1.4 La cultura e la sua influenza sugli strumenti digitali
1.4.2 La localizzazione dei social media
Anche nel caso dei social media il fattore culturale diventa importante, in quanto le differenze cultuali determinano differenti modi di adozione ed utilizzo tra gli utenti di tutto il mondo. La diffusione mondiale dei social media ha portato ad un aumento nel consumo di contenuto multilingue che potrebbe rappresentare un ulteriore barriera alla comunicazione tra Paesi. Questa diversità linguistica e culturale sul web ha creato quindi dei differenti panorami di social media, con utilizzi e consumi globali unici e peculiari da parte degli utenti. Capire come i social media vengono distribuiti, consumati e sfruttati
39 nel mondo possono aiutare i marketers globali nello sviluppare, posizionare e distribuire il contenuto globale al fine di raggiungere differenti obiettivi di marketing come l’aumento del traffico al sito web, generare nuovi contatti, aumentare la SEO multilingua, aumentare la brand awareness globale, e favorire la crescita del fatturato estero (Singh et al., 2012).
Anche in questo caso si può parlare di studi dal lato utente e studi dal lato azienda.
- Lato user: impatto delle differenze culturali sulle modalità di utilizzo e sulle preferenze dei social media.
Gli studi dal lato user in questo caso sono in misura minore rispetto a quelli sul sito web e sono più che altro concentrati ad individuare elementi quali la diversa frequenza di utilizzo, i social media preferiti e le motivazioni e le attività che portano gli utenti ad adottare i social media.
Inoltre, c’è scarsità di scritti accademici sul percorso di utilizzo, adozione, e consumo dei social media a livello globale. Nella maggior parte dei casi il Paese è usato come contesto piuttosto che come parametro di comparazione (Notley, 2009). Molti degli sforzi fatti nell’identificazione di profili di utilizzo da parte degli utenti a livello mondiale, sono venuti dalla letteratura non accademica, ma di business. Molti studi nella stampa aziendale hanno riguardato proprio dati relativi all’utilizzo dei social media nel mondo, come questi percorsi variano da Paese a Paese e come gli utenti interagiscono con i social media in maniera diversa.
Relativamente all’impatto delle differenze culturali sulle modalità di utilizzo e sulle preferenze dei social media da parte di utenti di diversa nazionalità si è utilizzato anche in questo caso il modello di Hofstede, con particolare focus su due dimensioni: individualismo/collettivismo (Tsai e Men, 2014; Xu-Priour et al., 2014), distanza dal potere (Goodrich e Mooiji, 2014).
Lo studio di Goodrich e Mooiji (2014) dimostra che le variabili culturali di Hofstede spiegano le differenze cross culturali nelle decisioni di acquisto sia online che offline. Il risultato più importante è quello dell’esistenza di una forte relazione tra il livello di individualismo e collettivismo e l’utilizzo dei social media tra Paesi.
40 Il livello di individualismo/collettivismo spiega infatti le differenze nelle modalità con le quali le persone acquisiscono le informazioni e l’importanza che queste informazioni hanno nel processo di decisione del consumatore, in particolare con rispetto alla ricerca attiva. Nelle culture individualiste e bassa distanza dal potere, l’informazione è un bisogno omnicomprensivo, mentre nelle culture ad alto livello collettivista e di distanza dal potere, l’attendibilità e l’opinione degli altri sono ritenute più importanti. Le persone in queste culture sono meno attive nella ricerca di informazioni, le acquisiscono in maniera passiva attraverso i loro contatti personali e basano la loro decisione di acquisto più sui sentimenti e sulla fiducia verso l’azienda ottenuta tramite il passaparola, piuttosto che sui fatti. In particolare, nelle culture individualiste e con bassa distanza dal potere le persone cercano le informazioni in maniera attiva, si affidano meno al passaparola e alla ricerca sui media tradizionali. In questo caso, i propri contatti personali sono solamente una fonte di informazione, mentre nelle culture collettiviste, i contatti personali tendono a formare le opinioni. Boase et al. (2006) confermano che i social media, insieme ai motori di ricerca e altre fonti di informazione online, nel mondo occidentale e individualista, sono visti come una via per ottenere risorse e vengono utilizzati più che altro per raggiungere le persone in possesso della giusta informazione per aiutarle a risolvere un problema; nelle culture collettiviste e con alta distanza dal potere, invece, i social media tendono a rinforzare la condivisone di idee e sentimenti.
Da qui si deduce come i marketers dovrebbero utilizzare i social media in maniera più spinta nelle culture a forte carattere collettivista, come la Cina o la Tailandia, nelle quali i social media possono giocare un importante ruolo nella formazione delle opinioni. Al contrario, gli USA, il Regno Unito e l’Australia sono esempi di culture individualiste, le quali sono meno propense ad utilizzare i social media per le decisioni di acquisto. Nel caso delle culture collettiviste, occorre improntare un rapporto con il consumatore/utente, basato sulla fiducia e sull’individuazione di opinion leader, ovvero coloro che hanno un cospicuo numero di followers e che potrebbero portare a un’influenza negativa, qualora non fossero gestiti nella maniera adeguata. Nei Paesi individualisti che tendono, invece, a basare le loro decisioni sul rapporto costo /beneficio, il focus dovrebbe essere sulla creazione e condivisione di contenuto efficiente.
41 Xu-Prour et al. (2014) arrivano alla stessa conclusione, affermando come le persone di cultura collettivista siano più propense alle interazioni sociali online rispetto alle persone in una cultura individualista, e quindi, traendo da queste interazioni un elevato livello di intrattenimento, è molto più probabile che condividano informazioni e comunichino attraverso i social media. Inoltre, essi sono più dipendenti dai social media e si identificano in maniera più forte nelle comunità di brand all’interno delle brand page. Al contrario, nelle culture individualiste, che enfatizzano l’essere il migliore, l’unicità e l’indipendenza, gli utenti risultano meno dipendenti dai social media, percepiscono un più basso livello di interazione parasociale con il brand e si identificano meno con le comunità di brand.
Oltre che nella differente modalità di ricerca delle informazioni e dell’attendibilità della fonte, il livello di individualismo/collettivismo di una cultura incide anche nelle motivazioni che portano all’adozione dei social da parte degli utenti. Uno studio di Tsai e Men (2014) mette in luce come tali motivazioni cambino tra la cultura americana (individualista) e quella cinese (fortemente collettivista). Entrambe individuano come principali motivazioni per partecipare alle pagine di brand la ricerca delle informazioni e l’intrattenimento; tuttavia mentre i cinesi considerano queste delle piattaforme indispensabili per interagire con i loro pari per scopi sociali, gli americani mettono all’ultimo posto l’integrazione social, individuandola come la ragione meno importante per seguire la pagina social brandizzata. Al contrario questi considerarono più importante l’ottenimento di benefici economici, come i coupon, i premi e i campioni omaggio.
Un’ulteriore dimensione presa in considerazione in questi studi è quella dell’“orientamento al lungo o breve periodo”, la quale in particolare differenzia ulteriormente la funzione dei social all’interno delle culture collettiviste. Nelle culture collettiviste, caratterizzate da un orientamento al breve termine, le persone si identificano e presentano sé stesse in maniera autocelebrativa, ma sono più interattive. Nelle culture collettiviste orientate al lungo termine, invece, le persone vogliono essere anonime e sentirsi parte di una comunità più ampia, ma in maniera più passiva. Questo spiega perché Facebook è più popolare nelle culture a orientamento a breve termine, mentre nelle culture a lungo termine come il Giappone, si sono sviluppate le proprie piattaforme
42 social. I marketers dovrebbero quindi da un lato utilizzare messaggi brandizzati che enfatizzano l’autostima di queste culture orientate al breve termine, e dall’altro enfatizzare l’orientamento di gruppo e l’anonimato nei Paesi con orientamento al lungo termine.
Questi risultati mettono in luce il bisogno di impiegare strategie di social media marketing customizzate per coinvolgere i consumatori di culture differenti. Gli online marketing managers o gli imprenditori, dovrebbero quindi essere culturally sensitive nei loro approcci e adottare le loro piattaforme di social networking alle caratteristiche culturali di ciascun Paese.
- Per quanto riguarda invece il lato azienda, quindi gli studi volti a capire le scelte di standardizzazione o adattamento, o i percorsi di utilizzo dei social media come strumento di business internazionale da parte delle aziende, questi saranno oggetto della review sistematica della letteratura del secondo capitolo, in quanto il focus della presente tesi di dottorato è proprio sulle aziende e sulle strategie di social media marketing internazionale da esse utilizzate.
Da questo lungo periodo di esplorazione, ciò che è emerso è che diventa quasi un imperativo per le imprese, non soltanto comprendere il ruolo della tecnologia nel rimodellare il mercato, ma anche e soprattutto utilizzare i social media come una parte della “cassetta degli attrezzi” di marketing, tanto nel mercato domestico, quanto nel mercato estero. In questo contesto mutevole, il ruolo di Internet, e in particolare dei social media, è diventato cruciale. Inoltre, utenti di Paesi differenti hanno preferenze e comportamenti in Rete tra loro diversi. Questo vale tanto per il sito web, quanto per la fruizione dei social media.
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CAPITOLO 2
Revisione della letteratura e gap di ricerca
Al fine di identificare la letteratura esistente sul tema dell’utilizzo dei nuovi strumenti del web 2.0 nel processo di internazionalizzazione delle imprese italiane, sì è deciso di realizzare una review sistematica della letteratura sulla base delle linee guide fornite da Tranfield et al (2003) e da Thorpe et al. (2005).
Nel seguente capitolo vengono quindi presentate le tre fasi (pianificazione, conduzione e presentazione dei risultati) che si sono susseguite nella realizzazione della revisione della letteratura e che hanno portato all’individuazione di alcuni importanti gap di ricerca.
Infine, vengono presentate le due domande di ricerca dell’intero progetto di tesi.