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U N PERCORSO DOCUMENTARIO : DAI RICORDI DI C ECCODÈA AI TRATTATI SUL SANTUARIO

Nel documento Immagini miracolose sotto processo (pagine 95-136)

1. Introduzione

La prima notizia dell'essudazione mariana avvenuta a Pistoia il 17 luglio del 1490 si diffuse in maniera pressoché immediata rispetto al miracolo e fu registrata per la prima volta – escludendo il decreto del Comune sulla vicenda - nelle ricordanze di Francesco Ricciardi da Pistoia, detto Ceccodèa . 310

Il ricordo del giovane Ricciardi riguardo al miracolo ci consente di valutare l'entusiasmo che l’evento soprannaturale attribuito alla Madonna suscitò nella popolazione e di attuare un confronto con la modesta risonanza di cui al contrario godette il processo istruito per l’ufficializzazione del miracolo quasi sessant’anni più tardi: una discordanza che occorre trattare in modo approfondito per sottolineare il valore essenzialmente politico dell'inquisitio del 1549.

La presenza del miracolo nella redazione dei ricordi di un privato cittadino costituisce, infatti, un indizio del forte e immediato impatto provocato dalla sudorazione dell’immagine mariana sulla cittadinanza, anche oltre il rapporto profondo che Ceccodèa aveva da sempre con la chiesa dove la Vergine miracolosa si trovava, sia per la propria appartenenza parrocchiale sia per una personale devozione tributata alla Madonna .311 Il dato trova conferma nella presenza dell'episodio dell’essudazione miracolosa anche in altre cronache e ricordanze scritte da cittadini di Pistoia , nelle 312

quali sembra invece non rintracciabile alcun accenno al processo, che - come dichiara il documento stesso dell'inquisitio – era giustificato proprio dalla sua funzione di conservare la memoria del miracolo nella comunità. Istruito a così tanti anni di distanza

Cfr. Chiti, Alfredo (a cura di), Ricordi storici, cit., pp. 26-31.

310

Al proposito, cfr. Infra, p. 97.

311

La miracolosa sudorazione della Madonna dell’Umiltà è riportata, oltre che nelle ricordanze di

312

Francesco Ricciardi, in un lunghissimo passo delle Memorie storiche di Jacopo Maria Fioravanti. Cfr. Fioravanti, Jacopo Maria, Memorie storiche, cit., pp. 365-372. La cronaca non riporta però notizia del processo del 1549, come del resto non la riportano le ricordanze e le memorie storiche inedite da me consultate che riguardano la storia pistoiese nel periodo di nostro interesse. Vedi BFP, Fondo

dalla sudorazione attribuita a Maria, il procedimento appare un'iniziativa poco partecipata dai pistoiesi, voluta soprattutto dalle istituzioni cittadine religiose e laiche, rispetto alla quale il coinvolgimento della popolazione risultò limitato ai testimoni che deposero circa gli avvenimenti del 1490. La conduzione stessa dell'inquisitio, non particolarmente attenta ad approfondire le circostanze relative al miracolo, conforta la tesi che il processo venisse aperto soprattutto allo scopo di legittimare agli occhi della Curia di Roma e del duca di Firenze il buon operato del vescovo e del comune di Pistoia nella città e nella diocesi.

Gli unici scritti in cui il procedimento venne riportato furono, non a caso, testi devozionali sul santuario della Madonna dell’Umiltà, redatti anni o perfino secoli dopo il processo, rispondenti alla pubblicistica devozionale post tridentina, in cui il riconoscimento giuridico del santuario diveniva senz’altro un dato da sottolineare .313

2. Il primo ricordo del miracolo: Ceccodèa e la «Donna de umità»

Le notizie biografiche relative al pistoiese Francesco Ricciardi314sono scarse: nato nel 1474 da una famiglia di origini antiche ma di modesta condizione economica - il padre era un fornaio -, a ventidue anni Ceccodèa prese servizio nella Signoria fiorentina ; 315

tornato gravemente malato da un'azione militare contro Pisa, qualche tempo dopo ricevette l'incarico di produrre per dodici mesi il pane delle elemosine all'Opera di San Iacopo

.

In seguito, Ricciardi fece parte di alcune magistrature cittadine.

All'età di venti anni Ceccodèa decise di cominciare a registrare gli avvenimenti che gli accadevano intorno, proposito maturato in un anno significativo per la penisola, quello della calata in Italia di Carlo VIII di Valois . Le motivazioni per cui vennero redatti 316

Si avrà modo di parlare di questi temi nel prossimo paragrafo. Vedi Infra, pp. 111 e sgg.

313

La vita di Ricciardi è in parzialmente nota grazie a ciò che lui stesso racconta nei suoi Ricordi e grazie

314

alla ricerca sulla figura di Ceccodèa condotta da Enrico Bindi sul periodico pistoiese «Ricordi filologici e letterari» nei numeri, 4 e 5 del 1847.

Cfr. Ricciardi, Francesco, Ricordi storici, cit., p. 36.

315

Il manoscritto di Ricciardi edito da Pietro Vigo comincia da questi avvenimenti, mentre quello curato

316

da Chiti presenta un blocco di testo con avvenimenti precedenti, di cui alcuni personali. Di quest’ultimi ricordi – che riportano fatti dal 1490 in avanti e non sono ordinati cronologicamente – fa parte l'annotazione che riguarda il miracolo compiuto dalla Madonna dell'Umiltà.

discostano i ricordi di Ricciardi dal genere letterario delle ricordanze , poiché fino 317

dalla prima pagina egli dichiarò di volere, con la sua opera, combattere l'ozio, il dolore e la malinconia propri e altrui:

[...] volotoroso di cerchare e di dare principio a qualch'opera d'umanità per dischaciare otio, dolore, malinconia da me et da ogni spirito gentile; farò fede di tucte le cose che seguiranno da indi innanzi che verranno in mentre che istarò in questa misera e sciocha vita di questo mondo pieno d'affanni e di tribulationi .318

In accordo con la sua intenzione iniziale, Francesco Ricciardi raramente annotava ricordi 'personali', concentrandosi sulla registrazione degli eventi, soprattutto politici, che si verificarono nell’ultimo decennio del Quattrocento . La redazione dei vari 319

ricordi è stringata, soprattutto nelle prime pagine, di solito non più lunga di qualche rigo, a meno che non si tratti di fatti accaduti a Pistoia e a cui Ceccodèa aveva assistito personalmente. Questa estrema sintesi vale soprattutto per i Ricordi storici trascritti sulla vacchetta riportata nell'edizione di Alfredo Chiti, mentre il manoscritto edito da Pietro Vigo presenta una prosa più ornata.

Fra i ricordi registrati nella vacchetta che Chiti trovò in possesso del conte Tolomei compare la prima attestazione del miracolo attribuito alla Madonna dell'Umiltà: l’annotazione è preceduta dal ricordo - in realtà, cronologicamente successivo - del pellegrinaggio di Ricciardi alla Madonna di Loreto, entrambi episodi che testimoniano la profonda fede religiosa di Ceccodèa . I due ricordi sono seguiti da una serie di 320

È noto quanto si sia scritto in merito alle 'Ricordanze' o ai 'Libri di famiglia' e quali siano le questioni

317

terminologiche sottese al dibattito in merito a come si possano descrivere queste fonti storiche. Da parte mia, condivido la definizione data a suo tempo da Giovanni Cherubini, secondo cui i libri di ricordi presenterebbero un elemento di trasmissione familiare della memoria, ma anche la volontà individuale dello scrivente di tramandare la propria vita. Cfr. Cherubini, Giovanni, I «libri di ricordanze» come fonte

storica, in Scritti toscani. L'urbanesimo medievale e la mezzadria, Firenze, Salimbeni, 1991, cfr. p. 269.

Al saggio di Cherubini rimando anche per la discussione terminologica cui accennavo sopra. Per una bibliografia aggiornata in merito a questa fonte, si veda invece Cicchetti, Angelo - Mordenti, Raul, I libri

di famiglia in Italia, voll. 2, Roma, Edizioni di Storia e Letteratura, 1985-2001.

Ricciardi, Francesco, Ricordi storici, cit., p. 1.

318

La differenza dei Ricordi del Ceccodèa dal genere delle ricordanze veniva già marcata anche da

319

Alfredo Chiti: «Ma questi [Ceccodèa] che aveva intelligenza sveglia e vivace, non avendo da vergare nelle bianche carte della vacchetta abbandonata ricordi di interessi o di vicende familiari, preferì – dopo averla capovolta – segnarvi i ricordi della vita cittadina, ed anche quelli dei fatti politici e militari che avessero avuto il loro svolgimento nella vicina Firenze, nella regione toscana e nella penisola». Cfr. Chiti, Alfredo (a cura di), Ricordi storici, cit., pp. 15-16.

Una nota in merito è scritta anche da Chiti nella sua curatela. Cfr. Chiti, Alfredo, Ricordi storici, cit., p.

320

31. Un altro ricordo legato a un’esperienza personale di Ricciardi, che ne testimonia l’intensa spiritualità, è relativo alla predica pronunciata il 16 dicembre del 1494 in Santa Maria del Fiore da frate Girolamo dell'ordine di San Domenico. Cfr. Ricciardi, Francesco, Ricordi storici, cit., p. 20.

avvenimenti, non esposti in ordine cronologico, tutti riguardanti le opere relative alla fabbrica della nuova chiesa della Madonna dell'Umiltà: queste annotazioni costituiscono un blocco di testo che ripercorre brevemente la storia cittadina nella circostanza del miracolo e sottolinea quelle che dovettero essere le conseguenze di maggiore impatto sulla popolazione, a partire proprio dall’essudazione attribuita alla Vergine:

E anchora farò richordo chome a dj 17 di luio de l'ano 1490 chominciò a fare miracholi la nostra donna de l'umità e a sudare.

Farò richordo quando ci venne el modelo de la nostra Donna de umità e venici a dj 20 d'aprile ne l'anno 1495 da Firenze.

E chominciosi a rechare le pietre per la deta muraria a dj 17 marzo ne 1495.

E anchora farò richordo chome a dj 2 di setembre si chominciò a fondare la deta chiesa di sata Maria dell'Umità che 'l primo sasso messe monsinore veschovo di Pistoia e monsinore Soderini vescovo di Volterra chone e' sinori di Pistoia che Dio dia bono principio bono mezo e miliore fine321.

Se il susseguirsi delle vicende legate alla sudorazione miracolosa e all’edificazione del santuario della Madonna dell’Umiltà continuò a comparire negli scritti dei successivi cronisti pistoiesi, il processo istruito nel 1549 per legittimare quegli avvenimenti non ebbe la medesima fortuna e rimase limitato al manoscritto sul quale era stato registrato, fino all'opera devozionale pubblicata nel 1580 dal canonico Cosimo Bracciolini.

3. Il processo

Il processo del 1549 ci è trasmesso da una copia del documento originale redatta nel 322

XVIII secolo , copia il cui possessore - firmatario della prima carta - risulta 323

sconosciuto a causa della firma illeggibile posta a fine carta. Il proprietario della copia si lamenta nello stesso manoscritto di aver dovuto pagare di tasca propria la persona che gli ha consegnato la copia dell’atto, il cui originale - asserisce – egli aveva già comprato: gli era stata perfino rilasciata una ricevuta di pagamento da don Bartolini, il prete all'epoca incaricato di conservare il documento del processo nella sacrestia della chiesa della Madonna dell'Umiltà; sarebbe stato lo stesso don Bartolini ad avergli

Ivi pp. 50-51.

321

Nel Censimento dei santuari cristiani d'Italia, il processo è erroneamente datato al 1541.

322

La copia del processo è conservata nella BFP, Fondo forteguerriano, coll. E376, pezzo 232, fasc. 4.

sottratto con l’inganno il manoscritto acquistato . La copia dovrebbe essere identica 324

all'originale che, purtroppo, pare non essersi conservato.

Le carte del processo riportano gli atti dell'inquisitio tenutasi il giorno 11 aprile 1549 alla presenza del vescovo di Pistoia, Pier Francesco da Gagliano, del canonico della cattedrale, Don Leonardo de Centis, e del vicario vescovile, oltre che alla presenza degli operai dell'Opera della Madonna dell'Umiltà: Alessandro del fu Bernardo dei Bracciolini, Gieronimo del fu Milanese dei Rospigliosi, Mario del fu Bartolomeo dei Sozzifanti. Risulta assente un altro operaio della Madonna dell'Umiltà, nonché commissario del Comune, Tommaso del fu Geronimo di Franchino dei Taviani. L'atto è rogato dal notaio Giovanni di Desiderio dei Forteguerri il giorno 3 giugno 1549.

Il manoscritto richiama le origini dell'evento miracoloso del 1490 e il decreto del Comune di Pistoia che stabiliva la costruzione di un «templus» nel luogo del 325

miracolo e continue celebrazioni «ad perpetuam memoriam» . Proprio il tema della 326

perpetuazione della memoria ricorre nel documento come causa sia del decreto emanato dal Comune sia del processo istruito dal vescovo. L’atto giustifica la necessità di dell’inquisitio con il rischio che nei posteri possa diminuire la devozione per il miracolo attribuito alla Madonna dell’Umiltà:

Et quia populus Communis Pistorii maxime prosequitur affectum, gloriam, honorem, et laudem immaculatae Mariae Virginis totum [sic.] peccatoris refugium, timens tam grande et admirabile inclitum miraculum, in aliqua parte quamvis minima decresceret, seu minoraretur, cum nulla Civitas Pistorij, seu alterius cujuscumque loci hinc ad viginti, triginta, seu quadraginta annos ad plus secundum naturalem cursum vitae hominum reperiri posint, qui de visu … incliti stupendi miraculi aliquid attestari possent, adeoque nonnest dubium quod illud, quod in futurum de auditu per nostros posteros, et successores de predicto miraculo deponeretur, esset multae minoris fidei, quam illud, quod de proprio visu ad presentes attestari, et probari potest […]327.

Il proposito dichiarato dei promotori del procedimento era, quindi, impedire che il ricordo dell’evento soprannaturale sbiadisse: soprattutto il miracolo non doveva essere messo in dubbio dalle nuove generazioni, ossia da chi non aveva potuto assistervi di persona. Per questo era necessario far deporre dei testimoni oculari, e dunque

BFP, coll. E376, pezzo 232, fasc. 4., c.1r.

324

BFP, coll. E376, pezzo 232, fasc. 4., c.1v.

325

Idem. Il decreto stabiliva anche la creazione di quattro operai, un provvisore e un cancelliere che ogni

326

anno venissero estratti dai singoli borghi e che provvedessero all'amministrazione dei proventi del santuario e al santuario stesso.

Ivi, c.2r.

attendibili, così che l’essudazione miracolosa fosse ricordata nei secoli come avvenimento degno di memoria eterna .328

Non soltanto la cittadinanza pistoiese, presente e futura, doveva tenere a mente la sudorazione attribuita a Maria, ma anche tutti coloro che per qualche motivo avevano a che fare con la gestione della città, compresi i poteri religiosi e laici: il testo del documento ricostruisce in maniera non casuale una continuità fra l'immediato intervento politico del 1490, ossia la decisione di edificare una nuova chiesa per la Madonna miracolosa, e il processo voluto dal vescovo Gagliano decenni dopo. Questo nesso permetteva di ribadire l'ortodossia di Pistoia in ogni ambito e a lungo termine, dimostrando la volontà di coinvolgere nella pietà per la Vergine – pietà tipicamente post tridentina, basti pensare al culto del Rosario - anche la città del futuro.329

Il manoscritto dell’inquisitio evidenzia più volte l'ottemperanza ai sacri canoni osservata nel produrre la documentazione processuale, sottolineando la regolarità e la validità della procedura anche in termini 'tecnici': tramite questo atto, Pistoia e il suo vescovo intendevano ricordare, all'interno come all'esterno della comunità cittadina, di essere

sub tutela Matris, recuperando a tale fine la devozione più recente e più attiva in città,

nonostante la presenza dentro le mura urbane e nella diocesi di diversi altri luoghi di devozione mariana . 330

La Madonna dell'Umiltà, peraltro, dal miracolo in poi si era trovata quasi interrottamente al centro dell'attenzione: come si è ricordato nel precedente capitolo, nel 1515 la sudorazione dell’immagine mariana aveva ottenuto un riconoscimento da papa Leone X, il quale autorizzava il cambio di dedicazione della chiesa in cui il fatto straordinario si era verificato. Per tutti questi motivi - legittimazione papale già ottenuta, intensa devozione cittadina, presenza di testimoni del miracolo ancora in vita-, questa Vergine pistoiese in particolare si prestava a divenire baluardo e garanzia

Si può ipotizzare che nel passo ci sia un implicito riferimento allo scetticismo di cui erano portatrici le

328

idee riformate che proprio in quegli anni erano presenti nella diocesi.

Cfr. Rosa, Mario, Pietà mariana e devozione del Rosario nell'Italia del Cinque e Seicento, in Religione

329

e società nel Mezzogiorno tra Cinque e Seicento, Bari, De Donato, 1976, pp. 217-243; Cfr. Niccoli,

Ottavia, Pregare con la bocca, con gli occhi e col cuore in Italia nella prima Età Moderna, in «The Italianist», 34.3, 2014, pp. 429-430.

Si pensi ai già citati casi della Madonna del Letto o al caso, comunque interno alla diocesi, della

330

Madonna delle Carceri di Prato, santuario mariano la cui piena attività fra Quattro e Cinquecento è pienamente attestata e il cui miracolo di fondazione è di pochi anni più recente di quello della Madonna dell'Umiltà. Vedi Benvenuti, Anna (a cura di), Santa Maria delle Carceri a Prato, cit..

dell'ortodossia di una diocesi come quella di Pistoia che in quegli anni appariva turbolenta rispetto al disciplinamento del clero e in precario equilibrio riguardo alla fede. Credo, inoltre, che la legittimazione offerta dall'inquisitio alla Madonna dell’Umiltà abbia giocato un ruolo importante sia nel successivo interessamento di Cosimo dei Medici alla costruzione della cupola della nuova chiesa, affidata dal duca al Vasari, sia nella collocazione della Vergine miracolosa nel pantheon pistoiese, soprattutto attraverso la letteratura devozionale, che - come avremo modo di vedere - la elevò addirittura a patrona della città .331

4. I capi, i testimoni, le deposizioni dell'inquisitio

La documentazione relativa al processo alla Madonna dell’Umiltà si apre con una lunga premessa burocratica ed esplicativa, seguita dalla parte nella quale sono riportati i 'capi' su cui verranno interrogati i testimoni, nominati subito dopo. Il ricorso a un formulario per questo genere di inquisitiones era una prassi molto diffusa ma non obbligatoria, come dimostrano alcuni procedimenti in cui la convocazione dei testimoni e lo stesso interrogatorio sono gestiti più liberamente dalla commissione incaricata del processo .332

Il primo capo riguarda ciò che avvenne a Pistoia nel 1490. Si comincia con la descrizione dell'immagine alla quale è attribuito il miracolo: la Vergine, che si trovava all'epoca nella chiesa «quam tum vocabatur S. Maria fuor le Porti», è in abito azzurro e tiene il Bambino sul braccio destro, «cum certa luna» ai suoi piedi. Il 17 luglio dalla fronte della Madonna uscì - testimoni abitanti della città, delle comunità del distretto e forestieri - «sudore, seu liquore ad similitudine aquae vivae limpidi fonti». Il fenomeno dell'essudazione continuò per giorni e mesi, con il sudore che scendeva dalla fronte della Vergine, rigava il viso e le vesti, ma evitava il Bambino.

Il secondo capo è relativo alla reazione suscitata dal miracolo: la fama dell'episodio arrivò presto anche a Firenze, mentre a Pistoia s’indagava con grande cura per accertare

Cfr. Bocchini, Bruna, Istituzioni ecclesiastiche e vita religiosa, cit., p. 247.

331

Di quest'ultimo tipo è il procedimento giuridico riguardo alla Madonna di Rho del 1588, voluto da

332

Carlo Borromeo.Cfr. Marcora, Carlo – Giani, Luigi, La Madonna Addolorata di Rho: indagine sui fatti

prodigiosi all'origine del santuario, Milano, NED, 1983, pp. 9-10. Ci sono tuttavia rimasti anche altri

casi, ad esempio il processo alla Vergine del Ponte di Cutigliano voluto dal vescovo Lattanzi nel 1587. Cfr. AVP, III, C, 34.

la veridicità dell’avvenimento, al fine di acclarare che il santo sudore non fosse piuttosto umidità formatasi sulla parete che ospitava l'immagine della Madonna dell'Umiltà. Il terzo capo fa riferimento al flusso del sudore, che naturalmente sarebbe dovuto scendere sul capo di Gesù, ma che, arrivato in prossimità della testa del Bambino, cambiava direzione e scorreva sul vestito della Vergine.

Il quarto capo interessa la pubblicità dell'evento, riguarda cioè la richiesta rivolta dal tribunale ai testimoni di confermare la notorietà del miracolo presso la cittadinanza. Di seguito alla presentazione dei capi, sui quali si articola poi l’interrogatorio dei testimoni, compare l’elenco dei testi: D. Bartolomeo del fu Polidoro dei Bracali , P. 333

Bastiano del fu Antonio dei Conversini , P. Simone del fu Paolo dei Landi, Tommaso 334

di Salimbene dei Panciatichi , Giovanni magister del fu Gualfredo Franchini dei 335

Taviani , Sigismondo del fu Bastiano dei Bonaccorsi , Bello del fu Giovanni degli 336 337

Aldobrandi , Giusto del fu Crisostomo dei Celli , Giuliano del fu Giovanni dei 338 339

Grifoni . 340

Molti di questi uomini appartenevano alla nobiltà pistoiese o a famiglie attive nel ceto dirigente cittadino: in ogni caso, i testimoni si trovavano, presumibilmente, a condividere la posizione del governo di Pistoia rispetto a questo processo; sappiamo dal documento che i testi dell’inquisitio erano stati 'procurati' dagli Operai della Madonna

Bartolomeo fu uno dei sei figli maschi che il medico pistoiese Polidoro Bracali ebbe con la moglie

333

Diamante di Simone Cellesi. Della famiglia Bracali, e in particolare di Polidoro, sono rimaste delle nutrite ricordanze, conservate nell'Archivio di Stato di Pistoia (da ora ASP), Fondo Bracali, n.4. Per uno studio sulle ricordanze di Bracali, vedi Bardazzi, Chiara, Il medico Polidoro Bracali di Pistoia e il suo libro di

ricordanze, Tesi di Laurea, relatore Cherubini, Giovanni, Università degli studi di Firenze, 1992. Vedi

inoltre DBI, voce Polidoro Bracali.

Forse fratello maggiore del più noto Monsignor Benedetto di Antonio Conversini, di cui papa Paolo III

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si servì per governare lo Stato della Chiesa e su cui rimangono dei dubbi circa una connivenza con gli

Nel documento Immagini miracolose sotto processo (pagine 95-136)

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