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Nota al testo del ms «Scalvini Abbozzi di romanzi II»

VIII 16 maggio 370r, XXVI 1 IX 6 luglio 326r, IX

X 7 luglio 319r, VI. XI 9 luglio 1807 19r, 2 196r, LXXXV. 16 XII 20 novembre 1811 333r 20 XIII 10 mattina 1813 146r, 24 22 XIV 19 maggio 41/2 della sera, 1814 166r, LXXVI. 23 XV 2 Novembre 1814 196r, LXXXV.4 23 XVI 7 novembre 1814 291r, CXXII. 17 23

XVII 7bre 1815 47r, 1 24

XVIII Milano 28 9bre 1818

345r, 2 27

XIX Milano 6 gennaio

1819

343r, XV.1 28

Tabella 2

L’arco di tempo riflette, come si può vedere, la fase adolescenziale dello Scalvini e si conclude all’inizio del soggiorno milanese. Si nota che la prima data completa presente nel manoscritto riconduce ancora al 1807, anno in cui Giovita conosce e comincia a frequentare Foscolo a Brescia.

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In merito ai nomi personali, ad esclusione di quelli relativi alle ragazze, sui quali ci soffermeremo a parte successivamente, possiamo notare che quelli di famiglia appartengono perlopiù a casati allora residenti nelle zone di Botticino e di Brescia, frequentati da Giovita nel periodo della sua prima giovinezza: i Carini [c. 243r, CI. 6]; Camillo [c. 223r, XC. 1] e Filippo [c. r, 117, LIV. 1], i fratelli Ugoni, nonostante il secondo nome possa riferirsi anche a un altro amico del tempo, Filippo Carini;219 Alessandro (probabilmente Cigola), ma troviamo anche il caro amico Girolamo Gelmetti,220 passeggiando col quale incontrerà in città l’amata Giulia (forse, come vedremo in seguito, Giulia Carini), ormai maritatasi, cui sono dedicate numerose note del manoscritto.

Un’ulteriore conferma di queste varie frequentazioni si trova in una lettera rivolta da Scalvini, già in esilio, alla madre, in cui chiede notizie di alcune delle famiglie con cui era solito intrattenersi:

Se io mi sono dimenticato delle famiglie Da Ponte221 nella mia lettera, potete ben assicurarli che il mio cuore non li dimentica mai, e voi non potete farmi cosa più grata che di darmene le nuove. Fate lo stesso delle famiglie Carini, Calini, Rota, Cazzago ecc., tutte a me care sin dall’infanzia. Che fanno gli zii Bonomi? Che fa la Rampinelli?222

In un’altra lettera, sempre inviata alla madre, si legge:

io ho ormai perduto il numero dei figli della Rota; richiamatemi alla di lei memoria, e salutatemi quelli dei suoi figli che si ricordano di me. Oh quante storie avrei adesso da raccontar loro!223

Ci imbattiamo infine nei nomi di una non meglio identificata Contessa T. [Teresa Carini?] [c. 76r, LIV. 1]; Carini [c. 243r, CI. 6]; Chizzola224 [c. 33r, XXVIII. 3]; della famiglia

219

A questo proposito cfr. le seguenti lettere dell’Ugoni a Scalvini presenti in Camillo Ugoni. Letterato e

patriota bresciano. Epistolario (1805-1817), a cura di M. Petroboni Cancarini, cit., vol. II, riguardanti il periodo

1810-1812, lettere nelle qualiricorre il nome di Filippo Carini: n.79 pp.136 e nota p.137; n. 80, p.139; n. 88,

p.154 e nota p.156; n. 115, pp. 203-204; n. 118, p. 208. 220

Nel testo di M. Pecoraro, Lettere dall’esilio e frammenti inediti dello Scalvini nelle carte della polizia

austriaca, in Studi in onore di Raffaele Spongano, cit., p. 338, n.12 è presente una lettera di Giovita rivolta

all’amico Gelmetti, purtroppo senza data, come riferisce il Pecoraro stesso, ma sicuramente appartenente al primo periodo bresciano in considerazione del riferimento agli studi che vi compare. È interessante ripercorrerne la parte finale in quanto alcune riflessioni rimandano ancora una volta a un forte influsso ortisiano, da cui abbiamo visto Giovita prendere in seguito le distanze: «il mondo non è fatto per me. Ma, e perché mi manca il coraggio di uccidermi? Se non avessi incominciata la carriera degli studi mi porterei subito all’armata o a morire, o almeno a farmi per qualche modo prepotente, giacché la forza vale più sulla terra di alcun altro tesoro». 221

I riferimenti sono ai parenti della famiglia materna di Giovita.

222 M. Pecoraro, Lettere dall’esilio e frammenti inediti dello Scalvini nelle carte della polizia austriaca, cit., da

Ryde, Isola di Wight, 27 maggio 1824, p. 351. La lettera senza firma è stata sottoscritta dalla madre con la dichiarazione che apparteneva a suo figlio, quando la consegnò perché venisse inclusa negli atti del processo del 24 settembre 1824.

223 Ivi, Londra, 19 marzo 1824, p. 349.

224 Scalvini nel manoscritto ci parla di una giovanetta Chizzola: L’Enciclopedia delle Famiglie lombarde,

75 Mainardi [cc. 213r, XC. 9; 404r, XLVIII. 1].

Per concludere, indichiamo ora i dodici nomi delle giovani presumibilmente amate da Giovita,225 anche se dobbiamo essere avvertiti di quanto lui stesso confessa nelle Memorie:

[…] anch’io alle volte, per seguitare la moda, ho detto vi amo a una donna che non amavo, e ho potuto mostrar dolore di cose che m’erano indifferenti: ma il mio cuore disapprovò sempre queste menzogne, questo mio cuore che nessuno conosce, perché non mi sono ancora incontrato in anima nata, alla quale io osassi aprirlo tutto tutto, senza il timore d’esser detto stolido e pazzo.226

Riportiamo di seguito i nomi delle giovani donne che, ricordiamolo, si presentano spesso cancellati e sostituiti, 227 secondo l’ordine in cui ricorrono nel manoscritto, accompagnati dal numero delle carte di riferimento e dalle occorrenze eventuali all’interno della medesima pagina. Laddove possibile, si cercherà di fornire qualche dato ulteriore ricavato dalla corrispondenza privata tra Scalvini e Camillo Ugoni:

1. Enrichetta228 [cc. 355r; 371r, XXVII. 2 (2vv)];

Battista Chizzola (Brescia/S. Eufemia,1789-1850), ingegnere che ebbe tre sorelle, Maddalena Maria, Paola e

Flora. Alla famiglia Chizzola appartenne anche la moglie di Giovanni Maria Mazzuchelli, Barbara.

225

A questo riguardo l’Heubeck nella Vita di Giovita Scalvini: documenti e testimonianze, cit., p. 187, riportando le parole di Edmondo Clerici, Giovita Scalvini, cit., p. 205, riferisce: «All’epoca in esame, cioè nel 1812, Scalvini aveva 21 anni. Della sua vita sentimentale si sa poco […]. In una lettera che Giovanni Arrivabene scrisse a Scalvini, il 30 settembre 1818, si legge: ‘Non so come tu possa amare tante donne a un tempo. Ma ti scuserò dicendo che ami il bello ovunque la natura l’abbia posto’». Clerici riferisce anche: «Certo da queste sue memorie giovanili ci consta avesse incominciato ad amare nel 1802, nell’età adolescente di 12 anni», cosa non insolita in Italia, dove le passioni e lo ingegno si manifestano più precoci» (p.7). Pecoraro, inoltre, nel saggio

Biografia dello Scalvini scritta da Filippo Ugoni, cit., pp. 823-824, considerando l’abitudine di Giovita di

investire tutti i suoi pochi soldi nell’acquisto di libri, sottolineava come questa fosse un’abitudine lodevole, e «lo era maggiormente in lui che, accadendogli di essere spesso innamorato, preferiva pur sempre la soddisfazione della mente al comparire in bell’arnese d’innanzi alle sue amate. Del resto i suoi amori si collegavano co’ suoi studi; erano l’effetto della sua immaginazione accesa dalla lettura dei romanzi e dei nostri poemi, che gli facevano cercare l’ideale là ove pur troppo finiva per non rinvenire che una triste realtà, o servivano a infervorarlo maggiormente nelle lettere sperando di rendersi più degno dell’oggetto amato, rendendosi più pregevole: nell’uno e nell’altro caso, poi, dava sfogo alle sue passioni in versi o in prosa».

226 Memorie, p. 23.

227

I frequenti cambi di nome, in questo caso di genere maschile, vengono segnalati anche in una breve antologia di Frammenti, in particolare nell’Abbozzo di carme (si tratta di poesia narrativa), pubblicato da Marco Pecoraro (Lettere dall’esilio, cit., p. 352), in cui lo studioso ravvisa la «palese incertezza dell’autore sul nome del protagonista» alternando Odoardo con Gilberto e con Riccardo, nomi che vengono di volta in volta cancellati e aggiunti rivelando dunque un modo specifico di procedere dello Scalvini.

228 Potremmo suppore che si tratti della contessa Enrichetta Borgondio Lechi. Il Pecoraro infatti nelle Lettere

dall’esilio e frammenti inediti dello Scalvini nelle carte della polizia austriaca, cit., pp. 334-335, ricostruendo

l’istruzione che portò all’arresto di Scalvini nel 1821, ricorda che nell’ottobre dello stesso anno erano state richieste a suo carico ulteriori indagini per verificare con chi e dove avesse modo di incontrarsi e tenere conversazioni. Il commissario della polizia urbana di Brescia, Sartorio, riferisce pertanto al tribunale il 25 ottobre del ’21 che: «la conversazione dello Scalvini era principalmente nella casa della contessa Enrichetta Lechi, nata Borgondio … Ma socciava desso ancora colli nobili fratelli Ugoni, col nob. Giacinto Mompiani, col giovine professor Vantini, persone appunto che, in punto politico, caddero in sospetto alla polizia. Frequentava pure nella casa del conte Alessandro Cigola, ed in quella del nob. Sig.r Cazzago del Mercato Nuovo, e del conte Filippo Carini, [le] quali tre famiglie godevano buona opinione in punto saviezza, e le ultime anche in punto politica».

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1. a. Enrichetta sostituita da Matilde, [cc. 112r, LXIII. 9; 322r, VII. 2; 384r, XXXV. 9; 393r, 9; 418r, 5].

1. b. Enrichetta, titolo, [cc. 1r.; 125r].

2. Emilia [cc. 6r, I. 1; 175r, LXXVIII. 2; 316r, 13; 331r, X. 1; 349r, XVI. 5; 388r, 14; 201r, LXXXVI. 1].

2. a. Emilia sostituita da Matilde [cc. 6r, I. 1 (2 vv); 9r, II. 13 10 (3vv); 128r, 4; 129r, 5; 155r, 2; 213r, XC. 9; 219r, 16; 316r, 13; 318r, VI. 1; 362 XXI. 4; 391r, 5; 404r, XLVII. 1 (2vv)].

2. b. Emilia, titolo [c. 125r].

3. Matilde [cc.: 1 (2vv); 378r, XXX. 8]; 3. a. Matilde sostituisce Teresa [c. 332r, 2];

3. b. Matilde sostituisce Emilia, [cc. 6r, I. 1 (2 vv); 9r, II. 1;3 10r, IV. 6 (3vv); 128r, 4; 129r, 5; 155r, 2; 213r, XC. 9; 219r, 16; 316r, 13; 318r, VI. 1; 346r, 3229; 354r XIX. 10;230 362r, XXI. 4; 391r, 5; 404r, XLVII. 1 (2vv)].

3. c. Matilde, titolo [c. 3v, (2vv)].

4. Giulia231 [cc. 40r, XXI. 2; 44r, XXXIII. 5; 69r, L. 7; 80r, 14; 98r, LVIII. 2 (2vv); 138r, LVVII. 2; 142r, LXX. 2; 172r, 13; 174r, LXXVIII. 1; 228v, XCII. 1; 243r, CI. 6; 275r, CXVI. 14; 285r, CXX. 11].

229 Il nome cancellato si presenta in realtà con una “E.”, ma viene qui interpretato come Emilia viste le numerose

occorrenze in tal senso. 230 Idem.

231 Giulia è uno dei due nomi, insieme a quello di Emilia/ Matilde, più ricorrente nel manoscritto e sul quale si

può avanzare qualche ipotesi, a partire dalla carta 243 r/v in cui sono menzionati insieme tre dati coincidenti: la località, Botticino; il casato, Carini; il nome dell’amata, Giulia. Paolo Guerrini, nel saggio La parrocchia di S.

Apollonio di Bovezzo, in: Monografie di storia bresciana – LI, Memorie storiche della diocesi di Brescia,vol.

XXIV- 1957, IV, Brescia Scuola Tipografica Opera Pavoniana, 1957, pp. 105-116, dandoci notizia di una famiglia Rota di Bovezzo, resasi benemerita per l’edificazione e l’ampliamento della parrocchiale, nomina in particolare i coniugi Giuseppe Rota (n.1783) sposato con la contessa Giulia Carini (la famiglia Carini come abbiamo visto è di Botticino), che acquisisce dunque il nome Carini Rota. Inoltre, nella parte introduttiva degli

Scritti (p. VIII), Tommaseo dà conto di una serie di epistole in versi, non pubblicate nel testo, rivolte da Scalvini

a vari amici, tra cui una in particolare dedicata a «Giulia Rota, ricordando la vecchia amicizia». Sempre

nell’ambito degli Scritti, altri riferimenti a una Giulia si trovano nelle Memorie, (II parte, dopo il 1821), [p.

155]: «Dov’è quel popolo di persone che dalla mia intera infanzia sino alla virilità sono state la cura, l’amore, il desiderio della mia vita? Ho amato la Giulia, ed è morta; la Ottavia, ed è morta; la Margherita, ed è morta». Possiamo notare che qui ricorre anche il nome di Margherita, che abbiamo visto talvolta sostituire nel manoscritto quello di Giulia. Vi è poi una pagina all’interno del ms «Scalvini. Abbozzi di romanzi. II», titolata «Margherita», in cui una voce esterna, probabilmente quella di Tommaseo, si sofferma come in un’ipotetica prefazione su alcuni aspetti di natura morale e stilistica relativi ai frammenti amorosi a lei dedicati (c. 297r e v). Inoltre Tommaseo nel capitolo “Della famiglia e della vita di Giovita Scalvini” (Scritti, p. 208) dice: «Come nell’ingegno e nell’animo dello Scalvini si collegassero alle letterarie le memorie morali e civili, apparisce anche dagli appunti seguenti: Impressione alla vista del Foscolo. – Disegni di solitudine a’ Camaldoli, e sul lago di

Garda col Gelmetti. […] – Rimembranze dei colli. Amore dei colli. Amore di Giulia. Ma dove non mi coglie amore? Amore senza speranza». Anche tra i Frammenti minori, presenti negli Scritti, pp. 358-369, quello

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intitolato Amore presenta più volte il nome di Giulia (pp. 361-365 passim) e sembra in qualche modo

ripercorrere le emozioni che si legano a questo nome anche all’interno del manoscritto:

Già spento il giorno,

Frettoloso i‘ scendea dalla montagna; E giunto a un rivo, in compagnia di lei M’avviava alla villa — Io sul mattino Avea descritto nei minuti sassi,

Che son margine al rio, di Giulia il nome: E allora tornava a riveder se intatto Era dall’onde e dal villano piede. Quando scendemmo, di veder ne occorse Due villan mezzo nudi, che la selva Govinetta radeano; e Giulia mia, Quel mirando, e poi me, diceva mesta: La scure taglia il tenerello gelso. E tacque, e chinò il capo. —

Un secreto desir mi move e chiama Su questi colli: chi mi attende? Forse Ci verrai tu, dal bel guardo soave, Innamorata vergine.

Ecco io rivengo

A’ bei colli ove un tempo ebbe riposo, Lasso del mondo garrulo, lo spirto. Amor che il pianto volge in riso, e torna Il riso in pianto, tra quell’ombre antiche Tra i secreti silenzi una donzella De’ profani al veder tenea riposta, E in essa ogni mia speme. —

Ma non diletta più di gir cercando Questi colli, poiché la rimembranza Che Giulia meco trascorreali un giorno Tutta mi stringe per dolor la mente. —

[…]

O mio celeste Angiolo, son teco, Ecco son teco. Stendi le tue ale, Bell’angiolo, e mi copri, onde nessuno Osi con occhio di livor guardarmi, Ma innanzi passi riverente e muto. —

[…] —

……….. ………Forse piangerò in secreto Quando la piena del dolore il chiegga; Ma né tu stessa lo vedrai, quel pianto; Ché non è giusto che d’eterni lai Sempre i’ ti ponga assedio, e ti conturbi. —

La luna allor lasciava il velo Di scura nube; e per la smorta luce

Giulia i’ scorgea, che abbandonata in pianto, La bella Amalia si stringea su’l core. —

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4. a. Giulia sostituita da Margherita [cc. 66r, XLVI. 3; 84r, 18]; 4. b. Giulia, titolo [c. 296r].

5. c. G.: [c. 50r, XXXVII. 4].

5. B..: (non altrimenti identificata) [cc. 26r, XXIII. 3; 42r, XXXII. 4 (3vv); 157r,

LXXIV, 194r, LXXXIV. 3; 223r, XC. 1 (2vv); 254r, CVI. 2; 277r, CXII. 1 (2vv)].

6. Lelia232 [cc. 257r, 6; 333r (4vv)];

D’ogni avversa fortuna, e mi conduce A sprezzare e possanza e pace e morte, Tutto, tranne la fama!

— […]

E il dolce dir, che spirto è di pietate, Mi piovesse il tuo labbro anche una volta Siccome il dì ch’io ti parlai le prime Parole dell’amor.

Averla a lato, e a lei pietosamente Volgermi, e di cortesi e casti modi La gran mestizia consolarle, e, i neri Occhi languenti fissi in me, vederla Movere il labbro a un placido sorriso. —

L’improvviso pallore, il brividio Che nelle membra tutto si diffuse Alla bella fanciulla ………… —

Addio, le dissi; e gli occhi lagrimosi Nel bel volto fissai l’estrema volta. Dunque mi lasci? Disse. Io non risposi. ……….. So che tu stessa lagrimavi il tolto Garzon, misera vergine, e il lontano Aer, ché in bando del mio tetto io corsi, Cara più che la vita, io ti ringrazio, Ché da quel pianto ebbi letizia.

Si rammenta che anche il Clerici in Giovita Scalvini, cit., pur non facendo il nome della fanciulla dice che dal 1812 al 1815 un amore infelice, rimasto segreto, modificò il suo carattere morale; le date potrebbero corrispondere al suo amore per Giulia anche nel manoscritto, ipotesi che potrebbe essere suffragata da una lettera, inviata da Brescia il 13 maggio 1812 a Giovita allora a Bologna, dall’amico Camillo Ugoni il quale, riferendosi alle voci che davano Giovita affogato nell’acqua del Reno a Bologna, (in realtà si era assentato dall’Università recandosi ad Ancona) dice di essere stato in apprensione fino a quando non lo rassicurarono che era sano e salvo. L’unico conforto in quei momenti era allora: «l’andare in una casa, e farmi dire, e ridire le parole e i sospiri della tua Giulia per te, e se io il dì de’ sepolcri non ne visitai parecchi, per guardare la tua Giulia, e leggere sul suo volto tutto quello, che io sentiva di dentro» (cfr. Camillo Ugoni. Letterato e patriota

bresciano. Epistolario (1805-1817), a cura di M. Petroboni Cancarini, cit, 1975, vol. I, lettera n. 108, p. 193.

232 Probabilmente Lelia Carini Calini, menzionata da Camillo Ugoni nelle lettere allo Scalvini in M. Petroboni

Cancarini, Camillo Ugoni. Letterato e patriota bresciano. Epistolario (1805-1817), cit., lettera n. 79, a G. Scalvini-Pavia, Brescia, 27 novembre 1810, p. 136: «Ho letto e riletto la tua bella Ortisiana, che fu rugiada al

79 7. Margherita [cc. 26r, XXIII. 3; 297r].

7. a.: Margherita sostituisce Giulia [cc. 66r, XLVI. 3 e 84r, 18].

7. b.: Margherita, titolo [c. 296r].

8. Maria233 [c. 291 r/v, CXXII, 17 (2vv)].

9. Elena: [c. 68r, XLIX].

10. Teresa: 234 [c. 108r, LXI. 2 (3vv)]

10. a. Teresa è sostituita da Matilde [c. 332r, 2].

11. Agnese [c. 3v].

12. Lisetta [c. 389r, XL. 15].

Ricorre anche il nome Marta [c. 42r, XXXII, 4], che sta però a indicare quello della vecchia serva.

Si segnala infine che, incrociando i pochi riferimenti temporali con l’età dello Scalvini e con i nomi delle giovani amate, non si è potuto risalire ad una correlazione certa tra il periodo e l’amore corrispondente, se non sporadicamente. Pertanto, si propongono nella successiva tabella i nomi di ragazza che ricorrono o nella carta medesima o nelle pagine immediatamente anteriori e/o successive ai riferimenti cronologici:

mio cuore Borgno ti risaluta di cuore. Carini è andato ove spesso vanno i miei pensieri […]. Perché fai tu oltraggio alla sorella di lui con dubbi ingiuriosi? Penso ch’essa non t’abbia dimenticato per nulla, e che anzi la tua memoria le sia grata e soave». Nella nota 7, p.137, viene specificato che si tratta di Filippo Carini, amico dell’Ugoni, e con la sorella di lui si alluderebbe a Lelia Carini in Calini. Un altro riferimento al nome si trova nel

medesimo epistolario nella lettera 146, a G. Scalvini- Brescia, Mantova, 12 febbraio 1815, p. 242, dove Lelia

viene richiamata in merito all’invio di un passaporto che Camillo sta attendendo da Bologna, tramite Scalvini. Di una Lelia si parla infine anche in E. Clerici, Vita di Giovita Scalvini, cit., p.8: «Si sovviene caramente d’una Lelia, giovinetta che insegnava musica, la quale in età ancora giovanile morì col velo di Suora Salesiana».

233 Si segnala la presenza del nome, cui però sembra difficile collegare una vicenda amorosa.

234 In Camillo Ugoni. Letterato e patriota bresciano. Epistolario (1805-1817), cit., lettera 120, a G. Scalvini -

Botticino, Brescia, 2 luglio 1813: «Non ti contendo la Teresa, solo per concentrare le nostre affezioni in quanto si può torrei Elena; resta a vedersi, e a bramarsi, che sia questa tanto inchinevole a me, quanto è a te la Teresa: le altre poi lasciamole tuttavia al posto loro, ché non è sì facile smuoverle» (pp. 209-210).

80 Riferimenti cronologici cc. Età di Giovita Scalvini Nomi di fanciulle e n. carte corrispondenti:

I 8 e mezza sera 12r, 8 Emilia Matilde: 9r, II. 1;

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