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[c. 1r]: Scalvini Enrichetta Matilde. III 40 [c. 3v]:237 Matilde

Fu Valentina un’ amore di città, che fa contrapposto a quel d’Agnese, ma con armonia: in Matilde un’238 amore troppo più urbano, e che però fa contrasto con l’altro e gli aggiunge risalto, com’ombra al quadro, come fiori mezzo appassiti dal sole fanno apparire più freschi i molli di rugiada recenti. Ma qui pure, in questa più passione che affetto spira l’alito dalla natura, sento l’aura de’ campi: e sotto239 all’impeto de’ desideri e degli sdegni è quasi un suolo fermo ed un firmamento sereno di più sodi e più alti pensieri. I quali sono, anziché inculcati, accennati: e però l’anima che ama meditare, e che per istinto medita, si sente in sé più potente. Poche parole sparse qua e là come a caso inchiudono quasi germe la moralità della narrazione; la quale, ritraendo fedelmente l’ambascia dell’amore immoderato, offre con ciò efficace moralità. E la pace nell’impeto, la serenità nella tempesta gli fa sentire nel modo dell’esporre altresì; e rende questi sfoghi d’un anima giovanile, senza che l’au[c. 2v]tore lo voglia oppur sen’avvegga, conforme in certa maniera al fare riposato e schiettamente severo dell’alta antichità. Imitazione nessuna ma ogni cosa attinto tolto dall’osservazione di se medesimo e della verità, acqua pura non solo attinta da fonte vivo, ma di lì derivata per ruscello corrente sott’ombre vive. Giova non dimenticare che questa son prove d’ingegno e d’animo giovanile; che l’editore può non consentire in ogni cosa con l’autore, e che l’uffizio di lui era soltanto accorre, trascegliere, ordinare alla meglio, togliendo via quelle particolarità

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Il foglio è piegato in due e la numerazione apposta dal bibliotecario non rispetta il senso del testo ma la piegatura delle pagine.

238 Correzione sul margine laterale dx: «un amore».

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che potessero dare appiglio a interpretazioni calunniose, a sospetti falsi, a memorie ingrate, od anco a oziose dicerie.

[c. 2r]: [c. 3r]:240 [c. 4r]: Principio 1 [c. 5r]: Amore 1. [c. 6r]: I 1

Sono seduto sulle mura che guardano l’orizzonte chi può spiegare l’immenso tumulto d’affetti che mi sorgea nel seno? La solitaria natura, quelle ostiche rocce che fanno fronte alle armi nemiche. Il cielo sereno un’arietta che mi ventolava le chiome, l’idea della mia vanità e de’ miei errori; tutto m’avea reso sensibile e malinconico; io baciava l’erba che sapea essere stata pressa dai piedi d’Emilia, e sono corso a respirare l’aria che Emilia Matilde respira.

Vanità. Vanità. Io arrossisco sui miei errori. Eppure questi affanni mi sono cari; la mia

malinconia è soave.

[c.7r] 1.2

A che vengo io insegnandoti? A che mi produce speranza sospinge il desiderio acutissimo del mio cuore misero? io ti perderò prima di poterti raggiungere — Credevami di esser giunto a tale da non aver più a temerti.

[c. 8r]: 4

Vicino a lei alle volte io mi confondo; e vicino a lei sento tutta la felicità, perché io non mi abbandono che al piacere di essere *seco* con lei. Come andrà a finire? tutto è tenebre.

[c. 9r]: II.

1.3

Mi sovviene una cosa. Quando andai a Brescia venti giorni sono e che frettolosamente mi avviava verso la casa di Emilia Matilde io ripetea: “credeva di non averne un sì grande bisogno”. Ciò L’ho ripetuto pure questa mattina.

[c.10r]: IV 6

No no la felicità non è una chimera. Se quegli uomini che dicono non aver mai veduto un uomo felice sulla terra fossero questa sera meco, in me lo vedrebbero. O gioja! Ho udito

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favellare Emilia Matilde; l’ho udita [colta?] ringraziarmi di essermiglisi avvicinata s’è n’è tolta dei fiori dal seno, e me ne ha fatto un dono. Emilia Emilia Matilde Matilde, come hai tu tanta forza sull’anima mia?

[c. 11r]: 7

Mi si appressò: e inchinando il suo capo su quel foglio lo avea accostato al mio che io sentiva le sue chiome moversi lentamente nelle mie; e il suo respiro vicino al mio; e la fragranza della sua giovinezza – Era commosso.

[c. 12r]: 8

Erano le otto e mezza della sera quando io ebbi il primo bacio, e quando la mia bocca poté per la prima volta sospirare sulla tua; e mentre stavamo soavemente abbracciati i tuoi occhi

si fissavano con tanta potenza ne’ miei: che mi strappavano l’anima. [c. 13r]:

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Ma come poss’io richiamarti alla mente, o beata sera, come posso richiamare i pensieri tutti e gli affetti che in quel punto mi si accendevano nel petto? O mia A… vieni al mio fianco

abbracciami, e fa ch’io senta di nuovo tutta la voluttà di quel momento di paradiso. Noi ci stringevamo *eravamo* intenti alla mesta armonia d’alcuni istromenti. Sì io ho sentito in quel

momento tutto il potere di tutte *delle due* grandi potenze del cuore umano – L’amore e la musica – Quando io l’ho abbandonata, avrei voluto levarmi da questo suolo e volare pei vichi, e squarciare le nubi, e perdermi nell’immensità dell’universo.

[c. 14r]: 10

11 della notte

Io non oso descrivere un momento d’intera felicità, io non l’oso tanto veggo che non potrò mai trasfondere in uman petto tutte le dolcezze e l’ebrietà di questa sera celeste. Mille affetti

mi turbano, e getterei la penna se non pensassi che questa memoria potrà un giorno valere a raddolcire qualunque mortale *ogni* affanno che mi sta forse apparecchiando il mio destino

feroce. Ah che i sommi piaceri, e i dolori sommi non ponno da umana mente descriversi? Noi vicino seduti [di ?] di un soffio. I nostri sguardi pieni di soavi affetti: ahi che non so come continuare? Io l’abbracciava, la stringeva a questo cuore, ed appoggiava le mie guancie alle sue, e non respirava che affannosamente, tanta era l’[?] con cui [c. 14v] me la premeva sul petto, e lo era da lei – Oh, disse. Quanti dolori dovrà forse costare questa nostra passione. La morte, soggiunsi, mi tolga pure alla terra, io morirò volentieri ora che ho gustato tutto il piacere d’abbracciarvi. Io era lì per togliere dalle sue labbra un bacio, ma la sua virtù nol

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permise. Le espressioni sono fredde, il cuore geme, e gli affetti che mi agitano, sono inconcepibili.

[c. 15r]: XIV. 10

*Lettera di G. Scalvini

Ti scrivo queste poche parole perché ti rimangano come un pegno dell’amor mio e della mia fede. Io debbo partirmi, era necessario che mi risolvessi. S’io avessi voluto [?]241

quest’impiego, come mai avrei io potuto sperare di farti mia per sempre? E’ meglio dunque soffrire qualche mese di dolore per poter poi essere continuamente felici. Io ho rinunziato a quest’impiego dicendo che la mia salute [?]242

dell’aria [?]243: il mio decoro vuol dunque

[?]244 allontanarci. Tu non puoi immaginarti il dolore ch’io [?]245 a pensare di dovere lasciarti. Ma tornerò lo [?],246 neri, foss’anche solo per morirti vicino se [?]247 mio cuore l’animo mio, tutti i miei pensieri rimangono teco, e sì saran sempre intorno per adorarti. La tua immagine mi seguirà dappertutto e son certo che in tutte le mie azioni sì mi porterò come

se tu mi fossi presente. E tu E … se m’ami, s’hai caro il mio amore se ti lusinga la speranza

della nostra futura felicità, non ti dimenticare di me. So che tu m’ami: ma tu sei giovanetta; tu rimani in una grande città; ed io vado nella solitudine: e il tuo cuore non è forse ancora suscettivo di forti passioni come il mio. Come mai potrei io dimenticarti pure un momento? Non sei tu la più amabile, la più bella la più innocente fra le vergini?

E non ho io posto in te sola tutte le mie speranze? Sinch’io t’amo di questo immenso amore io devo esser amato da te: io pretendo il tuo amore. Quando vi sarà al mondo chi vi possa amar più di me io ti cederò a lui, dovessi anche morir di dolore. Ma nessuno, nessuno vi sarà mai che possa eguagliarmi in amarti.*

[c. 16r]: Timore 6 [c. 17r]: XIV. 1

Talvolta ho temuto che anche una specie di vanità avesse potuto farmi innalzare i miei pensieri sino a voi. Ho penetrato il mio affetto, ho pur trovato che la sola vostra bellezza, e il vostro ingegno, e le amabili vostre grazie hanno potuto vincermi; la grandezza del vostro stato

241

Parola illeggibile.

242 Una macchia scura copre la parola sottostante.

243 Una macchia scura copre la parola sottostante.

244 Una macchia scura copre la parola sottostante.

245

Una macchia scura copre la parola sottostante.

246 Una macchia scura copre la parola sottostante.

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m’è venuta in abborrimento, perché ho dovuto a quella richiamare gran parte della mia sventura. Eppur sarebbe stato di conforto al mio naturale orgoglio il poter superare questa passione, e non prestare la mia incolpata povertà all’adorazione di persona che il mondo riverisce per lo *splendore* delle ricchezze.

[c. 18r]: Diffidenza 5 [c. 19r]: 2 9 luglio 1807

Non posso negare d’amarla e parmi ch’essa meriti non solo il mio amore, ma quello di tutti quanti gli uomini… Eppure se io sapessi che altri l’amasse, sarei pur infelice perché gli altri saprebbero coll’arti loro farsi più amare *di me*.

[c. 20r]: XVII. 1

Che dirai tu della mia continua malinconia? Forse tu non pensi che io ti ami di questo immenso amore;. eE non mi è mai dato di parlarti! E appena ti appresso, tua madre ti chiama; e pare che molte persone sieno decretate a vigilare perché non abbiamo mai a parlarti*ci* liberamente. Eppure se anche tua madre conoscesse tutta la virtù del mio amore; e vedesse che io non sono poi così vile da voler tentare la seduzione del tuo cuore, forse mi concederebbe qualche refrigerio di poche parole. E sarei io il primo a dirti che non sono così presuntuoso da credermi meritevole di te – Ma quell’onesta donna, giacchè vede che la nostra unione è impossibile, pensa forse a risparmiarci maggiori travagli; perché essa avrà riconosciuto che tu [c. 20v] forse trascorresti incauta*mente* M. alla pietà di questo infelice. [c. 21r]: 248

XVIII. 2

Quando ritornai, io era seduto avanti una tavola in camminata *al caminetto* con una bacchetta fra le mani poggiata ritta su la tavola, e il capo chino su le mani; B… m’ era poco discosto col fianco rasente l’orlo della tavola; quando alzai il viso, vidi che ella dagli occhi mi rimproverava il mio procedere di quest’oggi. Era poco dispcosta sua madre, parecchi altri tutti lì all’intorno in diverse chiacch[i]ere, né io poteva accostarmela senza che si spargesse di severità qualche vecchio viso, però misimi come sbadatamente a condurre la punta della bacchetta su la tavola in guisa che *come se io* scrivessi, ed ella da quel lento movimento ritraeva tutto ciò che dir le volea. Io scrivevo: Sarebbe pur meglio che esistesse sulla terra una donna atta a spegnermi nel cuore un affetto infelice che m’arde da due anni senza conforto di speranza veruna. Essa m’indicò che aveva inteso, ma che non mi credeva sillaba. – Ma io

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m’accorsi che se non mi credeva tutto, rimaneva almeno dubbia; e avrebbe quasi desiderato che io le leggessi nel cuore il suo segreto.

[c. 22r]: XIX. 3

E mi venne il pensiero che voi voleste sospettare in me una mira vergognosa su le vostre fortune; e allora giurai a me medesimo, che non ve ne avrei parlato mai più. – Vani giuramenti di persona che ama! Quante volte non li ho io ripetuti, e poi subitamente *infranti!* Indarno talvolta mi sono tenuto lontano per più *giorni* sperar di voi, e indarno ho saputo lungamente tacere; e mentre voi forse credevate che io non vi amassi più, e mi tenevate per un uomo affatto volubile, ardeva nel mio petto la stessa fiamma che io vi aveva prima palesato. – Quante volte ho presa la penna per tentar pur di scrivervi, e vi ho scritto anche lunghissime lettere, e poi non mi è bastato il coraggio d*inviarvele!*

[c. 23r]: XX. 4

Tu mi nieghi persino il mezzo di giustificarmi. Credi tu forse ch’io sia per chiederti pietà del mio stato infelice? – No – sventurato è vero, ma temerario non mai.

[c. 24r]: XXI. 1

Ma la giovanile imprudenza e il poco lume che porga i desiderj del cuore, non hanno *con*ceduto che io m’ajutassi del mio consiglio. Ti ho amata teneramente, ho pianto, ed ho asciugato in segreto le mie lagrime. Mi sono condannato avanti di te, e ti ho domandato perdono – Ahi i vili! hanno schernito il mio affetto innocente, e hanno villanamente sospettato che io non amassi te, ma che le tue fortune mi accendessero. Lo sa Iddio avanti cui giuro di amarti candidamente, infelicemente perché non consolato dalla speranza, e perché se anche volessero darti al mio petto, io nol vorrei per non essere da te sollevato da la mia onesta povertà, e per non strascinarti meco [c. 24v] nelle triste sorti che mi avvanzano, perch’io sono nato alle amarezze e al dolore. Mi credono perverso perché non la penso con essi; e incapace

di un’ingenua affezione, perché traviato alcuna volta da le tumultuose passioni e dal vizio.

Ma io conosco il mio cuore e *mi diparto* da voi senz’altro chiedervi che di essere da tutti dimenticato.

[c. 25r]: XXII. 2

Ma costei, io non devo correre a vederla; so i patimenti che costano, i tremori de’ nervi, e le lagrime e il desiderio di morire, e il continuare a vivere perché è nella vita che si lascia quanto si ha di più caro, e il sentirti dire dai maligni; tu non l’ami ma ne fai vista, perché la è ricca –

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Crudeli! E’ bello il vedermi in casa sua, dove io sto composto, e in guardia di me stesso, come se fossi sotto alla guardia di un leone – Fa essa all’amore con altri? Non lo so, né voglio saper nulla; non vo’ vedere entro questa cosa – Era così mesta stassera, ed egli v’era – Taluni ne trarrebbero buono indizio e giurerebbero che se l’amasse, sarebbe stata sera di consolazione per lei – povero scolaretto nell’arte d’amare! – faccio però male a star lì tutta [c. 25v] sera a argomentare di mille cose sopra questa fanciulla; e sono troppi gli argomenti co’ quali voglio provare a me stesso di non amarla. Concluderò nel modo con cui solea chiudere ogni più indiavolato intrigo il povero mio zio Mauro – Ma!

[c. 26r]: XXIII. 3

Chi sei tu che mi vieni dinanzi? sempre dinanzi? Sei tu B. le sue vere forme? Margherita? No tu non sei che un’ombra vana. Vai, fuggi; se io mi levassi per abbracciarti, non stringerei nulla.

[c. 27r]: 4

249

Uomo che addormentato appiè d’un siepe mentre il raggio della luna splendea sul suo viso, si risveglia, e vede quel *raggio* svanito, e si ritrova in mezzo alle tenebre.

[c. 28r]: 5

Non so, ma penso che la vita umana sia un continuo sogno, e temo ad ogni momento di svegliarmi, e che mi sia tolta quella felicità che per ora è meco. – Oh mio dolce amico! Il mio

cuore non altro desiderava che d’amare e di essere amato; e il tutto con segni; essa mi ama: invano il voleva nascondere. Quel mirarmi sì dolcemente e in sé tener fisse sì a lungo le meste pupille, quegli accenti interrotti .. tutto lo palesò - Io la mirava pochi minuti sono, ed ella sorrideva e mi stringeva la mano, poscia esclamava mestamente il mio nome, e cadea intanto col capo sulle mie spalle e le sue chiome [vibrose?] *odorose* m’ingombravano mi *coprivano* il viso.

[c. 29r]: XXIV. 6

Orride *Antiche* quercie fanno corona a un bel còlle e avvanzi di un antico castello sorgono

ancora fra l’erba, ove il passero solitario si sta modulando i suoi lamenti, rompendo il nudo

*muto* aere, non mai penetrato dai raggi del sole. Una cheta limpida fonte che siede sul sempre verde misto serba perennemente *fresche* quelle ombre pacifiche ed odorate. Ivi io

innalzerò il mio sepolcro, ed ivi mi riposerò e cercherò un ristoro alle ambasce della vita.

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Forse [grata]*ella* in una bella notte d’autunno salirà sino al sasso che chiuderà le fredde ossa di lui che l’avrà infelicemente amata.250

[c. 30r ]:251 XXV. 7

Non abbandonarmi, o mio coraggio: e tu tremenda divinità, amore onnipossente, ardimi con tutte le tue fiamme, ma ti scongiuro di non farci mai più ch’ella [prelude?] *co’* suoi begli occhi m’abbia ad illudere. Io scrivo scriverò alla tuao *impero*; che non temo i tuoi mali allorché sono dalla speranza contornati: ma tienimi sempre lontano da quella fanciulla celeste. Potei essere dall’immensità de’ mari diviso da voi.

Eppure credetemi, io non mi sarei a tanto ridotto se non avessi veduto in voi, o almeno non mi fosse sembrato vedere, qualche pietà. – Ma s’egli è vero, perché deludermi, se io non vedea che il fantasma della mia immaginazione, perché io sono destinato ad *a* ingannarmi sempre?

Quando penso con questo candore con quanta conoscenza *incoscienza*, con quanta *schiettezza* d’unione *d’animo io* vi v‘amava, e che voi eravate l’unico mio pensiero degli

anni più innocenti di mia giovinezza. – Come ne’ solitarii passeggi io parlava con voi, come che mi foste presente; ed era sdrajato sotto le ombre di un salice, ora sull’altura della collina; io non facea che andare – *dolci* dove inganni, esclamo, amabili follie, come siete dalla mia mente svanite! Se mi lancio ora quasi in un nuovo mondo, ove nulla discerno. Eppure voglio vedervi ancora una volta, una volta sola, e poi mai più – mi verranno però sempre cari que’ luoghi ove un giorno io vi ho veduta – [ho?] cercato di meritarmi il suo amore col prevenire ogni sua brama e col non esistere [c. 30v] che per lei – Perdonate Sig.n

questo vaneggiamento ve ne prego perdonateli. – [c. 31r]:

XXVI. 1

Che si direbbe di me? Si direbbe ch’io sono cieco, ch’io sono senza essere amato, ch’io cerco la gioia dove non potrò trovare che pianto. Se potessi per pochi momenti parlare a voi sola, forse le vostre parole mi farebbero persuaso della vostra innocenza, se innocente voi siete – Quanta gioja n’avrei!

[c. 32r]: XXVII. 2

Nel tuo cuore però, tu non credi affatto ch’essa non ti ami – E stasera che eravamo tutti seduti

nella camminata *al caminetto* a casa sua, e tutti muti e affatto all’oscuro, quando entrò il

250 «Giulia», scritto a lapis sul margine inferiore dx.

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servo e pose i lumi, tu hai veduto che i suoi occhi si sono prevalsi del primo raggio che si è diffuso nella stanza per cercarvi i tuoi; e i tuoi si sono trovati ne’ suoi, come se fossero già in quell’atto prima che fosse fatto chiaro.

[c. 33r]:

XXVIII. XXIII 3

Oh! se ciò fosse. E ch’ ella mi pigliasse per la mano, e mi sollevasse dicendomi…. ma! E l’ho

pur sognato una notte! E mi ricordo che al di lei fianco passeggiava per un viale del suo giardino e ch’ella mi parlava tutta amore, ed io stupiva fra me stesso che mi fosse *cortese e*;

mentre conoscea di non meritar tanto. In quel momento, in quel celeste momento, io respirava

appena, la natura tutta era armonia, e la divina fanciulla mi parea l’anima dell’universo. – Mi sembra impossibile che vi siano stati degli uomini innamorati d’altre giovanette che non erano la Chizzola.

[c. 34r]:

XXIV. XXIX.

4

11 della notte

Il mio nome ha dunque suonato nelle stue labbra, o divina fanciulla. – O come c’illude l’amore! ed oh quanto è meschina la condizione dell’uomo su questa terra!

Noi troviamo la nostra felicità in cose da nulla. [c. 35r]

5

Tu mi hai detto finalmente che mi ami. – O fanciulla, credi tu ch’io nol sapessi? Io il sapeva, fanciulla, che i tuoi sospiri e il tuo silenzio, e l’impallidire me l’avevano detto.

[c. 36r]: 6

Perdona, o la più bella delle vergini ... perdona s'io ti chiamai superba, ah! tu ti sei abbassata insino a *me* che pur son così poco.

[c. 37r]: Gioia 2 [c. 38r]: XXX. 1

Jeri sera io potei accostarmiti, e non visto, stringerti e tenerti la mano; e la tua stringeva la

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