1. Dal diritto internazionale al diritto dell’Unione europea: lo sviluppo sostenibile come principio e obiettivo – 2. Lo sviluppo sostenibile nella dinamica “ambiente-diritti” – 2.1. Lo sviluppo sostenibile e l’(in)esistenza di un diritto a un ambiente sano nell’ordinamento dell’Unione europea – 2.2. Sviluppo sostenibile e democrazia ambientale – 2.2.1. Cenni sui contenuti della Convenzione di Århus del 1998 – 2.2.2. Brevi riflessioni
1. Dal diritto internazionale al diritto dell’Unione europea: lo sviluppo sostenibile come principio e obiettivo
Dopo avere illustrato gli aspetti che hanno connotato l’evoluzione dello sviluppo sostenibile in ambito internazionale, è il momento di circoscrivere l’analisi del tema con specifico riferimento all’ordinamento giuridico dell’Unione europea89. Seguendo l’enfasi attribuita al pilastro ambientale dello sviluppo sostenibile nelle pagine precedenti e al fine di dirigere prudentemente la ricerca verso gli argomenti chiave, lo studio dello sviluppo sostenibile nel diritto dell’Unione europea sarà compiuto dando la priorità alla componente ambientale. I risultati dell’analisi saranno propedeutici a valutazioni più puntuali sul ruolo e la portata che l’economia verde potrà rivestire nell’Unione.
Non è mistero che sviluppo sostenibile e tutela dell’ambiente si siano influenzati vicendevolmente nel processo evolutivo culminato con la stabilizzazione di entrambi nel complesso di norme che costituiscono l’espressione più elevata dell’ordinamento dell’Unione.
Preliminarmente, si rileva come l’espressione “sviluppo sostenibile” sia apparsa piuttosto tardi nei Trattati istitutivi dell’Unione europea, nonostante sull’argomento il dibattito fosse iniziato già dalla fine degli anni ’80: ciò prova altresì che l’allora Comunità europea si stava dimostrando propensa a occuparsi delle questioni ambientali in maniera indubbiamente più incisiva, ma che a livello comunitario sviluppo sostenibile e tutela ambientale hanno a lungo mantenuto una dimensione politica in luogo di una valenza giuridica.
89 Per approfondimenti più esaustivi sulle dinamiche dello sviluppo sostenibile nell’ordinamento
dell’Unione europea si rinvia a: A. AZAMANOVA, M. PALLEMAERTS, The European Union
and Sustainable Development: Internal and External Dimensions, Brussels, 2006; U.
SCHUBERT, E. STORMER, Sustainable Development in Europe: Concepts, Evaluation and
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L’Atto Unico europeo del 1986, entrato in vigore nello stesso anno in cui veniva pubblicato il Rapporto Brundtland, si rivelò decisivo, perché emendò il Trattato istitutivo della Comunità economica europea (Trattato CEE) inserendovi un titolo sull’ambiente: fino ad allora il Trattato CEE non si era mai occupato di tale settore, riflettendo lo scarso interesse che Stati e organizzazioni internazionali rivolgevano all’ambiente. Con gli articoli 130 R e seguenti dell’Atto Unico l’ambiente divenne l’oggetto di una specifica azione della Comunità, con tanto di obiettivi, principi e condizioni da considerare prima di intervenire; inoltre, le azioni rivolte alla tutela dell’ambiente poterono beneficiare di una base giuridica espressa, tale da giustificare iniziative in un campo che in precedenza era “governato” da programmi generali d’azione e da normative adottate nell’ambito del mercato comune o tramite il ricorso ai “poteri impliciti”.
All’epoca, la Comunità stava già facendo proprio il concetto di sviluppo sostenibile, come provato dalla Dichiarazione sull’ambiente allegata alle conclusioni della Presidenza del Consiglio europeo di Rodi del 1988; va messo in evidenza che tale espressione compare nella versione inglese del documento, in cui si legge “(s)ustainable development must be one of the overridding objectives of all Community policies”90. Malgrado la novità, né l’Atto Unico europeo, né il Trattato di Maastricht, con il quale fu istituita la politica ambientale dell’Unione (che in gran parte ricalcava i contenuti dell’azione ambientale di cui all’Atto Unico), recavano al loro interno riferimenti diretti allo sviluppo sostenibile: nel secondo, infatti, la sostenibilità era associata alla crescita, che doveva essere non inflazionistica e rispettosa dell’ambiente (art. 2).
La svolta è avvenuta pochi anni dopo, quando il Trattato di Amsterdam ha posto le basi per l’affermazione dello sviluppo sostenibile nel diritto comunitario. Da una lettura congiunta del preambolo e degli articoli 2 e 6 del Trattato di Amsterdam si ottiene la duplice essenza dello sviluppo sostenibile, assurto in breve tempo a obiettivo dell’Unione e a principio generale. Rilevato che ad oggi il diritto originario dell’Unione europea si è assestato su questa posizione, seppure con alcune aggiunte di rilievo inserite con la riforma di Lisbona, occorre sottolineare l’impatto del cambiamento occorso.
90 Presidency Conclusions, Rodhes European Council, 2-3 December 1988, Annex I, Declaration
on the Environment, doc. SN 4443/1/88, par. 2. Invece, nella versione italiana si ritrova
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Se in diritto internazionale lo sviluppo sostenibile non è ancora riuscito a valicare i confini della sua natura concettuale, per l’Unione europea esso possiede un valore decisamente superiore: stando alla lettera delle disposizioni di riferimento del Trattato di Lisbona, lo sviluppo sostenibile deve guidare il diritto dell’Unione, informando tutte le politiche e le azioni europee, come previsto dal principio di integrazione sancito dall’art. 11 del Trattato sul Funzionamento dell’Unione europea (di seguito, TFUE)91. Parallelamente, l’Unione deve adoperarsi per conseguire lo sviluppo sostenibile, agendo, appunto, in tutti i settori soggetti alle proprie competenze, come stabilisce il terzo comma dell’art. 3 del Trattato sull’Unione europea (di seguito, TUE).
Ricordando la vastità dell’oggetto cui lo sviluppo sostenibile si riferisce, si può dedurre che l’Unione tenderà a stimolarne la promozione anche nelle relazioni esterne, in ossequio agli articoli 3, co. 5, e 21 TUE: ad esempio, è risaputo che al centro della politica dell’Unione per lo sviluppo si situa l’eliminazione della povertà nel contesto dello sviluppo sostenibile92. Così facendo, l’Unione potrebbe influire sulla comunità internazionale nell’assunzione di iniziative più stringenti; esse verrebbero giustificate mediante un’espressione che per l’Unione non si esaurisce in un semplice concetto, ma si eleva a principio e obiettivo al tempo stesso93.
Proprio l’essenza dello sviluppo sostenibile costituisce una seconda peculiarità nell’ordinamento europeo. Gli articoli dei trattati istitutivi dell’Unione concernenti lo sviluppo sostenibile non definiscono tale “principio-obiettivo” e non ne indicano i contenuti; quanto a questi ultimi, conviene rifarsi ad altri testi,
91 Il principio di integrazione ambientale nell’Unione europea sarà analizzato più nel dettaglio
nella prima sezione del capitolo seguente. Va detto che la dottrina giuridica ha rilevato che l’Unione europea è l’unica regione ove lo sviluppo sostenibile è considerato un principio “costituzionale”: cfr. M., TORRE-SCHAUB, L’apport du principe de développement durable au
droit communautaire: gouvernance et citoyenneté écologique, in Revue du marché commun et de l’Union européenne, 2012, p. 89.
92 Questo aspetto, specificato anche nel “Consenso europeo”, è stato ribadito dalla Corte di
giustizia dell’Unione europea in una recente sentenza, relativa alla validità dell’atto istitutivo dell’accordo quadro di partenariato e cooperazione tra l’Unione europea e la Repubblica delle Filippine. Cfr. causa Commissione europea contro Consiglio dell'Unione europea, C-377/12, sent. dell’11 giugno 2014, non ancora pubblicata in Racc., p. 42.
93 Ad esempio, non stupisce che l’Unione, già in occasione dei negoziati che anticiparono il
Vertice di Johannesburg del 2002, avesse tentato, benché senza successo, di pervenire all’adozione di obiettivi quantitativi e temporali sostanziali di natura vincolante. Si veda A. FODELLA, Il
Vertice, cit., p. 389 e p. 392. Inoltre, è stato osservato che la filosofia del mercato dell’Unione si
fonda proprio sullo sviluppo sostenibile: cfr. L. S . ROSSI, Verso una nuova etica del commercio
internazionale?, in L. S. ROSSI (a cura di), Commercio internazionale sostenibile? Wto e Unione europea, Bologna, 2003, pp. 22-23.
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come la Dichiarazione sui principi guida dello sviluppo sostenibile, adottata dal Consiglio europeo nel 200594, la quale descrive lo sviluppo sostenibile in un’ottica ancora più ampia rispetto a quanto messo in evidenza a livello internazionale95.
Eppure, è opinione diffusa che lo sviluppo sostenibile, per il diritto dell’Unione europea, attenga in misura prevalente al pilastro sull’ambiente96, anche e soprattutto in virtù del principio di integrazione ex art. 11 TFUE. La sostenibilità ambientale è dunque la componente preponderante dello sviluppo sostenibile nell’ordinamento dell’Unione, come si evince dalla lettura delle voci su cui insistono gli ultimi programmi d’azione ambientale e la suddetta Dichiarazione del 2005. La sostenibilità ambientale viene specificata attraverso i principi propri della politica dell’Unione sull’ambiente, con particolare attenzione alla necessità di garantire un elevato livello di tutela ambientale, oltre che il miglioramento della qualità dell’ambiente (come risulta dal combinato disposto del primo e secondo comma dell’art. 191 TFUE e del terzo comma dell’art. 3 TUE).
Malgrado ciò, nel diritto originario dell’Unione europea lo sviluppo sostenibile trascende la dimensione settoriale degli articoli 191 e seguenti TFUE, che compongono il titolo dedicato alla politica ambientale dell’Unione; dalla sua collocazione nei Trattati istitutivi traspare l’intenzione degli Stati membri di proporre lo sviluppo sostenibile come principio e obiettivo più ampio, dunque generale. Si noti che, diversamente dal principio di integrazione, traslato dall’insieme dei principi puramente ambientali alle disposizioni di applicazione generale del TFUE (già TCE), il principio dello sviluppo sostenibile non ha mai subito un simile processo di “affrancamento”, in quanto sin dal momento della sua formulazione è stato dotato di uno status più elevato.
Il preambolo del TUE e gli articoli citati esprimono un elemento teorico che distingue la disciplina sullo sviluppo sostenibile dell’Unione (e, di riflesso, degli
94 La Dichiarazione è allegata alle Conclusioni della Presidenza del Consiglio europeo di
Bruxelles, 16-17 giugno 2005, doc. 10255/1/05 REV 1, del 15 luglio 2005.
95 Premettendo che nella dichiarazione lo sviluppo sostenibile viene presentato come “principio
fondamentale che disciplina il complesso delle politiche e azioni dell'Unione (par. 8) e “obiettivo chiave” per tutte le politiche dell’Unione (p. 28), è interessante, ad esempio, che il rispetto dei diritti fondamentali o la preservazione della “capacità della Terra di favorire la vita in tutta la sua diversità” (enunciazione di portata oggettivamente troppo ampia) figurino espressamente e al tempo stesso tra i fondamenti e gli obiettivi dello sviluppo sostenibile (pp. 28-29).
96 Si veda, ad esempio, P. FOIS, Il diritto ambientale nell’ordinamento dell’Unione europea, in .
G. CORDINI, P. FOIS, S. MARCHISIO, (a cura di), Diritto ambientale, cit. pp. 62-63; J. SCOTT,
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Stati membri); scendendo, però, al piano pratico, si finisce per accertare che la realtà in merito allo sviluppo sostenibile assume profili sensibilmente diversi, dei quali bisogna tenere conto.
Uno dei fattori che contribuiscono a temperare le prescrizioni contenute nel TUE e nel TFUE è la genericità del concetto di sviluppo sostenibile97, il quale, secondo autorevole dottrina, potrebbe subire strumentalizzazioni, sul piano politico, dall’attore che di volta in volta ne faccia uso98. Pertanto, accanto alle posizioni che conferiscono allo sviluppo sostenibile il rango di principio giuridico99 (anche di tipo programmatico o costituzionale100), si collocano opinioni più critiche, che intendono lo sviluppo sostenibile come principio “guida” più che altro per la politica ambientale dell’Unione101 o, più semplicemente, come un principio avente contenuto “etico”102. Preso atto dell’insufficiente apporto interpretativo della giurisprudenza comunitaria, la questione della tipologia del principio dello sviluppo sostenibile resta in sospeso, non potendosi così concludere affermativamente circa l’esistenza di un obbligo “giustiziabile”, in capo all’Unione, di perseguire risultati sostenibili in campo
97 Si veda, ad esempio, J.-P. GUICHARD, Le développement durable, une valeur commune dans
une Europe en déclin, in L. POVTIN-SOLIS (a cura di), Les valeurs communes dans l’Union européenne: onzièmes journées Jean Monnet, Bruxelles, 2014, p. 423.
98 Cfr. L. KRAMER, EU Environmental Law, London, 2011, p. 365. Nel presente paragrafo si è
fatto riferimento in via principale alla Dichiarazione sui principi guida dello sviluppo sostenibile, ma altri tentativi di definizione sono rinvenibili altrove nel diritto dell’Unione. Ai sensi del Regolamento 2493/2000/CE “per "sviluppo sostenibile" si intende il miglioramento delle condizioni di vita e del benessere delle popolazioni interessate, entro i limiti della capacità degli ecosistemi, attraverso la salvaguardia del patrimonio naturale e della sua biodiversità a vantaggio delle generazioni presenti e future”. Cfr. Regolamento (CE) n. 2493/2000 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 7 novembre 2000, relativo a misure volte a promuovere la totale integrazione della dimensione ambientale nel processo di sviluppo dei paesi in via di sviluppo, in GUCE L 288/1-5, del 15 novembre 2000. La Strategia per lo sviluppo sostenibile inclusa nelle Conclusioni della Presidenza del Consiglio europeo di Göteborg del 2001 propone una visione dello sviluppo sostenibile analoga a quella fornita dal Rapporto Brundtland (“soddisfare i bisogni dell’attuale generazione senza compromettere quelli delle generazioni future”). Si precisa che ancora non si era tenuto il Vertice di Johannesburg, che fu essenziale ai fini dei contenuti dello sviluppo sostenibile, ma nonostante ciò la Strategia del 2001 poneva l’accento anche sulla dimensione sociale dello sviluppo sostenibile, proprio in vista del Summit mondiale che si sarebbe svolto l’anno seguente. Cfr. Conclusioni della Presidenza del Consiglio europeo di Göteborg, 15-16 giugno 2001, doc. SN 200/1/01 REV 1, par. 19. Un esempio relativo all’incertezza che ancora caratterizza il concetto di sviluppo sostenibile può essere tratto dalla giurisprudenza della Corte di giustizia dell’Unione europea: causa Commissione europea contro Irlanda,C-50/09, sent. del 3 marzo 2011, in Racc. 2011 I-00873, pp. 48-49.
99 K. BOSSELMANN, The Principle of Sustainability. Transforming Law and Governance,
Ashgate, 2008, p. 57.
100 P. A. PILLITU, Il principio dello sviluppo sostenibile nel diritto ambientale dell’Unione
europea, in P. FOIS, (a cura di), Il principio, cit., pp. 244-246.
101 L. KRAMER, Manuale di diritto comunitario per l’ambiente, Milano, 2002, p. 71. 102 P. DELL’ANNO, Principi di diritto ambientale europeo e nazionale, Milano, 2004, p. 75.
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ambientale. Semmai, lo sviluppo sostenibile si “rafforza” grazie al carattere giuridicamente vincolante dei principi ambientali di cui all’art. 191 TFUE.
L’incongruenza più evidente si manifesta se si confronta il tenore delle norme del diritto primario dell’Unione europea cui si è fatto cenno con le azioni in materia di sviluppo sostenibile adottate a livello sovranazionale: il ricorso allo sviluppo sostenibile ad opera dell’Unione tradisce un’attenuazione del suo ruolo di principio e obiettivo generale. La tesi che si sostiene è sorretta da almeno due indizi.
Le misure adottate nell’ultimo decennio per dare attuazione al principio dello sviluppo sostenibile normalmente sono di carattere non legislativo, essendo queste prodotte in gran parte dalla Commissione o dal Consiglio europeo; le ragioni di ciò vanno ricercate specialmente negli obiettivi ambientali a lungo termine ai quali simili iniziative si rivolgono. I documenti maggiormente esemplificativi hanno al massimo carattere programmatico: su tutti, si segnalano le strategie per lo sviluppo sostenibile lanciate dal Consiglio europeo nel 2001103 e nel 2006104, il quinto e sesto Programma d’azione ambientale della Commissione (1992 e 2002)105 e la summenzionata Dichiarazione sui principi guida dello sviluppo sostenibile106.
È stato poi osservato che le misure a presidio dello sviluppo sostenibile sono spesso caratterizzate dalla carenza di obiettivi concretamente individuabili e di obblighi giuridicamente vincolanti, pur affrontando problematiche estremamente complesse e ricoprendo archi temporali ampi107. Ne discende che l’attuazione di dette misure è destinata a risentire di tali inconvenienti.
Siffatti problemi incidono inevitabilmente sull’effettività dello sviluppo sostenibile e alimentano dubbi sulla reale natura giuridica da riconoscere allo
103 Doc. SN 200/1/01 REV 1, parr. 19-32, che segue la Comunicazione della Commissione
“Sviluppo sostenibile in Europa per un mondo migliore: strategia dell'Unione europea per lo sviluppo sostenibile” (Proposta della Commissione per il Consiglio europeo di Göteborg), doc. COM(2001) 264, del 15 maggio 2001.
104 Consiglio europeo di Bruxelles, 9 maggio 2006, doc. 10117/06, che segue la Comunicazione
della Commissione al Parlamento europeo e al Consiglio sul riesame della strategia per lo sviluppo sostenibile, intitolata “Una piattaforma d’azione”, doc. COM(2005) 658, del 13 dicembre 2005.
105 Decisione 1600/2002/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 22 luglio 2002, che
istituisce il sesto programma comunitario di azione in materia di ambiente, in GUCE L 242/1-15, del 10 settembre 2002.
106 In ciascuno di questi atti la lotta ai cambiamenti climatici acquisisce una dimensione centrale
quale obiettivo globale da realizzare in ossequio ai vincoli sanciti nel Protocollo di Kyoto.
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sviluppo sostenibile, seppure i trattati istitutivi lo enunciano quale principio generale (oltre che come obiettivo fondamentale dell’Unione).
2. Lo sviluppo sostenibile nella dinamica “ambiente-diritti”
2.1. Lo sviluppo sostenibile e l’(in)esistenza di un diritto a un ambiente sano nell’ordinamento dell’Unione europea
Lo sviluppo sostenibile rientra oggi nel diritto primario dell’Unione non solo per mezzo dei Trattati istitutivi, ma anche grazie alla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (di seguito, più semplicemente, “la Carta”). Con l’entrata in vigore del Trattato di Lisbona, la Carta ha acquisito il medesimo status giuridico del TUE e del TFUE. La Carta fa menzione dello sviluppo sostenibile, riconducendo ad esso esigenze di protezione ambientale che, a partire dalla fine degli anni ’80, hanno contribuito a determinare l’evoluzione del diritto della Comunità e dell’Unione.
La norma di riferimento è l’art. 37 della Carta108, intitolato “Tutela dell’ambiente”, che recita: “(u)n livello elevato di tutela dell'ambiente e il miglioramento della sua qualità devono essere integrati nelle politiche dell'Unione e garantiti conformemente al principio dello sviluppo sostenibile”. L’articolo si presta a numerose considerazioni, ma nel presente paragrafo l’analisi sarà circoscritta alla componente “sviluppo sostenibile” e agli elementi che consentono di concludere sull’esistenza o meno di un diritto all’ambiente, mentre gli aspetti inerenti al principio di integrazione saranno affrontati nel secondo capitolo. Si reputa che l’analisi di una norma come l’art. 37, chiamato a riportare la tutela ambientale all’interno di un testo di diritti, sia un “test” piuttosto indicativo per acquisire elementi tali da permettere di comprendere se la valenza dello sviluppo sostenibile nell’ordinamento dell’Unione corrisponda o meno a ciò che gli articoli 3 e 11 TFUE paiono suggerire.
108 Per analisi sul tema si vedano, ad esempio: C. COFFEY, The EU Charter on Fundamental
Rights – The Place of the Environment, in K. FEUS (a cura di), The EU Charter of Fundamental Rights: Texts and Commentaries, London, 2000, pp. 129-144; B. POZZO, L’art. 37 e la tutela dell’ambiente come diritto fondamentale, in ASSOCIAZIONE ITALIANA DI DIRITTO
COMPARATO (a cura di), I diritti fondamentali in Europa: XV colloquio biennale, Messina –
Taormina, 31 maggio – 2 giugno 2001, Milano, 2002, pp. 171-187; A. LUCARELLI, Articolo 37. Tutela dell’ambiente, in R. BIFULCO (a cura di), L’Europa dei diritti. Commento alla carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea, Bologna, 2001, pp. 258-266; S. GRASSI, La Carta dei diritti e la tutela dell’ambiente (art. 37), in G. VETTORI (a cura di), Carta europea dei diritti dei privati, Padova, 2002, pp. 227-246; A. KISS, Environmental and Consumer Protection, in S.
PEERS, A. WARD (a cura di), The EU Charter of Fundamental Rights, Oxford, 2004, pp. 247- 268.
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Il dato più evidente è la riproposizione dello sviluppo sostenibile come principio. La Carta, conformemente al Trattato di Lisbona, rafforza una presa di posizione rimarchevole, espressione della volontà degli Stati membri dell’Unione, che ha conferito allo sviluppo sostenibile un rango superiore a quello che normalmente viene ad esso riconosciuto a livello universale; inoltre, anche dal testo del Preambolo della Carta si rinviene la doppia natura dello sviluppo sostenibile, quale principio e obiettivo che l’Unione deve sforzarsi di promuovere.
A ben vedere, però, sembra che l’art. 37 della Carta innovi principalmente sul piano formale; al contrario, la portata sostanziale della norma è flebile, atteso che il testo dell’articolo si limita a ribadire concetti già espressi nelle disposizioni di diritto originario che, dall’entrata in vigore del Trattato di Amsterdam, affrontano la relazione tra lo sviluppo sostenibile e la tutela ambientale.
Il riferimento va all’art. 11 TFUE, che all’epoca in cui la Carta fu redatta e adottata era l’art. 6 TCE. Esso sancisce l’integrazione delle esigenze connesse all’ambiente nella definizione e attuazione di politiche e azioni dell’Unione, aggiungendo che ciò deve avvenire “nella prospettiva di promuovere lo sviluppo sostenibile”. Probabilmente, la differenza più rilevante tra l’art. 11 TFUE (già art. 6 TCE) e l’art. 37 della Carta sta nel fatto che il primo tende a dare maggiore risalto alla dimensione “finalistica” dello sviluppo sostenibile (sviluppo sostenibile come obiettivo), mentre il secondo pone l’accento sulla qualità di principio che l’espressione in esame vanta nel diritto dell’Unione europea (occorre garantire l’integrazione “conformemente al principio dello sviluppo sostenibile”). Insomma, la Carta affronta la questione del rapporto tra sviluppo sostenibile e protezione dell’ambiente in una prospettiva parzialmente diversa rispetto all’art. 11 TFUE, ma il valore aggiunto che si può trarre dall’art. 37 è relativo.
La formulazione dell’art. 37 della Carta dà luogo a una contraddizione, che occorre illustrare per poter giudicare più puntualmente la valenza dello sviluppo sostenibile nel diritto dell’Unione europea al di là del mero dato testuale. Per fare ciò è indispensabile aprire una parentesi sul solo pilastro ambientale dello sviluppo sostenibile, considerato nei termini di cui all’art. 37.