quando narra in persona altrui, quel modo non è semplice drammatico6.
che le persone che nell'uno e nell'altro poema s'introducono, se bene nell'uno e nell'altro sono di stato e di dignità regale e suprema, non sono però della medesima natura. Richiede la tragedia persone né buone né cattive, ma duna condizion di mezzo [...]. L'epico all'incontra vuole nelle persone il sommo delle virtù, le quali eroiche dalla virtù eroica sono nominate. [...] Ricevono ancoragli epici non solo il colmo della virtù, ma l'eccesso del vizio con minor pericolo assai che i tragici non sono usi di fare»
(e cfr. Discorsi del poema eroico, pp. 102-103); Sopra il parere di Francesco Patricio, in Prose diverse, I, p. 427: «Ma quando il Patricio biasima tanto il costume delle persone introdotte da Omero, doverebbe ricordarsi quel che scrive Plotino, dot
tissimo filosofo, ch'il poema non sarta bello, s’alcuno ne togliesse i peggiori: e quantunque Aristotele fra le condizioni principalmente ricercate nel costume numeri la bontà, non si deve intendere ch'egli la ricerchi sempre, né in tutte le persone [...]».
§33 Cfr. i §§ 34-35 e 38.
Discorsi del poema eroico, p. 245: «[...] Omero [...] usò grandissima libertà, e non elesse una lingua, o con un carattere solamente, ma tutte volle adoperare, e tutte insieme le mescolò. Laonde niun tintore tinse mai sete di tanti colori di quante egli fece l'opere sue; né contento d’usar le parole del suo tempo e di tutta la Grecia, usò l'antiche a guisa di vecchia moneta cavata da' tesori di qualche ricchissimo signore;
§33 ’ la A 2 è* 3 è* 4 è* - le tre correzioni sono dovute alla mano a, che emenda in et 5 imitabile* - la correzione è dovuta alla mano oc 6 dxx drammatico
34 [274v] Le lingue usate da gli istorici per la similitudine che hanno con gli epici.
[274v] Erodoto scusato da Ermogcne nell 'Idea della dolcezza che abbi usato le lingue con l'essempio d'Omero e d'Esiodo.
[274v] Tucidide, come testimonia l'Alicamasseo, usò le lingue per avanzar l'impresa dell’istoria.
[274v-275r] Conclude in somma, de sua mente, le lingue non convenirsi all'epico1.
[274v-275r] La translazione è propria della tragedia perché esprime meglio le passioni2, e le persone della tragedia sono appasionate.
35 [275r] Le persone appasionate non hanno tanto agio dal loro affetto che possano distendere le comparazioni, ma, accorciandole1, ne fanno metafore2.
Perciò le translazioni si ricevono nella tragedia, e le3 comparazion no.
[275r] Le comparazioni distese4 son proprie dell'epico5, perché il poeta non è appasionato.
[275v] Quattro maniere d'aggiunti6, perpetuo, temporale, operante, sciope
rato7.
molte ancora ne ricevè de' barbari, e non s'astenne da alcuna, sol che gli paresse aver in sé qualche piacevolezza o qualche veemenza».
Lettere, I, n. 45, p. 110: « [...] avendo l'epico per proprio fine il mirabile, che non è proprio fine del drammatico, cerca più il mirabile per tutte le strade [...]»; Discorsi del poema eroico, pp. 72-73: «Dee [...] l'epopeia aver il suo proprio diletto con la sua propria operazione; e questa per aventura è il mover maraviglia, la quale non pare propriissima della epopeia, perché muove maraviglia la tragedia [...]. Nondimeno a niuna altra specie di poesia tanto conviene il muover maraviglia quanto alla epopea;
e ce l'insegna Aristotele e Omero istesso nella fuga d'Ettore [...]».
§ 35 Discorsi dell'arte poetica, p. 42: «Lo stile della tragedia [...] per due cagioni deve essere e più proprio e meno magnifico che quello dell'epopeia non è: l'una, perché tratta materie assai più affettuose che quelle dell'epopeia non sono; e l'affetto richiede purità e semplicità di concetti, e proprietà d'elocuzioni, perché in tal guisa è verisimile che ragioni uno che è pieno d'affanno o di timore o di misericordia o d'altra simile perturbazione; e oltra che i soverchi lumi e ornamenti di stile non solo adombrano, ma impediscono e ammorzano l'affetto. L'altra cagione è che nella tragedianon parla mai il poeta, ma sempre coloro che sono introdotti agenti e operanti; e a questi tali si deve
§ 34 1 all'epico epico Passioni* - la correzione è dovuta alla mano a
§ 35 1 acconciandole* - la correzione è dovuta alla mano a 2 nuota fore* - la correzione è dovuta alla mano a 3 e >le< - l’integrazione è dovuta alla mano a 4 >d<iste.vse 5 dell'epico epico 6 aggravati A aggiunti C - la restituzione della lezione di C è del Mazzucchelli 7 «¡operato* - la correzione è dovuta alla mano a
36 [277r] Considera la quarta parte, a carta 277, ove vedrai che '1 fine del poeta è '1 diletto, e che la poesia non è imitazion dell'istoria. Leggi il testo e '1 commento: trovarai contrarietà nel Castelvetro.
[30 Ir] Il modo col quale s'introducono le persone a parlar nell'epopeia non è veramente rappresentativo: carta 301. Quinci tu argumentarai1 che perciò non gli si richiede2 tanto la proprietà quanto alla tragedia, né l’iambo come alla tragedia: e perciò riesce più magnifica.
[301r] T. Il modo co '1 quale s'introducono le persone a parlare nell'epopeia si può dir mezzo fra '1 narrativo simplice e '1 semplice3 drammatico. Questa dottrina però è4 cavata da i suoi viluppi: carta 301.
37 [301v] T. Virgilio forse fu più scarso nel drammatico che Omero per introdurre maggior magnificenza nel poema.
[301 v] Universaleggiar e particul<ar>eggiar chiama il Castelvetro l'esser meno o più drammatico.
attribuire una maniera di parlare ch'assomigli alla favella [ed. Poma: favola] ordina
ria, acciò che l'imitazione riesca più verisimile» (e cff. Discorsi del poema eroico, p.
198).
§ 36 Cfr. Lettere, II, n. 434, pp. 440-441: «[...] io ridurrei il genere del poema epico più tosto a la imitazione che al raccontamento, che altrimenti si dice narrazione:
percioché, quantunque l'epico narri, a differenza del tragico e del comico, i quali rappresentano; nondimeno il suo narrare non è puro, ma misto de l'imitazione, come dice Platone; perch'egli assai spesso si spoglia la persona del poeta, e si veste quella di Agamennone, d'Achille, di Nestore, d'Ulisse, di Aiace e d’altri: ed Omero, che suol farlo più spesso de gli altri, è miglior poeta de gli altri, come pare ad Aristotele: e quelle poche volte che narraparlando in suapersona, il narrare non è senza imitazione;
perché mette le cose sotto gli occhi in altro modo che non fanno gl'istorici [...]»;
Giudizio, in Prose diverse, I, p. 497: «Fra que' generi che più o prima sono participati da una spezie che da l’altra, è l'imitazione, per giudizio d'Aristotile medesimo; il quale stimò, che nel modo d'imitare drammatico, o rappresentativo che vogliam dirlo, s'imiti più che con tutti gli altri. S'imita poi co '1 modo che è misto di narrazione e d'imitazione, tenuto da' poeti epici, più che non s'imita con la semplice narrazione da' poeti ditirambici, usati sempre a ragionare nella propria persona: ma nel modo misto, quello dimostra più con limitazione, ch’è fatto con maggior energia».
§§ 37- Lettere, I, n. 48, pp. 120-121: «[...] io mi persuado che tutti i dotti che leggeranno 38 il mio poema, conosceranno che molto bene io ho conosciuta qual fosse la maniera d'Omero, avendola usata assai spesso, se ben alquanto più parcamente che non è stata usata da alcuni altri moderni suoi imitatori. Conosceranno parimente, che quando non l'ho usata, non ho giudicato ben il farlo; se ben forse in questo giudicio mi
§36 1 argumentaxer* - la correzione è dovuta alla mano Ot 2 ri richiede - l'espunzione è dovuta alla mano a 3 >e '1 semplice< - l'integrazione è dovuta alla mano a 4 >è<
- l'integrazione è dovuta alla mano a
[302r] T. Riprende due luoghi di Virgilio: Fortunati ambo si quid mea carmina possunt, e l'altro: Nescia mens lhominum fati: Turno tempus erit.
Difendi tu questa, perché è proprio dell'epico il pronosticare.
T. Omero, particulareggiando, ebbe riguardo a quel che è proprio della poesia in generale, cio<è> l'imitare. Virgilio, universaleggiando, mirò2 al proprio dell'epopeia, cioè al magnifico.
38 [302r-v] Il lodamcnto e '1 gi udicamento perterrebbe al coro, se simile azione fosse compresa in una tragedia: perché il coro rappresenta il popolo1.
Adunque nell'epopeia si dee lassare al popolo che ascolta: carta 302.
T. Dì tu: il coro sostiene l'officio del poeta (Orazio), e perciò il Castelvetro medesimo gli concede il parlar più nobilmente e più securamente. Se dunque nella tragedia è officio del coro, nell'epopeia è officio del poeta.
[302v] Il modo rappresentativo per un'altra cagione, oltre la detta d'Aristo
tele, è degno di lode, portando seco grande industria l'introdurlo spesso senza rincrescimento. T. Non so come quelli d'Omero siano senza rincrescimento.
302.
condanneranno: pure a chi avrà riguardo non solo al luogo ove manca questa larga imitazione, ma a le cose seguenti ed antecedenti ancora, potrà facilmente apparere ch'il più de le volte ch'io, lasciando questa larghezza, ho ricevuto la brevità, l'ho fatto o per necessaria o per potente cagione [...]. Questo so bene, che Virgilio non meno spesso, o forse più spesso di me, si ristringe a la narrazione, lasciando l'imitazione»;
Discorsi del poema eroico, p. 248: «Ma paragonando le virtù de' duo maestri [Omero e Virgilio] insieme, si può dubitare qual sia maggiore: perché l'uno mette più le cose innanzi a gli occhi e le particolareggia, come disse il Castelvetro; l'altro, cioè Virgilio, sta più su l'universale e, come pare al Castelvetro, per difetto d'arte, ma, come io stimo, per dir le cose più magnificamente e più gravemente: perché il discriverle minutissi
mamente non porta seco l'una né l'altra virtù. Mala virtù d'Omero è virtù propria del poeta e d'ogni poeta, quella di Virgilio propria del poeta eroico, a cui si conviene servar il decoro e sostener la grandezza oltre tutte l'altre cose».
§ 38 Discorsi del poema eroico, p. 198: «Ma lo stile della tragedia [...] dee esser meno sublime e più semplice dell'eroico [...]. Ma '1 coro per aventura dee parlar più altamente, perch'egli, come dice Aristotele ne' Problemi, è quasi un curatore ozioso e separato; e per l'istessa ragione parla più altamente il poeta in sua persona, e quasi ragiona con un'altra lingua, sì come colui che Finge d'esser rapito da furor divino sovra se medesimo».
§ 37 1 mxxs* - la correzione è dovuta alla mano a 2mirò mirò
§38 Da qui (c.42r) inizia la mano y; la c. 4lv è per metà bianca 1 al popolo A -correzione del Mazzucchelli
39 [302v-303r] T. Move il dubbio, e lassa irresoluto, perché all'epico che è tutto drammatico, come è Omero, non si dia il iambico, soluto già da me. 302.
[302r] T. Ricordati che mi pare Ch'Omero interponga il suo giudicio ove Glauco e Diomede cambian l'armi, chiamando stolto Glauco, benché il Castelvetro neghi che mai ciò faccia: e tanto più l'interpone che Vergilio, quanto Virgilio parla in universale, Nescia mens hominum, ed egli in particolare, etc.
40 [304v-306r] Loda più la caccia data da Enea a Turno che da Achille ad Ettore, per buone ragioni.
[306v] La meraviglia non si genera solo per giunte, come d ic c o Aristotele, ma per diminuzione ancora, quando si tacciono alcune cose, come nella caccia d'Achille.