per impostare alcune indagini particolari.

Si prevede di stabilire stretti rapporti di collaborazione con il Mini­ stero del Lavoro per i corsi di addestramento e di qualificazione, nonché di incrementare la collaborazione tradizionale nella zona con il Servizio Centrale dell’Educazione Popolare e con la Direzione Generale delle Biblioteche del Ministero della Pùbblica Istruzione.

L ’elenco di queste previsioni può essere assai ampio, ma basta forse in questa sede affermare il principio che il Progetto non intende assumere alcun compito o attribuirsi alcuna competenza che non possa essere demandata con vantaggio della gente ad altri.

(5) Morris E. Opler, Problems Concerning Official and Popular Partecipation in Development Projects, in « Economic Development and Cultural Change », Chicago,

(15)

Personale, costo e durata del Progetto

Opereranno nella zona alle dipendenze dell’UNRRA Casas un tecnico agricolo e nove assistenti sociali, divisi in assistenti sociali residenti e assistenti sociali operanti nelle « équipes mobili ».

La gestione del Progetto è previsto che non costi all’UNRRA Casas più di quanto non costi normalmente un Gruppo autonomo assistenza (secondo la denominazione dell’ente) che comprenda all’incirca il numero di comuni da noi considerati. Sarà nostro sforzo costante non tanto il reperimento di aiuti straordinari (perché il valore dimostrativo del nostro lavoro verrebbe a scadere), ma la tenace e parsimoniosa utilizzazione delle disponibilità attuali.

E’ difficile dire entro quanto tempo si potrà parlare di risultati con­ seguiti, né si può dire fin d’ora se il gruppo opererà nella zona per tre anni o per cinque. Dipenderà non solo dalla effettiva possibilità di solle­ citare la partecipazione della gente, con assoluto rispetto dei tempi propri delle popolazioni rurali, ma soprattutto dall’interesse concreto che le amministrazioni locali e l’amministrazione centrale manifesteranno per queste iniziative, e se, come sembra, il concetto di pianificazione si farà strada in questi anni.

Conclusioni

Il Progetto ha un suo proposito minimo, che è quello di portare alcune innovazioni metodologiche e di atteggiamento da parte degli assi­ stenti sociali nel lavoro sociale che l’UNRRA Casas svolge; ha un suo proposito massimo, espresso dal termine sviluppo della comunità.

¡Si vuole dimostrare nell’uno e nell’altro caso:

— quanto rende il coordinamento e la sollecitazione degli istituti esistenti ;

— che le leggi esistenti contemplano provvidenze che a volte non vengono neppure richieste, a volte risultano male utilizzate;

— che gli istituti esistenti devono essere conosciuti, sostenuti, in certi casi discussi e rinnovati, ma solo quando si sia operato il massimo sforzo per contribuire alla loro efficienza;

— che quanto meno si opera dall’esterno, tanto più effettiva e duratura è l’azione che ne risulta;

— che la conoscenza esatta della realtà da parte della popolazione interessata è un passo molto importante per uscire dallo stato di « depres­ sione » e che, in ultima analisi, i problemi delle aree depresse possono essere risolti solo dagli interessati, specialmente in una situazione come quella della popolazione di cui trattasi, popolazione che è afflitta ma non schiacciata da questi problemi;

— infine che un’azione così condotta ha un naturale potere diffu­ sivo la cui portata sarà oggetto di studio assiduo.

(16)

Capitolo I I

I. Ragioni della scelta

e caratteristiche della zona

{Leonardo Benevolo)

Premessa

Nella sua prima provvisoria delimitazione la zona da interessare al Progetto includeva undici comuni, dei quali quattro in provincia del- 1 A quila. Pescocostanzo, Rìvisondoli, Rocoapva, Roccaraso; sette in pro­ vincia di Chieti : Colledimacine, Lama dei Peligni, Lettopalena, Monte-

nero domo, Polena, Taranta Peligna, Torricella Peligna.

Escluso il primo perimetro proposto, si discussero tre soluzioni di ampliamento :

una soluzione minima che avrebbe portato a quindici i comuni

da studiare, includendo una zona strettamente collegata con la realtà di Roccaraso, Pescocostanzo e Rivisindoli da una parte, e con quella di Palena e Montenerodomo dall’altra (inclusione di A teleta, Pizzoferrato Gamberale, Quadri) ;

una soluzione media che, includendo i restanti territori situati

sulla sinistra del Sangro, avrebbe aumentato a diciotto il numero dei comuni, col vantaggio di fornire una documentata fotografìa di quella parte degli Abruzzi compresa tra l’Alto Sangro e l’Alto Aventino, che può bene essere ritenuta un’unità economica alquanto definita (inclu­ sione di Civita Luparella, Villa S. Maria, Pennadomo) ;

'wn(L soluzione massima infine, che avrebbe completato il quadro

e che, portando a venti il numero dei comuni, consentiva forse un discorso piu ampio e, quindi, una pianificazione più equilibrata (inclusione di Gessopalena e Roccascalegna).

, „ ^'on ® (;aso di ^portare in questa sede le discussioni relative alla definizione del perimetro della zona, né le argomentazioni a favore dell ampliamento, anche se la soluzione adottata non è che una soluzione provvisoria.

(17)

roccascal'égna

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CA PRECOTTA

Strade statali Strade prov. e com. Ferrovie Confini com. Centri abitati Zone franose Zone sopra 1300 m. Zone sopra 1700 m. ROCCA c in q u e m ig l i a;

(18)

I - Inquadramento urbanistico zona tratteggiata: confíne del Piano regionale zona punteggiata: confine della « Zona E »

(19)

Si e aggiunto, alla primitiva serie degli undici comuni, soltanto il comune di Ateleta. Si prevede di includere, entro breve tempo, Pizzo­ ferrato e Gamberale, per i motivi che vengono illustrati nelle pagine che seguono. Questa decisione (come si è detto del tutto provvisoria) è stata consigliata da motivi di ordine pratico, legati alle effettive possi­ bilità di intervento da parte dell’UNRRA Casas; in altre parole, mentre la discussione relativa alPampliamento della zona tiene presente Finte- lesse di uno studio da attuare, la scelta che si è fatta considera le presenti possibilità sul piano operativo, limitando per il momento gli studi a quel minimo che consenta di cominciare, o piuttosto di riprendere, con una nuova impostazione, il lavoro che l’UNRRA Casas svolge nella zona. Si pensi, ad esempio, che perfino la « proposta media » di ampliamento include comuni nei quali 1 UNRRA Casas non ha svolto alcuna attività nel decennio scorso.

Si ricordi altresì, per giustificare la elasticità di questi confini (elasticità e non mdeterminatezza), che è nello spirito del Progetto fare affidamento1 su una diffusione spontanea del lavoro sociale nella zona : ossia, sul criterio di seguire le indicazioni che ci verranno date dagli studi futuri, prevale il criterio di seguire la richiesta, di intervento da parte di quei comuni limitrofi per ora esclusi dal perimetro della zona.

La stessa inclusione di Ateleta è giustificata dalla richiesta che il lavoro svolto a Pietransieri ha provocato da parte degli abitanti di quel comune

(o piu precisamente della frazione di Carceri Alte).

Chiarito quindi che ^’ampliamento del perimetro della zona viene rinviato al momento in cui le ipotesi di lavoro formulate in questo testo si saranno dimostrate di qualche validità (e si potranno affrontare studi piu organici ed impegnativi relativi all’intero comprensorio, perché il Progetto avrà riscosso il desiderato consenso), ripetiamo per chiarezza 1 elenco dei comuni interessati al Progetto, pregando chi legge di tener conto che nella prima parte di questo capitolo la decisione di includere Pizzoferrato e Gamberale viene in sostanza anticipata :

— Provincia dell’Aquila: Ateleta Pescocostanzo Rivisondoli Rocaapia Roccaraso. — Provincia di Chieti: Colledimacme Lama dei Peligni Lettopalena Montenerodomo Patena Taranta Peligna Torricella Peligna (Gamberale) ( Pizzoferrato).

(20)

Un’ultima osservazione: anche Castel di Sangro (sede del Distretto UNRRA Casas e centro di servizi per buona parte della zona da noi considerata) risulta per ora non incluso nella zona del Progetto. E’ ovvio che si stabilisce uno stretto rapporto di collaborazione con il gruppo degli operatori sociali che fanno capo al Distretto UNRRA Casas, per tutta una serie di iniziative di comune interesse, particolarmente sul piano degli studi e delle inchieste da effettuare.

Si potrà decidere se Castel di Sangro sia o non sia da considerare incluso nel Progetto, solo quando il lavoro risulterà avviato ed in parte

affermato. »

Il Progetto, come è stato detto, non vuole essere un ennesimo inter­ vento isolato, aggiunto a quello degli altri enti pubblici e privati che già lavorano sul posto, ma un tentativo di integrare gli apporti delle forze già esistenti e di sviluppare le virtualità già contenute nella situa­ zione, per ottenere i massimi risultati dalla normale amministrazione di ogni intervento.

La prima esigenza, dunque, che ha determinato la scelta della zona è la possibilità di inquadrarsi nelle ripartizioni territoriali secondo cui operano attualmente, in Abruzzo, gli enti di intervento pubblico.

In particolare ci siamo riferiti :

a) al Piano territoriale di coordinamento della regione; b) all’UNRRA Casas;

c) alla Cassa del Mezzogiorno.

Riferimento al Piano territoriale di coordinamento della regione

Il Piano territoriale di coordinamento è stato ideato nel 1952, in base all’art. 18 della legge urbanistica 17 agosto 1942, n. 1150, e dovrebbe servire a mettere d’accordo i programmi d’intervento pubblico di tutti gli enti operanti nella regione. A questa funzione si oppongono ancora gravi ostacoli giuridici ed amministrativi; non è possibile dire quando gli studi in corso potranno avere efficacia operativa nella realtà. Perciò il riferimento al Piano regionale ha per ora importanza solo dal lato scientifico, perché consente di profittare degli studi compiuti e da com­ piersi sulla regione abruzzese come inquadramento per gli studi sulla zona del Progetto Pilota ; ciò è importante soprattutto per poter inserire i vari interventi in una corretta prospettiva di sviluppo economico, che può essere formulata solo tenendo conto di un territorio assai più esteso del nostro (2). * 1

(2) Gli studi preliminari al Piano regionale abruzzese sono iniziati nel 1952 con^ una prima sommaria indagine su tutta la regione, presentata al IV Congresso dell’Istituto Naz. di Urbanistica a Venezia, nell’ottobre dello stesso anno. Fin dal prin­ cipio, però, si è constatata l’opportunità di affrontare globalmente lo studio di tutta la regione, e si è visto che conveniva suddividere la regione in comprensori più piccoli, con caratteristiche omogenee e delimitati all’infuori delle circoscrizioni amministra­ tive (tutte in varia misura arbitrarie), avendo cura soltanto di comprendere un numero intero di comuni.

Nello stesso anno 1952 è stato studiato un primo comprensorio formato dal-1 Alta Valle del Sangro e dagli altipiani della Majella, che è stato denominato « Zona E ».

(21)

Il Piano regionale è stato studiato dividendo l’Abruzzo in otto com­ prensori omogenei :

1) montagna dell’Aterno 2) bacino del Fucino 3) « zona E »

4) vallata di Sulmona

5) zona collinare tra Tronto e Pescara 6) zona collinare tra Pescara e Sangro 7) zona collinare tra Sangro e Trigno

8) vallata del Pescara (zona sovrapposta alle precedenti 5 e 6). Il comprensorio prescelto è compreso per intero nella terza zona ( « Zona E » ) (3). E’ una zona d’alta montagna, ma attraversata da importanti strade di comunicazione, perché corrisponde ad un passaggio obbligato nella catena appenninica. 11 nostro comprensorio è uno dei sottomultipli della zona, comprendendo gli altipiani e l’Alto Aventino * (i) * 3

e sulla valle del Pescara; nel 1955 si è preso in considerazione il bacino del Fucino; infine, nel 1956 si è messa a punto una ripartizione generale dell’Abruzzo in otto com­ prensori omogenei, ripartizione che serve di base per i lavori del Piano regionale.

I lavori si svolgono a grandi linee in questo modo:

(i) Un gruppo di economisti studia un piano di sviluppo economico generale della regione, che a sua volta s’inquadra nel Piano di sviluppo economico nazionale per il prossimo decennio, detto Piano Vanoni. In questa fase gli otto comprensori sono considerati separatamente e si studia il loro futuro equilibrio tra popolazione e fonti di reddito.

b) Un gruppo di tecnici, in concerto con gli economisti, utilizza questo schema

di sviluppo economico come ipotesi di lavoro per un’indagine urbanistica in scala comunale, cercando di definire i caratteri delle varie situazioni locali e la loro influenza sulla situazione generale.

c) Lo studio delle situazioni locali permette a sua ' volta di ridimensionare l’ipotesi di partenza e quindi la fisionomia dei singoli comprensori e i loro rapporti nel quadro regionale. La regione abruzzese è abbastanza estesa ed organica per poter essere considerata come entità economica a sé stante; tuttavia, anche nelle altre regioni italiane si stanno facendo studi analoghi e dal confronto tra i vari lavori è possibile, in una certa misura, rendersi conto delle relazioni interregionali.

E’ evidente l’opportunità che ogni studio o piano d’intervento su una parte del territorio, sia esso uno studio di settore o di comunità, si inquadri nelle linee di questa attività relativa al piano regionale; infatti una parte dei problemi riguar­ danti le singole comunità non dipende dai fattori interni, ma dalle relazioni con i territori circostanti e pertanto possono essere posti in luce solo su una scala territoriale o regionale.

A sua volta ogni studio particolare è prezioso per il Piano regionale perché s e r v e a chiarire in profondità alcuni aspetti e può modificare il quadro complessivo.

II 7 aprile 1958 è stata ultimata la prima fase dello studio, comprendente il piano di sviluppo economico e le indagini in scala urbanistica sulla popolazione e sui servizi primari.

(3) Il nome « E », attribuito alla zona da Paolo Volponi nello studio già citato, indica che questo è il territorio di passaggio tra l’Abruzzo e il Molise: in questo luogo — tra le valli del Sangro e dell’Aventino e gli altipiani a nord della

(22)

(gli altri sarebbero l’Alto Sangro — occupato dal Parco Nazionale — e il medio Sangro).

Questa situazione permetterà, in qualsiasi momento, di confrontare i risultati del nostro lavoro con quelli del Piano regionale ed ha consentito intanto di effettuare uno stralcio dal Piano di sviluppo economico (vedi cap. Ili), che fa conoscere — nelle grandi linee — il probabile anda­ mento futuro dell’economia locale.

Riferimento all’ UN RRA Casas

L’UNRRA Casas si assume una parte rilevante nell’attuazione del Progetto. Si tratta di uno dei più attivi enti d’intervento pubblico ed è fra tutti l’unico che abbia una struttura adatta per innestarvi un progetto di questo tipo (si veda quanto viene esposto nel cap. IV).

Si accenna, per ora, che l’azione dell’UNRRA Casas si concentra nelle zone più colpite dal recente conflitto, ed è organizzata per Distretti, provvisti di un certo grado di autonomia.

Il comprensorio prescelto è situato per intero nel Distretto di Castel di Sangro.

La guerra, e l’azione dell’UNRRA Casas per poter rimediare ai danni bellici, non solo hanno prodotto un certo rapporto tra la popola­ zione e l’ente, ma hanno influito sul carattere delle comunità; l’esistenza del Distretto, ad esempio, ha rafforzato la funzione di Castel di Sangro * I

Majella — cade di solito, sulle carte geografiche, la congiunzione e posta tra

Abruzzo e Molise.

I comuni inclusi nel comprensorio « Zona E » sono i seguenti (si indicano in corsivo i comuni dei quali il Progetto si occupa in questa fase):

Prov. di Campobasso

Castel del Giudice S. Angelo del Pesco Pescopennataro S. Pietro Avellana Capracotta

Belmonte del Sannio Vastogirardi

Agnone Castelverrino Poggio Sannita

Montenero Val Cecchiara Rionero Sannitico Forlì del Sannio Roccasicura Carovilli Pescolanciano Pietrabbondante Civitanova del Sannio

Prov. di Chieti Pretoro Rapino Guardiagrele Pennapiedimonte Palombaro Fara S. Martino

Civitella Messer Raimondo Aitino

Lama dei Peligni

Gessopalena Roccascalegna Taranta Peligna Colledimaeine Torricella Peligna Polena Lettopalena M ontenerodomo Pennadomo Buonanotte Pizzoferrato Quadri Civitaluparella Montelapiano Villa S. Maria Gamberale Borrello Rosello

Roio del Sangro Montazzoli Prov. dell’Aquila Cansano Campo di Giove Villalago Scanno Roccapia Pescocostanzo Rivisondoli Ateleta Pescasseroli Opi Villetta Barrea Civitella Alfedena Barrea Roccaraso Scontrane Alfedena Castel di Sangro

(23)

II - Zone ¿’intervento dell’TJNRRA Casas zona punteggiata: comuni d’intervento TJNRRA Casas zona a contorno più marcato: zona del Progetto Pilota

(24)

Ili - Zone d’intervento dello Stato

zona tratteggiata: comprensorio di bonifica (legge n. 215 del 1933)

zona punteggiata: comprensorio di bonifica montana (legge n. 991 del 1952) zona a contorno più marcato: comprensorio del Progetto Pilota

(25)

come piccola capitale della zona. Il fatto di innestare il Progetto sul preesistente lavoro sociale dell’UNRRA Casas avrà poi la funzione impor­ tantissima di rendere naturale e continuo il lavoro che si farà e di diminuire gli inevitabili attriti di avvio dell’organizzazione futura.

Il territorio prescelto, come s’è detto, è contenuto per intero sia nella « Zona E » del Piano regionale, sia nell’area del Distretto UNRRA Casas, ed evita di intersecarne i confini, onde potersi giovare dell’inqua­ dramento scientifico offerto dal Piano e dell’inquadramento organizzativo dell UNRRA. Il Distretto a sua volta è interamente incluso nella « Zona E ». Ma il nostro territorio non poteva coincidere né con l’una né con l’altra area, per una differenza essenziale di scala.

La « Zona E » comprende sessantaquattro comuni, e il distretto ven- tisei. L’azione del Progetto Pilota, essendo un lavoro di concentrazione ed adendo il carattere di un esperimento dimostrativo (e date inoltre le limitate possibilità finanziarie degli enti promotori), non potrebbe eserci­ tarsi su un ambito così vasto. Dodici comuni (o quattordici, includendo Gamberale e Pizzoferrato), a giudizio di ognuno dei promotori, sono la dimensione adatta. Un gruppo di questo genere può costituire una comunità completa e sufficientemente varia per soddisfare le esigenze di rappresentatività, senza porre problemi di organizzazione troppo pesanti.

Inoltre, questa dimensione servirebbe a mantenere la distinzione tra il Progetto Pilota e codeste altre esperienze. Pur giovandosi del- l’UNRRA Casas e del Piano regionale, il Progetto Pilota non opera nella normale circoscrizione di un Distretto dell’UNRRA, né è un sotto- multiplo del Piano.

In particolare, poi, i rapporti delicati tra il Progetto e il Distretto che sono i rapporti tra la normale amministrazione e la particolare forzatura che s intende introdurre in alcuni aspetti della stessa ammini­ strazione — potranno risultare equilibrati solo se l’area del Progetto sarà alquanto più piccola di quella del Distretto.

Riferimento alla Cassa del Mezzogiorno

La Cassa del Mezzogiorno opera nella nostra zona, secondo le circo- scrizioni che fanno capo alle varie leggi vigenti, ed esaurisce in pratica tutti gli interventi nel campo delle opere pubbliche e dell’agricoltura; essa finanzia infatti e gestisce le opere programmate dagli enti locali, che fanno capo ai vari ministeri, ed è irrilevante l’entità dei lavori che sono svolti fuori del suo ambito.

Agli effetti degli interventi agrari e connessi con l’agricoltura, la nostra zona è così suddivisa:

Esiste un comprensorio di bonifica montana dell’alto bacino del Sangro, ai sensi della legge sulla montagna 25 luglio 1952, n. 991, che comprende tutto il bacino del Sangro a monte di Ateleta : ricadono in esso, dunque, Ateleta, Castel di Sangro, Roccaraso, Rivisondoli, oltre che Alfedena e i comuni circostanti, e la zona del Parco Nazionale d’Abruzzo.

Esiste poi un comprensorio di bonifica dell’Alto Sangro, ai sensi della legge 13 febbraio 1933, n. 215, che comprende la testata della

(26)

valle dell’Aventino e una parte del crinale tra l’Aventino e il Sangro; vi ricadono i comuni di Palena, Lettopalena, nonché Pizzoferrato e Gamberale che si prevede di includere nel Progetto.

11 resto del territorio è classificato bacino montano a norma della legge 30 dicembre 1923, n. 3267 ; i comuni compresi nella nostra zona rientrano in due comprensori assai vasti : Roccapia e Pescocostanzo, nel comprensorio dell’Aterno, e i comuni della valle delPAventino (Lama dei Peligni, Taranta Peligna, Colledimacine, Montenerodomo e Torri- cella Peligna) nel comprensorio del Sangro che giunge fino al mare Adriatico.

Riassumendo, la zona del Progetto Pilota include interamente il

comprensorio di bonifica dell’alto Sangro, circa metà del comprensorio di bonifica montana dell’alto bacino del Sangro, e alcuni lembi periferici dei bacini montani dell’Aterno e del Sangro.

Nel vigente piano dodecennale degli interventi della Cassa nel set­ tore dell’agricoltura, sono stanziati :

— 1.000.000.000 per il comprensorio di bonifica dell’alto Sangro. — 600.000.000 per il comprensorio di bonifica montana dell’alto bacino del Sangro.

Nel piano integrativo dal 1962 al 1965 sono stanziati, rispettiva­ mente, altri 70 e 200 milioni; stanziamenti minori sono previsti nei bacini montani del Sangro e dell’Aterno.

Per comprendere interamente il comprensorio di bonifica dell’alto San­ gro, per il quale è previsto lo stanziamento più cospicuo di 1.070.000.000, sarà opportuno includere nella zona del Progetto i comuni di Pizzo­ ferrato e Gamberale, che sono alquanto remoti sia dagli altipiani sia dal bacino dell’Aventino.

Gli altri comprensori non avrebbero in ogni caso potuto essere inclusi interamente, date le loro dimensioni; inoltre la varietà dei riferi­ menti legislativi vigenti sul territorio in esame consentirà, a nostro avviso, di sperimentare varie possibilità, e giova alla rappresentatività del lavoro.

Se il nostro territorio evita di intersecare i confini stabiliti dagli enti di intervento — nei limiti del possibile — non si è preoccupato, invece, di adattarsi ai confini amministrativi convenzionali (provincia, mandamento, ecc.) né a quelli stabiliti per particolari aspetti della vita locale (diocesi, preture, tribunali, direzioni didattiche, ecc.), ferma restando, naturalmente, l’integrità dei singoli comuni. Non è dato sapere quali modificazioni subiranno le circoscrizioni tradizionali in vista dei prossimi interventi ; certo, per ora, esiste una specie di antagonismo tra i due tipi di ripartizioni, che dev’essere assunto come uno dei dati della situazione.

Pensiamo perfino che l’appartenenza dei nostri comuni a due diverse province (e a diverse circoscrizioni specializzate) sia un fattore positivo, nonostante i prevedibili inconvenienti d’ordine pratico. Riteniamo impor­ tante, in un lavoro di questo tipo, puntare su carte diverse e tentare la collaborazione in varie sedi.

(27)

III»1''

LIQUIGAS

f

Pescocostanzo: di questo palazzetto dalle linee nobili non è rimasta che la facciata ; sotto: la chiesa di Santa Maria delle Grazie fotografata prima della sua recente ricostruzione.

(28)

Palena : qui, come in quasi tutti i comuni considerati dal Progetto, le macerie fanno parte del paesaggio; nella maggior parte di essi la guerra ha provocato distruzioni alle case per oltre il 75 %, in alcuni, come Roccaraso, si raggiunge il 90 %.

(29)

Caratteristiche principali

L’ ambiente geografico

I dodici comuni prescelti hanno varie caratteristiche comuni e altre singolari, che hanno in parte guidato la scelta.

Anzitutto si è avuto cura che il nostro territorio fosse ben inqua­ drato nell’ambiente geografico; i dodici comuni, da questo punto di vista, si possono dividere in tre gruppi omogenei :

— quattro dei comuni in provincia dell’Aquila — Pescocostanzo, Rivisondoli, Roccapia e Roccaraso — coprono per intero i grandi alti­ piani a nord della Majella, situati a 1200-1300 metri di altezza : il Piano delle Cinque Miglia, il Quarto Grande, il Quarto del Barone e il Quarto di Santa Chiara ;

— sette comuni in provincia di Chieti (Colledimacine, Lama dei Peligni, Lettopalena, Montenerodomo, Patena, Taranta Peligna e Tor- ricella Peligna) occupano la testata della valle dell’Aventino, immedia­ tamente a nord-est degli altipiani, fino alla linea convenzionale di sepa­ razione tra collina e montagna; inoltre il comune di Palena comprende circa metà del Quarto di Santa Chiara, completando il sistema degli altipiani ;

— il comune di Ateleta, e gli altri due in provincia di Chieti (Gamberale e Pizzoferrato) coprono una parte del versante sinistro della valle del Sangro ; questo è il gruppo geograficamente meno indivi­ duato, ma l’inclusione di questi comuni dipende essenzialmente dai rap­ porti che hanno coi due gruppi vicini : Ateleta con Pietransieri, frazione di Roccaraso (4) ; Gamberale e Pizzoferrato con Palena e Lettopalena per via del comprensorio di bonifica di cui si è detto sopra.

La gravitazione economica

I dodici comuni sono tutti piccoli (il più grande, Torricella, non arriva a 4.000 abitanti), e non hanno alcuna autonomia economica o funzionale, ma dipendono strettamente da alcuni centri più grandi, situati più a valle lungo i diversi versanti : Sulmona, Casoli, Castel di Sangro.

Castel di Sangro ha una certa preminenza su tutto il territorio, acquistata in parte dopo la guerra, per la presenza del Distretto UNRRA Casas e di altri uffici d’interesse generale. E’ importante valutare questa dipendenza dell’economia locale dai centri esterni.

Nei comuni dell’altipiano, ad esempio, tutti gli oggetti che non siano di prima necessità sono acquistati sul mercato di Castel di Sangro, o nei numerosi negozi che stanno sorgendo in questi ultimi anni, e i

--- »

(4) La sorte di Pietransieri dipende in buona misura dalla costruzione della strada di collegamento con Carceri, frazione di Ateleta, già allacciata al capoluogo con una ¡carrozzabile. L’origine storica di Ateleta, inoltre, è legata alla zona alta, essendo una colonia di Pescocostanzo trasformata in centro autonomo da Murat all’inizio dell’800, in occasione della riforma agraria.

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compagine dei dodici comuni, due gruppi, che hanno per adesso un aspetto simile, ma contengono diverse opportunità, e potranno facil­ mente dare origine a due linee di sviluppo diverse.

I sette comuni dell’Aventino (Colledimacine, Lama, Lettopalena, Montenerodomo, Falena, Taranta e Torricella) e i tre del Sangro (Ate- leta, e, se vogliamo per ora comprenderli, Gamberale e Pizzoferrato) hanno una popolazione relativamente elevata — il primo gruppo aveva 14.386 abitanti nel 1951, su 1|>.612 ha., tolte le frazioni disabitate; il secondo 5.799 abitanti su 7.042 ha. — che non trova sul posto redditi sufficienti, e non esistono risorse potenziali che possano far pensare di risolvere in loco, e nemmeno di attenuare sensibilmente, lo squilibrio economico. La terra sassosa e inospitale, acrobaticamente coltivata, produce tutto quel che è producibile, e le pochissime attività non agri­ cole — come le industrie di Taranta Peligna ■— sopravvivono in modo precario, gravate dalla difficoltà dei trasporti e dalla mancanza com­ pleta di infrastrutture. E’ facile dunque prevedere che questa zona, prima o poi, dovrà perdere la maggior parte della sua popolazione per potersi sistemare.

I comuni dell’altopiano (Pescocostanzo, Rivisindoli, Roccapia e Roc­ caraso) hanno invece una popolazione relativamente bassa e stazionaria — 5.678 abitanti nel 1951, su 10.381 ettari — con un tenore di vita già adesso lievemente superiore, per la prevalenza dell’allevamento del be­ stiame sulla cerealicoltura e per la presenza di due fonti di reddito mar­ ginali : il turismo e lo sfruttamento dei boschi.

Inoltre esistono due cospicue risorse potenziali :

—• il turismo stesso, che attualmente è impiantato in modo illo­ gico, con grandi alberghi a prezzi piuttosto alti, potrebbe svilupparsi assai di più con un’appropriata organizzazione di ospitalità nelle case private, e rivolgendosi a categorie meno esigenti;

— la bonifica idraulica e la trasformazione agraria della piatta­ forma privata — per cui esistono vari progetti —■ che consentirebbe una produzione intensiva di foraggi e forse rimpianto di un allevamento stanziale del bestiame su larga scala, con conseguenti industrie di utiliz­ zazione dei prodotti.

E’ dunque probabile che qui lo squilibrio economico possa essere corretto in larga misura, e forse eliminato da appropriati investimenti sul posto.

In tal modo questa piccola zona è un po’ l’immagine dei due tipi fondamentali di sistemazioni del mezzogiorno (più diffusa la prima, più rara la seconda); ed è probabile che il futuro lavoro possa mettere in luce vari tipi di lavoro sociale appropriati alle diverse ipotesi di sviluppo, e tipi conseguenti di intervento economico ed urbanistico.

Riteniamo che questa doppia linea di lavoro abbia grande impor­ tanza ai fini della rappresentatività del Progetto.

Riferimenti

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