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Processo normativo ed economia verde – La partecipazione al processo normativo – Le istituzioni coinvolte: poteri e funzioni – 2 Il ruolo d

Sezione 2. Il diritto derivato, l’economia verde e la diffusione dei relativi serviz

1. Processo normativo ed economia verde – La partecipazione al processo normativo – Le istituzioni coinvolte: poteri e funzioni – 2 Il ruolo d

altri organi e agenzie nel quadro di governo dell’Unione europea per l’economia verde – 1.2. La ripartizione delle competenze in materia di economia verde tra Unione e Stati membri: una spinta verso l’armonizzazione – 1.3. La partecipazione del pubblico ai processi normativi relativi all’economia verde – 1.3.1. Profili giuridici problematici in merito alla dimensione esterna: tensioni con le norme della Convenzione di Århus – 1.3.2. Le lacune interne: un regime più stringente per gli Stati membri – 1.3.3. Economia verde, processo di integrazione europea e democrazia: cenni sui possibili scenari futuri – 2. Economia verde e norme di diritto positivo: settori principali – 2.1. La riduzione del livello di emissioni di carbonio – 2.2. L’incremento della produzione di energia da fonti rinnovabili – 2.3. L’efficienza nell’impiego delle risorse: in particolare, l’efficienza energetica – 2.4. Brevi cenni circa la nuova disciplina sui rifiuti – 3. L’economia verde e il sostegno finanziario dell’Unione europea – 3.1. Il nuovo programma “LIFE” e il supporto pratico (ma anche teorico?) all’economia verde – 3.2. Altri fondi e programmi complementari al programma LIFE – 3.3. La Banca europea per gli investimenti (BEI) e i principali programmi ad essa collegati

1. Processo normativo ed economia verde 1.1. La partecipazione al processo normativo 1.1.1. Le istituzioni coinvolte: poteri e funzioni

Il dibattito sull’economia verde desta in primo luogo interrogativi in merito alla ripartizione delle competenze. Essenzialmente, prima di studiare tipologie e contenuti delle principali norme relative all’economia verde, vi è da chiedersi quali siano i soggetti titolari del potere di assumere iniziative per promuovere e disciplinare l’economia verde e cosa essi possano fare al riguardo; ciò sottintende la necessità di riferirsi sia all’assetto puramente interno dell’Unione europea sia al rapporto tra Unione e Stati membri.

Si è accertato che l’Unione non ha formulato una definizione di economia verde, sebbene questa espressione sia implicitamente al centro di una strategia di

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crescita, alla quale si possono attribuire o ricondurre (anche a posteriori) atti di natura politica e giuridica; quanto agli atti legislativi, si sostiene che la loro adozione possa essere legittimata da norme di diritto primario. Occorre, dunque, verificare chi si occupa di economia verde nell’Unione e fino a che punto l’Unione, nel suo complesso, si sia attivata per disciplinare l’economia verde.

Tutte le istituzioni dell’Unione europea che sono coinvolte direttamente o indirettamente nel processo di formazione degli atti legislativi dispongono di poteri o funzioni per la promozione e lo sviluppo dell’economia verde.

Il Consiglio europeo sicuramente gioca un ruolo fondamentale al riguardo; la sua accresciuta dimensione costituzionale (con l’entrata in vigore del Trattato di Lisbona il Consiglio europeo è divenuto ufficialmente un’istituzione dell’Unione) unita alla speciale attenzione che i Capi di Stato e di Governo degli Stati membri dell’Unione europea stanno dedicando all’argomento, sono elementi indicativi229; va poi rammentato che il Consiglio europeo si è attivato in più occasioni per promuovere lo sviluppo sostenibile, come specificato allorché ci si è soffermati sull’argomento230.

Anche se il Consiglio europeo raramente ha utilizzato l’espressione “economia verde”231, riferendosi ad alcune delle sue componenti principali, tale evoluzione ha prodotto un aumento delle iniziative della Commissione europea, che nell’ultimo decennio si è distinta per i numerosi impulsi a favore dell’economia verde232. La Commissione ha più volte esercitato il suo potere di proposta affinché fossero adottati regolamenti, decisioni e direttive in settori riferibili all’economia verde e tipicamente rivolti alla limitazione degli effetti dei cambiamenti climatici. Più in generale, la Commissione ha posto l’economia verde al centro dell’agenda dell’Unione, segnatamente attraverso il lancio di comunicazioni, libri verdi e bianchi; la predisposizione di Europa 2020, degli atti

229 Se si considera Europa 2020, che costituisce il più importante supporto politico allo sviluppo e

alla diffusione dell’economia verde, è possibile constatare che il Consiglio europeo è il titolare del potere di indirizzo della strategia, in quanto ad esso spetta l’individuazione delle priorità da affrontare e la definizione degli impulsi necessari e la valutazione dei risultati ottenuti nel loro complesso. Si veda COM(2010) 2020, cit., pp. 6, 31-34. In particolare, il documento specifica che: “(i)l Consiglio europeo, (…), dovrebbe invece avere un ruolo guida in tale strategia, poiché è l'organismo che garantisce l'integrazione delle politiche e che gestisce l'interdipendenza tra gli Stati membri e l'UE” (p. 32).

230 Cap. I, sez. 1.

231 E quando ciò è accaduto, i riferimenti sono stati piuttosto generici. Ad esempio, il Consiglio

europeo ha fatto presente che occorre sfruttare “il potenziale di un'economia verde al fine di promuovere la crescita e la competitività”. Cfr. Conclusioni del Consiglio europeo, 14-15 marzo 2013, doc. EUCO 23/13, del 14 marzo 2013, par. 7.

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che costituiscono il pacchetto su clima ed energia e del materiale per i negoziati che hanno preceduto il Vertice di Rio + 20 sono aspetti emblematici.

L’affidamento alla Commissione di iniziative a favore dell’economia verde, in aggiunta, permetterebbe all’istituzione di controbilanciare la recente e progressiva erosione dei propri poteri da parte degli Stati membri più influenti (e quindi anche del Consiglio). La Commissione potrebbe avvalersi dell’economia verde per delineare azioni da intraprendere o per selezionare in anticipo ambiti precisi per la legislazione europea senza farsi condizionare più di tanto dagli Stati dell’Unione, i quali, è bene precisarlo, non si sono comunque spogliati delle proprie competenze in materia ambientale.

Presso la direzione generale “Ambiente” è stata istituita anche una direzione settoriale che si occupa specificamente di economia verde, segno che la Commissione ha assunto un approccio ancora più tecnico e mirato. La direzione settoriale “economia verde” è composta da esperti indipendenti e ricomprende tre servizi specifici: eco innovazione ed economia circolare, gestione e riciclaggio dei rifiuti, sostanze chimiche233.

Consiglio dell’Unione europea e Parlamento europeo esercitano funzioni normative e di bilancio234. Nel corso dell’iter previsto per la procedura ordinaria di adozione degli atti legislativi ex art. 294 TFUE entrambe le istituzioni detengono gli stessi poteri, anche se dall’analisi dell’argomento si evincono alcune peculiarità.

Il Consiglio può ora assumere la propria posizione in materia di economia verde costituendosi in varie formazioni; non solo “ambiente”, ad esempio, ma anche “trasporti, telecomunicazioni ed energia”. È presumibile che, a causa dall’ascrizione dell’energia al novero delle politiche dell’Unione (a cui si aggiunge la sussistenza di una politica dei trasporti qualificata come comune) e del peso sempre più preponderante dell’economia verde nella realtà europea, a

233 Nonostante ciò, l’oggetto delle competenze attribuite a questa direzione appare più limitato

rispetto ai potenziali contenuti dell’economia verde; inoltre, non è prevista una analoga direzione settoriale nella direzione generale “Clima” della Commissione europea.

234 Tuttavia, e sempre in considerazione dei contenuti di Europa 2020, Parlamento e Consiglio

mantengono comunque alcune rispettive peculiarità: il primo deve adoperarsi per stimolare la partecipazione dei cittadini dell’Unione, rivolgendosi in particolare ai Parlamenti degli Stati membri; il secondo è chiamato ad attuare i programmi nazionali agendo direttamente sugli Stati membri rappresentati al suo interno. Si veda COM(2010) 2020, cit., pp. 6, 32-33. È importante sottolineare come nella strategia in esame, la Commissione abbia auspicato che gli orientamenti integrati proposti, che costituiscono il supporto istituzionale della strategia Europa 2020, siano approvati dal Consiglio europeo, previo parere del Parlamento europeo.

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quest’ultima formazione del Consiglio sarà attribuita una connotazione decisiva: ne trae vigore il principio d’integrazione ambientale ex art. 11 TFUE e art. 37 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, che viene attuato più fedelmente.

Nel Parlamento europeo, invece, gli argomenti relativi all’economia verde, così come le questioni legate alle sfide poste dai cambiamenti climatici, vengono approfonditi in prevalenza nella Commissione permanente “Ambiente, sanità pubblica e sicurezza alimentare”; il dato non è di poco conto, perché tali aspetti sono esaminati in connessione con altri settori all’interno della commissione legislativa più grande del Parlamento europeo. Ne deriva un rafforzamento della rappresentatività dei cittadini dell’Unione in relazione a temi come l’economia verde. Invero, un’Unione più autonoma nella predisposizione delle iniziative per lo sviluppo e la diffusione dell’economia verde, giova al ruolo del Parlamento europeo: se dette iniziative fossero pianificate in prevalenza a livello nazionale o si ponessero come l’espressione di accordi internazionali (ad esempio, in materia di ambiente o energia) tra Unione e Stati terzi, le funzioni del Parlamento sarebbero pressoché irrisorie, data la preponderanza del Consiglio in queste ipotesi. Viceversa, la definizione delle azioni di economia verde tramite legislazione europea eleva i poteri del Parlamento e riduce il deficit democratico dell’Unione, poiché il Parlamento passerebbe da mero “consultore” a co- legislatore in merito ad atti da adottare quasi sempre con procedura ordinaria: ciò riequilibrerebbe il ruolo di Parlamento europeo e Consiglio a vantaggio del primo e finirebbe per ampliare l’autonomia dell’Unione dagli Stati membri.

1.1.2. Il ruolo di altri organi e agenzie nel quadro di governo dell’Unione europea per l’economia verde

L’economia verde, intesa come strumento per limitare gli effetti negativi dei cambiamenti climatici e realizzare uno sviluppo sostenibile, agendo anche sulle sue componenti, è altresì oggetto delle attività di organi che fuoriescono dal quadro istituzionale dell'Unione.

Vi sono organi consultivi che esercitano un impatto apprezzabile sulla definizione delle azioni nel campo dell’economia verde: il Comitato delle regioni

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e il Comitato economico e sociale europeo235 sono di fatto chiamati a fornire pareri in occasione delle procedure di adozione di atti legislativi concernenti oggetti che, come l’economia verde, hanno risvolti sulle realtà regionali e locali dell’Unione. Tali organi offrono all’Unione la possibilità di effettuare consultazioni diffuse, che contribuiscono a decidere le sorti delle proposte di atti legislativi della Commissione, e garantiscono un contatto più forte con la società civile (tema che comunque sarà approfondito nei paragrafi 1.3. e seguenti), facilitando l’integrazione europea anche in campo ambientale.

Una sintesi interessante tra le azioni da intraprendere per sviluppare e diffondere l’economia verde e l’attività degli organi dell’Unione europea che sostengono l’ampliamento della base sociale per la definizione della legislazione in materia (in particolare del Comitato delle regioni), è data dal Patto dei sindaci. Il Patto dei sindaci contiene un impegno assunto da varie autorità regionali e locali degli Stati membri dell’Unione ad attivarsi concretamente in vista degli obiettivi energetici aventi impatto ambientale che connotano la strategia Europa

2020 e che sono oggi governati da atti legislativi dell’Unione.

Lo sviluppo e la diffusione dell’economia verde passa anche attraverso l’operato di varie agenzie dell’Unione europea.

L’Agenzia europea per l’ambiente236, ad esempio, si occupa in maniera approfondita dell’economia verde, fornendo all’Unione dati e informazioni su cui fondare le iniziative in materia. Va sottolineato che questa agenzia non ha a che vedere solamente con l’ambiente a livello generale, dunque incidendo su quello che di fatto è un pilastro dello sviluppo sostenibile e uno dei cardini dell’economia verde; l’Agenzia europea per l’ambiente affronta specificamente anche l’economia verde in quanto tale, dedicando così un approccio più ampio e comprensivo al tema d’indagine: si ricorda che proprio questo è l’organo che ha avuto il merito di elaborare la definizione al momento più convincente di economia verde nell’ordinamento dell’Unione. Poiché non tutti gli Stati parti

235 Il Comitato economico e sociale europeo, ad esempio, rappresenta anche gli interessi di gruppi

ambientalisti. Cfr. anche E. LOUKA, Conflicting Integration: The Environmental Law of the

European Union, Antwerp – Oxford – New York, 2004, p. 39.

236 Tale organo discende dal regolamento (CEE) n. 1210/90 del Consiglio, del 7 maggio 1990,

sull'istituzione dell'Agenzia europea dell'ambiente e della rete europea d'informazione e di osservazione in materia ambientale, in GUCE L 120/1-6, dell’11 maggio 1990; si veda anche il regolamento (CE) n. 401/2009/CE del Consiglio del 23 aprile 2009, sull’Agenzia europea dell’ambiente e la rete europea d’informazione e di osservazione in materia ambientale, in GUUE L 126/13-22, del 21 maggio 2009.

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dell’Agenzia europea dell’ambiente sono al tempo stesso Stati dell’Unione, non è irrilevante ravvisare che la portata della definizione ripresa a suo tempo237 potrebbe orientare le politiche ambientali di Stati membri dell’Unione e di Stati europei che sono terzi rispetto ad essa, producendo una maggiore coesione sul concetto di economia verde ed estendendone gli effetti al di fuori dell’ambito regionale.

All’Agenzia europea per l’ambiente si aggiungono altre agenzie che svolgono compiti rilevanti ai fini dell’economia verde.

L’Agenzia per la cooperazione fra i regolatori nazionali dell’energia238 è essenziale per l’avanzamento verso il completamento del mercato interno dell’elettricità e del gas naturale, che, come sarà spiegato nel corso della presente sezione, costituiscono settori nei quali l’economia verde si inserisce a pieno titolo; questa agenzia opera sulle autorità degli Stati membri, i quali sono chiamati a dare effettività ai mercati di cui sopra, assumendo in tal modo un ruolo primario nel contesto dell’economia verde.

L’Agenzia europea per la sicurezza aerea239 è stata istituita, tra l’altro, per promuovere i livelli massimi di protezione ambientale nel campo dell’aviazione civile; il suo mandato incorpora in parte anche la lotta ai cambiamenti climatici. L'Agenzia europea per la sicurezza aerea sta inoltre stringendo rapporti di collaborazione con organizzazioni in tutto il mondo, compresa l'International

Civil Aviation Organisation (ICAO), rese effettive da appositi accordi giuridici,

con la conseguenza che aspetti interni all’Unione che sono fondamentali per l’economia verde acquistano una dimensione esterna sicuramente più forte240.

237 Cap. II, sez. 1, par. 2.1.

238 Si veda il regolamento (CE) n. 713/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 luglio

2009, che istituisce un’Agenzia per la cooperazione fra i regolatori nazionali dell’energia, in GUUE L 211/1-14, del 14 agosto 2009. Secondo l’art. 7, co. 3, del regolamento “(l)’Agenzia fornisce un quadro entro il quale le autorità nazionali di regolamentazione possono cooperare. Promuove la cooperazione fra le autorità nazionali di regolamentazione e fra le autorità di regolamentazione a livello regionale e comunitario e tiene debitamente conto dei risultati di tale cooperazione nel formulare pareri, raccomandazioni e decisioni”.

239 Tale agenzia è stata istituita con il regolamento 1592/2002/CE del Parlamento europeo e del

Consiglio, del 15 luglio 2002, recante regole comuni nel settore dell'aviazione civile e che istituisce un'Agenzia europea per la sicurezza aerea, in GUCE L 240/1-34, del 7 settembre 2002, più volte emendato e infine abrogato dal Regolamento (CE) n. 216/2008 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 20 febbraio 2008, recante regole comuni nel settore dell’aviazione civile e che istituisce un’Agenzia europea per la sicurezza aerea, e che abroga la direttiva 91/670/CEE del Consiglio, il regolamento (CE) n. 1592/2002 e la direttiva 2004/36/CE, in GUUE L 79/1-49, del 19 marzo 2008.

240 Vi sono anche altre agenzie europee che si occupano di temi correlati all’economia verde:

l’Agenzia comunitaria per il controllo della pesca (si veda il regolamento (CE) n. 768/2005 del Consiglio, del 26 aprile 2005, che istituisce un’Agenzia comunitaria di controllo della pesca e

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Vi sono anche agenzie di natura esecutiva, create per svolgere funzioni appositamente delegate loro dalla Commissione europea per l’esecuzione di programmi dell’Unione che assumono una veste cruciale per l’economia verde, come “Orizzonte 2020”: tra queste vi è l’Agenzia esecutiva per l’innovazione e le reti, depositaria di un cospicuo bilancio per la gestione di tematiche quali la promozione dell’efficienza energetica e di trasporti a basso impatto ambientale, che a loro volta si collocano all’interno di sfide di carattere sociale riguardanti la collettività dei cittadini dell’Unione. Da segnalare anche l’Agenzia esecutiva per la ricerca che, assieme a un altro organo di diversa natura, ossia l’Istituto europeo di innovazione e tecnologia, ha assunto un ruolo propulsivo per la realizzazione e la propagazione di nuovi servizi volti a dare una spinta consistente all’economia verde.

In sintesi, il passaggio a un’economia verde insiste su un modello di

governance che ricalca una tendenza in atto da tempo e che prevede l’attribuzione

di funzioni e competenze a una pletora di organi (a volte organismi, dato che le versioni in lingua italiana degli atti dell’Unione non offrono una traduzione unitaria del termine inglese “bodies”) indipendenti o, nel caso, “mandatari” della Commissione. Le complessità e i tecnicismi insiti nell’economia verde ben si adattano a questo modello formato da entità spesso dotate di poteri intensi e che, nel loro insieme, garantiscono capillarità al sistema e un più saldo raccordo tra Unione e Stati membri.

Non bisogna però trascurare altri aspetti, primo fra tutti la possibilità che le agenzie o autorità passate in rassegna si rivelino un soluzione per erodere competenze agli Stati membri in alcune materie; oppure la scarsa componente democratica di alcuni di questi organi che, laddove istituiti direttamente dalla Commissione (ad esempio se si tratta di agenzie esecutive) o dal Consiglio (ad esempio se sono il prodotto di regolamenti che non sono stati adottati con procedura ordinaria), non sono espressione del Parlamento europeo, inteso come l’istituzione che rappresenta i cittadini dell’Unione. Infine, non si può scartare l’ipotesi in base alla quale la presenza di numerose agenzie frammenterebbe oltremodo un simile quadro di governo: dopotutto, l’indeterminatezza del concetto

modifica il regolamento (CEE) n. 2847/93 che istituisce un regime di controllo applicabile

nell’ambito della politica comune della pesca, in GUUE L 128/1-14, del 21 maggio 2005); l’Agenzia europea per la sicurezza marittima (si veda il regolamento (CE) n. 1406/2002 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 giugno 2002, che istituisce un'Agenzia europea per la sicurezza marittima, in GUUE L 208/1-9, del 5 agosto 2002).

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di economia verde potrebbe risentire dell’autonomia di un numero consistente di poli in grado di prendere decisioni; sarà dunque la prassi a svelare se il ruolo esercitato da questa serie di organi si rivelerà una strategia vincente per l’affermazione (indolore) dell’economia verde.

1.2. La ripartizione delle competenze in materia di economia verde tra Unione e Stati membri: una spinta verso l’armonizzazione

L’analisi condotta suggerisce che l’economia verde alimenterà il dibattito sulla suddivisione delle competenze tra Unione europea e Stati membri.

Il TFUE ha avuto il merito di introdurre una classificazione precisa che distingue tra le tipologie di competenze principali. Stante la possibilità di collegare l’economia verde al Trattato di Lisbona nel suo insieme soltanto in via induttiva, associare tale modello a una o più politiche stimola riflessioni sull’esercizio delle competenze a livello sovranazionale.

A completamento di quanto illustrato nella sezione precedente, le politiche dell’Unione nelle quali è opportuno collocare le azioni afferenti all’economia verde poste in essere per contrastare i cambiamenti climatici sono in primis la politica ambientale, quindi il mercato interno e, almeno ultimamente, anche la politica energetica. La logica impone dunque di riferire la legislazione in materia di economia verde all’art. 4, co. 2, TFUE, che elenca le competenze concorrenti. Perciò, l’attribuzione di competenze all’Unione per l’economia verde non è motivo di incertezza; semmai, sono le modalità di esercizio di tali competenze a sollevare incognite.

Come appena evidenziato, istituzioni e organi dell’Unione europea stanno esercitando con maggiore frequenza e intensità poteri e funzioni in settori dell’economia verde, anche sul piano giuridico. Le iniziative necessarie per definire e attuare le trasformazioni richieste dall’economia verde presuppongono una guida dell’Unione. Gli impegni che Unione e Stati membri hanno assunto a livello internazionale per contrastare i cambiamenti climatici e i contenuti della strategia di crescita Europa 2020 non possono essere affrontati individualmente da ciascuno Stato membro, anche perché le singole condizioni di partenza sono molto diverse da Stato a Stato sotto numerosi punti di vista. Se ne deduce che mancano i presupposti per l’affermazione di discipline nazionali sufficientemente autonome con riferimento all’economia verde.

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Viene allora da interrogarsi sugli scenari che potrebbero aprirsi.

È del tutto ipotizzabile che l’Unione finisca per sottrarre competenze agli Stati membri in materie fondamentali, come ambiente ed energia. L’esistenza di un regime di competenze concorrenti per la politica ambientale ed energetica è un elemento da bilanciare con altre considerazioni. L’Unione ha notoriamente ritenuto necessario legiferare nel campo della protezione dell’ambiente a causa della vastità, indeterminatezza e comunanza del bene oggetto di tutela e dell’insufficienza delle discipline nazionali sul tema, a fronte della sussistenza di vincoli di diritto internazionale241; inoltre, la recente istituzione della politica energetica dell’Unione europea e l’esigenza di puntare su un mercato interno dell’energia restringono oltremodo lo “spazio di manovra” degli Stati membri242. L’economia verde si inserisce appunto in questo contesto, perpetrando la tendenza