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LUGLIO Lunedì, 1 luglio 2013

Nel documento La tua fede ti ha salvato (pagine 111-192)

del Tempo Ordinario

LUGLIO Lunedì, 1 luglio 2013

Beato Antonio Rosmini, sacerdote

Liturgia della Parola

Gen 18,16-33; Sal 102; Mt 8,18-22

La ParoLaDeL signore

è asCoLtata

In quel tempo, vedendo Gesù una gran folla intorno a sé, ordinò di passare all’altra riva. Allora uno scriba si avvici-nò e gli disse: «Maestro, io ti seguirò dovunque tu andrai».

Gli rispose Gesù: «Le volpi hanno le loro tane e gli uccelli del cielo i loro nidi, ma il Figlio dell’uomo non ha dove posare il capo». E un altro dei discepoli gli disse: «Signo-re, permettimi di andar prima a seppellire mio padre». Ma Gesù gli rispose: «Seguimi e lascia i morti seppellire i loro morti».

èmeDitata

Dopo la guarigione del servo del centurione (paga-no), della suocera di Pietro e di molti infermi, Matteo ci propone il tema della sequela di Gesù e la sua ra-dicalità.

Allo scriba che mostra il proposito di seguirlo ovun-que, Gesù fa notare la propria povertà: mentre gli

ani-imana del Tempo Ordinario

mali hanno un loro rifugio, Lui non ha neanche dove posare il capo. Seguirlo significa pertanto essere pron-ti ad un distacco totale dai beni materiali e da ogni comodità. Scegliere di seguirlo impone di dargli tutto così come Lui ha dato tutto Se stesso per noi.

Al discepolo che chiede di poter andare prima a sep-pellire il padre, Gesù risponde con un invito perento-rio: «Seguimi». Non c’è nulla di più importante da ante-porre a Gesù e ad una vita condivisa con Lui, neanche i propri affetti: «Chi ama padre o madre più di me, non è degno di me; chi ama figlio o figlia più di me, non è degno di me» (10,37). Qualsiasi realtà umana (anche

“seppellire i morti”), per quanto importante, è sempre secondaria rispetto a Dio. Chi vuol seguire Gesù è Lui che deve mettere al primo posto, sempre.

Colui che è veramente innamorato lascia perdere tutto il resto per guadagnare colui che ama.

Giovanni della Croce

èPregata Donami, Gesù, un cuore libero e capace di amarti so-pra ogni altra cosa. So che solo Tu mi puoi condurre alla gioia, tutto il resto diventa importante se mi con-duce a Te. Fa’ che io, ascoltando la Tua chiamata, possa dirti il mio sì convinto. Amen.

miimPegna

Rifletterò sul mio modo di considerare i beni materiali.

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XIII Settimana del Tempo Ordinario

Martedì, 2 luglio 2013

San Lidano da Sezze, abate

Liturgia della Parola

Gen 19,15-29; Sal 25; Mt 8,23-27

La ParoLaDeL signore

è asCoLtata In quel tempo, salito Gesù sulla barca, i suoi discepoli lo seguirono. Ed ecco, avvenne nel mare un grande scon-volgimento, tanto che la barca era coperta dalle onde; ma egli dormiva. Allora si accostarono a lui e lo svegliarono, dicendo: «Salvaci, Signore, siamo perduti!». Ed egli disse loro: «Perché avete paura, gente di poca fede?». Poi si alzò, minacciò i venti e il mare e ci fu grande bonaccia.

Tutti, pieni di stupore, dicevano: «Chi è mai costui, che perfino i venti e il mare gli obbediscono?».

èmeDitata Alla radicalità della sequela il Vangelo fa seguire una riflessione sull’identità di Gesù: chi bisogna seguire?

Gesù placa la tempesta mentre con i suoi discepoli sta attraversando il lago di Tiberiade. Colpisce subito l’infuriare della tempesta e il panico dei discepoli da una parte e la calma di Gesù (dorme) dall’altra.

Il mare, tradizionalmente ritenuto abitazione dei mo-stri marini, nell’AT, soprattutto nei Salmi, è placato da Javhè e i mostri (le potenze del male) che lo abitano sono vinti.

Davanti alla barca quasi affondata, i discepoli hanno paura e si sentono perduti.

Ma si può essere perduti quando c’è Gesù sulla barca con noi? Non è forse Egli più forte di qualsiasi male?

Nell’episodio del servo del centurione, raccontato da Matteo poco prima, Gesù loda la fede del centurione che aveva dichiarato di fidarsi della sua parola perché

imana del Tempo Ordinario

la sapeva potente e capace di guarire anche da lon-tano. A differenza del centurione (8,5-13), i discepoli sono gente di poca fede: non sono stati capaci di af-fidarsi completamente a Gesù, hanno avuto paura e hanno disperato nonostante la sua presenza.

Solo quando sono colti dallo stupore per la tempesta sedata, sono in grado di chiedersi: «chi è mai costui, che perfino i venti e il mare gli obbediscono?».

L’itinerario di ricerca dell’identità di Gesù è solo all’i-nizio; i discepoli sperimentano ora la potenza del loro Maestro e troveranno la risposta alla loro domanda solo più avanti (v. 29 anticipata dai due indemoniati e 14,33: si prostrarono davanti a lui, dicendo: «Davvero tu sei Figlio di Dio!»).

Diecimila difficoltà non fanno un solo dubbio.

John Henry Newman

èPregata

O Dio, luce vera ai nostri passi è la Tua Parola, gioia e pace ai nostri cuori; fa’ che illuminati dal tuo Spirito l’accogliamo con fede viva, per scorgere nel buio delle vicende umane i segni della Tua presenza. Amen.

dalla Liturgia

miimPegna Ringrazierò Dio per la sua presenza nella mia vita e gli chiederò perdono per tutte quelle volte che l’ho messa in dubbio.

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XIII Settimana del Tempo Ordinario

Mercoledì, 3 luglio 2013

San tOMMaSO, apostolo

Festa

Liturgia della Parola

Ef 2,19-22; Sal 116; Gv 20,24-29

La ParoLaDeL signore

è asCoLtata Tommaso, uno dei Dodici, chiamato Dìdimo, non era con loro quando venne Gesù. Gli dissero allora gli altri disce-poli: «Abbiamo visto il Signore!». Ma egli disse loro: «Se non vedo nelle sue mani il segno dei chiodi e non metto il dito nel posto dei chiodi e non metto la mia mano nel suo costato, non crederò». Otto giorni dopo i discepoli erano di nuovo in casa e c’era con loro anche Tommaso. Venne Gesù, a porte chiuse, si fermò in mezzo a loro e disse:

«Pace a voi!». Poi disse a Tommaso: «Metti qua il tuo dito e guarda le mie mani; stendi la tua mano, e mettila nel mio costato; e non essere più incredulo ma credente!». Rispo-se Tommaso: «Mio Signore e mio Dio!». Gesù gli disRispo-se:

«Perché mi hai veduto, hai creduto: beati quelli che pur non avendo visto crederanno!».

èmeDitata Per la festa di S. Tommaso apostolo, la liturgia ci pro-pone il racconto dell’apparizione di Gesù ai discepoli

«la sera di quel giorno» (la Risurrezione) e «otto giorni dopo».

Tommaso è assente alla prima apparizione di Gesù e la sua reazione all’annuncio di quanto gli altri hanno visto è divenuta proverbiale per descrivere l’increduli-tà. In realtà, Tommaso è condotto dal Risorto alla bella professione di fede: «Mio Signore e mio Dio!».

«Otto giorni dopo», infatti, nonostante accadano gli stessi avvenimenti del giorno di Pasqua (v. 19: venne

imana del Tempo Ordinario

Gesù, stette in mezzo e disse loro: «Pace a voi!»), l’a-postolo è invitato a toccare e vedere per «non essere incredulo, ma credente».

La fede non è un salto nel buio; avere fede non signi-fica credere in maniera istintiva, anzi la fede ci rende pienamente uomini.

Tommaso segue il cammino che anche noi facciamo:

crede in Gesù attraverso i segni della sua Passione.

Il riferimento al tempo trascorso tra un’apparizione e l’altra non è un semplice riferimento cronologico.

«Otto giorni dopo» («la sera di quello stesso giorno, il primo della settimana») è domenica, Pasqua settima-nale! È il giorno in cui noi cristiani ci troviamo insieme e Gesù sta in mezzo a noi, presente nella sua Parola e nei segni del pane e del vino. Si tratta di un incontro che avviene nella fede, ma vero e reale!

«Otto giorni dopo» Gesù si incontra veramente solo nella comunità cristiana; l’incontro che avviene nell’in-timo del nostro cuore ha bisogno della comunione con la Chiesa. È nella Chiesa che conosciamo Gesù ed è nella Chiesa che ci viene donata la fede e cresciamo in essa.

Tommaso non ha creduto ai testimoni, mentre sono

«beati quelli che non hanno visto e hanno creduto», coloro cioè che si sono fidati.

Non una comunità di perfetti, ma una comunità che sa affiancarsi ad ogni fratello, soprattutto al più debo-le, perché riviva l’esperienza di Tommaso che “vedeva e toccava l’uomo, ma confessava la sua fede in Dio che non vedeva né toccava” (S. Agostino).

Mons. Francesco Cacucci

XIII Settimana del Tempo Ordinario

èPregata Grazie, Gesù per il dono della fede e per il dono della comunità cristiana che sostiene e rafforza il mio cam-mino di fede. Da solo io non ce la farei mai. So che chiami anche me ad essere tuo testimone all’interno della Chiesa. Donami sempre il Tuo Santo Spirito per-ché possa vivere nella Chiesa da figlio e fratello. Amen.

miimPegna A coloro che dicono “Cristo si, Chiesa no” mostrerò la bellezza di appartenere alla comunità dei discepoli di Gesù Risorto.

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Giovedì, 4 luglio 2013

Santa Elisabetta del Portogallo, regina

1° giovedì del mese: preghiera per le vocazioni

Liturgia della Parola

Gen 22,1-19; Sal 114; Mt 9,1-8

La ParoLaDeL signore

è asCoLtata

In quel tempo, salito su una barca, Gesù passò all’altra riva e giunse nella sua città. Ed ecco, gli portarono un paralitico steso su un letto. Gesù, vista la loro fede, disse al paralitico: «Coraggio, figliolo, ti sono rimessi i tuoi pec-cati». Allora alcuni scribi cominciarono a pensare: «Costui bestemmia». Ma Gesù, conoscendo i loro pensieri, dis-se: «Perché mai pensate cose malvagie nel vostro cuore?

Che cosa dunque è più facile, dire: Ti sono rimessi i pec-cati, o dire: Alzati e cammina? Ora, perché sappiate che il Figlio dell’uomo ha il potere in terra di rimettere i peccati:

imana del Tempo Ordinario

alzati, disse allora il paralitico, prendi il tuo letto e va’ a casa tua». Ed egli si alzò e andò a casa sua. A quella vista, la folla fu presa da timore e rese gloria a Dio che aveva dato un tale potere agli uomini.

èmeDitata

Dopo la liberazione degli indemoniati di Gàdara e il rifiuto di Gesù (8,28-34), sull’altra riva è guarito un paralitico. Gesù compie il miracolo «vedendo la loro fede». I miracoli non sono, infatti, gesti magici e Gesù non può essere scambiato per una sorta di incantatore e nemmeno per colui che, in un colpo solo, risolve tutti i problemi. I miracoli, in quanto segni dell’amore di Dio per l’uomo, richiedono la fede!

La prima guarigione che il paralitico ottiene non è quella del corpo, ma quella dell’anima: la remissione dei peccati, molto più importante della prima. Non è affatto vero che quando c’è la salute c’è tutto, come molto spesso diciamo o sentiamo dire. Se per un ver-so la malattia è fonte di grandi ver-sofferenze, per l’altro la felicità si ha solo quando c’è Dio, altrimenti non ci sono salute, ricchezze o poteri che tengano, non ci sarà mai vera felicità.

La remissione dei peccati ottenuta dal paralitico può essere solo dono di Dio oppure diventa bestemmia, cioè farsi Dio. È davvero triste l’atteggiamento di colo-ro che, di fcolo-ronte alla manifestazione dell’amore di Dio, coltivano nel loro cuore pensieri malvagi! È importan-te rifletimportan-tere sul nostro modo di accogliere Gesù, sul nostro modo di reagire di fronte a ciò che Egli compie per noi e per gli altri, sulla nostra capacità di estirpare dal nostro cuore tutti i sentimenti negativi che ci im-pediscono di amare Dio e i nostri fratelli.

La reazione di fronte a ciò che Gesù opera nella vita deve essere il riconoscimento della sua grandezza e la

XIII Settimana del Tempo Ordinario

glorificazione di Dio: «le folle furono prese da timore e resero gloria a Dio».

L’uomo che vuol comprendere se stesso fino in fon-do – non soltanto seconfon-do immediati, parziali, spes-so superficiali, e perfino apparenti criteri e misure del proprio essere – deve, con la sua inquietudine e incertezza e anche con la sua debolezza e peccami-nosità, con la sua vita e morte, avvicinarsi a Cristo.

Quale valore deve avere l’uomo davanti agli occhi del Creatore se ha meritato di avere un tanto nobile e grande Redentore, se Dio ha dato il suo Figlio, affin-ché egli, l’uomo, non muoia, ma abbia la vita eterna.

Giovanni Paolo II

èPregata

Ho sperato, ho sperato nel Signore, ed egli su di me si è chinato, ha dato ascolto al mio grido.

Mi ha tratto da un pozzo di acque tumultuose, dal fango della palude;

ha stabilito i miei piedi sulla roccia, ha reso sicuri i miei passi.

Mi ha messo sulla bocca un canto nuovo, una lode al nostro Dio.

Molti vedranno e avranno timore e confideranno nel Signore.

Beato l’uomo che ha posto la sua fiducia nel Signore e non si volge verso chi segue gli idoli

né verso chi segue la menzogna.

Quante meraviglie hai fatto, tu, Signore, mio Dio,

imana del Tempo Ordinario

quanti progetti in nostro favore:

nessuno a te si può paragonare!

Se li voglio annunciare e proclamare,

sono troppi per essere contati. dal Salmo 40

miimPegna

Aiuterò i “paralitici” a raggiungere Gesù. E io stesso,

“paralitico”, cercherò sempre il suo amore che guarisce.

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Venerdì, 5 luglio 2013

Santa Febronia, vergine e martire Patrona di Patti (ME)

Liturgia della Parola

Gen 23,1-4.19; 24,1-8.62-67; Sal 105; Mt 9,9-13

La ParoLaDeL signore

è asCoLtata

In quel tempo, Gesù passando vide un uomo, seduto al banco delle imposte, chiamato Matteo, e gli disse: «Segui-mi». Ed egli si alzò e lo seguì. Mentre Gesù sedeva a mensa in casa, sopraggiunsero molti pubblicani e peccatori e si misero a tavola con lui e con i discepoli. Vedendo ciò, i farisei dicevano ai suoi discepoli: «Perché il vostro maestro mangia insieme ai pubblicani e ai peccatori?». Gesù li udì e disse: «Non sono i sani che hanno bisogno del medico, ma i malati. Andate dunque e imparate che cosa significhi: Mi-sericordia io voglio e non sacrificio. Infatti, non sono venuto a chiamare i giusti, ma i peccatori».

èmeDitata

Dopo il racconto della guarigione del paralitico, Mat-teo insiste sulla nostra necessità di essere guariti da

XIII Settimana del Tempo Ordinario

Gesù. Presenta la sua vocazione e si descrive come un pubblicano (sinonimo di peccatore) chiamato da Gesù ad un cambiamento radicale di vita. Egli lascia il suo banco (il suo lavoro, la sua ricchezza, la sua vita di peccato) per seguire Colui che solo può farlo veramente ricco.

Gesù non ha paura dei peccatori, né tanto meno li disprezza, tanto che siede a tavola con loro. Lo stare insieme seduti a tavola, dice familiarità, intimità (que-sto valeva ancora di più per gli ebrei che mangiavano tutti nello stesso piatto).

Per i farisei Dio è un Giudice che punisce chi sbaglia e premia chi lo serve e allora non può stare con i pec-catori! E se Gesù sta con i peccatori, non viene da Dio.

Gesù ci insegna a conoscere il vero volto di Dio: non quello che noi uomini ci costruiamo sul modello no-stro (la logica dei farisei non è altro che la logica uma-na), ma quello che Egli ci rivela, un Dio cioè che è Padre che, pur non sminuendo la realtà grave del peccato, distingue il peccato dal peccatore e a questi non indirizza il suo castigo, ma il suo amore!

Dio non vuole dei servi, ma desidera dei figli! E, infat-ti, non ci chiede l’osservanza scrupolosa della Legge, ma di avere i suoi stessi sentimenti: misericordia!

Pubblicani e peccatori, nonostante il loro peccato, si avvicinano a Gesù, mentre i farisei, con tutta la loro giustizia, lo accusano e rischiano di far diventare la loro malattia, che si ostinano a negare, morte.

Dobbiamo imparare a considerare la nostra miseria perché solo riconoscendoci malati, bisognosi del Me-dico, saremo in grado di chiedere e ottenere la gua-rigione. Non dobbiamo avere paura di presentare a Gesù le nostre infermità perché Egli, come Buon Sa-maritano, è pronto a guarirle.

imana del Tempo Ordinario

Per [i pii, coloro che con Dio sono in regola] Dio è soprattutto Legge; si vedono in rapporto giuridico con Dio e sotto questo aspetto sono alla pari con Lui. Ma Dio è più grande: devono convertirsi dal Dio-Legge al Dio più grande, al Dio dell’amore. Allora non abbando-neranno la loro obbedienza, ma essa verrà da fonti più profonde e perciò sarà ancora più grande, più sincera e pura, ma soprattutto anche più umile. Joseph Ratzinger

èPregata Signore Gesù, a volte è forte la tentazione di pensarmi autosufficiente, non bisognoso del Tuo perdono; così come è forte la tentazione di guardare i limiti degli al-tri. È una debolezza da cui desidero essere guarito. Pas-sa anche nella mia vita, chiamami e fa’ che anch’io, come Matteo, possa mettere tutto nella Tue mani. Amen.

miimPegna Farò tutte le sere l’esame di coscienza, per non sorvo-lare sui miei errori, e lasciare che Dio mi risani.

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Sabato, 6 luglio 2013

Santa Maria Goretti, vergine e martire

Liturgia della Parola

Gen 27,1-5.15-29; Sal 134; Mt 9,14-17

La ParoLaDeL signore

è asCoLtata In quel tempo, si accostarono a Gesù i discepoli di Giovanni e gli dissero: «Perché, mentre noi e i farisei digiuniamo, i

XIII Settimana del Tempo Ordinario

tuoi discepoli non digiunano?». E Gesù disse loro: «Posso-no forse gli invitati a «Posso-nozze essere in lutto mentre lo sposo è con loro? Verranno però i giorni quando lo sposo sarà loro tolto e allora digiuneranno. Nessuno mette un pezzo di stoffa grezza su un vestito vecchio, perché il rattoppo squarcia il vestito e si fa uno strappo peggiore. Né si mette vino nuovo in otri vecchi, altrimenti si rompono gli otri e il vino si versa e gli otri van perduti. Ma si versa vino nuovo in otri nuovi, e così l’uno e gli altri si conservano».

èmeDitata

Come seguito della nostra necessità di essere guariti da Gesù, Matteo propone la discussione sul digiuno, che ci spinge a considerare la centralità di Gesù nella nostra vita.

Il digiuno è un atto di penitenza, col quale si esprime la tristezza per la mancanza di qualcosa, in vista di un bene più grande. Ma quando Gesù è in mezzo a noi quel Bene grande lo abbiamo già ricevuto e, per questo, è festa.

Gesù definisce se stesso lo Sposo e, di conseguenza, la vita insieme a Lui un banchetto di nozze, immagini che indicano i tempi messianici che egli è venuto a portare.

Gesù è dunque la Gioia e, pertanto, un cristiano triste è un controsenso perché la sua vita insieme al Signore è un continuo banchetto nuziale. Se il nostro rapporto con Lui è nuziale, deve essere caratterizzato da intimi-tà, amore profondo. È il momento in cui manca Gesù («lo sposo sarà loro tolto» è un annuncio della sua morte) quello in cui bisogna esser tristi.

Chi è unito a Cristo, come la sposa al suo sposo, non si limita a compiere pratiche esteriori, comandate, che non toccano il profondo, perché la sua unione col Signore lo rende una creatura nuova (2Cor 5,17),

imana del Tempo Ordinario

cioè rinnovata, ricreata, e gli chiede una vita anch’essa nuova che sia conseguenza di questa familiarità con Cristo.

Compiere delle pratiche senza lasciarsi rinnovare da Cristo è come rattoppare un vestito consumato, col rischio che lo strappo diventi ancora più grande. Ciò che dobbiamo cercare è l’intimità con Gesù e perché essa si possa realizzare, siamo chiamati a lasciare che Egli ci spogli dell’uomo vecchio e ci faccia rivestire il nuovo (Col 3,10; Ef 4,22-24).

Ma chi può mettere in dubbio che l’amore precede l’osservanza? Chi, infatti, non ama è privo di motiva-zioni per osservare i comandamenti. Agostino d’Ippona

èPregata

Signore che governi tutto, Padre di Gesù Cristo, Prin-cipe eterno e Liberatore degli schiavi, fa che non esista più niente di vecchio in noi che siamo stati cambiati e ci siamo volti a Te nella verità; Tu che vuoi da noi un’anima pura e ci hai chiamati a una seconda na-scita, nel Tuo grande amore, imprimi in noi l’immagi-ne viva del Tuo unico Figlio. Rendi forte la nostra fede, perché niente possa separarci da Te; e siamo sempre uniti al Tuo Verbo, nel quale è gloria e potenza a Te e

Signore che governi tutto, Padre di Gesù Cristo, Prin-cipe eterno e Liberatore degli schiavi, fa che non esista più niente di vecchio in noi che siamo stati cambiati e ci siamo volti a Te nella verità; Tu che vuoi da noi un’anima pura e ci hai chiamati a una seconda na-scita, nel Tuo grande amore, imprimi in noi l’immagi-ne viva del Tuo unico Figlio. Rendi forte la nostra fede, perché niente possa separarci da Te; e siamo sempre uniti al Tuo Verbo, nel quale è gloria e potenza a Te e

Nel documento La tua fede ti ha salvato (pagine 111-192)

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