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L A M ADONNA DEI M IRACOLI DI L UCCA

Nel documento Immagini miracolose sotto processo (pagine 136-183)

1. Introduzione

Il 30 marzo 1588 l'immagine della Vergine dipinta sopra la Porta dei Borghi, a Lucca, ruppe il braccio al soldato bestemmiatore Iacopo da San Romano. La notizia del miracolo si diffuse rapidamente in città, dando il via a una massiccia affluenza di fedeli presso l’immagine. Cinque giorni più tardi, il 4 aprile, il governo cittadino, in accordo con il vescovo, stabilì di tagliare la porzione di muro su cui la Madonna era rappresentata e di trasportarla durante la notte nel palazzo dei Signori. In questo modo si sperava di interrompere il flusso di devoti che continuavano ad accorrere per venerare l'immagine, finché il vescovo non avesse stabilito con un processo se quella Vergine potesse essere considerata miracolosa. La traslazione dell’immagine provocò invece una grande manifestazione spontanea dei cittadini di Lucca, la prima processione delle tante con cui i lucchesi avrebbero splendidamente venerato la Vergine miracolosa.

Nei processi alle immagini sacre non troviamo solitamente episodi di sottrazione delle icone dal luogo del miracolo e tanto meno troviamo traccia del loro spostamento in palazzi laici. La scelta insolita del governo e del vescovo di Lucca può essere spiegata, come mostrerò più avanti, sotto diversi punti di vista. Per comprendere questa iniziativa ritengo che essa vada collocata nel complesso quadro religioso della città durante la seconda metà del Cinquecento, nella dialettica fra ceti dirigenti cittadini, vescovo e inquisizione romana e infine nel difficile rapporto fra Lucca e il vicino stato mediceo. Articolerò dunque questo capitolo offrendo una breve rassegna storiografica sul Cinquecento religioso lucchese, per passare poi ad una sintetica ricostruzione della storia cittadina nella metà del secolo: evidenzierò alcuni punti che ritengo essenziali per comprendere le decisioni che vennero adottate dopo il miracolo del 1588.

Tenterò di dimostrare come il prodigio della Porta dei Borghi, e l'inquisitio che ne seguì, costituirono un'occasione per il governo della Repubblica e per il vescovo Guidiccioni di evitare le ingerenze nella vita cittadina dell'Inquisizione e della neonata Congregazione dei Riti. Il riconoscimento dell’azione miracolosa della Vergine permise,

come era già successo in passato , di offrire l'immagine di una città devota, 445

nascondendo gli ultimi residui di un anticonformismo dottrinale che aveva caratterizzato la storia di Lucca nel XVI secolo . Inoltre, la nuova devozione mariana rappresentò 446

un'eccellente occasione per comporre le forti tensioni interne alla città che si erano create alla metà del secolo fra l'élite cittadina – erasmiana e calvinista – e il resto della cittadinanza, che si era progressivamente avvicinata alle posizioni della chiesa post tridentina . 447

2. La storiografia sul Cinquecento religioso lucchese

Per ricostruire il contesto storico che fece da sfondo al miracolo del 1588 mi sono servita principalmente di tre studi: la monografia di Marino Berengo Nobili e mercanti

nella Lucca del Cinquecento, edita nel 1965 ; Una città infetta. La Repubblica di 448 Lucca nella crisi religiosa del Cinquecento di Simonetta Adorni Braccesi ; infine 449

l'inedita tesi di dottorato di Simone Ragagli, La Repubblica e il Sant'Uffizio. Il controllo

delle coscienze nella Lucca del secolo di ferro . 450

Ho scelto questi testi perché mi permettono di ricostruire un quadro dettagliato di Lucca nel XVI secolo, per quanto riguarda la situazione socioeconomica, ma soprattutto per quella del clima religioso: il quadro dell'intero Cinquecento lucchese mi ha consentito di rintracciare i fattori di continuità e di rottura nella politica condotta dal governo repubblicano e dal vescovo negli anni precedenti il 1588, chiarendo anche i motivi per cui i ceti dirigenti e l'ordinario diocesano decisero non solo di riconoscere il miracolo, ma anche di sostenere lo sviluppo di una nuova devozione cittadina.

Le specificità del contesto religioso lucchese nel XVI secolo venivano affrontate già in

Cfr. Infra, pp. 171 e sgg.

445

Cfr. Ragagli, Simone, La Repubblica e il Sant'Uffizio, cit., p. 236.

446

Cfr. Adorni – Braccesi, Simonetta, «Una città infetta». La Repubblica di Lucca nella crisi religiosa del

447

Cinquecento, Firenze, Leo S. Olschki Editore, MCMXCIV, pp. 53 e sgg.

Berengo, Marino, Nobili e mercanti nella Lucca del Cinquecento, Torino, Einaudi, 1965.

448

Adorni – Braccesi, Simonetta, «Una città infetta», cit.

449

Ragagli, Simone, La Repubblica e il Sant'Uffizio cit.

un articolo pubblicato nel 1941 sulla Rivista storica italiana: Giorgio Spini 451

individuava infatti come gli studi su Lucca nei primi decenni del Novecento si fossero concentrati su due linee di ricerca, quella sulla congiura del Burlamacchi e quella sulla «singolare vicenda religiosa» della Repubblica. Lo storico rilevava come ci fossero 452

pubblicazioni su entrambi gli ambiti, ma come gli argomenti non fossero affatto esauriti. Soprattutto per quanto riguardava l’ambito religioso, egli lamentava la mancanza di una vera e propria storia del movimento riformatore lucchese. 453

In effetti, nel più ampio e recente contributo all’epoca disponibile sul tema - quello di Arturo Pascal sull'emigrazione lucchese religionis causa verso Ginevra, edito nel 1932 - ci si era concentrati più sul fenomeno migratorio in sé, che sulla ricostruzione del clima spirituale all'interno dello Stato nel XVI secolo. 454

È da Spini che la mia ricostruzione storiografica deve necessariamente avviarsi, poiché egli per primo evidenziò la necessità di ricerche future su temi che si legano profondamente al miracolo del 1588, in particolare i legami della Riforma con l'ambiente culturale e religioso cittadino e la ricostruzione della vita culturale e politica della Repubblica, partendo dallo studio dell’oligarchia lucchese e la contestualizzazione della storia di Lucca nella storia europea del Cinquecento. 455

Le indicazioni di Spini furono accolte in gran parte dagli studi successivi sulla città toscana. Già nel 1952, Renzo Ristori affrontava, in un lungo articolo uscito su «Rinascimento» , uno dei temi individuati da Spini, vale a dire il periodo di 456

insediamento delle idee riformate a Lucca. L'articolo di Ristori si concentrava sugli anni dal 1520 al 1540, analizzando la fortuna delle idee riformate nella Repubblica, a partire dalla ricostruzione dell'ambiente ecclesiastico e dalla spiritualità del ceto dirigente.

Spini, Giorgio, Questioni e problemi di metodo per la storia del principato mediceo e degli stati

451

toscani del Cinquecento, in «Rivista Storica Italiana», n. 6, 1941, s. 6, pp. 76-93. Ivi, p. 81.

452

Ivi, pp. 81-83.

453

Vedi, Pascal, Arturo, Da Lucca a Ginevra: studi sull'emigrazione religiosa lucchese nel secolo XVI,

454

Torino, Paravia, 1932. Il testo era già stato pubblicato su «Rivista Storica Italiana», n. 49. 1932, pp. 149 e sgg.

Cfr. Spini, Giorgio, Questioni e problemi, cit., pp. 83-85. Oltre a questi temi si sottolineava la necessità

455

di prestare attenzione all’origine della Riforma nell’area lucchese e ai primi anni della sua diffusione oltre a determinare quale fosse la storia spirituale del movimento riformatore di Lucca, anche nelle sue articolazioni teologiche.

Ristori, Renzo, Le origini della Riforma a Lucca, in «Rinascimento», n. 3, 1952, s. 2, pp. 269-292.

L'autore individuava nella corruzione del clero e nel disinteresse del vescovo Sforza Riario verso la diocesi lucchese due elementi che avevano agevolato la fortuna dei messaggi eterodossi all'interno della Repubblica. La cittadinanza lucchese, ceto dirigente compreso, aveva mal tollerato la rilassatezza di costumi del clero in ragione di una propria forte religiosità, alimentata anche dalla spiritualità d'impronta savonaroliana diffusa dal convento di San Domenico. Secondo Ristori la presenza in città di un nucleo di idee ispirate a Girolamo Savonarola poneva due problemi: il primo problema era relativo al rapporto fra spiritualità savonaroliana e Riforma; il secondo riguardava la funzione anti-ereticale assunta a Lucca dai frati savonaroliani intorno alla metà del secolo XVI.

Un altro argomento proposto da Spini e assunto da Ristori come centrale nel suo articolo riguardava l'atteggiamento dei governanti lucchesi verso le questioni religiose. Le scelte dell'élite cittadina riguardo alla vita politica e culturale di Lucca mostravano un ceto dominante animato da una sincera spiritualità cristiana, favorevole all'idea di una riforma della chiesa, ma anche attento, in una congiuntura economica e politica difficile per la città, a non trasformare la questione religiosa in fattore divisivo per la Repubblica. Anticipando quello che sarebbe stato il grande tema di fondo dell'opera di Berengo, Ristori riteneva che la classe dirigente lucchese si preoccupasse del sentire spirituale dei cittadini soprattutto per preservare la pace interna allo stato e la libertà di Lucca, basi del sentimento patriottico dell'oligarchia repubblicana. Lo studioso giungeva tuttavia a conclusioni differenti da quelle della storiografia successiva, considerando che i governanti lucchesi generalmente non nutrissero simpatie per le idee riformate, ma tendessero piuttosto a non combatterle per mantenere la pace religiosa, base per la pace politica cittadina.

Il contributo di Ristori si chiudeva con alcune testimonianze provenienti da fonti lucchesi, attraverso le quali lo studioso ravvisava nella città una scarsa adesione ai principi della Riforma negli anni precedenti la predicazione a Lucca del teologo riformato Pietro Martire Vermigli. L’arrivo delle dottrine protestanti nella Repubblica sarebbe stato da imputarsi, per Ristori, ai mercanti lucchesi che operavano all’estero e che introducevano in patria libri e idee dei paesi che avevano aderito alla Riforma, ma sarebbero stati Vermigli e la sua cerchia i responsabili di una più ampia diffusione di tali

idee in città e dell’adesione ad esse di una parte dei lucchesi.

Ristori aveva aperto con il suo lavoro un primo confronto su alcuni dei temi proposti da Spini nel 1941, ma aveva soprattutto posto nuovi problemi, concernenti il mezzo di trasmissione delle idee riformate e l’ampiezza della loro diffusione a Lucca nella prima metà del Cinquecento. Le argomentazioni di Ristori che più hanno interessato il mio lavoro sono state l’atteggiamento del ceto dirigente verso la religione, fattore che, come vedremo, assume un particolare interesse nella vicenda del miracolo. I prodigi della Vergine innescarono infatti una catena di comportamenti e reazioni nei governanti cittadini, che mi hanno permesso di confermare la volontà del ceto dirigente di utilizzare la religione come fattore unificante della cittadinanza lucchese, da un punto di vista inedito. Inoltre, riguardo alla storia della Madonna dei Miracoli, si è potuto constatare come questo obiettivo del governo repubblicano sia stato perseguito tramite strategie che di volta in volta si adattavano agli interlocutori: il vescovo, l’ordine dei chierici della madre di Dio, la curia e le congregazioni romane, i vicini granduchi fiorentini. Nel 1965, a poco più di dieci anni di distanza dall'uscita dell’articolo di Renzo Ristori, Marino Berengo pubblicava il saggio Nobili e mercanti nella Lucca del Cinquecento, frutto di una ricerca iniziata proprio nel periodo in cui era apparso lo studio di Ristori . 457

L'opera nasceva dall'interesse dell’autore per la capacità manifestata dal piccolo Stato toscano di passare attraverso le guerre d'Italia mantenendo la propria indipendenza; l’indagine sulle ragioni di una simile abilità di Lucca si era indirizzata verso la ricostruzione della storia sociale della città e del suo contado. Berengo, attraverso lo studio della nobiltà - a Lucca coincidente con la classe mercantile -, illustrava come la città toscana nella cornice delle guerre d'Italia fosse mossa da un'unica volontà, quella di evitare di volta in volta i pericoli che le si prospettavano, al fine di conservare la propria libertà. Lo storico non si limitava all’analisi dell’aristocrazia mercantile, la fascia più alta della cittadinanza, ma approfondiva lo studio della società di Lucca nel Cinquecento - definito dallo studioso «giro delle mura» - interessandosi alla fascia 458

intermedia costituita da notai e dottori, per passare poi alla fascia inferiore degli

La prima edizione di Nobili e mercanti nella Lucca del Cinquecento è del 1965, tuttavia l'opera di

457

Marino Berengo fu pubblicata già nel 1962 da Giulio Einaudi in un'edizione provvisoria in cui mancavano i due capitoli «Il contado» e «La vita religiosa». Cfr. Berengo, Marino, Nobili e mercanti, cit., p. 3.

Ivi, p. 5.

artigiani. L’esame della società lucchese si collegava alle rivolte interne alla Repubblica nel XVI secolo: il moto dei Poggi, la rivolta degli Straccioni, le congiure di Fatinelli e Burlamacchi, episodi che portarono ad un irrigidimento dell'oligarchia culminato nella riforma martiniana . 459

A conclusione del suo affresco della società lucchese cinquecentesca, Berengo dedicava un capitolo alla situazione religiosa , recuperando alcuni temi trattati da Ristori e 460

approfonditi dalla storiografia successiva – la vita religiosa a Lucca prima della Riforma, l'inadeguatezza morale del clero, il savonarolismo, l'inizio del movimento riformatore e il tramite di trasmissione delle idee eterodosse costituito dai mercanti – che verranno poi approfonditi dalla storiografia successiva. In particolare, Berengo si discostava da Ristori per la maggiore problematizzazione del tema dei rapporti fra la nobiltà mercantile ed il propagarsi di idee riformate. A differenza di Ristori, lo studioso si poneva il problema del ruolo assunto dalla nobiltà mercantile rispetto al propagarsi a Lucca della Riforma: anche sulla base di alcune delle fonti citate dallo stesso Ristori nel suo articolo, Berengo si dichiarava convinto che non fosse possibile affermare l'ortodossia o l'eterodossia del gruppo dirigente lucchese in toto, ma che si rendesse necessaria un'analisi puntuale delle personalità che componevano il governo della Repubblica negli anni Quaranta del Cinquecento . In quegli anni le fonti iniziano a 461

restituire precisi indirizzi dottrinali e teologici, soprattutto di ispirazione calvinista, mentre per il periodo precedente è difficile determinare se le idee religiose in circolazione a Lucca potessero effettivamente ascriversi a una specifica sensibilità riformata . Oltre al tramite dei libri già segnalato da Ristori , la trasmissione della 462 463

sensibilità protestante in città aveva, secondo Berengo, il più importante polo di propaganda in alcune comunità di religiosi, soprattutto nei canonici lateranensi di San

La riforma martiniana del 1556 prendeva il nome dal suo ideatore, il gonfaloniere Martino di Martino

459

Bernardini, e negava l’accesso alle cariche pubbliche per i figli e i discendenti dei non cittadini, a meno che nella famiglia non ci fossero già stati membri ordinari del Consiglio. Cfr. Sirugo, Francesco, voce

Bernardini, Martino, in DBI; Ragagli, Simone, La Repubblica e il Sant’Uffizio cit., p. 19.

Cfr. Berengo, Marino, Nobili e mercanti, cit., pp. 357-454.

460 Ivi, pp. 404-406. 461 Ivi, p. 411. 462 Ivi, p. 401. 463

Frediano e di Sant'Agostino . 464

Nelle ultime pagine di Nobili e mercanti nella Lucca del Cinquecento l’autore proponeva due temi che superavano la tradizionale linea degli studi sulla vita religiosa lucchese dopo la metà del secolo XVI: il cambio di passo nei rapporti fra diocesi e governo che si verificò dopo il 1549, quando Alessandro Guidiccioni assunse l’incarico di vescovo di Lucca ; l'emergere nel popolo di una linea di pensiero riconducibile non 465

tanto alla sensibilità protestante quanto piuttosto a quello che Berengo indicava come «razionalismo popolare» . 466

L’opera di Berengo costituisce una tappa obbligatoria per chiunque voglia studiare Lucca nel Cinquecento, soprattutto perché la ricostruzione del quadro socio economico lucchese rappresenta il contesto in cui è calata ogni vicenda del secolo. Vorrei sottolineare come siano stati due in particolare i temi affrontati da Berengo che sono stati ripresi nelle mie pagine su Lucca. Il primo riguarda la difesa della libertà lucchese e la gelosia del ceto dirigente repubblicano per le sue prerogative. Per quanto riguarda il miracolo del 1588 questo aspetto emerge sotto forma di difesa della giurisdizione secolare circa la gestione della devozione mariana, argomento che avremo modo di approfondire in questo capitolo. L’altra questione analizzata da Berengo che ho affrontato, in particolare nel capitolo quinto del mio scritto, riguarda il ruolo dei mercanti lucchesi all’estero nella loro funzione di tramite fra la Repubblica e l’Europa. A questo proposito risulta particolarmente significativa l’edizione lionese della

Narratione del canonico Ippolito Santini, concepita per far conoscere al pubblico

lucchese in Francia i miracoli della Madonna alla Porta dei Borghi.

Nella monografia Una città infetta. La Repubblica di Lucca nella crisi religiosa del

Cinquecento, pubblicata nel 1994, Simonetta Adorni Braccesi si propone di ricostruire

la nascita e l’evoluzione del dissenso religioso a Lucca nella prima metà del XVI secolo, con una particolare attenzione al contesto italiano ed europeo in cui le vicende lucchesi si inseriscono . La storica - che si dichiara esplicitamente debitrice di Marino 467

Ivi, pp. 376-377. 464 Ivi, p. 386. 465 Ivi, pp. 435 e sgg. 466 Ivi, p. XI. 467

Berengo, soprattutto per quanto concerne «il quadro della società lucchese del Cinquecento» - recupera temi già evidenziati nell’ultimo capitolo di Nobili e 468 Mercanti nella Lucca del Cinquecento, ma presenti anche nell’articolo di Ristori. In

particolare, nel fare riferimento alla vicenda dell’emigrazione lucchese a Ginevra, Adorni Braccesi riprende espressamente il lavoro di Pascal. Attingendo alla storiografia novecentesca dedicata agli studi sul desiderio di riforma della chiesa all’interno del mondo cattolico e ai suoi rapporti con le dottrine valdesiane, la storica tenta di dimostrare perché queste sensibilità abbiano trovato terreno fertile nella città toscana.

Una città infetta analizza il patriziato di Lucca nella sua rappresentazione culturale e

nelle sue strategie di governo, approfondendo i temi della devozione ‘civica’ lucchese e il rapporto fra i cittadini e i conventi di San Romano e di San Frediano. Emerge, come già in Ristori, il tema del savonarolismo lucchese e degli eventuali legami fra questo e la nascita del dissenso religioso. Secondo Adorni Braccesi il nesso sarebbe rappresentato dalle suggestioni di cui la spiritualità savonaroliana si era fatta veicolo; tali idee sarebbero state una delle cause del rinnovamento religioso, confluito, almeno in parte, in forme di dissenso . Lucca sarebbe stata predisposta alla penetrazione di idee 469

eterodosse, per la convergenza di diversi fattori nei primi trenta anni del Cinquecento: il declino morale della chiesa, i rapporti commerciali con paesi riformati, le circolazione di idee e libri eterodossi, la predicazione sui temi della grazia e del libero arbitrio. Tutti questi elementi portarono il patriziato lucchese, geloso delle proprie prerogative di governo anche nel campo del sacro, a sperimentare nuove vie di salvezza, prive del tramite ecclesiastico. Per la studiosa, a questa situazione si sarebbero sommate le idee umaniste di matrice erasmiana e quelle di Juan de Valdés. Questa prima fase di formazione del dissenso si sarebbe conclusa nel 1542 con la fuga di Vermigli dalla città; tuttavia, la sensibilità eterodossa avrebbe raggiunto il suo picco tra la metà degli anni Quaranta e la metà degli anni Cinquanta, quando avrebbe trovato una conformazione teologica più definita, di tendenza calvinista. La studiosa riesce, nonostante la carenza di fonti già denunciata da Ristori per questo periodo , a restituire un quadro chiaro del 470

Cfr. Adorni-Braccesi, Simonetta, «Una città infetta», cit., p. XII.

468

Ivi, pp. 42-43.

469

Cfr. Ristori, Renzo, Le origini della Riforma a Lucca cit., p. 279.

‘contagio’ nella Repubblica, risolvendo un problema storiografico che risaliva agli 471

anni Quaranta del XX secolo. La storica segue poi i lucchesi nel loro esodo ginevrino a partire dalla metà del secolo, riuscendo a gestire con abilità due tematiche – la diffusione delle idee ereticali in città e la formazione delle Nazioni lucchesi all’estero - che fino ad ora erano state trattate separatamente.

Ai fini del mio studio sono di particolare interesse sia il tema della difesa da parte del ceto dirigente lucchese dei suoi privilegi giurisdizionali, che rappresenta una chiave di lettura anche per i fatti del 1588, sia il rapporto fra i lucchesi nelle Nazioni estere e i cittadini rimasti sul territorio repubblicano. In particolare, l’inquadramento del problema da parte di Adorni Braccesi si presta a chiarire la doppia pubblicazione di opere devozionali sulla Vergine della Porta dei Borghi nella penisola e al di là delle Alpi. È poi di particolare interesse la seconda parte del saggio, che allungandosi fino agli anni Settanta del Cinquecento, affronta i modi e le strategie con le quali la Repubblica e la chiesa di Lucca esercitarono un controllo sulle idee religiose dei cittadini e come il governo riuscì a tenere fuori l’Inquisizione dallo Stato, nonostante le pressioni di Roma. Le dinamiche fra ceto di governo, vescovo, e tribunale romano consentono di capire quali fossero gli obiettivi a cui ogni istituzione mirava e a quali azioni e alleanze fossero disposti per ottenerli.

Penso che il processo al miracolo del 1588, che faceva parte di una grande quantità di

Nel documento Immagini miracolose sotto processo (pagine 136-183)

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